Mia cugina: Parte 9
di
Catartico
genere
incesti
Il giorno dopo sono in ufficio. Ho la mente del tutto confusa. Ho pensato di darmi malato, ma a casa sarei stato peggio. Ho sbagliato ad averle detto ti amo? Non lo so. Ultimamente sto facendo casini uno dietro l’altro. Ho rovinato l'amicizia con Ilaria e non riesco a capacitarmene. Cosa dovrei fare? Il suo sguardo di ieri mi ha fatto capire che con me ha chiuso. Un'amicizia di più di dieci anni rovinata dalle mie stronzate e dalla mia indecisione. E mettiamoci anche mia cugina Sarah.
Sospiro e rileggo gli ultimi dati del mercato finanziario francese. I miei occhi faticano a seguire le parole. Non è giornata.
La mia assistente bussa alla porta. Entra. — Il suo caffè.
— Grazie. Lascialo qui.
Lo posa sulla scrivania e mi guarda. — Sta bene?
— Sì, puoi andare.
— Se c'è qualcosa che possa fare per lei. — Sorride maliziosa. — Qualunque cosa.
— Torna al lavoro.
Chiude la porta e torna da me. — Se vuole posso…
La fisso negli occhi. — Le ho detto di tornare al lavoro.
Abbassa lo sguardo remissiva, annuisce ed esce dal mio ufficio.
Non mi piace comportarmi così. Non è da me. Ma stava superando di nuovo il limite. E per giunta davanti ai dipendenti che potevano vedere tutto dai loro cubicoli fuori dalla parete di vetro. Credo che sia anche la prima volta che le ho dato del lei dopo molti mesi. Ma almeno ha capito l'antifona.
Dopo l'orario di lavoro, l'ufficio si svuota. La mia assistente entra nel mio.
— Vada a casa — dico senza alzare lo sguardo.
— Perché mi sta dando del lei?
— Vada.
Si avvicina a me. — È successo qualcosa?
Alzo lo sguardo. — Cosa le ho detto?
Lei mi fissa. — Ha la faccia di qualcuno che è stato mollato.
— Non è così. Ora vada.
Si ferma accanto a me. — È stato respinto dalla donna che ama?
— Non farmelo ripetere più.
La mia assistente si abbassa e appoggia le mani sulle mie ginocchia. — Ha me. Non deve preoccuparsi. Mi prenderò cura di lei.
Scaccio le sue mani in modo brusco e mi alzo. — Se lo fa un’altra volta, la licenzio!
Lei mi sorride con aria infantile. — Signor Valeriano, non si agiti. Non c'è più nessuno su questo piano. Sono andati tutti via. Si segga. Lascia fare a me. La farò rilassare.
Mi porto una mano dietro la testa per il nervoso. Non ho alcun potere su di lei come suo superiore. Non mi ascolta neanche. Ma non siamo più in orario di ufficio, quindi è per questo che è diventata così sfacciata? Quando prima le ho detto di tornare al lavoro, l’ha fatto.
Lei si alza e mi prende una mano. — Si segga, per favore.
La ritraggo. — Smettila.
Serra gli occhi e mi spinge sulla sedia.
— Che fai?! — domando confuso e turbato.
Si abbassa su di me. — Signor Valeriano, lei fa troppe storie. Ieri le ho detto che il nostro rapporto è senza impegno, quindi godiamoci questi momenti insieme.
— È sbagliato.
— Lo decide lei cos’è sbagliato? E se invece fosse giusto?
— Non è per niente giusto quello che…
Fa un sorrisetto furbetto. — Ho sentito anch'io le voci che girano su di lei. Sembrano troppo... fantasiose, ma sono vere. Lei ha fatto sesso con la maggior parte delle donne di questo ufficio.
— Non è vero!
— Può anche negarlo, ma è così. Tra donne ci si confida. Ma non si preoccupi, non sono gelosa. Quelle lì non possono competere con me.
— Non sai quello che stai dicendo.
— Oh, sei passato di nuovo al tu — dice la mia assistente. — Sai, il fatto che lei non abbia mai tentato di fare sesso con me mi ha intrigata, ma questo lo sa già. Mi sono sentita… Come dire, speciale? Altre si sarebbero sentite scartate, ma non io. Tra noi due c'è una certa chimica, non crede? L’ho capito quando abbiamo fatto l’amore.
Faccio per alzarmi, ma mi spinge di nuovo sulla sedia. La guardo. — Non intendo fare più niente con te.
— Fatti e parole con lei non vanno di pari passo. Dice di essere ambiguo, ma non lo è del tutto. Sai, credo di iniziare a capire il suo carattere.
— Non mi conosci — dico.
— Lavoro qui da mesi e ho imparato a conoscerla. Certo, non del tutto. Diciamo che ho capito la sua indole. Sei una persona gentile e buona. Mi ha assunta senza fare troppe domande. Inoltre, è raro che una diciottenne che frequenta ancora l'università venga accettata così su due piedi in un’azienda come questa.
La guardo. — Non girarci intorno. Dove vuoi arrivare?
— Ho pensato che lei volesse portarmi a letto. È la prima cosa che ho pensato. Ricorda? All’inizio ero fredda nei suoi confronti. Non capivo a che gioco stesse giocando. Era freddo, distaccato e non mi degnava di uno sguardo. Credevo fosse una tattica, ma poco dopo ho capito che non era per niente interessato a me. E quando ho sentito le colleghe parlare del fatto che fossero andate a letto con lei, ho capito che non mi ha assunta per il mio aspetto. Ma per le mie capacità.
Faccio una smorfia. — Oggi sei troppo loquace. Non è da te.
Abbozza un sorriso tenero. — Non cambi discorso. Le sono molto riconoscente sia come dipendente, che come donna. — Mi mette una mano sul pene. — Per questo le sarò fedele d'ora in poi.
Scatto in piedi.
La mia assistente fa per spingermi sulla sedia, ma non ci riesce. Mi afferra il polso e mi tira.
La guardo. — Hai perso completamente la testa.
Mi fissa intensamente. — Lei non capisce.
— Capisco perfettamente invece. Questo atteggiamento ti rovinerà la vita. Devi darti una calmata.
Mi stringe debolmente il polso. — Perché continua a rifiutarmi? Sono bella, attraente e intelligente. È perché ama un’altra? Oppure perché ho diciotto anni?
— Ne abbiamo già parlato — rispondo freddo. Ritraggo il polso e lascio l’ufficio.
La mia assistente mi segue alle spalle. Attraverso il corridoio ed entro nell'ascensore. Lei si mette dietro di me. L'ascensore comincia a scendere.
— Mi stai seguendo? — domando.
Non risponde.
— Devo preoccuparmi?
— Di cosa?
— Del tuo atteggiamento. Sembri ossessiva.
— Le sono fedele.
— Fedele? Cosa sei? Un cane ora?
— Non mi prenda in giro. Sono seria.
Le porte dell'ascensore si aprono. Esco e attraverso l'atrio vuoto. Il portinaio ci saluta con un sorriso, accanto alla porta che tiene aperta. Cammino lungo il marciapiede e raggiungo la macchina. La mia assistente sale a bordo.
Sgrano gli occhi. — Che stai facendo?!
Non risponde.
Apro la portiera e mi siedo al posto di guida. — Esci.
Incrocia le braccia e guarda fuori dal finestrino. Nessuna risposta.
— Devo cacciarti fuori? — chiedo irritato. — Ti stai comportando come una bambina? Che diavolo ti succede!?
Scatta la testa verso di me, lo sguardo serrato. — Signor Valeriano, voglio fare l'amore con lei.
Mi metto una mano sulla faccia. Sospiro. — È per ieri? È perché l'abbiamo fatto? È per questo che ora sei così ossessiva?
— Voglio solo che lei faccia l’amore con me. Se lo fa, la lascerò in pace.
La guardo stranito. — Ti sembra normale tutto ciò?
— Lo farà?
Sposto lo sguardo sul manubrio. — Non mi lascerai mai in pace.
— Penso che a lei non dispiaccia avere intorno una donna come me, vero?
— Ti sbagli.
— Credo proprio di no. E sa perché? Non mi ha ancora cacciata in malo modo, né insultata. Dica la verità, non ha voglia anche lei? Facciamolo. Io e lei non abbiamo nessuno. Perché le è difficile capirlo?
La riguardo. — Stai cercando di entrare nella mia mente? Questi giochetti non funzionano con me.
— Non sto facendo nessun giochetto. Voglio solo fare l’amore con lei.
Sospiro e lascio cadere le spalle sullo schienale del sedile. — Hai detto che dopo mi lascerai in pace, giusto? So già che non sarà così, quindi…
La mia assistente scatta e si mette sopra di me.
Faccio per spingerla via, ma non si schioda. — Che stai facendo!?
— Signor Valeriano, sarò onesta. Voglio fare l’amore con lei tutte le volte che vorrò. Dopo averlo fatto, la lascerò in pace fino al prossimo incontro. Può amare chi vuole, in cambio voglio che lei non mi abbandoni mai. Ho bisogno che resti al mio fianco.
— Tu sei pazza… Tutto ciò non ha senso!
Mi bacia il collo. — Sono stanca di contenermi. Ho bisogno di lei. Lasci che l'ami. Non importa se non ricambierà. Permettimi di farlo.
L’allontano per le scapole. — Senti, non so cosa diavolo ti prende, ma non stai bene. Per niente. Non so cosa diamine ho fatto per incasinarti così, ma…
Mi bacia in bocca e ci infila la lingua. La allontano, ma si attacca a me come una pulce e continua a baciarmi. Il mio pene è duro come un sasso. Lei mi abbassa i pantaloni e le mutande, poi fa lo stesso.
— Non… — dico in un sussurro eccitato.
La mia assistente si mette il mio pene nella sua vagina e comincia a muoversi su di me. Ansima. — Quando l'abbiamo fatto per la prima volta… ho capito che non potevo stare senza di lei... Per questo sono così… sfrontata. Non le piace? Lo ammetta… Le piace avere una donna così diretta e fedele come me… Lei mi fa impazzire, signor Valeriano…
Sento l'acqua bagnare i miei gentili. Le sue cosce si chiudono attorno ai miei fianchi, le sue braccia attorno alle spalle, il suo corpo inizia a fremere finché si irrigidisce. Continua a muovere il bacino sul mio inguine per un po'.
Le vengo dentro.
Lei mi bacia. — Si sente meglio ora?
Non rispondo.
— Le sono fedele.
— Smettila di dirlo.
— Ma è così. Lei mi fa stare bene. Fare l’amore con lei mi rende felice.
— Non so proprio cosa fare con te…
— Le serve una donna come me. Una donna che sappia decidere per lei.
La guardo turbato. — Non ho bisogno che qualcuno decida per me.
— Ha ragione, ma… Lei non sa decidere quando si tratta di sentimenti. Ho dovuto fare io il passo che lei non riusciva a fare. Anche questa volta l’ho fatto per lei. Non so come abbia fatto a fare l’amore con le colleghe, ma credo che lei sia cambiato in questi mesi. Ne parlano tutti in ufficio.
Scuoto la testa infastidito. — Stai cercando di confondermi? Beh, sappi che non sta funzionando.
Mi sorride in modo infantile. — È proprio cocciuto. — Mi stringe in un abbraccio. — Voglio essere sua. Mi usi come vuole.
L’allontano. — Piantala! Sembri una di quelle tipe strane che vogliono essere dominate.
— Mi piacerebbe essere dominata da lei.
Chiudo gli occhi esasperato. La sposto sul sedile accanto, mi alzo mutande e pantaloni e accendo il motore. — Devo aspettarmi problemi al lavoro?
Lei si pulisce la vagina con una salvietta presa dalla borsetta. — No.
— Sei sicura?
— Le ho creato problemi oggi in ufficio?
— Quasi.
— Ma mi sono trattenuta. Ho aspettato la fine dell’orario d'ufficio per averla.
— Perché di colpo sei diventata così?
— Quando ieri abbiamo fatto l’amore… Non so, è scattato qualcosa dentro di me. Ho realizzato che lei è più importante di quanto creda.
— Non è che stai confondendo il sesso con l’amore? — domando. Ingrano la prima e parto. — Se ti piace il sesso è normale essere confusi e avere queste reazioni.
La mia assistente si rimette i pantaloni e le mutandine. — Sento un legame profondo tra di noi. Anche lei lo sente, vero?
— No.
— Non menta.
— È la verità. Non sento nulla. E sai già che amo un’altra.
Mi guarda. — Sta mentendo a se stesso. Può anche amare quella persona, ma ama anche me.
— Ti sbagli.
— Se mi sbagliassi, ora non sarei qui con lei.
La guardo di sottecchi dubbioso. — Sei totalmente fuoristrada.
— Sono sicura che le piaccio.
— Credi a quello che vuoi.
Passano tre settimane nella quale ho finito per fare sesso con la mia assistente tutte le sere in ufficio. Spesso andiamo anche a cenare in qualche fast food. Non so come diavolo sia potuto accadere. Voglio dire, durante il lavoro si comporta come una normale assistente. Ma la sera si trasforma in un'altra e finiamo per fare sesso. Inoltre, è sempre loquace. Non so cosa abbia, ma è parecchio strana. Finché la relazione si mantiene così, non ho problemi. Dopotutto, è sempre lei che viene da me. Io non l’ho cercata nemmeno una volta.
Durante una di queste sere si presenta in ufficio con uno sguardo strano. — Signor Valeriano, so già che rifiuterà, ma vorrei vivere da lei.
Sollevo lo sguardo dai documenti finanziari che sto sistemando. — Cosa!?
Mi si avvicina. — Voglio occuparmi della sua casa come una governante.
— Ma che richiesta è?
— Lo so che le sembra eccentrica, ma io le voglio davvero dimostrare la mia fedeltà. Mi occuperò di tutte le sue faccende domestiche e sessuali.
— Stai esagerando, ma... Ammesso che te lo faccia fare, come la metti qui al lavoro? Sei la mia assistente. Non avrai tempo per venire qui a lavorare.
— Quindi ci sta pensando?
— No! Per niente.
Mi sorride affettuosa. — Se è per il lavoro, allora mi licenzierò. Ma continuerò a frequentare l’università.
— Mai hai idea di quello che stai dicendo?!
— Certo. Voglio dipendere da lei. Le chiedo solo di lasciarmi finire l’università.
Sbarro gli occhi incredulo. — Perché mi stai chiedendo di farti finire l'università? Non ho detto che avrei accettato. Anzi, scordatelo! E sai che ti dico? Se non la smetti con queste stramberie, ti licenzio in tronco. Dopotutto, sei solo un’assistente.
Lei si porta un dito sulla labbra, il volto eccitato. — Mi hai fatta bagnare…
— Eh!?
— Lo ridica. Mi minacci. Mi fa bagnare...
— Ma tu sei pazza!
Mi prende la mano, si schiaffeggia la faccia. — Colpiscimi.
Ritraggo la mano e la guardo turbato. — Smettila!
— La prego, Signor Valeriano. Mi colpisca. Sono troppo eccitata...
— Se non la pianti, chiamo la sicurezza.
La mia assistente si porta una mano sotto la gonna, la faccia arrossata. — Sì… La chiami…
— Ma che… Ti stai eccitando davvero?
Si abbassa le mutandine e si piega in avanti sulla scrivania. — Mi faccia sua!
Il mio pene si impenna. Sono eccitato anch'io, ma non per ciò che ha detto. Ma perché ormai ci faccio sesso ogni sera. Il mio corpo si è abituato a questa routine.
Mi prende il polso e mi tira dietro di sé. — Lo metta dentro.
Mi abbasso pantaloni e mutande senza riflettere e faccio scivolare il pene dentro la sua vagina. È caldissima, bagnata. Comincio a sbattere l'inguine contro il suo sedere, il rumore dei colpi secchi che risuona nell’ufficio.
— Mi prenda per i capelli… — dice la mia assistente mentre ansima.
Le afferro i capelli, aumento l'intensità dei colpi.
Lei geme più forte. — Mi schiaffeggi il sedere…
Le mollo uno schiaffo leggero.
— Più forte, la prego — dice con voce sottile.
Le sferro uno schiaffo con la mano aperta.
Lei urla. — Sì… ancora…
Le mollo altri due schiaffi, i segni delle dita sulla pelle arrossata.
Si abbassa con le gambe chiuse e inizia a tremare. La sostengo da sotto le braccia e la tiro a me mentre le martello il sedere con i miei fianchi, senza pietà. Lei mi stringe il polso con una mano, si accascia a terra con un gemito liberatorio.
Le vengo dentro.
Restiamo distesi sul pavimento.
— Dobbiamo smettere — dico.
— Non smetteremo mai — risponde la mia assistente con un sorriso soddisfatto.
Fisso il soffitto. — Presto l'azienda chiuderà.
— Lo so.
— Per questo mi hai chiesto di diventare la mia governante?
— È solo un motivo in più.
— Non mi serve una governante.
— Ma le serve una come me.
— Non credo.
Lei mi afferra la mano, la stringe. — Le servo. Lei ha bisogno di me.
— No. Nemmeno tu hai bisogno di me.
— Signor Valeriano…
Volto la testa verso di lei. — Mi sono lasciato trascinare fin troppo da te. Ora basta.
Mi stringe la mano con forza. — Si sbaglia. Lei…
— L'azienda chiuderà i battenti a fine mese. Se vuoi ancora lavorare in questo settore, ti scriverò una lettera di raccomandazione.
— Non credo che riuscirò a lavorare altrove senza aver voglia di starle accanto.
Sospiro. — Senti, non voglio essere ridondante, ma ti serve davvero aiuto. Hai un problema serio. Non puoi venirmi dietro come se non avessi una vita.
La mia assistente si mette sopra di me, le grandi labbra della sua vagina si chiudono attorno al mio pene. — Se lei mi prendesse come la sua fidanzata, il problema sarebbe risolto.
La sposto di lato. — Lo vedi? È proprio di questo che ti parlavo. Sei troppo dipendente da me e non so nemmeno perché. Dici che sarebbe stato un rapporto senza impegno, ma poi adesso te ne esci dicendo che vuoi essere la mia fidanzata.
Mi prende di nuovo per mano. — Mi basta starle accanto.
— Lo hai fatto di nuovo.
— Posso vivere da lei?
— Ma mi stai ascoltando? — domando infastidito.
Non risponde.
Rimaniamo distesi per terra a guardare il soffitto.
Non so cosa fare.
Sospiro e rileggo gli ultimi dati del mercato finanziario francese. I miei occhi faticano a seguire le parole. Non è giornata.
La mia assistente bussa alla porta. Entra. — Il suo caffè.
— Grazie. Lascialo qui.
Lo posa sulla scrivania e mi guarda. — Sta bene?
— Sì, puoi andare.
— Se c'è qualcosa che possa fare per lei. — Sorride maliziosa. — Qualunque cosa.
— Torna al lavoro.
Chiude la porta e torna da me. — Se vuole posso…
La fisso negli occhi. — Le ho detto di tornare al lavoro.
Abbassa lo sguardo remissiva, annuisce ed esce dal mio ufficio.
Non mi piace comportarmi così. Non è da me. Ma stava superando di nuovo il limite. E per giunta davanti ai dipendenti che potevano vedere tutto dai loro cubicoli fuori dalla parete di vetro. Credo che sia anche la prima volta che le ho dato del lei dopo molti mesi. Ma almeno ha capito l'antifona.
Dopo l'orario di lavoro, l'ufficio si svuota. La mia assistente entra nel mio.
— Vada a casa — dico senza alzare lo sguardo.
— Perché mi sta dando del lei?
— Vada.
Si avvicina a me. — È successo qualcosa?
Alzo lo sguardo. — Cosa le ho detto?
Lei mi fissa. — Ha la faccia di qualcuno che è stato mollato.
— Non è così. Ora vada.
Si ferma accanto a me. — È stato respinto dalla donna che ama?
— Non farmelo ripetere più.
La mia assistente si abbassa e appoggia le mani sulle mie ginocchia. — Ha me. Non deve preoccuparsi. Mi prenderò cura di lei.
Scaccio le sue mani in modo brusco e mi alzo. — Se lo fa un’altra volta, la licenzio!
Lei mi sorride con aria infantile. — Signor Valeriano, non si agiti. Non c'è più nessuno su questo piano. Sono andati tutti via. Si segga. Lascia fare a me. La farò rilassare.
Mi porto una mano dietro la testa per il nervoso. Non ho alcun potere su di lei come suo superiore. Non mi ascolta neanche. Ma non siamo più in orario di ufficio, quindi è per questo che è diventata così sfacciata? Quando prima le ho detto di tornare al lavoro, l’ha fatto.
Lei si alza e mi prende una mano. — Si segga, per favore.
La ritraggo. — Smettila.
Serra gli occhi e mi spinge sulla sedia.
— Che fai?! — domando confuso e turbato.
Si abbassa su di me. — Signor Valeriano, lei fa troppe storie. Ieri le ho detto che il nostro rapporto è senza impegno, quindi godiamoci questi momenti insieme.
— È sbagliato.
— Lo decide lei cos’è sbagliato? E se invece fosse giusto?
— Non è per niente giusto quello che…
Fa un sorrisetto furbetto. — Ho sentito anch'io le voci che girano su di lei. Sembrano troppo... fantasiose, ma sono vere. Lei ha fatto sesso con la maggior parte delle donne di questo ufficio.
— Non è vero!
— Può anche negarlo, ma è così. Tra donne ci si confida. Ma non si preoccupi, non sono gelosa. Quelle lì non possono competere con me.
— Non sai quello che stai dicendo.
— Oh, sei passato di nuovo al tu — dice la mia assistente. — Sai, il fatto che lei non abbia mai tentato di fare sesso con me mi ha intrigata, ma questo lo sa già. Mi sono sentita… Come dire, speciale? Altre si sarebbero sentite scartate, ma non io. Tra noi due c'è una certa chimica, non crede? L’ho capito quando abbiamo fatto l’amore.
Faccio per alzarmi, ma mi spinge di nuovo sulla sedia. La guardo. — Non intendo fare più niente con te.
— Fatti e parole con lei non vanno di pari passo. Dice di essere ambiguo, ma non lo è del tutto. Sai, credo di iniziare a capire il suo carattere.
— Non mi conosci — dico.
— Lavoro qui da mesi e ho imparato a conoscerla. Certo, non del tutto. Diciamo che ho capito la sua indole. Sei una persona gentile e buona. Mi ha assunta senza fare troppe domande. Inoltre, è raro che una diciottenne che frequenta ancora l'università venga accettata così su due piedi in un’azienda come questa.
La guardo. — Non girarci intorno. Dove vuoi arrivare?
— Ho pensato che lei volesse portarmi a letto. È la prima cosa che ho pensato. Ricorda? All’inizio ero fredda nei suoi confronti. Non capivo a che gioco stesse giocando. Era freddo, distaccato e non mi degnava di uno sguardo. Credevo fosse una tattica, ma poco dopo ho capito che non era per niente interessato a me. E quando ho sentito le colleghe parlare del fatto che fossero andate a letto con lei, ho capito che non mi ha assunta per il mio aspetto. Ma per le mie capacità.
Faccio una smorfia. — Oggi sei troppo loquace. Non è da te.
Abbozza un sorriso tenero. — Non cambi discorso. Le sono molto riconoscente sia come dipendente, che come donna. — Mi mette una mano sul pene. — Per questo le sarò fedele d'ora in poi.
Scatto in piedi.
La mia assistente fa per spingermi sulla sedia, ma non ci riesce. Mi afferra il polso e mi tira.
La guardo. — Hai perso completamente la testa.
Mi fissa intensamente. — Lei non capisce.
— Capisco perfettamente invece. Questo atteggiamento ti rovinerà la vita. Devi darti una calmata.
Mi stringe debolmente il polso. — Perché continua a rifiutarmi? Sono bella, attraente e intelligente. È perché ama un’altra? Oppure perché ho diciotto anni?
— Ne abbiamo già parlato — rispondo freddo. Ritraggo il polso e lascio l’ufficio.
La mia assistente mi segue alle spalle. Attraverso il corridoio ed entro nell'ascensore. Lei si mette dietro di me. L'ascensore comincia a scendere.
— Mi stai seguendo? — domando.
Non risponde.
— Devo preoccuparmi?
— Di cosa?
— Del tuo atteggiamento. Sembri ossessiva.
— Le sono fedele.
— Fedele? Cosa sei? Un cane ora?
— Non mi prenda in giro. Sono seria.
Le porte dell'ascensore si aprono. Esco e attraverso l'atrio vuoto. Il portinaio ci saluta con un sorriso, accanto alla porta che tiene aperta. Cammino lungo il marciapiede e raggiungo la macchina. La mia assistente sale a bordo.
Sgrano gli occhi. — Che stai facendo?!
Non risponde.
Apro la portiera e mi siedo al posto di guida. — Esci.
Incrocia le braccia e guarda fuori dal finestrino. Nessuna risposta.
— Devo cacciarti fuori? — chiedo irritato. — Ti stai comportando come una bambina? Che diavolo ti succede!?
Scatta la testa verso di me, lo sguardo serrato. — Signor Valeriano, voglio fare l'amore con lei.
Mi metto una mano sulla faccia. Sospiro. — È per ieri? È perché l'abbiamo fatto? È per questo che ora sei così ossessiva?
— Voglio solo che lei faccia l’amore con me. Se lo fa, la lascerò in pace.
La guardo stranito. — Ti sembra normale tutto ciò?
— Lo farà?
Sposto lo sguardo sul manubrio. — Non mi lascerai mai in pace.
— Penso che a lei non dispiaccia avere intorno una donna come me, vero?
— Ti sbagli.
— Credo proprio di no. E sa perché? Non mi ha ancora cacciata in malo modo, né insultata. Dica la verità, non ha voglia anche lei? Facciamolo. Io e lei non abbiamo nessuno. Perché le è difficile capirlo?
La riguardo. — Stai cercando di entrare nella mia mente? Questi giochetti non funzionano con me.
— Non sto facendo nessun giochetto. Voglio solo fare l’amore con lei.
Sospiro e lascio cadere le spalle sullo schienale del sedile. — Hai detto che dopo mi lascerai in pace, giusto? So già che non sarà così, quindi…
La mia assistente scatta e si mette sopra di me.
Faccio per spingerla via, ma non si schioda. — Che stai facendo!?
— Signor Valeriano, sarò onesta. Voglio fare l’amore con lei tutte le volte che vorrò. Dopo averlo fatto, la lascerò in pace fino al prossimo incontro. Può amare chi vuole, in cambio voglio che lei non mi abbandoni mai. Ho bisogno che resti al mio fianco.
— Tu sei pazza… Tutto ciò non ha senso!
Mi bacia il collo. — Sono stanca di contenermi. Ho bisogno di lei. Lasci che l'ami. Non importa se non ricambierà. Permettimi di farlo.
L’allontano per le scapole. — Senti, non so cosa diavolo ti prende, ma non stai bene. Per niente. Non so cosa diamine ho fatto per incasinarti così, ma…
Mi bacia in bocca e ci infila la lingua. La allontano, ma si attacca a me come una pulce e continua a baciarmi. Il mio pene è duro come un sasso. Lei mi abbassa i pantaloni e le mutande, poi fa lo stesso.
— Non… — dico in un sussurro eccitato.
La mia assistente si mette il mio pene nella sua vagina e comincia a muoversi su di me. Ansima. — Quando l'abbiamo fatto per la prima volta… ho capito che non potevo stare senza di lei... Per questo sono così… sfrontata. Non le piace? Lo ammetta… Le piace avere una donna così diretta e fedele come me… Lei mi fa impazzire, signor Valeriano…
Sento l'acqua bagnare i miei gentili. Le sue cosce si chiudono attorno ai miei fianchi, le sue braccia attorno alle spalle, il suo corpo inizia a fremere finché si irrigidisce. Continua a muovere il bacino sul mio inguine per un po'.
Le vengo dentro.
Lei mi bacia. — Si sente meglio ora?
Non rispondo.
— Le sono fedele.
— Smettila di dirlo.
— Ma è così. Lei mi fa stare bene. Fare l’amore con lei mi rende felice.
— Non so proprio cosa fare con te…
— Le serve una donna come me. Una donna che sappia decidere per lei.
La guardo turbato. — Non ho bisogno che qualcuno decida per me.
— Ha ragione, ma… Lei non sa decidere quando si tratta di sentimenti. Ho dovuto fare io il passo che lei non riusciva a fare. Anche questa volta l’ho fatto per lei. Non so come abbia fatto a fare l’amore con le colleghe, ma credo che lei sia cambiato in questi mesi. Ne parlano tutti in ufficio.
Scuoto la testa infastidito. — Stai cercando di confondermi? Beh, sappi che non sta funzionando.
Mi sorride in modo infantile. — È proprio cocciuto. — Mi stringe in un abbraccio. — Voglio essere sua. Mi usi come vuole.
L’allontano. — Piantala! Sembri una di quelle tipe strane che vogliono essere dominate.
— Mi piacerebbe essere dominata da lei.
Chiudo gli occhi esasperato. La sposto sul sedile accanto, mi alzo mutande e pantaloni e accendo il motore. — Devo aspettarmi problemi al lavoro?
Lei si pulisce la vagina con una salvietta presa dalla borsetta. — No.
— Sei sicura?
— Le ho creato problemi oggi in ufficio?
— Quasi.
— Ma mi sono trattenuta. Ho aspettato la fine dell’orario d'ufficio per averla.
— Perché di colpo sei diventata così?
— Quando ieri abbiamo fatto l’amore… Non so, è scattato qualcosa dentro di me. Ho realizzato che lei è più importante di quanto creda.
— Non è che stai confondendo il sesso con l’amore? — domando. Ingrano la prima e parto. — Se ti piace il sesso è normale essere confusi e avere queste reazioni.
La mia assistente si rimette i pantaloni e le mutandine. — Sento un legame profondo tra di noi. Anche lei lo sente, vero?
— No.
— Non menta.
— È la verità. Non sento nulla. E sai già che amo un’altra.
Mi guarda. — Sta mentendo a se stesso. Può anche amare quella persona, ma ama anche me.
— Ti sbagli.
— Se mi sbagliassi, ora non sarei qui con lei.
La guardo di sottecchi dubbioso. — Sei totalmente fuoristrada.
— Sono sicura che le piaccio.
— Credi a quello che vuoi.
Passano tre settimane nella quale ho finito per fare sesso con la mia assistente tutte le sere in ufficio. Spesso andiamo anche a cenare in qualche fast food. Non so come diavolo sia potuto accadere. Voglio dire, durante il lavoro si comporta come una normale assistente. Ma la sera si trasforma in un'altra e finiamo per fare sesso. Inoltre, è sempre loquace. Non so cosa abbia, ma è parecchio strana. Finché la relazione si mantiene così, non ho problemi. Dopotutto, è sempre lei che viene da me. Io non l’ho cercata nemmeno una volta.
Durante una di queste sere si presenta in ufficio con uno sguardo strano. — Signor Valeriano, so già che rifiuterà, ma vorrei vivere da lei.
Sollevo lo sguardo dai documenti finanziari che sto sistemando. — Cosa!?
Mi si avvicina. — Voglio occuparmi della sua casa come una governante.
— Ma che richiesta è?
— Lo so che le sembra eccentrica, ma io le voglio davvero dimostrare la mia fedeltà. Mi occuperò di tutte le sue faccende domestiche e sessuali.
— Stai esagerando, ma... Ammesso che te lo faccia fare, come la metti qui al lavoro? Sei la mia assistente. Non avrai tempo per venire qui a lavorare.
— Quindi ci sta pensando?
— No! Per niente.
Mi sorride affettuosa. — Se è per il lavoro, allora mi licenzierò. Ma continuerò a frequentare l’università.
— Mai hai idea di quello che stai dicendo?!
— Certo. Voglio dipendere da lei. Le chiedo solo di lasciarmi finire l’università.
Sbarro gli occhi incredulo. — Perché mi stai chiedendo di farti finire l'università? Non ho detto che avrei accettato. Anzi, scordatelo! E sai che ti dico? Se non la smetti con queste stramberie, ti licenzio in tronco. Dopotutto, sei solo un’assistente.
Lei si porta un dito sulla labbra, il volto eccitato. — Mi hai fatta bagnare…
— Eh!?
— Lo ridica. Mi minacci. Mi fa bagnare...
— Ma tu sei pazza!
Mi prende la mano, si schiaffeggia la faccia. — Colpiscimi.
Ritraggo la mano e la guardo turbato. — Smettila!
— La prego, Signor Valeriano. Mi colpisca. Sono troppo eccitata...
— Se non la pianti, chiamo la sicurezza.
La mia assistente si porta una mano sotto la gonna, la faccia arrossata. — Sì… La chiami…
— Ma che… Ti stai eccitando davvero?
Si abbassa le mutandine e si piega in avanti sulla scrivania. — Mi faccia sua!
Il mio pene si impenna. Sono eccitato anch'io, ma non per ciò che ha detto. Ma perché ormai ci faccio sesso ogni sera. Il mio corpo si è abituato a questa routine.
Mi prende il polso e mi tira dietro di sé. — Lo metta dentro.
Mi abbasso pantaloni e mutande senza riflettere e faccio scivolare il pene dentro la sua vagina. È caldissima, bagnata. Comincio a sbattere l'inguine contro il suo sedere, il rumore dei colpi secchi che risuona nell’ufficio.
— Mi prenda per i capelli… — dice la mia assistente mentre ansima.
Le afferro i capelli, aumento l'intensità dei colpi.
Lei geme più forte. — Mi schiaffeggi il sedere…
Le mollo uno schiaffo leggero.
— Più forte, la prego — dice con voce sottile.
Le sferro uno schiaffo con la mano aperta.
Lei urla. — Sì… ancora…
Le mollo altri due schiaffi, i segni delle dita sulla pelle arrossata.
Si abbassa con le gambe chiuse e inizia a tremare. La sostengo da sotto le braccia e la tiro a me mentre le martello il sedere con i miei fianchi, senza pietà. Lei mi stringe il polso con una mano, si accascia a terra con un gemito liberatorio.
Le vengo dentro.
Restiamo distesi sul pavimento.
— Dobbiamo smettere — dico.
— Non smetteremo mai — risponde la mia assistente con un sorriso soddisfatto.
Fisso il soffitto. — Presto l'azienda chiuderà.
— Lo so.
— Per questo mi hai chiesto di diventare la mia governante?
— È solo un motivo in più.
— Non mi serve una governante.
— Ma le serve una come me.
— Non credo.
Lei mi afferra la mano, la stringe. — Le servo. Lei ha bisogno di me.
— No. Nemmeno tu hai bisogno di me.
— Signor Valeriano…
Volto la testa verso di lei. — Mi sono lasciato trascinare fin troppo da te. Ora basta.
Mi stringe la mano con forza. — Si sbaglia. Lei…
— L'azienda chiuderà i battenti a fine mese. Se vuoi ancora lavorare in questo settore, ti scriverò una lettera di raccomandazione.
— Non credo che riuscirò a lavorare altrove senza aver voglia di starle accanto.
Sospiro. — Senti, non voglio essere ridondante, ma ti serve davvero aiuto. Hai un problema serio. Non puoi venirmi dietro come se non avessi una vita.
La mia assistente si mette sopra di me, le grandi labbra della sua vagina si chiudono attorno al mio pene. — Se lei mi prendesse come la sua fidanzata, il problema sarebbe risolto.
La sposto di lato. — Lo vedi? È proprio di questo che ti parlavo. Sei troppo dipendente da me e non so nemmeno perché. Dici che sarebbe stato un rapporto senza impegno, ma poi adesso te ne esci dicendo che vuoi essere la mia fidanzata.
Mi prende di nuovo per mano. — Mi basta starle accanto.
— Lo hai fatto di nuovo.
— Posso vivere da lei?
— Ma mi stai ascoltando? — domando infastidito.
Non risponde.
Rimaniamo distesi per terra a guardare il soffitto.
Non so cosa fare.
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