Meglio tardi 8

di
genere
incesti

Circa 2 km prima di arrivare a Boscoimperiale, provenendo da Fratte, dove abitiamo, sulla destra si apre una stradina , che costeggia un alto muro: è quello che delimita il parco del convento, o meglio dell’Abbazia doppia, come la chiamano, orgogliosamente, gli abitanti di quel borgo. Per arrivare al cancello di ingresso, occorre percorrere abbondanti 300 metri ed altrettanti, se non di più, si distendono dopo. Il parco, forma quasi un quadrato e i due conventi sono situati nella parte più lontana dal cancello, quasi a ridosso del muro di cinta, aldilà del quale si estende un foltissimo bosco di querce. Non ci vuole molto per capire che tutto è stato fatto per rendere il più possibile difficoltoso accedervi, visti i tesori d’arte che vi sono conservati. Ci fermammo e guardammo, spaesati, il cancello: non c’era alcun segno di citofono.
“Chi cercate?” una voce metallica sembrava uscire direttamente dal muro.
“Buongiorno, sono il nipote di suor Clotilde. Sono insieme a mia madre. Avevamo comunicato la nostra visita.” Rispose Mirko, scendendo dall’auto.
“L’accesso al convento femminile lo trovate svoltando a sinistra, quando sarete giunti all’Abbazia.”
Il cancello si mosse stancamente, girando sui cardini. Entrando, cercammo invano la portineria: scoprimmo solo dopo che il cancello era comandato da dentro, dopo aver accertato, grazie ad un sistema di videosorveglianza, l’identità dei visitatori. Arrivati che fummo, Mirko parcheggiò l’uto sul selciato e scendemmo, impreparati su come comportarci. Ma una figura, alta, fiera ci veniva incontro: non feci fatica a riconoscere Clotilde.
“Olga, quale grande piacere mi fate con la vostra visita. Mirko! Sempre più bello. Venite!” disse, dopo averci abbracciato calorosamente ed apprestandosi a farci strada verso l’enorme edificio che somigliava molto più ad un palazzo nobiliare che ad un convento. Nel salire i 5 gradini che dal selciato portavano alla piazzola dove si apriva l’ingresso, a Mirko non sfuggì un particolare, cui io non avevo fatto caso e di cui mi accorsi molto dopo, mentre eravamo a colloquio con lei.

Ci accompagnò in un grande studio, interamente circondato da alti scaffali stipati di libri, visibilmente di una certa data. Sedemmo:
“Il tempo di preparare un caffè e torno!” m non fece in tempo ad uscire dallo studio, che un’altra suora la bloccò.
“Vi preparo il caffè, reverenda madre?”
“Grazie, suor Dina! Stavo giusto andando a farlo.”
La suora ci mosse rapida: avrà avuto una 40 di anni, credo, piuttosto corpulenta, ma non eccessivamente grassa. Clotilde sedette con noi.
“Allora, cosa mi raccontate?”
“Innanzi tutto come dobbiamo chiamarti: sorella, madre, suora’”
“Per voi sono sempre Clotilde. Ricordi che mi hai quasi visto crescere? Ero poco più di una ragazzina, quando tu e mio fratello vi siete fidanzati. A proposito di fidanzati, tu Mirko?”
“Io dovrei andare in bagno, zia!”
Si lasciò andare ad una risata.
“Ma certo! Lo trovi in fondo al corridoio, sulla destra.”
Uscito che fu Mirko, Clotilde assunse un tono ancor più confidenziale.
“Mamma mia, come ti trovo bene, Olga. Sembri ringiovanita. Dimmi la verità: sei innamorata?” calai il capo, credo arrossendo un po’. “Dai, puoi dirmelo: mio fratello è morto da un po’ e tu hai tutto il diritto di vivere.”
Mi lasciai convincere e confermai.
“Sì, mi sono innamorata di nuovo!”
“Sono contentissima per te, tesoro. È una bellissima notizia. E chi è? È di Fratte? Lo conosco?”
Cominciai a pensare che mi sarebbe convenuto essere più accorta. Tuttavia, confermai.
“Sì, lo conosci. Ma non chiedermi di più, ti prego!”
“Perché? Prometto di essere discreta.”
“Perdonami: è imbarazzante per me. Non è proprio una relazione normale.”
“Sposato?”
“No! Assolutamente.”
Accavallò le gambe, continuando a fissarmi con un’aria curiosa. Fu allora che mi accorsi di quel particolare che a Mirko non era sfuggito: il lungo abito color panna aveva uno spacco sul fianco destro che arrivava quasi all’ascella. Così, accavallando le gambe, aveva scoperto due cosce magnificamente toniche. Rimasi sbigottita a guardarla e la cosa non le sfuggì.
“Nell’accettare questo incarico, ho posto le mie condizioni.” La sua voce era calma, calda. “Ho preteso di formare questo nuovo ordine religioso, che è sia femminile, ma anche maschile. Di conseguenza ho preteso che fossimo sciolti dai precedenti voti, per aderire alla nuova regola. Di una cosa sola mi sono pentita, nella mia vita monastica: il voto di castità non faceva per me. Ti dirò che credo che possa essere casta una che non ha mai conosciuto i piaceri del sesso. Ma per me – e tu sai bene chi ero – è stato impossibile. Così, ora, non sono tenuta alla castità e ne approfitto, sia coi frati che con le mie consorelle. Sei ancora convinta che la tua storia possa imbarrazzarmi o farti sentire giudicata?”
“Credo che sarebbe troppo anche per te, se sapessi!”
“Ma cosa diavolo sarà mai?” in quel mentre rientrò Mirko. “Puoi andare a fare un altro po’ di pipì, tesoro? Mirko la guardò stranito, poi guardò me ed io confermai con un gesto che era meglio che andasse. Non so cosa vide Clotilde in quel gesto: quello che so e che, uscito Mirko, lei aveva cambiato sguardo “No! Non mi dire: sei innamorata di tuo figlio. Ma è meraviglioso, cognata mia. Lui lo sa?”
Mi sentì, improvvisamente, più sicura, confortata dalla sua reazione.
“Sì! È stato lui a dichiararsi per primo, solo pochi giorni fa. Per la verità, facciamo sesso da qualche tempo…anche coi suoi amici. Ma pensavo fosse solo sesso, appunto. Invece, ci amiamo e lui non è geloso. Abbiamo deciso di ufficializzare il nostro rapporto ai nostri compagni di giochi e stiamo organizzando una festa.”
“Che splendida notizia mi hai dato, Olga. Vieni fatti abbracciare!” abbraciandomi, mi stampò anche un bacio sulla bocca, facendomi sentire la sua lingua e, se non avessero bussato alla porta, credo che non si sarebbe fermata lì.
Suor Dina entrò con un vassoio con il caffè e, dietro di lei, Mirko.
“Ora posso!”
“Certo, caro! Tua madre mi ha detto la meravigliosa novità. Fatti fare gli auguri.” E baciò anche lui, incurante della presenza dell’altra suora, che ancora non era uscita.
“Non voglio assolutamente mancare!” sorseggiando il caffè, così si espresse.
“Mancare a cosa?” chiesi, improvvisamente presa dalla paura di aver capito dove volesse andare a parare.
“Alla vostra festa di fidanzamento. D’altronde, se non sbaglio sono l’unica parente diretta in vita, no?”
“Le nostre feste sono particolari!” azzardò Mirko.
“Proprio il genere di feste che preferisco, se ho capito bene. Solo che verrò in… diciamo in borghese. Devo evitare lo scandalo, capite?”
“Sta tranquilla, Clotilde: i nostri amici sono molto discreti. Io scopo con tre, a volte cinque uomini cinsieme, ma di me in città non si è mai parlato.”
“Ne sono convinta, ma meglio evitare, almeno per ora. Ora, posso chiederti un favore?”
“Un favore? Tu a me?”
“Mi lasci scopare Mirko? Troppo bello per lasciarmelo scappare.”
“Ora? Qui?”
“Dove se no?”
“Per me va bene, ma io di qua non mi muovo!”
“Ce lo scopiamo insieme, allora!”
“Ma dove? Qui?”
“Certo!”
“E se entra qualcuno?”
“Non entrerà! Ma se entrasse qualcuno non farebbe differenza. Perché credi che abbiano voluto entrare in quest’ordine, dove non è previsto il voto di castità? Dai, stenditi sulla scrivania!”
In un battito di ciglia, liberò la scrivania dal mucchio di scartoffie che la occupavano, mentre io già sfilavo il vestito, aiutata da Mirko che non mancò di farmi sentire la sua mano sul culo. In pochi istanti, eravamo tutti e tre nudi, con mio figlio che non riusciva a trattenere la sua eccitazione. Rivedevo i lunghi capelli biondi di Clotilde dopo un tempo lunghissimo, ma, soprattutto, rivedevo i suoi fianchi, la parte di lei che mi piaceva di più da sempre: sontuosi, senza avere rotoli cadenti. Mi distesi sulla scrivania ed ebbi una sensazione spiacevole, al contatto con il freddo legno di mogano. Lei, con un’agilità inattesa ed aiutandosi con una sedia che aveva avvicinato alla scrivania, si distese su di me, nella posizione dl 69. Avevo la sua fica, rasata solo sulle labbra, proprio sopra la mia bocca. Sarebbe stata la mia seconda donna, pensai, mentre lei avvicinava la sua bocca alla mia patatina, le sue dita si intrufolavano, stimolandomi con perizia. Cercai di fare altrettanto, ma credo si accorse che non avevo la sua stessa dimestichezza con il sesso saffico. Mirko sfruttò la sedia usata da Clotilde per salirci su: il suo cazzo bussò alla mia fica e, senza aspettare il mio permesso, entrò, rubandomi un mugolio di sincero piacere. La lingua di Clotilde continuava a leccare la mia fica ed anche il suo cazzo, per poi continuare a risalire il corpo di mio figlio, avevamo tutti e tre un ritmo lento, come non volessimo perdere un solo istante di quell’amplesso. Il ragazzo prese un'altra sedia e la posizionò dalla parte della scrivania dove avevo la testa, salì e riservò alla zia lo stesso trattamento avuto per me. Guardavo il suo cazzo entrare ed uscire dalla fica di mia cognata e leccare quei due meravigliosi sessi diventò una mia esigenza, mentre Clotilde seguitava a leccare la mia fica ed il mio culo. Quel bastardo di Mirko, intanto, dosava sapientemente le sue prestazioni, alternandosi tra sua zia e me, tra il culo e la fica, portandoci alle soglie dell’orgasmo, per poi cambiare la partner oggetto dei suoi servigi. La mia fica, al pari di quella di mia cognata, colava umori, tanto da formare una piccola pozza sulla scrivania, che scendeva verso l’esterno, riversandosi a terra.
“Zia, sei proprio una santa. Santa Troia!”
“Non sei il solo a dirmelo: ci sarà qualcosa di vero, credo!”
“Tutto vero, Clotilde: sei proprio una gran troia. Credo che ci starai bene alla nostra festa.”
Sembrava che il cazzo di Mirko fosse più grosso e duro del solito: anche Clotilde continuava a lodarne le dimensioni, ma anche l’uso che sapeva farne. Il tempo scorreva al ritmo del nostro piacere, con una voglia che sembrava non appagarsi mai. Ma tutte le cose belle finiscono prima o poi. Così, dopo essersi alternato per oltre tre quarti d’ora tra me e mia cognata, tra le nostre fiche ed il nostro culo, Mirko diede chiari segni che stava per venire: scendemmo dalla scrivania noi e dalla sedia lui: io e Clotilde ci inginocchiammo di fronte a lui, in attesa di ricevere la benedizione della sua sborra calda, che arrivò dritta sui nostri volti, sconvolti dal piacere. Fu mia cognata, per prima, ad avvicinare la sua testa alla mia, la sua lingua a raccogliere la sborra che si era depositata sopra ed altrettanto feci io con lei, per poi scambiarci un lungo bacio al sapore di sperma, mentre, di tanto in tanto, tornavamo a ripulire il cazzo di Mirki che tardava a perdere consistenza.

“Aldilà della festa, credo che dovremmo vederci più spesso, cognata. Siamo o non siamo gli unici parenti rimasti?”
“Hai ragione, Clotilde! I rapporti di parentela vanno tenuti caldi, per evitare che si disperdano.”
Mirko diede un’ultima passata alle nostre fiche, prima che ci ricomponessimo, per poter tornare a casa.
“Gran bella sorpresa la zia, non trovi?”
“Magnifica sorpresa, tesoro. Sono sicura che piacerà molto ai nostri amici!”
“A proposito di amici, ho dimenticato di dirti che stasera saremo in 5: non pensavo che la visita alla zia andasse così.”
“E che problema c’è, amore? Mi è rimasta una voglia addosso che me ne scoperei anche di più!”
“Mamma, la zia mi sa che non è troia neanche la metà di quello che sei tu!”
Mi allungai per dargli un bacio sulle labbra.
“Grazie, tesoro! È un bellissimo complimento!”
di
scritto il
2025-11-13
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