La figlia del socio (parte 3)
di
Kugher
genere
sadomaso
“A quattro zampe”.
La cosa che maggiormente li eccitò fu la fluidità del movimento costretto, eseguito con la docilità di chi sa che non vuole farne a meno.
Le carezze furono dedicate alle parti non sessuali, come a voler rimandare il contatto con ciò che avrebbe prodotto eccitazione maggiore di quel semplice tocco.
Mattia fu il primo a spingersi a passare il palmo della mano sulle natiche.
L’intesa tra i due amici era tale da poter giocare all’unisono senza un preventivo accordo perché già esistente da anni di esperienze vissute assieme.
Simone prese il plug cui era attaccata la coda e si portò davanti alla ragazza.
La testa alzata per guardare l’uomo in piedi, ebbe l’effetto di dare una scossa di piacere nell’osservare quello sguardo basso, tipico di chi attende il volere altrui con la promessa e la paura dell’obbedienza.
Non si abbassò per infilare in bocca alla ragazza il plug in acciaio.
“Leccala bene, la tua saliva ti potrà essere utile”.
Le esperienze sessuali della ragazza, cui non erano estranei alcuni oggetti, fecero capire che il gesto, per loro eccitante, era volto ad avere sul plug la lubrificazione data dalla saliva della stessa schiava che avrebbe dovuto subire l’intrusione.
La presenza della coda fu indicativo del buco nel quale sarebbe stato infilato e compatibile con la sua attuale posizione da cagna.
Concentrata nel gesto, non si accorse di Mattia che si sedette, cavalcioni, su di lei.
Concentrò i muscoli per reggere il peso che l’uomo non stava facendo nulla per alleviare, gravando tutto sul magro corpo sotto di lui.
Micaela sentì il Padrone cercare il perizoma tra le sue natiche ed un dolore improvviso, causato dallo strappo dell’indumento intimo che si ruppe facilmente.
La seta dell’oggetto venne infilata in bocca al posto del plug.
L'introduzione nel culo della ragazza venne fatta da Simone e Mattia, che non volle perdersi lo spettacolo, si girò, sedendosi nuovamente sulla schiena della ragazza ma col viso verso la parte destinataria delle attenzioni dell’amico.
L’oggetto, adeguatamente lubrificato, non fece fatica ad entrare nel culo che la ragazza cercava di rilassare per agevolare l’ingresso. L’attività le risultò faticosa in quanto doveva reggere su di sé il peso dell’uomo.
Finalmente il dolore alla schiena venne meno e si sentì risollevare quando l’uomo si alzò.
“Muoviti, cagna”.
Simone le aveva attaccato il guinzaglio ed il gesto col quale si mosse in direzione della porta della sala dando un colpo al guinzaglio, le fece capire che avrebbe dovuto muoversi, a quattro zampe, cagna con la coda.
“Scodinzola”.
Evidentemente non fu sufficiente l'ondaggiamento della coda.
Un colpo di flogger fu contestuale all’ordine.
“Impegnati di più, cagna”.
La lunga camminata per la casa venne accompagnata da colpi di flogger, inutili per sollecitare la camminata già fluida, propedeutici invece all’accrescimento del piacere.
Il guinzaglio, oltre al simbolismo volto a stabilire chi detiene il potere e a collegarlo a chi il potere lo deve subire, ha anche la funzione di sciogliere eventuali incertezze. Queste possono essere provocate dal duro pavimento, doloroso per ginocchia non abituate a questo incedere, oppure alla resistenza di chi è costretto a compiere atti nuovi che la collocano in una situazione nuova della quale ancora deve essere assaporato il gusto e che ai primi passi può sapere di sangue che sgorga da una ferita nell’anima, quella che da persona viziata e snob si trova a dover subire in condizioni umilianti la volontà altrui, senza magari capire se ciò che si desiderava era proprio quello, se le sensazioni provate sono quelle sperate, cercare, volute.
Il rallentamento può essere la battaglia interiore tra quella parte che vuole vivere quell’esperienza adrenalinizzante e costringe le ginocchia a restare a terra, a non staccarle, a non chiudere quella porta che conduce in alcove prima sconosciute, e l’altra parte, quella che pensa di non reggere alla situazione e vuole recuperare quella dignità che pensa di avere persa, non giustificando questa perdita come sufficiente per il piacere che inizia a provare, quello che la pervadeva mentre, inginocchiata da sola con Mattia, era in attesa di Simone, colui che, senza saperlo, era la chiave che avrebbe fatto partire il motore dell’eccitazione e dell’adrenalina.
I Padroni non avevano accesso a questa battaglia interiore oppure al semplice dolore alle ginocchia. Erano invece attratti dal sapore del miele, quello dolce e naturale del piacere di avere una nuova schiava, il miele col peperoncino perchè quella giovane era la figlia del loro socio, senza pensare alle probabili conseguenze, tesi a vivere un momento di adrenalina anche per loro, quella pura, quella del pericolo, quella di chi vuole sentirsi il cuore pulsare nella vena del collo per il pericolo che potrebbe rappresentare quella cagnetta per la loro società.
“Muoviti cagna”.
Lo strattone al guinzaglio è composto da due forze, quella che tira, la forza di colui che ha già deciso di vivere quel pericolo eccitante e pensa al cazzo, nel quale il sangue circola vorticosamente, dopo essere partito dalla bocca dello stomaco. L’altra forza è quella che muove il soggetto tirato che, posto in bilico tra una scelta e l’altra, si trova a dover decidere sulla scorta di un invito formulato dal sesso, dall’eccitazione e che a quel comando istintivamente ha deciso di rispondere, e così vince il dolore alle ginocchia, il dolore all’anima che riprende a far scorrere il sangue dell’eccitazione per il momento erotizzante e pericoloso.
La cosa che maggiormente li eccitò fu la fluidità del movimento costretto, eseguito con la docilità di chi sa che non vuole farne a meno.
Le carezze furono dedicate alle parti non sessuali, come a voler rimandare il contatto con ciò che avrebbe prodotto eccitazione maggiore di quel semplice tocco.
Mattia fu il primo a spingersi a passare il palmo della mano sulle natiche.
L’intesa tra i due amici era tale da poter giocare all’unisono senza un preventivo accordo perché già esistente da anni di esperienze vissute assieme.
Simone prese il plug cui era attaccata la coda e si portò davanti alla ragazza.
La testa alzata per guardare l’uomo in piedi, ebbe l’effetto di dare una scossa di piacere nell’osservare quello sguardo basso, tipico di chi attende il volere altrui con la promessa e la paura dell’obbedienza.
Non si abbassò per infilare in bocca alla ragazza il plug in acciaio.
“Leccala bene, la tua saliva ti potrà essere utile”.
Le esperienze sessuali della ragazza, cui non erano estranei alcuni oggetti, fecero capire che il gesto, per loro eccitante, era volto ad avere sul plug la lubrificazione data dalla saliva della stessa schiava che avrebbe dovuto subire l’intrusione.
La presenza della coda fu indicativo del buco nel quale sarebbe stato infilato e compatibile con la sua attuale posizione da cagna.
Concentrata nel gesto, non si accorse di Mattia che si sedette, cavalcioni, su di lei.
Concentrò i muscoli per reggere il peso che l’uomo non stava facendo nulla per alleviare, gravando tutto sul magro corpo sotto di lui.
Micaela sentì il Padrone cercare il perizoma tra le sue natiche ed un dolore improvviso, causato dallo strappo dell’indumento intimo che si ruppe facilmente.
La seta dell’oggetto venne infilata in bocca al posto del plug.
L'introduzione nel culo della ragazza venne fatta da Simone e Mattia, che non volle perdersi lo spettacolo, si girò, sedendosi nuovamente sulla schiena della ragazza ma col viso verso la parte destinataria delle attenzioni dell’amico.
L’oggetto, adeguatamente lubrificato, non fece fatica ad entrare nel culo che la ragazza cercava di rilassare per agevolare l’ingresso. L’attività le risultò faticosa in quanto doveva reggere su di sé il peso dell’uomo.
Finalmente il dolore alla schiena venne meno e si sentì risollevare quando l’uomo si alzò.
“Muoviti, cagna”.
Simone le aveva attaccato il guinzaglio ed il gesto col quale si mosse in direzione della porta della sala dando un colpo al guinzaglio, le fece capire che avrebbe dovuto muoversi, a quattro zampe, cagna con la coda.
“Scodinzola”.
Evidentemente non fu sufficiente l'ondaggiamento della coda.
Un colpo di flogger fu contestuale all’ordine.
“Impegnati di più, cagna”.
La lunga camminata per la casa venne accompagnata da colpi di flogger, inutili per sollecitare la camminata già fluida, propedeutici invece all’accrescimento del piacere.
Il guinzaglio, oltre al simbolismo volto a stabilire chi detiene il potere e a collegarlo a chi il potere lo deve subire, ha anche la funzione di sciogliere eventuali incertezze. Queste possono essere provocate dal duro pavimento, doloroso per ginocchia non abituate a questo incedere, oppure alla resistenza di chi è costretto a compiere atti nuovi che la collocano in una situazione nuova della quale ancora deve essere assaporato il gusto e che ai primi passi può sapere di sangue che sgorga da una ferita nell’anima, quella che da persona viziata e snob si trova a dover subire in condizioni umilianti la volontà altrui, senza magari capire se ciò che si desiderava era proprio quello, se le sensazioni provate sono quelle sperate, cercare, volute.
Il rallentamento può essere la battaglia interiore tra quella parte che vuole vivere quell’esperienza adrenalinizzante e costringe le ginocchia a restare a terra, a non staccarle, a non chiudere quella porta che conduce in alcove prima sconosciute, e l’altra parte, quella che pensa di non reggere alla situazione e vuole recuperare quella dignità che pensa di avere persa, non giustificando questa perdita come sufficiente per il piacere che inizia a provare, quello che la pervadeva mentre, inginocchiata da sola con Mattia, era in attesa di Simone, colui che, senza saperlo, era la chiave che avrebbe fatto partire il motore dell’eccitazione e dell’adrenalina.
I Padroni non avevano accesso a questa battaglia interiore oppure al semplice dolore alle ginocchia. Erano invece attratti dal sapore del miele, quello dolce e naturale del piacere di avere una nuova schiava, il miele col peperoncino perchè quella giovane era la figlia del loro socio, senza pensare alle probabili conseguenze, tesi a vivere un momento di adrenalina anche per loro, quella pura, quella del pericolo, quella di chi vuole sentirsi il cuore pulsare nella vena del collo per il pericolo che potrebbe rappresentare quella cagnetta per la loro società.
“Muoviti cagna”.
Lo strattone al guinzaglio è composto da due forze, quella che tira, la forza di colui che ha già deciso di vivere quel pericolo eccitante e pensa al cazzo, nel quale il sangue circola vorticosamente, dopo essere partito dalla bocca dello stomaco. L’altra forza è quella che muove il soggetto tirato che, posto in bilico tra una scelta e l’altra, si trova a dover decidere sulla scorta di un invito formulato dal sesso, dall’eccitazione e che a quel comando istintivamente ha deciso di rispondere, e così vince il dolore alle ginocchia, il dolore all’anima che riprende a far scorrere il sangue dell’eccitazione per il momento erotizzante e pericoloso.
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