Di nuovo noi...terza parte

di
genere
tradimenti

Il ragazzo, colto un attimo di sorpresa ma visibilmente compiaciuto, si alzò e prese il suo telo, scuotendolo con un gesto sicuro prima di stenderlo a pochi passi da lei. I muscoli delle sue braccia si tendevano sotto la pelle abbronzata, e Claudia ne colse ogni movimento con la coda dell’occhio.

«Io sono Claudia, piacere,» disse porgendogli una mano e fissandolo con uno sguardo che oscillava tra il curioso e il malizioso.

«Matteo,» rispose lui, stringendole la mano con una stretta decisa, gli occhi puntati nei suoi senza tentennamenti.

Indicò con un cenno del mento l’uomo steso poco più in là, ancora appoggiato al gomito, intento a osservarli con discrezione.

«E lui è mio marito, Marco.»
Matteo sgranò appena gli occhi, sorpreso. Li guardò entrambi, cercando nei loro volti una spiegazione implicita. Era evidente che qualcosa gli sfuggiva.

Lei colse il suo sguardo interrogativo e sorrise, abbassando leggermente la voce ma senza distogliere lo sguardo da lui.

«Sì, è tutto esattamente come sembra… e anche un po’ di più. Siamo qui insieme. Per scelta. Per curiosità. Per desiderio.»

Lui aggrottò appena le sopracciglia, poi sollevò un sopracciglio, incerto se fosse uno scherzo o la verità. Ma fu lo sguardo tranquillo – e complice – di Marco, seguito da un cenno di saluto e un mezzo sorriso, a dissipare ogni dubbio.

«Ah...» mormorò, ancora un po’ spiazzato. «Ok. Non mi aspettavo…»

Lei si voltò un attimo verso Marco, poi di nuovo su Matteo. Il suo tono era morbido, eppure diretto.

«Nemmeno noi, a dire il vero. Ma certe cose si sentono dentro, e poi diventano chiare. È semplice, se non ci si complica la testa.»

Matteo annuì lentamente, come se stesse ancora cercando di assimilare il quadro. Ma lo fece con un accenno di sorriso, uno sguardo nuovo, forse più curioso, forse anche più attratto.

Si passò una mano tra i capelli, poi sorrise con una sfacciataggine gentile, come chi ha capito che sta entrando in un territorio nuovo, ma pericolosamente invitante. Socchiuse gli occhi, guardandola con un misto di ammirazione e cautela.

«E quindi…» disse con voce bassa, quasi un sussurro destinato solo a lei, «posso sentirmi libero di corteggiarti, o rischio di prendermi qualche bastonata?»

Rise piano, la donna, un suono rotondo e complice, poi si sporse leggermente verso di lui, gli occhi accesi da una luce nuova, femminile e sicura.

«Direi che puoi… con rispetto, con eleganza. Ma sì, puoi. E no, niente bastonate. Al massimo qualche scossa.»

La fissò per un momento, rapito, come se quelle parole gli avessero appena aperto un mondo. Poi annuì piano, lasciando che un sorriso lento gli piegasse le labbra.

«Allora farò del mio meglio per meritare un po’ della tua attenzione.»

Alle spalle di Claudia, Marco osservava la scena. Il suo volto era disteso, lo sguardo attento. Dentro di sé sapeva che stavano varcando una nuova soglia, ma sentiva anche che il legame non si stava spezzando. Stava cambiando forma. E quella forma, per quanto nuova, portava con sé una potenza che non ricordava da anni.

Si voltò leggermente verso Matteo, con un sorriso che conteneva insieme innocenza e malizia. Aveva ancora il reggiseno sottile nella mano, quello stesso che poco prima aveva fatto sventolare con nonchalance come una bandiera silenziosa tra lei e il ragazzo.

«Matteo,» disse in tono naturale, come se chiedesse un favore qualsiasi, «mi aiuti a rimetterlo? Vorrei alzarmi un attimo.»

Lo sguardo si fece più serio, ma non perse quella luce ammirata e audace. Si sporse verso di lei, prendendo con delicatezza il capo dalle sue dita. Marco osservava senza intervenire, con quell’attenzione che nasce solo dal desiderio condiviso, dalla fiducia cieca o da entrambe le cose.

Si chinò leggermente e, con una cura quasi cerimoniale, cominciò a far scorrere i triangoli di tessuto lucido lungo le spalline, posizionandoli con gesti misurati ma precisi. Le sue dita sfiorarono appena la pelle umida della donna, e la loro lentezza sembrava dettata da una voglia non detta di prolungare ogni istante. Nessuna protesta da parte della donna, anzi: il suo respiro si fece più lento, le palpebre si abbassarono per un momento. Sembrava apprezzare la dedizione con cui veniva "vestita".

Con un piccolo clic, la chiusura si agganciò dietro la schiena, e Claudia si voltò a guardarlo. «Perfetto,» mormorò, passando un dito sul bordo teso del bikini, come a verificarne la posizione.

Lo guardò con occhi vivi, lucidi di gioco e malizia, e il tempo sembrò rallentare ancora una volta. Ogni suo gesto aveva la misura perfetta della consapevolezza: non era fretta, non era esitazione. Era controllo. Pieno, assoluto.

Senza dire una parola, sollevò le mani alla nuca e con un movimento calcolatamente lento sciolse la coda. I capelli, lucidi e leggermente increspati dalla salsedine, scesero come una cascata sui lati del viso e sulle spalle, aderendo qua e là alla pelle ancora calda e umida. Matteo parve trattenere il respiro. Claudia lo percepì, e un lampo compiaciuto le attraversò lo sguardo. Era un gesto semplice, eppure sembrava avere lo stesso potere di uno schianto: catturare, immobilizzare, conquistare.

Poi si tolse gli occhiali da sole con la stessa calma, quasi distratta, e infilò la stanghetta sottile tra le labbra. La mordicchiava con un'aria pensierosa ma carica di sottintesi. I suoi occhi, ora liberi da filtri, erano ancora più intensi: uno sguardo da donna che non stava solo giocando, ma stava scegliendo. Con lucidità, con desiderio, con regole tutte sue.

Si spostò davanti a lui e si sedette in Sukhasana, la posizione meditativa dello yoga. Le gambe piegate con grazia, il busto eretto, le mani sulle ginocchia. Ma non c'era spiritualità in quella postura: era un invito avvolto nella calma. Il triangolo di tessuto bianco e lucido del tanga disegnava la traiettoria del desiderio, attirando lo sguardo con una geometria quasi sacra. La pelle leggermente dorata dal sole brillava ancora di minuscole goccioline.

Lo guardò, inclinando la testa, con un sorriso che si disegnò lento, come se lo stesse costruendo a partire da un pensiero che la faceva tremare dentro.

«Allora, Matteo…» disse infine, la voce un sussurro che si spezzava in una risata morbida, quasi pigra. La stanghetta degli occhiali ancora tra le labbra. «Ti è piaciuto quello che hai… sentito?»

Si sentiva viva. Non solo desiderata — quello lo aveva intuito da tempo, lo leggeva negli sguardi — ma scelta. Ed era lei ora a scegliere. L’aria tra lei e Matteo era tesa come la superficie di un tamburo, vibrante sotto ogni parola non detta.

Ancora seduta, si sporse leggermente in avanti. I suoi gomiti si posarono all’interno delle ginocchia piegate, il busto si inclinò quel tanto da enfatizzare la curva naturale del seno, avvolto nei triangolini appena rimessi a posto, che sembravano trattenere a fatica l’onda della sua femminilità. I capelli ancora sciolti si adagiarono sulle spalle, incorniciandole il viso e il sorriso.

«Dimmi una cosa, Matteo…» iniziò con voce bassa, quasi confidenziale, mentre si mordicchiava ancora la stanghetta degli occhiali. Lo sguardo era liquido, incantatore, consapevole. «Secondo te… questa vecchietta è ancora degna di essere guardata da un bel ragazzo come te?»

La frase fu pronunciata con ironia sfacciata, ma sotto quella superficie giocosa bruciava la sfida vera: guardami, desiderami, ma sappi che sarò io a decidere quando e quanto.

Provò ad abbozzare una risposta, ma fu il suo corpo a parlare prima di lui. Lei scorse il rapido, involontario guizzo d’imbarazzo nei suoi occhi mentre tentava di cambiare posizione. Troppo tardi. Il costume, già teso da tempo, ora pareva sull’orlo della resa. Ogni fibra del tessuto sembrava lottare per contenere la reazione fisica che lui non poteva più celare.

Lo sguardo della donna si abbassò impercettibilmente per un solo, fugace istante. Poi tornò a incontrare quello del ragazzo con una lentezza studiata. Un sorriso si allungò sulle sue labbra come una carezza, calmo e pieno di una femminilità che non cercava conferme. Solo complicità.

Dentro di sé, sentì un’ondata calda e gratificante salirle lungo la colonna vertebrale. Il mondo poteva anche continuare a girare, ma in quel momento — con la sabbia calda sotto di lei, il sole che le baciava la pelle, e quel giovane uomo che non riusciva a distogliere lo sguardo — lei era al centro di tutto. Ed era esattamente dove voleva essere.

Non aveva bisogno di parole, in quel momento. Le bastava il silenzio teso, quasi palpabile, che si era creato tra lei e Matteo. Si muoveva lenta, consapevole. Ogni gesto era carico di intenzione, eppure nulla sembrava forzato.

Con un’espressione solo vagamente distratta, abbassò lo sguardo verso il proprio fianco. «Uff… questo costume tira un po’,» disse a mezza voce, più per giocare che per reale disagio. Le mani scivolarono con naturalezza verso i laccetti del tanga, sollevandoli di pochi centimetri sulle anche. Il tessuto seguì il movimento aderendo alla pelle come una seconda pelle, scolpendo le curve dei fianchi in una linea ancora più definita e ardita.

Il sole, alto e generoso, proiettava luci e ombre lungo il suo corpo. Il gioco dei muscoli sottili sotto la pelle abbronzata, la morbidezza delle forme, e quel gesto tanto semplice quanto studiato, catturarono l'attenzione di Matteo con una forza magnetica. Lui deglutì a vuoto, incapace di distogliere lo sguardo.

Con la coda dell’occhio, notò tutto. Non serviva guardarlo direttamente: era nel modo in cui lui aveva trattenuto il fiato, nel leggero irrigidirsi delle spalle, nella tensione delle mani poggiate sulle gambe. Era ancora giovane, ma in quel momento si comportava come un ragazzo preso alla sprovvista. E lei, con tutta la sua esperienza e sicurezza, si sentiva più potente che mai.

La luce del sole cominciava a farsi più morbida, ambrata, scivolando sulle superfici con una lentezza quasi liquida. Il calore ancora tiepido accarezzava la pelle e il vento, appena più fresco, scompigliava appena i capelli, ora sciolti e ancora umidi. Il fruscio delle onde sembrava l’unico suono rimasto, mentre tutto intorno la spiaggia si svuotava lentamente. Ombrelloni chiusi, asciugamani piegati, saluti sommessi tra gli ultimi bagnanti.

Lei era lì, immobile nella sua posizione composta ma provocante, seduta ancora in Sukhasana, con il busto eretto e lo sguardo rivolto a Matteo. La tensione tra loro, sottile ma crescente, non accennava a diminuire.

Con un sorriso appena accennato, inclinò il capo verso di lui. La voce era un sussurro caldo, quasi segreto:
«È vero quello che mi ha detto mio marito? Che quando cala il sole… qui le cose si fanno un po’ più… selvagge?»

Il tono era leggero, quasi ironico, ma negli occhi brillava una curiosità viva, reale. Non una provocazione fine a sé stessa, ma una porta socchiusa su possibilità appena suggerite.

Deglutì rumorosamente, sorpreso dalla domanda tanto quanto dalla naturalezza con cui era stata posta. Guardò un attimo verso la battigia, poi di nuovo lei.
«Dipende da chi resta…» rispose, cercando di mantenere un tono neutro, ma il modo in cui il suo sguardo si posò sulle labbra di lei rivelava che anche lui sentiva il cambiamento nell’aria.

In risposta si lasciò andare a una risatina leggera, ma nei suoi pensieri si faceva strada una consapevolezza nuova. Forse le parole del marito non erano state solo un gioco. Forse, davvero, quel luogo celava un volto diverso dopo il tramonto.

Il silenzio della spiaggia si faceva sempre più denso, quasi sospeso.

Lo guardò con un sorriso enigmatico, poi socchiuse gli occhi come a valutare qualcosa che ancora non aveva detto.
«E se…» iniziò, lasciando la frase in sospeso mentre si chinava lentamente all’indietro per raggiungere la borsetta. Il movimento fu morbido, fluido, eppure studiato, così da offrire al giovane uomo una vista ancora più nitida del suo corpo: la linea della schiena, le gambe distese, il ventre piatto, il seno che si sollevava impercettibilmente al ritmo del respiro.

Riprese la frase mentre frugava nella borsa:
«…se restassimo solo noi tre, qui?»

Lo disse senza guardarlo direttamente, ma sapeva perfettamente dove fosse il suo sguardo. Le dita affusolate trovarono quello che cercavano: uno specchietto, una matita, e un rossetto lucido. Tornò a sedersi composta, con una lentezza quasi teatrale. Poi aprì lo specchio con un gesto esperto, lo inclinò verso di sé e, con sorprendente precisione, iniziò a passare la matita rosso amaranto sul contorno delle labbra.

«Se restiamo… devo farmi bella.» disse con un tono giocoso, quasi innocente, mentre i suoi occhi restavano incollati allo specchio.

La matita seguiva il disegno naturale delle sue labbra con delicatezza, enfatizzandone la forma piena. Poi, con altrettanta grazia, svitò il rossetto e cominciò a riempire lo spazio con il colore deciso e lucido del rosso fiamma. Il contrasto con la sua pelle abbronzata era magnetico. Ogni gesto, ogni passaggio del rossetto sulle labbra, sembrava una carezza lenta, voluta.

Quando chiuse lo specchio e sollevò lo sguardo, il sorriso che affiorava era quello di una donna che sa perfettamente quanto effetto stia facendo.

«Allora?» chiese, inclinando leggermente il capo verso Matteo. «Cosa potrebbe succedere… se restassimo davvero solo noi tre?»

Il ragazzo, ancora parzialmente incantato dalla figura di Claudia, distolse finalmente lo sguardo dalle sue labbra appena truccate e, in un gesto involontario, si ritrovò a guardare oltre le sue spalle, verso Marco. Il marito era lì, calmo e composto, ma con uno sguardo che non lasciava dubbi: osservava, ma non interferiva.

Cogliendo l’indirizzo dello sguardo del giovane, sorrise con un'aria di chi sa che è tutto sotto controllo. Si stirò leggermente, ma senza fare movimenti bruschi. La sua voce fu tranquilla, ma con una sicurezza che non lasciava spazio a equivoci:
«È lei a decidere,» disse, come per chiarire definitivamente. «Io sono qui solo per la sua incolumità, nel caso qualcosa non dovesse andare secondo i programmi.»

La frase suonava enigmatica, ma anche rassicurante, come a voler sottolineare che, qualunque cosa succedesse, la scelta era tutta di Claudia. E che lui, non avrebbe mai messo in discussione il suo desiderio o la sua libertà. Era l'accordo tacito, la fiducia che li legava, e quella fiducia aveva aperto la porta a questo momento, a questa possibilità.

Nel frattempo, Claudia, seduta in una posizione provocante, non distolse lo sguardo dal giovane. Un sorriso soddisfatto si stava lentamente formando sulle sue labbra, come se avesse appena sentito la conferma che voleva. In quel momento, l'aria sulla spiaggia sembrava rallentare, la brezza si faceva meno frizzante, e ogni suono, ogni respiro, ogni movimento sembravano intensificarsi.

Con un movimento del capo portò tutti i capelli su un lato del viso e inclinando leggermente la testa chiese al ragazzo, in un sussurro, «e dimmi Matteo, se potessi esaudire un tuo desiderio, cosa vorresti fare con queste labbra?» nella sua mente capiva che da lì non si tornava più indietro, erano arrivati in cima al passo, ora era solo discesa, fosse per tornare indietro e dimenticare tutto o fosse per proseguire sul versante della montagna non ancora esplorata.

Il ragazzo si sporse in avanti mettendo entrambe le mani a contatto con le cosce della donna, avvicinando le labbra alle sue e sussurrandole, «Prima di tutto vorrei annusarle, e poi baciarle, suggere la tua lingua e duellare con lei, ma mi piacerebbe anche che restasse del rossetto su di esse per vedere in quali altri punti del corpo potrei vedere il marchio delle tue labbra.»

Non si sottrasse al bacio, lo accolse dentro di se e lo lasciò giocare con la sua lingua, portò una mano sulla nuca per carezzarlo e tenerlo più vicino a se. nel frattempo il ragazzo si sentì autorizzato a soppesare e toccare dolcemente un suo seno.

Marco si era alzato appena le loro labbra si erano incrociate, per verificare che nulla di non richiesto dalla sua donna avvenisse e per gustarsi meglio la scena in prima fila nel teatro dell'erotismo di Claudia. Verificò inoltre che gli ultimi compagni di spiaggia fossero sufficientemente lontani per evitare di invitarsi al gioco in corso.

I capezzoli della donna reagirono immediatamente alla stimolazione manuale del ragazzo che cominciò a spingere sulla donna per farla sdraiare e appoggiarsi con tutto il suo corpo su quel paradiso sconosciuto e tutto da esplorare.

Staccò la bocca dalla sua e scese sul suo seno spostando il triangolo del costume dove trovò un capezzolo eccitato e duro, lo leccò e lo baciò, fino a dare dei piccoli morsi piacevoli/dolorosi per la donna. Oramai era sua, lo sentiva. Ma non aveva ancora compreso a pieno la situazione, non era lei a essere sua, ma lui ad essere in sua piena balia. Sarebbe stato piacevole per lui, ma in maniera infinitesimale di quanto lo sarebbe stato per lei. Lui bramava un corpo, lei bramava l'emozione, l'eccitazione e il piacere che solo una mente pienamente coinvolta poteva raggiungere.

Si trovò sdraiata sotto il ragazzo, la sua bocca che le tormentava un capezzolo, mentre le mani cercavano e frugavano tra le sue gambe. Era eccitata, liquida, vogliosa e pronta. Un ultimo sguardo al suo compagno di una vita e poi le sue mani si spostarono verso il suo basso ventre. sentì la sua erezione premere impudente sul suo ventre, grosso duro e teso nel suo costume da bagno. Le sue mani spostarono il tanga di lato e le gambe si allargarono per favorire l'avvicinamento dei corpi. «Prendimi, ti voglio dentro.»

Non se lo fece ripetere con gesti poco eleganti, tipici del maschio che ragiona con il cervello basso, abbassò il costume liberando la sua virilità e lo poggiò all'ingresso della porta del paradiso liscia umida ed aperta della donna. Quando trovò la posizione giusta cominciò a spingere.

Lei lo sentì all'ingresso, caldo e pulsante, duro come da anni non ne sentiva, cominciare a spingere, l'abbondante eccitazione liquida favorì l'ingresso del glande e lei sentì le sue carni aprirsi piacevolmente per farlo entrare. E poi entrò, ed entrò ed ancora entrò dentro di lei, fino a toccare il fondo, il collo dell'utero si erse come estremo baluardo della sua femminilità. Portando un leggero dolore, ma un incredibile piacere alla sua portatrice.

Un altro maschio, dopo interi lustri sempre con il suo unico uomo, stava penetrando la sua intimità, godendo dei suoi mugolii, delle sue gambe che si strinsero ad abbracciarlo dietro la schiena per attirarlo più a se, più a fondo, più profondo, più perverso. Cercando il marito lo trovò poco distante, il costume abbandonato per terra e la sua erezione in mano mentre si godeva la vista della sua donna penetrata da un altro, il suono dei gemiti che di solito era lui a provocare, il rumore dei fianchi che venivano a contatto al massimo della penetrazione. Gli occhi estasiati nel piacere della perversione del vedere la propria donna godere sotto i colpi di un altro uomo.

Il ragazzo non si risparmiava, stava dando tutto quello che poteva e la situazione di un maschio sconosciuto, il luogo, sotto un tramonto carico di passione e tepore e di un marito che non connetteva più vedendo lo splendido dono che, era convinto, la donna stesse facendo per lui. La guidò fino ad un piacere intenso, lungo e profondo. L'orgasmo partì dal suo centro di piacere bombardato dai colpi del ragazzo, salì diritto al cervello e da qui ridiscese attraverso tutto il corpo. Le sue spalle rabbrividirono, i suoi seni si inturgidirono, il suo ventre si contrasse allo spasmo e la sua padrona del piacere esplose in un orgasmo di rara potenza intelletuale-fisica, che le fece abbandonare le gambe a terra.

Il ragazzo, molto esperto in questi frangenti, capì che quello era il momento giusto per provare a prendere il controllo della situazione. Si sfilò con decisione da lei la fece girare ventre a terra e le fece alzare il bacino alla giusta altezza. Lei seguì le indicazioni del maschio e si mise a gattoni sull' asciugamano, quando lo sentì di nuovo dentro di lei.

La sua vulva ancora gonfia dall'orgasmo appena provato accolse con più fatica il maschio che da dietro spingeva senza alcun riguardo. Adesso era avvenuta la mutazione da maschio a stallone che prendeva la sua giumenta con tutta l'energia che aveva in corpo, il lembo di tessuto spostato sulla natica aggiungeva erotismo alla scena, i seni che ballavano liberi seguendo i colpi ricevuti e un nuovo piacere che soggiaceva nel fondo del suo piacere pronto ad esplodere.

La prese per i fianchi, e cominciò a pompare sempre più veloce, sempre più duro, sempre più eccitato al sentire i gemiti di piacere della donna che gli stava donando il piacere più intenso che avesse mai provato. Il ritmo divenne martellante fino a giungere ai livelli di un batterista heavy metal con una doppia cassa da percuotere ripetutamente. Era allo stremo, non poteva più procrastinare l'inevitabile e senza chiedere permessi, senza preoccuparsi di possibili conseguenze, riversò il suo piacere dentro la tana di piacere della donna. Questa sentendo l'ulteriore irrigidimento del membro e le prime pulsioni, innalzarono il piacere soggiacente dentro di lei e li fecero culminare in un orgasmo simultaneo alto, profondo, intenso e rumoroso. Contemporaneamente, Marco, completamente dimenticato durante la parte culminante del rapporto scaricò tutto il suo piacere sulla schiena della "sua" donna.

Lei si lasciò cadere sulla spugna da mare seguita dall'amante di quella sera. Si baciarono, un pò stori e affannati e poi lui la ringraziò per il piacere donatogli. la donna gli diede un casto bacio in fronte e si sfilò da sotto di lui.

Si alzò con movimenti lenti, quasi assorti, come se i suoi gesti rispondessero a un ritmo interno, più vicino al respiro che al pensiero. Il sole era ormai basso sull’orizzonte, e la sua luce calda e obliqua sfiorava il corpo della donna come una carezza dorata, tracciando ombre leggere sulle sue curve e facendo brillare il sudore sottile che ancora le perlava la pelle.

Si passò le mani sul petto, coprendo con grazia i seni nudi più per istinto che per reale pudore, mentre con un gesto abile sistemò il bordo alto del tanga, come se volesse riprendere per un attimo possesso di sé dopo un turbinio di emozioni. Il suo corpo parlava ancora di ciò che era appena accaduto, ma nel suo incedere c’era una nuova compostezza, una consapevolezza che sembrava cresciuta nel giro di poche ore.

Camminò verso il mare senza fretta, lasciandosi cullare dal fruscio della sabbia sotto i piedi e dal respiro delle onde. L’acqua l’accolse con un abbraccio tiepido, carezzandole le gambe, i fianchi, lo stomaco… finché le spalle non furono immerse. A quel punto si fermò, lasciando che il liquido salmastro lavasse via il sudore, la sabbia e le ultime tracce di esitazione.

Si voltò verso la riva.

La spiaggia era quasi deserta. Le ultime presenze lontane si muovevano lentamente, come figure sfocate sullo sfondo di un sogno. Ma lei non li guardava veramente. I suoi occhi erano rivolti verso qualcosa di più profondo. Sentiva dentro di sé una fiamma nuova: il piacere non era stato solo fisico, ma qualcosa aveva toccato corde più intime. Era stata scelta, sì… ma soprattutto si era scelta. Aveva deciso di vivere, di desiderare, di mostrarsi. Senza chiedere permesso.

Il corpo bagnato scintillava alla luce radente del tramonto, e mentre un’onda più alta le bagnava il collo, chiuse gli occhi. Inspirò lentamente, lasciando che il profumo salmastro e la brezza marina si mescolassero al senso di libertà che le invadeva il petto.

In quel momento non era solo una donna sulla soglia di una nuova stagione della vita. Era una presenza piena, viva, che stava finalmente abbracciando il proprio potere femminile – non come qualcosa da offrire, ma come una verità da abitare.

Il sole era ormai basso sull’orizzonte, un disco infuocato che lambiva il mare e trasformava ogni cosa in oro e rame liquido. La spiaggia era ormai vuota. Solo due figure restavano, immerse in quel silenzio ovattato che precede la sera: il marito, ancora sulla sabbia, e Claudia, ferma nell’acqua fino alle spalle, i capelli finalmente sciolti.

La massa fluente e scura le scendeva bagnata sulle spalle, aderendo al collo, alle scapole, accarezzando la curva della schiena come una carezza ritardata del giovane amante che poco prima l’aveva lasciata. L’aveva sciolta per lui — i capelli, la voce, il corpo — e adesso li portava come un trofeo silenzioso, lasciando che il vento li muovesse appena.

Il ragazzo si era voltato una sola volta, l’aveva salutata da lontano con un gesto della mano, né troppo intimo né distaccato, poi si era allontanato con lo stesso passo sicuro con cui era entrato nella loro giornata. Nessun ombrellone, nessuna barriera visiva: erano rimasti soli, lei e il marito, come se il mondo fosse evaporato attorno a loro.

L’uomo, ancora in piedi sulla riva, fece un passo incerto verso l’acqua. Ma il braccio di Claudia si sollevò appena, la mano aperta con un gesto calmo ma imperioso. Si fermò. La conosceva troppo bene per non capire. Non era un rifiuto: era una richiesta di spazio, di tempo. Di quel momento che solo lei poteva abitare.

Confuso, svuotato, eppure stranamente in pace, lui si sedette sul bagnasciuga, lasciando che le onde bagnassero le sue caviglie. Non c’era nulla che potesse fare, se non aspettare. E forse non serviva altro.

Lei restava immobile nell’acqua, le spalle immerse, il volto girato verso il mare. Il tramonto la illuminava di lato, disegnando ombre morbide lungo il profilo del seno e la curva dei fianchi, dove il costume si tendeva ancora come un confine sottile tra l’intimità e il mondo. Alcune gocce salate le scivolavano lentamente lungo la schiena, tracciando sentieri tra pelle e pensieri.

Dentro di sé, qualcosa si era sciolto e allo stesso tempo rafforzato. Aveva assaporato la pienezza di un desiderio scelto, la libertà del sì sussurrato con intenzione, e l’inebriante consapevolezza del proprio potere femminile. Non solo di sedurre — quello era quasi facile — ma di decidere chi, come, quando.

Lasciò che il mare la sostenesse, le onde leggere la sollevavano e l’abbracciavano con quella carezza ritmica e antica, come se sapessero tutto di lei, come se la cullassero da dentro. Galleggiava sulla schiena, i capelli sciolti che si aprivano intorno al viso come alghe scure, gli occhi socchiusi, le labbra appena dischiuse in un sospiro che non era più solo sollievo: era un’eco profonda, un fremito che saliva dalle viscere.

Ripensava alla giornata, al corpo giovane e affamato che l’aveva cercata, all’eccitazione del gioco, allo sguardo del marito, complice e silenzioso. Un piacere sottile e imprevisto le riempiva il petto, ma non era più legato a ciò che avevano fatto con lei — era suo, solo suo.

Sotto la superficie dell’acqua, le sue dita scorrevano lente lungo le curve familiari del suo ventre, come a voler confermare che quel corpo era ancora capace di sorprendere, di fremere, di rinascere. Un tocco appena accennato, come se cercasse una risposta più che un gesto. E la trovò. Un fremito delicato, intimo, ma intenso, la attraversò, non come una scossa ma come un'onda calda che si dilatava piano, conquistando spazio, respiro, silenzio.

Non c’erano più occhi su di lei. Non c’erano più ruoli da interpretare. C’era solo lei, distesa sull’acqua, tra cielo e mare, tra luce e ombra. Libera, per la prima volta in anni, di esplorarsi senza sensi di colpa, di piacersi senza il bisogno di essere vista. Quel piacere era diverso, profondo, non più solo fisico: era consapevolezza, dominio, rinascita.

Un sorriso le affiorò sulle labbra, sottile e languido, mentre si lasciava andare, abbandonandosi al dondolio lieve delle onde. La luce calda e bassa, sensuale e calda, del mare al tramonto le accarezzava il viso, riflettendosi nei suoi occhi socchiusi.

Il sole, ormai a un passo dal congedarsi, colorava il cielo di arancio e porpora. L'acqua scivolava silenziosa sulle caviglie mentre si alzava, i capelli bagnati le si incollavano alla schiena e al petto in ciocche scure, dense di salmastro e desiderio.

Raggiunse la riva con passo lento, fluido. Lui, ancora seduto sul bagnasciuga, le sollevò lo sguardo come se vedesse qualcosa di sacro. Si accovacciò di fronte a lui senza dire una parola, le cosce strette e il corpo piegato in avanti in una posa spontaneamente seducente. Gli prese il volto tra le mani e lo baciò a lungo, con passione liquida, matura, carica di tutto ciò che aveva vissuto quel giorno. Non c'era pudore in quel bacio, ma neppure ostentazione: era semplicemente verità.

Poi, col fiato ancora caldo sulle labbra dell’uomo, gli sussurrò:

— Portami a casa.

Lui non chiese nulla. Si alzò in silenzio, le porse l’asciugamano, la aiutò a coprirsi.
Nessun bisogno di parole, solo gesti.

Spero che vi stia piacendo, come per la scorsa serie prediligo l'approccio mentale e non quello fisico per la descrizione dei miei racconti. Se avete commenti li leggerò volentieri qui o via mail a mogliemonella2024@gmail.com
scritto il
2025-05-06
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