Tele Lecco

di
genere
esibizionismo

Tele Lecco

Una busta di carta tra le tante pubblicità che finiscono dirette nel bidone della carta da buttare.
Una scritta discreta con una piccola antenna dal design conciso.
Che razza di scherzo è questo?
La missiva è indirizzata a me, in persona. Cosa avrà pensato il portiere leggendo l'intestazione?
Mi libero da un repentino velo di imbarazzo e apro la busta.
Sarà un'altra trovata di Lucrezia?
Quella puledra selvaggia ogni tanto impazzisce, intendo 'del tutto', e mi manda posta che devasta il mio senso del pudore. Il portiere poi mi guarda sempre con quel sorrisetto malizioso per qualche giorno, facendomi arrossire e sudare più del dovuto.
Come quella volta, che mi ha scritto una lettera a nome di un certo comitato di esperti, in cui mi si comunicava in linguaggio aulico che ero stata eletta: “Figa del mese”.
Il tutto in chiare lettere sulla busta.
Ma, porca miseria, non esiste nessun tipo di censura negli uffici delle Poste Italiane?
O come quell'altra volta, in cui ero stata invitata a presenziare alla manifestazione “Pere d'Oriente”, in virtù delle testimonianze a favore del mio seno, raccolte in varie località del nord Italia.
E ora un'altra trovata della friulana indemoniata.
“Tele Lecco”
Più esplicito di così non si poteva.
E inoltre io sono quasi di casa nella cittadina sul ramo del lago decantato da Manzoni.
Leggo rapidamente il contenuto succintamente condensato sul foglio A4.
Gentile signorina Nikura... bla bla bla... emittente locale della città manzoniana... bla bla bla... invito a un'audizione... iniziativa culturale... lingua giapponese... inizio delle riprese... provino conoscitivo... bla bla bla.
Insomma, arrivo alla fine e ancora non ci ho capito nulla.
Immaginavo la solita sequenza di sconcerie frammista a espliciti termini dialettali furlani con ampi riferimenti a lavori di lingua sui miei capezzoli, ma, a parte un castigato accenno alla lingua giapponese, contestualizzato in un rigoroso ambito culturale, non riesco a venire al dunque dello scherzo dell'amica e sorella adottiva dell'estremo oriente italiano.
Solo un appuntamento negli studi di un'emittente televisiva per il successivo weekend.
Consulto l'agenda e organizzo la trasferta alle pendici delle prealpi, decidendo di stare al gioco dell'amica. Sono curiosa di vedere cosa ha saputo orchestrare stavolta la scrittrice erotica dalla fantasia irriverente.
In camicetta e gonna di rappresentanza suono al citofono di un grosso stabile in centro a Lecco.
Per davvero di fianco all'entrata sono visibili le insegne con l'effige di “Tele Lecco” e il simbolo stilizzato di onde elettromagnetiche che si diramano da 'quel ramo del lago di Como che volge verso mezzogiorno'.
Come avrà fatto Lucrezia a organizzare tutto ciò? Conosce qualcuno nella redazione?
O davvero sono stata convocata per un provino di mediazione culturale italo-nipponica?
'L'affare s'ingrossa' direbbe qualche malizioso amico, alludendo evidentemente ad altro.
Vabbè, mi viene aperto l'ingresso e vengo indirizzata lungo freschi corridoi in cui, aggrappata alla borsetta di cuoio che porto alla spalla, mi muovo con circospezione, finchè uno spiraglio di luce, un sorriso accogliente e una mano tesa mi risucchiano in uno studio.
Eccomi a parlare con un dirigente dell'azienda televisiva.
Inizio in inglese, no, va benissimo l'italiano. Convenevoli di circostanza, ma si arriva presto al dunque. Nulla di tutto ciò che mi aspettavo. Stavolta Lù non centra e sono vittima della mia stessa goliardia.
“No, be', guardi che il mio giapponese è molto elementare! Non ho assolutamente le capacità di tenere un corso di lingue orientali.”
“Oh, non si preoccupi, non si tratterebbe certamente di un vero corso. Più che altro saranno esercizi di lingua.”
“Sì, va bene, ma comunque non mi sento assolutamente in grado... Ma è un'iniziativa per bambini?”
“Non esattamente, direi piuttosto per adulti. Ma non si preoccupi, signorina, diciamo che ciò di cui abbiamo urgentemente bisogno è soprattutto un volto, un vero viso giapponese, poi il resto è guidato da cartelloni ed esperti di lingue.”
“Comincio a capire. Quindi avete cercato in tutta la Lombardia qualcuno che facesse da testimonial, che ci mettesse la faccia, e che fosse originario del Giappone.”
“Sì, qui nelle nostre valli non ci sono rappresentanti del vostro paese. Ci siamo rivolti alla provincia di Milano, iniziando a distribuire inviti a tutte le persone con cognomi giapponesi.”
“Ma io ho già un lavoro.”
“Certo, certo, per carità. Quello che chiediamo è solo qualche ripresa che poi monteremo in studio. Un volto e un sorriso orientale. Un piccolo contributo per avvicinare paesi tanto lontani e culture differenti. Come mai sorride?”
“Oh, mi scusi. È che quando ho ricevuto la busta pensavo a tutt'altro. Nulla di chè.”
“Come? In che senso?”
“No, nulla di rilevante, è che ho un'amica... ma niente. Non è importante. Dai, ok, mi piace l'idea di fare conoscere un po' della cultura e del mondo orientale. Cosa dobbiamo fare?”
Il mio interlocutore si illumina in volto. L'impegno da parte mia è modesto e la cosa mi interessa.
In breve, mi viene proposto di fare subito qualche ripresa, per non perdere altro tempo in un nuovo appuntamento; firmo al volo alcune carte senza badare troppo al contenuto e vengo fatta accomodare in una poltroncina in cuoio rosso bulgaro, in uno studio abbastanza buio.
Il contatto con la morbida e fresca pelle è piacevole e la posizione molto comoda, avvolta e protetta.
Una ragazza mi sistema il trucco mentre comincio a emozionarmi accorgendomi di non essere proprio all'altezza di sostenere una ripresa televisiva. Sono stata troppo impulsiva, ma ormai non posso tirarmi indietro. Cercherò di ritrattare dopo le prime riprese. Magari si faranno bastare i pochi minuti che acquisiranno oggi.
“Ma cosa devo dire?”
“Non si preoccupi, basta che legga le parole che troverò scorrere sul monitor!”
Di colpo mi sembra che la cosa sia stata organizzata in modo troppo rapido e approssimativo.
Mi dicono di accavallare le gambe. Per fortuna la gonna arriva sopra al ginocchio: non dovrei dare scandalo.
La mia immagine compare su un monitor laterale.
Mamma mia quanto sono emozionata. Luci e trucco maschereranno la sudorazione che sento inumidirmi la pelle?
Immagine a tutto campo, poi lenta zoomata a mezzo busto.
In cuffia sento dire: “Dovrebbe slacciare i primi due bottoni della camicetta.”
“Come! E perchè mai?”
“Abbiamo un riflesso sull'immagine che manda in palla i monitor.”
Non ci capisco molto. Obbedisco.
“E il fiocco?” la mia cravattina bordeaux giapponese di cui vado fiera.
“Lo slacci pure”, arriva la risposta, “lentamente.” Un'aggiunta tardiva che non capisco.
Mi slego il fiocco senza troppe cerimonie e mi slaccio i primi due bottoni della camicetta bianca.
Sul monitor la mia immagine ripete le mie azioni. Uno zoom sul mio petto e sulle dita che mi spogliano.
Un dubbio fugace lacera il mio orizzonte percettivo.
“Ma mi state registrando, per caso?”
“No, no. Stiamo provando i filtri. Lo spot spara troppo sulla camicetta bianca, ma i tecnici stanno sistemando.”
Mi allargo il colletto, controllando al monitor l'effetto. Tecnologia digitale che mi sfugge.
“Ancora un bottone, per favore”
La faccenda comincia a seccarmi, ma eseguo.
“Allarghi il colletto, così, un poco ancora”
Ormai siamo al punto che l'insenatura tra i seni comincia a farsi visibile, ma che palle!
Di fronte compaiono le poche frasi che dovrò pronunciare in questa prima breve ripresa.
La mia immagine è stata corredata di titoli e piè di pagina, a incorniciare il mio mezzo busto con camicetta slacciata.
“Tele Lecco” troneggia la testata.
“Esercizi di lingua con una giapponese” il sottotitolo.
“In studio con noi: Yuko Nikura” la scritta ad altezza tette.
“Programma dedicato a un pubblico adulto” la chiosa finale in carattere più contenuto.
Mi spazientisco. D'accordo, mi avevano detto che era un programma dedicato agli adulti, ma scritto così ha tutta l'aria di un titolo di un programma pornografico.
“Ma siamo in diretta?”
“No, registrato. Se poi va bene lo montiamo e andrà in prima serata.”
Ora mi secca non aver letto bene il foglio che ho firmato. Non so neanche se era un contratto. Ah no, avevano parlato di una specie di delibera.
Si accende la lucina e io devo leggere le scritte.
Sorrido di fronte all'obiettivo, ma l'imbarazzo è palpabile. Si capirà subito che non sono capace.
“Buona sera gentili telespettatori. Eccomi a voi, sono Yuko.”
Per ora tutto bene, mi fanno cenno dalla sala regia.
Deglutisco, mentre mi sento sudare. Qui fa un caldo insopportabile, ma sicuramente emozione e imbarazzo sono le cause principali. Sento il sudore gocciolarmi tra i seni e i tessuti appiccicarsi alla pelle.
Altra scritta che prontamente leggo: “Questa sera farete insieme a me qualche bell'esercizio con la lingua”
Mi blocco. Che razza di cose mi stanno facendo leggere?
'Giapponese'
Compare sul monitor, a completamento della frase precedente.
Ma lo stacco temporale è significativo, e il senso della frase viene completamente scompaginato.
Mi spazientisco e faccio per alzarmi e togliermi la cuffia, ma una delle segretarie di produzione irrompe silenziosamente nello studio e mi fa cenno di no, di aspettare e starmene seduta.
Il messaggio in cuffia dovrebbe rassicurarmi: “scusi, Yuko, la frase intera non ci stava sul monitor, ma poi tagliamo qualche fotogramma.”
Va bene, proseguiamo.
Guardo il monitor. Sarà effetto del sudore che sento imperlarmi la pelle, o forse la luce un po' radente dei faretti, ma noto solo ora che i capezzoli si stagliano scuri in trasparenza contro il tessuto di cotone bianco della camicia.
Ecco una di quelle situazioni in cui mi pento di non aver messo il reggiseno. Ma chi si aspettava di essere filmata? Sì, sembro quasi nuda. Spero che nelle riprese reali non si notino così tanto il tessuto appiccicato alle tette e i capezzoli scuri. Chiederò di rivedere le sequenze filmate, prima di dare l'ok alla trasmissione.
“Slacci un altro bottone, per favore”
“Eh no! Ma a che gioco state giocando?” mi ribello. Ormai la faccenda sta assumendo connotati imprevisti e spiacevoli.
“Ci scusi, signorina Nikura, ma col caldo la camicetta le si appiccica al seno e così sembra nuda. Meglio rinfrescarsi un poco.”
In effetti è quanto stavo pensando poco fa.
Slaccio un bottone ancora e con una certa preoccupazione constato che al monitor mi si vede un'abbondante porzione di seno. Se poi considero che i capezzoli sporgono e si manifestano in modo inequivocabile, molto scuri in contrasto col candore del cotone, devo riconoscere di essere quasi nuda sotto le telecamere.
Altre frasi compaiono sul monitor adibito alla lettura.
“Tirate fuori le vostre lingue, cari amici del Giappone, provate a muoverle, per prendere dimestichezza con i suoni della mia terra”
Ma che razza di stronzate mi stanno facendo leggere?
Presumo che a questo punto introdurranno tabelle tecniche con ideogrammi basilari e i primi rudimenti del mio idioma, da intercalare alle sequenze del mio volto.
Il caldo comincia a essere veramente opprimente. Mi faccio aria con la mano, verso il décolleté e sollevo la camicetta appiccicata per farmi entrare un po' d'aria sul petto.
“Yuko, un altro bottone, ora” sento in cuffia.
“E mo' basta! Sono praticamente nuda!” mi lamento.
“Dai, su, Yuko. Serve per la trasmissione”
Ma che cazzo...
Be' ormai è palese che questi mi vogliono filmare nuda e di colpo la mia mente si illumina. C'è lo zampino di Lucrezia in tutto questo. Ormai lo riconosco, è come la sua firma.
Però decido di stare al gioco. Lù mi sta facendo filmare e vuole farmi morire di imbarazzo, ma stavolta la frego io. Ci rimarrà con un palmo di naso, la sorellina cara e spudorata.
Rompo ogni indugio e mi slaccio la camicetta. Ormai è il penultimo bottone.
Il seno è quasi scoperto, ma la piega tra le tette ormai è preda degli obiettivi, una prospettiva che si allunga fino all'ombelico.
“Brava, così” Finalmente il regista è soddisfatto, ma io non ci casco.
Inizio a sventolare i bordi dell'indumento per darmi aria perchè veramente ho troppo caldo, e le tette fanno capolino per la soddisfazione dei tecnici alle riprese.
Senza più bisogno di suggerimenti, slaccio anche l'ultimo bottone e allargo la visuale sulle pere.
Scuoto i capelli a coprire un poco un seno, lasciando l'altro sotto i riflettori.
Faccio un poco la vezzosa mentre compaiono altre scritte da leggere.
“Forza, ragazzi, adesso. Su con quelle lingue, che la vostra Yuko vi sta aspettando!”
Quella matta di Lucrezia, che razza di gioco è riuscita a inventare.
Sotto il fascio luminoso sono ora comparsi due nuovi personaggi. Una ragazza bionda, con i capelli raccolti in una lunga coda, veste un attillato top rosa, con corti calzoncini da ginnastica; di fianco a lei un giovane uomo a torso nudo, con un'abbronzatura da pubblicità caraibica e capigliatura nera e riccia brillante di gel.
Mi si avvicinano e si inginocchiano ai miei lati.
Ormai è tutto palese. Direi anche poco fantasioso.
Consegno personalmente le mie tette nelle loro amorevoli mani e dopo qualche carezza ai capezzoli i due iniziano a lavorare con le punte delle loro lingue sulle areole diventate molto sensibili. Movimenti rapidi alternati a profonde suzioni, che presto mi inducono a spalancare le labbra in sospiri che non riesco a trattenere.
Mi sento una vera porca, mentre due sconosciuti mi succhiano le tette, ma stavolta lo scherzo a Lucrezia voglio farlo io, e i due, in effetti, ci stanno mettendo gusto e impegno.
Sbircio le telecamere che ritraggono le mie poppe sottoposte al dolce supplizio, mentre sono scomparse le scritte inutili. Solo “Tele Lecco” capeggia al limitare estremo dello schermo.
Congruo col contenuto.
La situazione estremamente erotica e l'abilità dei due inservienti sta facendo vaneggiare la mia mente. La mano vorrebbe infilarsi sotto la gonna, ma la ragazza con straordinario tempismo mi precede iniziando a strofinarmi un indice sulle mutandine.
Il ragazzo invece mi ha preso in mano una tetta. La spreme come un tubetto di dentifricio pensando che il mio capezzolo possa protrudere come la pasta per il sorriso smagliante, e mi succhia come se fossi un biberon.
Non so se sullo schermo stiano comparendo altre scritte. Ormai non ho più alcun controllo di me stessa.
Le dita della ragazza intanto aggirano l'elastico degli slip e mi si infilano nella figa e in pochi esperti affondi mi ritrovo a singhiozzare in un plateale orgasmo in cui parole giapponesi si mescolano con dialetti meneghini.
Stringo la nuca ai due ragazzi schiacciandomeli sul petto, mentre gli ultimi rantoli si spengono sotto gli occhi attenti delle telecamere e mi ritrovo a baciare la ragazza, bocca sulla bocca, la mia lingua avvinghiata alla sua.
Delicate carezze sui seni mi ricordano del ragazzo presente all'altro lato, e finalmente l'impietosa luce dei faretti si smorza.
Si riapre la porta della regia e ricevo applausi e complimenti dallo staff dei cineoperatori.
Mi copro il seno e sistemo le mutandine sotto la gonna. Di spettacolo ne ho dato in abbondanza.
Mi alzo in piedi, ancora incerta sulle gambe. Un ultimo bacio per accomiatarmi dai due attori coprotagonisti.
“Ok, ragazzi, lo scherzo è venuto benissimo, mi avete fatto strippare. Dov'è quella maiala di Lucrezia?”
Quelli si guardano tra di loro, incuriositi.
“Lucrezia chi?”
“Ma sì, la Lù, quella porcona friulana! Dai che l'ho capita! Dov'è, fatela venire fuori!”
Quelli non sembrano afferrare il senso delle mie parole.
Il regista mi si avvicina porgendomi un fazzoletto di carta per asciugarmi tette e figa, decisamente gocciolanti. Si china verso di me. “Ma noi non conosciamo nessuna Lucrezia!”
di
scritto il
2022-08-03
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