Il concorso “tette sotto la doccia”

Scritto da , il 2023-01-14, genere voyeur

Il concorso si è svolto senza intoppi e senza sorprese; forse il pronostico era fin troppo scontato, come confermato già dai primi confronti, e qualcuno si è lamentato della poca emozione regalata agli spettatori, ma questo, al di là di una vittoria annunciata, non corrisponde al vero.
Di emozioni ce ne sono state parecchie, non certo per l'esito dell'elezione finale, la vittoria non è mai stata messa in discussione, ma per la qualità, innegabile, di buona parte delle partecipanti che, se a priori non hanno potuto scalfire la scontata assegnazione del titolo di regitetta della serata, si sono molto impegnate nei confronti diretti per conquistare il secondo e il terzo posto sul podio.
Sì, il titolo era proprio di 'regitetta' e non 'reginetta'.
All'inizio si pensava che il presentatore avesse il naso tappato, ma presto l'equivoco è stato sciolto.
Come pure da subito non si è parlato più di elezioni al podio, ma di erezioni. Un nuovo lessico si sta affermando in cornice a queste manifestazioni 'benetette dal cielo', come annunciato dallo speaker tedesco, nel consenso generale.
Molte delle contendenti già si conoscevano. È, infatti, questa kermesse una classica variante delle stranote competizioni estive riproposte in versioni non eccessivamente fantasiose.

Il concorso di “Miss maglietta bagnata” nella sua più estensiva accezione 'wet europa - open', quest'anno si era svolto in Andalusia e, tra le emergenti si era imposta, a sorpresa, tale Maria del Karmelo Jiménez Trinidad Telephon Yzquierda, una tettona locale dotata di seno procace e marmoreo. Eguagliando il record di Boom Boom Boris Becker, direttamente dalle qualificazioni aveva vinto la finale del più importante torneo del grande slam, sbaragliando a suon di stoccate e affondi di capezzolo le sempre più stupite e stordite rivali. Manco si fosse trattato di una finale di fioretto.
Sul trono, la giovane dai capelli 'maron' e dagli occhi uguali, si era schermita affermando di trovarsi in imbarazzo con tutti quei nomi e di chiamarla semplicemente Karmelo Jiménez Trinidad Telephon Yzquierda. Tra le ovazioni generali e una 'ola' che ha attraversato l'Atlantico e che si ricorda ancora sulle coste della Repubblica Dominicana per i suoi effetti nefandi, la platea decretò il celebre acrostico di KJTTY, poi dai rotocalchi trasformato in un più morigerato 'Kitty'. Ne seguirono riti satanici e scene di sesso di gruppo, ma tant'è, era nata una nuova stella.
Tutti, a quel punto, si aspettavano di verificare la definitiva consacrazione dell'astro emergente alla successiva competizione del grande slam. L'edizione del noto trofeo 'Canotta Trasparente', svoltosi regolarmente a Londra, si aprì all'insegna della sfida all'ultima fibra. Tessuti con sottigliezza subatomica si scontrarono con trasparenze prive di aberrazioni concepite e sperimentate nei laboratori di Princeton, ma anche in quell'occasione Kitty ingranò la sua 'quarta - coppa C' e impose il suo successo. Un ritmo infernale. A nulla valse il disperato tentativo a culonudo proposto da Helen Muir, stella locale declassata a un secondo posto stabile e inamovibile, e la presentatrice, Londa, inneggiò alla conferma della nuova diva della mammella.
“Hey, bello! Fanculo da queste parti!” Urlò davanti a un pubblico con gli occhi e le cappelle iniettate di sangue e alzò il braccio della vincitrice, lacerando la canotta che fino ad allora era rimasta tesa come una corda di chitarra e non aspettava altro che una minima stimolazione per rompere un delicato equilibrio.
Mentre la deflagrazione dell'attillato indumento fu salutata da virtuosismi eiaculatori e coreografie spermatiche da parte degli astanti, la stampa locale, un po' bigotta, bollò l'accaduto come contrassegnato da inconcepibile scelleratezza ed empietà.
Ma dopo il secondo successo consecutivo in una manifestazione del grande slam, Kitty volò in cima alle classifiche e da allora fu chiamata Flying Kitty.
La divina tettona fu ritratta nella terza pagina del quotidiano londinese 'The Sun' che, chiuso dal 2015, riaprì appositamente i battenti con una nuova campagna editoriale lanciando la nuova star e testimonial della tettata giornalistica sulla platea mondiale; si girò anche un film intitolato “la gatta sulle tette che scottano”, e siamo dunque ai giorni nostri.

A margine del concorso “tette sotto la doccia” appena concluso, ci avviciniamo alla tetta vincitrice, detentrice del trofeo e al primo posto delle classifiche mondiali.
Abbiamo ancora negli occhi le immagini che decretarono la vittoria senza mai il minimo accenno di turbamento da parte del grand jury.
Un velo d'acqua si arricchisce di riflessi per esaltare la forma perfettamente sferica del seno e dare rotondità e profondità.
La tetta si stacca decisa dalla superficie del petto, contravvenendo le più intuitive leggi della fisica. Non un accenno al benchè minimo turbamento gravitazionale. Un perfetto angolo di 90° con la parete del torace sottostante, come riscontrato dal goniometro di campionamento.
Sporgente, pieno: un balcone di calcestruzzo.
Consistenza della mozzarella di bufala della penisola sorrentina, come suggellato dall'esperto Michele 'O Guagliò, convocato a tal uopo per una premiazione satellite.
Il profilo continua verso l'alto, come un punto interrogativo rovesciato.
'¿Que tal?'
Sembra chiederci la tetta, mentre sfida la nostra concentrazione.
Capelli bagnati ne lambiscono la superficie. Crini percorsi da carezze acquose, aderenti alla perfetta forma tondeggiante arricchiscono di chiaro-scuri la tetta che resta lì a farsi osservare, riempiendo lo sguardo, saziando la vista.
Il preciso contorno dell'areola rapidamente accentua la sfumatura scura delineando il terreno di maggior piacere, come una isoipsa che scandisce la curvatura dello spazio-tempo.
L'areola, circonferenza dall'irresistibile carica erotica, sconfina ed erompe nel piccolo capezzolo appena accennato sotto lo scorrimento dell'acqua tiepida.
Un velo di infinitesima trasparenza assedia il timido apice e se ne diparte, lucente e sottile come l'azzurra atmosfera della Terra vista dallo spazio. Piccola e perfetta rifinitura da sposa, soffice tulle sul grazioso e sensibile ornamento che incorona e magnifica la superficie omogenea del seno.
Scorrimento di acqua avvolgente, umida carezza, uniforme pennellata di brillante liquido tiepido.
Finissima perturbazione tra le sensazioni cutanee, le stille di rugiada accarezzano la seta della tetta e stimolano il capezzolo come un'affettuosità più leggera del soffio del vento, delle ali di una farfalla.
Ci avviciniamo a quel seno, ci inebriamo di qual capezzolo bagnato, del piccolo baluardo a protezione dell'intera mammella.
Un piccolo faro nell'uniformità disarmante e struggente dell'oceano mammario, un segnale per imbarcazioni disperse, un richiamo caldo e morbido per dare e ricevere affettuosità in baci e carezze.

Mi approccio alla tetta che, appena incoronata vincitrice, è stata adornata di un anello di panna montata subito intorno al capezzolo. Accendo il microfono e do il segnale di inizio delle riprese al cineoperatore che mi segue in questa diretta televisiva internazionale.
“Buongiorno, sono Yuko, della Terebi Tōkyō, (テレビ東京), la principale rete televisiva giapponese, ci concede un'intervista?”
“Claro que sì! Siamo in diretta?”
“Certamente. Come si chiama?”
“Tetta.”
“Vuole essere più precisa?
“Tetta destra, più conosciuta come Betta.”
“Betta la tetta? Capisco. Come si sente a essere la vincitrice del torneo, in cima alle classifiche mondiali?”
“Sono in vetta?”
“Il verdetto è unanime. Che sensazioni prova?”
“È bellissimo, un'emozione perfetta!”
“Ormai dovrebbe cominciare a farci l'abitudine, è già la terza incoronazione in pochi mesi.”
“Si, ma fa sempre piacere essere eletta.”
“Di dove è originaria?”
“Spagna, Andalusia, per essere corretta.”
“Ma parla sempre così? Voglio dire, finisce sempre le frasi con parole che facciano rima con 'etta'?”
“È evidente, sono una tetta!”
“Certo, mi scusi. Non avevo fatto mente locale.”
“Dovrebbe fare più attenzione, mi dia retta.”
“Sì, sì. Senta, ma a cosa deve il suo successo?”
“Sa... non saprei, per molto tempo ho vissuto da negletta.”
“Un'infanzia difficile?”
“In un certo senso sì, ero una reietta.”
“E poi?”
“Ho finalmente incontrato e conosciuto mia sorella Concetta!”
“Ah, ma è magnifico, ha una sorella? È qui, forse?”
“Aspetta...”
“Scusi?”
“Concettaaaa!”
“Ah! Eccovi tutte e due. Ma siete bellissime! Gemelle?”
“Mmmmh, non ci scommetta!”
“Ma siete due gocce d'acqua!”
“Siamo la coppia più bella del mooondo! E ci dispiace per le altreeee! Dai, canta Concetta!”
“Ma siete bravissime!”
“Naaaa! Chin Chan Pai, per noi è robetta.”
“Comunque complimenti. Yuko, mi chiamo Yuko, giapponese.”
“Jajajaja! Mi scusi! Ho parlato troppo in fretta.”
“Non si preoccupi. Di che nazionalità siete?”
“Ma la stessa della nostra padrona! Spagnola! L'immaginazione le difetta?”
“Sì, in effetti era prevedibile. E qual è il vostro hobby preferito?
“La spagnola! Questa è senza dubbio la risposta corretta.”
“Ma non era la nazionalità?”
“Ma anche lei, Tikuro Unakarye, suvvia, un po' di immaginazione ci metta!”
“Ah, ok. Ho colto la perifrasi. Mi chiami pure Yuko. Sa, non sono abituata a intervistare un paio di tette così belle e famose!”
“Jajajaja! Ma per favore, ci imbarazza, la smetta.”
“Ma no, davvero. E anche sua sorella ha una voce... una voce...”
“Perfetta?”
“Si ecco, ce l'avevo sulla punta della lingua.”
“Che cosa? Mia sorella Concetta?”
“Sì, in un certo senso. Ma, a proposito, ditemi, qual è la vostra lingua preferita?
“Giapponese, mi permetta.”
“Ha ha ha! Magnifica! Anche finemente allusiva.”
“Eh, guardi, l'immaginazione non mi difetta.”
“Lo vedo! Ma volete cantare qualche canzone, lei e sua sorella? Ve la sentite? Siamo in onda.”
“Dovremmo fare un tête-à-tête, stava pensando a una garetta?”
“Complimenti per il francesismo, lo trovo molto adeguato alla circostanza. Ma no, basta competizioni, voi due sarete stanche.”
“Che disdetta.”
“Dai su, non preoccupatevi. Ma mi dia pure del 'tu', ok?”
“Senti, Sughy Shapy, vuoi che ti cantiamo un'operetta?”
“Ma, piuttosto, visto che venite dalla Spagna, volete esibirvi in qualcosa in lingua iberica, qualcosa di tipico?”
“¡Olé, arriba epa, epa! Arriba, ándale! Carramba que tetitas! Yo soy una teta sincera, de donde crece la palma. Guanta na tetta! Guajira guanta na tetta!”
“Siete splendide, tutte e due, davvero, anche io sono sincera. Avreste dovuto fare le cantanti ed esibirvi in pubblico!”
“Eh, guarda, col seno di poi... Ma nessuna delle due, in realtà, è una cantante provetta.”
“Noto influenze latino-americane. Altri pezzi?”
“Las tetas unidas jamas seran vencidas! Popooo popoooo popopopo! Purtroppo non mi ricordo la versione corretta.”
“Ma non dovete assolutamente preoccuparvi. Ma con questo inno un po' politicizzato a cosa volete fare riferimento?”
“La canzone si ispira a una sfida che abbiamo sostenuto. Io e Concetta dovevamo mantenere una stilografica a stantuffo perfettamente eretta.”
“Ah! Magnifico. E immagino che ci siate riuscite perfettamente, unendo le vostre, come dire... le vostre forze.”
“Una vittoria netta.”
“Vedo che siete abituate al successo.”
“Questa cosa ci alletta.”
“Certo che siete un po' eccentriche.”
“Uè! Yokopoko Mayoko! Cosa dici? Siamo perfettamente simmetriche! La perfezione ci sta stretta!”
“Ma certo, certo. Era un modo di dire. Be', dai, care tette, è stato davvero un piacere conoscervi e passare del tempo insieme. Ora dobbiamo chiudere il collegamento.”
“Ma non è rimasto neanche il tempo per una sigaretta?”
“Purtroppo devo lasciare il posto ad altri intervistatori.”
“Senti, Karaoke, perchè non ci vieni a trovare, più tardi, su nella nostra cameretta?”
“Ah, però! Non sarebbe affatto male. Ma credo che la vostra datrice di lavoro, cioè, non so se sarebbe d'accordo.”
“Un'occasione così non si getta.”
“Guardate, mi farebbe davvero piacere, ma...”
“Giusto il tempo di una doccetta.”
“Urca! Questo si chiama parlare per perifrasi.”
“Dai, ci aiuti con la saponetta.”
“Be', di fronte a tale invito non posso proprio rifiutare. Sentite la vostra manager e fatemi sapere fra quanto tempo posso salire in camera da voi.”
“Ok, noi organizziamo tutto; che ne dici fra un'oretta?”
“Si può fare. Passo in hotel anch'io. Ne approfitto per farmi bella.”
“Sì, sì, senza fretta!”
Tutta eccitata per l'imprevista serata saluto con un inchino le due magnifiche tette e, congedata la troupe televisiva, salgo di corsa in camera a prepararmi.
In sottofondo sento Concetta che canticchia: 'Tette, tududu, in cerca di guai... Dai, sbrigati, Betta!”

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