Caccia alla schiava (parte 5)

di
genere
sadomaso

I tappeti all’interno della casa colonica le resero facile il raggiungimento dell’appartamento dedicato alla coppia vincitrice.
La ragazza restò sempre sul chi vive in attesa, e con il timore, di atti più dolorosi di quelli verificatisi sulla spiaggia.
La fecero entrare con l’oro nell’ampia doccia.
Le ordinarono di stare accucciata a terra.
Mentre si lavavano, i Padroni pretesero che leccasse i loro piedi.
Le dissero che avrebbe dovuto farlo come se quella fosse una musica che scivolava tra le posate durante una cena romantica, preludio di una serata di sesso acceso e vivo.
Stando inginocchiata, passò delicatamente con la lingua da un piede all’altro, leccando anche tra le dita e accarezzando il piede che, in quel momento, era al centro delle sue attenzioni.
Chi non aveva le attenzioni della sua lingua, appoggiava il piede sulla schiena della ragazza per potersi lavare meglio le gambe.
I piedi, invece furono lavati dalla schiava.
Mentre i Padroni, sotto la doccia, si baciavano e toccavano, pretesero che lei desse loro piacere con la lingua sul cazzo e nella figa.
Entrambi si girarono e si fecero leccare il culo spingendo sulla faccia della ragazza.
“Stenditi sulla schiena”.
Il tono, non rude, era semplicemente un comando.
Anita voleva compensare la differenza di altezza tra lei e Marco per poterlo baciare.
Usò la schiava come scalino, salendo in piedi sui seni e, abbracciando l’uomo amato, lo baciò.
Il tutto avvenne sotto la doccia aperta che, cadendo sul viso della schiava, le rendeva difficoltoso il respiro.
Un colpo di tosse che aveva infastidito i padroni, venne punito con uno schiaffo dato dalla Padrona col piede alla cieca, senza nemmeno staccarsi dal bacio all’uomo.
Quando la fecero stendere a terra, davanti alla doccia, quale tappetino del bagno, la ragazza si chiese se quella fosse stata la vita di una schiava vera al servizio dei Padroni.
Anita le pose sul petto un asciugamani e, messole sopra un piede, si fece asciugare.
Le passò sopra e le mise anche l’altro piede sul petto per analoga attenzione.
Non fu risparmiata dal Padrone.
Nonostante l’uso quale oggetto, l’ambiente era, nei limiti del possibile, sereno.
Non c’era cattiveria né sadismo, solo la voglia di divertirsi con la sua umiliazione ma senza usi crudi.
I Padroni si vollero eccitare lanciandole biscotti a terra che lei avrebbe dovuto raccogliere con la bocca dopo averli raggiunti, ovviamente, carponi.
Seduti in poltrona si fecero leccare a lungo il cazzo e la figa, facendola muovere in continuazione tra di loro, passandosela con spinte date coi piedi che, ogni volta, rischiavano di farla cadere a terra.
Non ci fu mai uso della frusta i cui segni ornavano ancora la sua pelle, solo ordini dati con tono tranquillo, tipico di chi si aspetta esecuzione.
L’eccitazione nei Padroni raggiunse un livello tale da dover trovare sfogo.
La fecero stendere di schiena sul letto.
La Padrona le si sedette sulla faccia ordinandole di leccarle la figa.
Il Padrone, in ginocchio tra le sue gambe, la penetrò mentre baciava e accarezzava Anita.
I movimenti furono lenti e delicati, tipici di chi sta facendo l’amore più che una scopata.
Ogni tanto la Padrona si sedeva troppo a lungo sulla faccia, facendo mancare aria alla schiava.
Il Padrone aumentò il ritmo fino a godere nella figa.
Poco dopo anche la Padrona raggiunse l’orgasmo.
Si sciolsero dall’abbraccio per stendersi sul letto.
Marco era stremato dall’orgasmo raggiunto e dalla tensione di tutta la serata. Anita si alzò solo il tempo di legare a terra la schiava, mentre dalla finestra apparve la luce del sole che, se fosse andata diversamente, avrebbe rappresentato la libertà per la schiava.
Quella notte fu lunga per la ragazza a terra.
Avvolta e travolta da mille pensieri, lontani dagli accadimenti della serata che, però, da questi traevano spunto.
Si appisolò verso mattina, quando venne strappata dal sonno faticosamente raggiunto dal piede della Padrona che la scuoteva.
“Svegliati, sei libera”.
di
scritto il
2024-01-12
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