Le brave mamme: Monica
di
Troy2a
genere
incesti
Altro episodio: per capire leggete i primi
Per tutte noi che passavamo dalla stanza Donne di cuori, indipendentemente che l’incesto lo consumassimo oppure no, tornarci per dare conforto e solidarietà a chi si trovava ad approcciarsi a quei tormenti che noi avevamo affrontato, era un obbligo morale, un debito di riconoscenza che avvertivamo. Così, circa un’ora al giorno, la passavo a chattare: primo accesso nella hall comune, per cercare di riconoscere chi avesse bisogno di confidarsi, il che non era per nulla facile, poi ci trasferivamo nella stanza donne di cuori, dopo aver fornito la password alla nuova venuta. Spessissimo ci imbattevamo in donne che dovevano fronteggiare figli fin troppo audaci, il cui problema era respingerli senza traumatizzarli, altre erano donne disposte carnalmente a cedere, ma condizionate da un retaggio culturale bigotto. Rarissime eccezioni erano le madri che prendevano l’iniziativa o che si dichiaravano attratte dal o dai figli. Di me apprezzavano la capacità, per così dire, d’ascolto: dicevano che non ero invasiva, che non mi ponevo come la depositaria della verità.
Mi capitò, così, di incontrare Monica, che subito volle descriversi, per farmi capire, disse, quante poche probabilità potesse avere di diventare l’amante del figlio. Mi disse di essere diventata madre in tarda età, a 42 anni e che ora che il figlio ne aveva quasi 20 lei aveva superato la 60ina. Alta un metro e 72 pesava quasi 75chili, con una certa pancetta , quindi. Il figlio, invece, alto più di un metro e 90 per 83 chili di peso, giocava a rugby ed era sempre circondato da ragazze ed anche alcune amiche di lei ci avevano provato con lui, ma non sapeva dirmi se ci erano riuscite, tranne di una, che se lo era passato di certo e che forse se lo passava ancora. Monica, da quando Roberto, il figlio era piccolo, aveva l’abitudine di andare a stendersi nel suo letto per svegliarlo, appena il marito usciva per recarsi in ufficio. Abitudine che manteneva ancora e che era all’origine dei suoi, diciamo, mali. Qualche mese prima che lei entrasse in chat a parlare con me, come ogni giorno si era infilata nel letto di Robert e lo aveva abbracciato chiamandolo. Inavvertitamente, la sua mano era scivolata troppo in basso, all’altezza dell’ombelico e si era imbattuta in un cazzo in piena erezione. Poteva essere quella frequente mattutina in giovani di quell’età. Si era prontamente ritratta, alzandosi e proponendosi di cessare quella pericolosa abitudine. Invece, il giorno dopo lo aveva rifatto, giustificandosi con se stessa con il fatto che Roberto potesse pensare a qualcosa di scabroso. Ma una volta nel letto, la sua mano era scivolata volutamente fino ad incontrare l’erezione del figlio; e stavolta aveva indugiato pochi istanti a sfiorare la cappella. Nei giorni seguenti, il tempo in cui la mano, comunque immobile, rimaneva a contatto con il cazzo del figlio si prolungava sempre più e lei dovette riconoscere di provare una certa eccitazione, anche se confidava di non andare oltre. Successe, invece, che una mattina, non si sa quanto per caso, Roberto si fece trovare disteso sempre di lato, ma dalla parte opposta, sicché Monica si trovo col cazzo del figlio puntato proprio verso la sua fica ed, invece di scappare, si stese, strusciandola ripetutamente, fino a farlo venire copiosamente. Pensò, nell’immediatezza, di scappare, lasciandogli credere ad una polluzione notturna, ma, mentre cercava di sgattaiolare, lui aprii gli occhi:
“Hai finito di giocare, mamma? Credi che sia di legno?”
Lei provò a scusarsi a dire che era stata una vergognosa debolezza e che non sarebbe accaduto più. Ma lui le afferrò la testa, avvicinando le sue labbra alla bocca di lei, che si rese conto di non desiderare niente altro e si abbandonò a quel bacio, notando che, intanto, il cazzo di lui non aveva perduto vigore, o forse si era già ripreso. Se lo mise tra le gambe, con l’intenzione di tenerlo lì, fermo, ma questa volta Roberto prese l’iniziativa e con mosse veloci ed esperte glielo piantò nella fica, sollevandole una gamba in aria.
“Oggi vacanza!” le aveva detto, guardandola dritta negli occhi e lei gli si era aggrappata alla nuca con maggior forza di prima, spingendo il bacino per sentire quel cazzo fino in fondo. Avevano scopato quasi un’ora, in maniera dolce, mi disse, poi lei si era alzata ed aveva preceduto il figlio in cucina; mentre prendevano il caffè gli aveva detto che dovevano dimenticare quello che era successo e ricominciare come se niente fosse accaduto.
“Un paio di palle, mamma! Ho sognato questa giornata da anni e non vedo l’ora di ripeterla!”
“Ma con tutte le belle ragazze che ti fai…”
“Ma è te che desidero da sempre. E per fortuna che tu hai fatto il primo passo, perché io non avrei avuto il coraggio di farlo. Voglio essere il tuo amante…”
Lei restò basita, con la tazzina di caffè fumante in mano. Poi si alzò, si spogliò del tutto e si mise di fronte a lui.
“Mi hai guardata bene? Che cosa trovi di desiderabile?”
“Tutto, mamma! Per me sei troppo bona!”
Lei non trovò nulla da dire e nulla di meglio da fare che buttarsi tra le sue gambe e prendergli il cazzo in bocca, che in pochi colpi ritrovò vigoria. Roberto la sollevò come fosse una ballerina, la adagiò sul tavolo e le aprii le gambe. Gli leccò la fica per alcuni minuti, facendola impazzire di piacere, quando le mordicchiava il clitoride, poi gli piantò di nuovo il cazzo nella fica, scopandola di nuovo per un tempo imprecisato e facendo ballare i suoi seni e la sua pancia in maniera oscena.
Lessi tutti i suoi messaggi e poi le chiesi:
“Sei riuscita a fare pace con te stessa?”
“Fin dal primo momento!” rispose.
“Scusami, ma allora qual è il tuo problema?”
“Che questa relazione lo possa distrarre dal cercare una ragazza. E poi, sinceramente, che se ne trova una possa dimenticarsi di scoparmi!”
È passato un po’ di tempo, da allora, ma Monica scopa ancora con suo figlio, anche se lui ora è fidanzato. Un po’ di cazzo per la sua cara mammina c’è sempre.
Per tutte noi che passavamo dalla stanza Donne di cuori, indipendentemente che l’incesto lo consumassimo oppure no, tornarci per dare conforto e solidarietà a chi si trovava ad approcciarsi a quei tormenti che noi avevamo affrontato, era un obbligo morale, un debito di riconoscenza che avvertivamo. Così, circa un’ora al giorno, la passavo a chattare: primo accesso nella hall comune, per cercare di riconoscere chi avesse bisogno di confidarsi, il che non era per nulla facile, poi ci trasferivamo nella stanza donne di cuori, dopo aver fornito la password alla nuova venuta. Spessissimo ci imbattevamo in donne che dovevano fronteggiare figli fin troppo audaci, il cui problema era respingerli senza traumatizzarli, altre erano donne disposte carnalmente a cedere, ma condizionate da un retaggio culturale bigotto. Rarissime eccezioni erano le madri che prendevano l’iniziativa o che si dichiaravano attratte dal o dai figli. Di me apprezzavano la capacità, per così dire, d’ascolto: dicevano che non ero invasiva, che non mi ponevo come la depositaria della verità.
Mi capitò, così, di incontrare Monica, che subito volle descriversi, per farmi capire, disse, quante poche probabilità potesse avere di diventare l’amante del figlio. Mi disse di essere diventata madre in tarda età, a 42 anni e che ora che il figlio ne aveva quasi 20 lei aveva superato la 60ina. Alta un metro e 72 pesava quasi 75chili, con una certa pancetta , quindi. Il figlio, invece, alto più di un metro e 90 per 83 chili di peso, giocava a rugby ed era sempre circondato da ragazze ed anche alcune amiche di lei ci avevano provato con lui, ma non sapeva dirmi se ci erano riuscite, tranne di una, che se lo era passato di certo e che forse se lo passava ancora. Monica, da quando Roberto, il figlio era piccolo, aveva l’abitudine di andare a stendersi nel suo letto per svegliarlo, appena il marito usciva per recarsi in ufficio. Abitudine che manteneva ancora e che era all’origine dei suoi, diciamo, mali. Qualche mese prima che lei entrasse in chat a parlare con me, come ogni giorno si era infilata nel letto di Robert e lo aveva abbracciato chiamandolo. Inavvertitamente, la sua mano era scivolata troppo in basso, all’altezza dell’ombelico e si era imbattuta in un cazzo in piena erezione. Poteva essere quella frequente mattutina in giovani di quell’età. Si era prontamente ritratta, alzandosi e proponendosi di cessare quella pericolosa abitudine. Invece, il giorno dopo lo aveva rifatto, giustificandosi con se stessa con il fatto che Roberto potesse pensare a qualcosa di scabroso. Ma una volta nel letto, la sua mano era scivolata volutamente fino ad incontrare l’erezione del figlio; e stavolta aveva indugiato pochi istanti a sfiorare la cappella. Nei giorni seguenti, il tempo in cui la mano, comunque immobile, rimaneva a contatto con il cazzo del figlio si prolungava sempre più e lei dovette riconoscere di provare una certa eccitazione, anche se confidava di non andare oltre. Successe, invece, che una mattina, non si sa quanto per caso, Roberto si fece trovare disteso sempre di lato, ma dalla parte opposta, sicché Monica si trovo col cazzo del figlio puntato proprio verso la sua fica ed, invece di scappare, si stese, strusciandola ripetutamente, fino a farlo venire copiosamente. Pensò, nell’immediatezza, di scappare, lasciandogli credere ad una polluzione notturna, ma, mentre cercava di sgattaiolare, lui aprii gli occhi:
“Hai finito di giocare, mamma? Credi che sia di legno?”
Lei provò a scusarsi a dire che era stata una vergognosa debolezza e che non sarebbe accaduto più. Ma lui le afferrò la testa, avvicinando le sue labbra alla bocca di lei, che si rese conto di non desiderare niente altro e si abbandonò a quel bacio, notando che, intanto, il cazzo di lui non aveva perduto vigore, o forse si era già ripreso. Se lo mise tra le gambe, con l’intenzione di tenerlo lì, fermo, ma questa volta Roberto prese l’iniziativa e con mosse veloci ed esperte glielo piantò nella fica, sollevandole una gamba in aria.
“Oggi vacanza!” le aveva detto, guardandola dritta negli occhi e lei gli si era aggrappata alla nuca con maggior forza di prima, spingendo il bacino per sentire quel cazzo fino in fondo. Avevano scopato quasi un’ora, in maniera dolce, mi disse, poi lei si era alzata ed aveva preceduto il figlio in cucina; mentre prendevano il caffè gli aveva detto che dovevano dimenticare quello che era successo e ricominciare come se niente fosse accaduto.
“Un paio di palle, mamma! Ho sognato questa giornata da anni e non vedo l’ora di ripeterla!”
“Ma con tutte le belle ragazze che ti fai…”
“Ma è te che desidero da sempre. E per fortuna che tu hai fatto il primo passo, perché io non avrei avuto il coraggio di farlo. Voglio essere il tuo amante…”
Lei restò basita, con la tazzina di caffè fumante in mano. Poi si alzò, si spogliò del tutto e si mise di fronte a lui.
“Mi hai guardata bene? Che cosa trovi di desiderabile?”
“Tutto, mamma! Per me sei troppo bona!”
Lei non trovò nulla da dire e nulla di meglio da fare che buttarsi tra le sue gambe e prendergli il cazzo in bocca, che in pochi colpi ritrovò vigoria. Roberto la sollevò come fosse una ballerina, la adagiò sul tavolo e le aprii le gambe. Gli leccò la fica per alcuni minuti, facendola impazzire di piacere, quando le mordicchiava il clitoride, poi gli piantò di nuovo il cazzo nella fica, scopandola di nuovo per un tempo imprecisato e facendo ballare i suoi seni e la sua pancia in maniera oscena.
Lessi tutti i suoi messaggi e poi le chiesi:
“Sei riuscita a fare pace con te stessa?”
“Fin dal primo momento!” rispose.
“Scusami, ma allora qual è il tuo problema?”
“Che questa relazione lo possa distrarre dal cercare una ragazza. E poi, sinceramente, che se ne trova una possa dimenticarsi di scoparmi!”
È passato un po’ di tempo, da allora, ma Monica scopa ancora con suo figlio, anche se lui ora è fidanzato. Un po’ di cazzo per la sua cara mammina c’è sempre.
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