Scopamico 1/3 - Rivediamoci

Scritto da , il 2022-02-24, genere etero

Una categoria che se non ci fosse bisognerebbe inventarla è quella degli scopamici e delle scopamiche. Soprattutto per chi, come me, ha sempre avuto qualche difficoltà a tenere unite le dimensioni "sentimento" e "divertimento". L'ho sempre pensato e lo penso tutt'ora, anche se sono fuori da quel mood. Uno scopamico non è come uno che gliela dai one night stand o cui fai un bocchino random. Questi ultimi ti regalano un brivido, è vero, ma talora possono anche essere fonte di grandi rotture di coglioni. Perché vogliono rivederti - magari si sono innamorati, o vogliono più semplicemente farsi un altro giro, dipende - oppure ti sputtanano davanti ad altri dicendo cose tipo "mi sono rotto il cazzo di queste troie in calore" dopo avere fatto di tutto, ma proprio tutto, per "darti una botta", come mi disse uno. Atteggiamento mentale che non mi so spiegare ma che deve essere abbastanza diffuso: prima sembri Dante con Beatrice e poi vai in giro a dire che sono una mignotta? Com'è che funziona? Non capisco. Ma andiamo oltre.

Uno scopamico, invece, è un po' come un porto sicuro, c'è il sesso e anche qualcosa di più. In un certo senso è come avere una relazione, ma solo quando entrambi spingete l'interruttore. Cosa che, per tanti motivi, era perfetta per la sottoscritta. E inoltre la fedeltà tra scopamici non è contemplata: ne ho avuti alcuni, anche in contemporanea. Storie brevi tranne una, tutte comunque diverse a modo loro. Non posso dire male di nessuno di questi ragazzi, davvero, e in un certo senso sono rimasta affezionata, se non proprio a loro, al loro ricordo.

Però è del primo che voglio parlare. Perché, beh, è un po' come il primo amore, no? Non si scorda mai. Si chiamava Felix e aveva un paio di anni più di me, quasi tre. Era di Fano, studiava Economia e management in una università privata. Per la verità, oltre a essere il primo, fu qualcosa di più. Non avevo avuto tanti ragazzi in precedenza. Parlo di sesso e, chiarisco, di sesso completo. Pomiciate e pompini quanti ne volete, ma a scopare ci sono arrivata relativamente tardi. Posto che ci sia un "tardi" e che ci sia un "presto", naturalmente. Io ci ero cascata, come tutte, con un ragazzo che mi faceva battere il cuore, l'unico della mia vita che l'abbia fatto oltre al mio attuale fidanzato e a un altro che però - essendo gay e sapendo benissimo che tipo sono - sessualmente parlando non mi ha mai filata.

Ma il pregresso ve lo risparmio. Vi dico solo che, nonostante una notevole confusione mentale sull'innamorarsi e dintorni, qualche cazzata (non tante, un paio) mi era capitata di farla e che ormai mi sentivo una tipica GGdC. Inutile che cerchiate l'acronimo su Google, è una definizione che una sera due amiche mie avevano coniato per una tipa che si strusciava in modo sin troppo esplicito a un ragazzo del nostro giro: Gioiosamente Golosa di Cazzo. Beh, cominciavo a riconoscermi nella definizione e direi che era pure ora. Tra l'altro, proprio una di quelle due amiche me l'aveva detto: "vedrai che quando cominci a scopare cambia tutto". Aveva ragione, ovviamente. Credo che ognuna di noi, nel cassetto dei ricordi, abbia un momento particolare, di quelli che segnano una svolta. Il mio è riferito a un pomeriggio a casa del mio ex, una delle prime volte, quando senza smettere di saltare nuda sul suo cazzo praticamente singhiozzai "Dio, quant'è bello scopare!". Non avevo mai provato un piacere così grande, intenso. E non avevo ancora scoperto che razza di orgasmo potesse regalarmi quella invasione della mia vagina. Non ci avrei messo molto e quando accadde non ci potevo credere: il mio ragazzo mi disse che non aveva mai visto (né sentito) una roba come quella. Bisogna però dire che lui era sì un po’ più esperto di me, ma non tanto.

Quindi, come ho detto in precedenza, vi parlerò del mio primo scopamico, vi parlerò di Felix. Se lo merita, anche mettendo da parte le scopate. Può darsi che ne abbia ancora oggi una considerazione eccessiva, dovuta proprio al fatto che è stato il primo, ma è un aspetto che non va sottovalutato. Scusate, lo so che è un discorso un po' pomposo ma va fatto: nonostante avessi un ragazzo cui ero legata più di quanto immaginassi, era allo stesso tempo abbastanza evidente la mia predisposizione al sesso-senza-amore (poiché si tratta di un ragionamento di un certo spessore preferisco dire così anziché "zoccola"). Tuttavia non è che me ne rendessi particolarmente conto, non ci pensavo. Invece, quando ti fai uno scopamico, è come se ne prendessi coscienza, istituzionalizzi questa condizione e pensi pure che non ci sia nulla di male.

L'altra cosa che non va sottovalutata è che con uno scopamico, per l'appunto, si scopa. E ciò significava, per una della mia età, scoprire cose nuove o metterle meglio a fuoco. Qui bisognerebbe aprire una parentesi troppo lunga e non lo farò, ma consentitemi un'altra considerazione "profonda", per così dire. Essere parte di una generazione di nativi digitali vuol dire, tra le tantissime altre cose, avere avuto durante l'adolescenza un accesso al porno mai vista prima. A me sinceramente ha sempre annoiato un po', intendo quello in video. Tuttavia le poche cose che vedi e le molte che ti raccontano ti inducono a considerare normali anche certi comportamenti che in passato sarebbero stati giudicati eccessivi. Oppure a volerli mettere in pratica. Non so se sia un bene o un male, comunque è un fatto. Io qualche passo in quel territorio avevo già cominciato a farlo - anche se non stratosferico - spinta dalla curiosità, forse dall'incoscienza. Probabilmente entrambe. Uno scopamico, da questo punto di vista, è una palestra ideale. Per cosa? Il termine più appropriato è “sperimentare”, credo, anche se a scriverlo mi fa un po’ ridicolo.

E veniamo davvero a Felix, adesso. L'ho conosciuto a una festa universitaria che era un po' pomposamente chiamata rave. In realtà era solo un gran casino e nemmeno tanto divertente, a pensarci oggi. Tuttavia ero elettrizzata. Tanto per cominciare, era una cosa assolutamente nuova per me, che ero una matricola e mi sentivo proiettata verso un mondo più "adulto". Inoltre avevo capito che io e il mio ragazzo eravamo ormai sulla buona strada per diventare due "ex”. Da una parte ero parecchio abbacchiata, certo, dall’altra non avevo intenzione di cadere nel vortice della depressione da cuore infranto. Mi guardavo in giro, insomma, ben consapevole che di solito un sacco di ragazzi guardavano me.

A questa festa ci andai con uno della mia facoltà. Gli avevo detto di sì dopo qualche riluttanza, anche perché le amiche di cui vi parlavo prima mi avevano abbastanza clamorosamente pisciata, preferendo un weekend fuori Roma con i rispettivi fidanzati. Il tipo non era proprio nulla di che, ma pensavo di avere bisogno almeno di un cavalier servente, ruolo che lui svolse in modo dignitoso finché non mi eclissai, decisa a esplorare da sola le possibilità che quella fauna danzante e mezza sbronza offriva. Non ero vincolata al rientro a casa, i miei erano partiti lasciando le solite raccomandazioni a me e soprattutto a mia sorella, che ovviamente mezz'ora dopo si dissolse raggiungendo il suo manzo. Avevo perciò le peggiori intenzioni, ero determinata a fare l'alba e a divertirmi in ogni modo possibile. Non pensavo necessariamente a “quel” tipo di divertimento, lo sottolineo, anche se l’idea di tornare a casa con i collant strappati non mi dispiaceva. In realtà il casino e le feste in quanto tali mi hanno sempre attratta. Fatto sta però che persi ben presto di vista la decenza. Giravano alcol e additivi vari, e questo aiutava.

Mi capirete quindi se dico che non ho ricordi lucidissimi. Per esempio ricordo che ballai con un numero indefinito di ragazzi e che ne baciai qualcuno particolarmente predisposto ad allungare "inavvertitamente" le mani. Feci amicizia e scambiai contatti con un sacco di gente, maschi e femmine, che due giorni dopo non avrei nemmeno saputo dire come fosse fatta, pomiciai abbastanza convintamente con un tizio. Ma non saprei dire in che ordine feci tutto questo, non saprei ricordare un nome. Ero abbastanza giù di testa e non avrei nemmeno disdegnato di baciare una ragazza. Anzi, ho sempre conservato la sensazione che a un certo punto, se proprio le cose avessero preso una certa piega, avrei preferito fare roba con una femminuccia piuttosto che con un maschietto: ai tempi del liceo una esperienza lesbica l'avevo avuta (per essere precise, piacevolmente subita) e non mi sarebbe dispiaciuto provare ancora. Magari però mi sbaglio, ricordo male. Come avrete capito era un gran mischione. Tuttavia di una cosa sono certa: ci fu un momento in cui, dopo avere pomiciato con quel tizio che tra le altre cose mi aveva sollevato il vestitino, mi domandai con una certa determinazione se mettermi a caccia di qualcuno o qualcuna che quel vestitino me l’avrebbe addirittura tolto. Facile a dirsi, ovvio, ma un pensierino ce lo feci.

La festa si teneva in un parchetto malconcio dalle parti di Ingegneria. Ricevetti anche un invito a, per così dire, esplorare le zone più remote di quel parchetto dove, secondo me, già stava succedendo di tutto, ma declinai. Forse non mi sentivo sicura, forse non mi piaceva il latore della proposta, non so. Al contrario mi appartai, seduta per terra e addossata al muro di una palazzina, con due tipi in possesso di una irresistibile arma segreta: una bottiglia di vodka, già andata per oltre la metà a dire il vero. Qui i ricordi sono più definiti: erano molto divertenti e per nulla aggressivi, discretamente disinibiti e anche discretamente ubriachi. Il gioco per un po' fu bacio-a-uno-sorso-bacio-all'altro. Quando la vodka finì l'evoluzione del gioco fu una limonata a tre. In un certo senso una novità anche se, in quanto vertice di un triangolo, una volta mi era capitato di fare una cosa molto ma molto meno innocente: a una festa, chiusa dentro una stanza e lì sì completamente sbronza, avevo preso in bocca due ragazzi. Questa invece era solo una pomiciata ma mi sentivo ugualmente folle, se non di più, pur sapendo bene con un residuo di lucidità che non saremmo andati molto oltre. A essere oneste, forse a uno dei due un pompino l'avrei anche fatto, all'altro no di certo. Ma eravamo comunque all'aperto e non abbastanza riparati dal buio, senza contare il fatto che i ragazzi sembravano legati con lo spago, ragion per cui anche il pompino era fuori discussione. Tuttavia, pur non essendo nessuno dei due esattamente il David di Michelangelo, la sensazione di baciare due bocche e essere toccata da quattro mani era decisamente eccitante. Quando però sentii uno provare a intrufolarsi sotto il collant dissi "no dai" alzandomi quasi di scatto, ringraziando per la vodka e allontanandomi tipo Filippo Tortu nell'ultima frazione della 4x100 alle Olimpiadi. Devo essere sembrata loro una pazza.

Per un po' non ricordo molto, se non che devo essermi addormentata seduta per terra in un angolo dentro l'unica palazzina aperta e messa a disposizione per la festa: una specie di grande parallelepipedo di cemento scarno, pieno di fumo di varia natura e con poche sedie di plastica scassate. E' una cosa che mi capita spesso: non mi serve molto tempo ma ogni tanto ho bisogno di isolarmi e recuperare. L'altra cosa che capita spesso è sentire qualcuno che domanda "stai bene?". Era, per l'appunto, Felix. All'inizio nemmeno lo considerai, anzi credo che un po' mi incazzai pure perché mi aveva svegliata. Di sicuro mi alzai e me ne andai, forse non gli dissi nemmeno "sì grazie".

Vista l'ora, un bel po' di gente era sfollata. Chiesi una sigaretta a una coppia ma non la accesi e elemosinai altrove qualcosa da bere. Nella mia ingenuità pensavo che mettermi a ondeggiare dalle parti del mixer fumando una ciospa e con un gin tonic in mano mi avrebbe resa più interessante, in realtà non mi si filava nessuno. Inoltre, sempre nella mia ingenuità, non avevo calcolato che dopo avere schizzato il tizio che mi aveva portata alla festa non avevo nessuno che mi riaccompagnasse a casa. Avevo dato per scontato che ci sarebbe stato qualcuno, era sempre successo. Magari passando prima a mangiare i cornetti caldi da qualche parte appoggiata al cofano di una macchina o seduta su un motorino, parlando ad alta voce e sghignazzando finché il cornettaro non fosse uscito fuori a dirci di non fare tanto casino che c'era gente che dormiva. Era successo, in passato. Magari facendo felice il mio accompagnatore chinandomi su di lui in un parcheggio, nel caso in cui meritasse la visita. Era successo anche questo. Nessuna di queste o altre eventualità mi sembrava tuttavia all'orizzonte e la domanda “mò come ce torno a casa?” non era tanto campata per aria. Non abitavo poi così lontano dall'università, visto che mi è sempre piaciuto camminare ogni tanto me la facevo anche a piedi, ma a quell'ora di notte non era esattamente uno di quei comportamenti consigliati dai manuali dei centri antiviolenza. In realtà stavo per fare una cosa tendenzialmente pure più pericolosa, anche se ancora non lo sapevo. E in più non avevo nemmeno l'accendino per la sigaretta.

Esatto, il gancio per il rimorchio fu proprio un banalissimo "mi fai accendere?" detto al ragazzo che prima mi aveva svegliata. Non lo riconobbi subito ma una volta tirata la prima boccata sì. Gli dissi "grazie, scusa per prima", lui si mise a ridere. Da lì cominciò la nostra frequentazione e devo dire che sin dai primi momenti lo apprezzai. Cioè, era chiaro che ci stava provando, ma in modo per nulla fastidioso. Il classico chi-sei-che-cosa-fai durò per l'appunto il tempo della sigaretta, poi gironzolammo un po' finché non mi lasciai scappare, non proprio involontariamente, che non sapevo come ritornare a casa. Avevo un buon novanta per cento di probabilità che si offrisse lui, e infatti... Ma una volta arrivati alla sua moto mi disse "ho un paio di canne a casa, che ne dici di farcele?".

L'ho detto tante volte: pazza sì, scema no. Per cui, mentre prendevo tempo con un "mmm... non so, sono un po' stanca", valutai la situazione. Felix non sembrava per niente un tipo poco raccomandabile, è vero, tuttavia come fai a esserne sicura? Avete presente quegli articoli in cui i vicini parlano del serial killer? "Chi l'avrebbe mai detto, sembrava un così bravo ragazzo!". Ecco, quelli. Infilarsi a casa di uno sconosciuto in piena notte, io e lui da soli, non mi pareva proprio una grandissima idea. E inoltre, chi me lo diceva che saremmo stati da soli? C'era pure sto pericolo, eh? Comunque lui aveva preso le mie parole per un "no" e mi chiese di indicargli la strada per riportarmi a casa. "Svolta qui, poi sempre dritto dritto dritto finché non te lo dico io".

Scema no, pazza sì. Per cui dopo tre o quattro incroci, contrariamente a ogni logica e a ogni convenienza, gli battei una mano sulla spalla dicendogli "ok, daje, annamose a fà sta canna". Come in precedenza, quando avevo accettato di farmi uncinare, non stavo pensando al sesso. O meglio, stavo pensando a qualcosa in cui il sesso avrebbe potuto benissimo esserci, ma non necessariamente. Diciamo che stavo aprendo un nuovo file. Salva con nome: sballarsi-di-notte-con-uno-sconosciuto-e-vedere-che-succede. Che in definitiva era un po' lo spirito con il quale ero uscita di casa. Felix precisò "due canne" - un po' pignoletto lo è sempre stato - e poi, mentre rallentava per fare una inversione a U aggiunse una specie di divertito e rassegnato rimprovero: "me lo potevi dire prima...". In quel momento ebbi la netta percezione che potevo fidarmi. Sempre una pazzia, d'accordo, ma sia pure senza alcun motivo razionale avevo visto giusto.

Era una casa di fuorisede, ma eravamo soli. Le due canne e la birra contribuirono a rendere le nostre chiacchiere più idiote del normale e, al tempo stesso, a farmi salire la voglia di qualcosa di più passionale che starsene su un divano a parlare. Lo ricordo perfettamente, con quella lucidità selettiva che solo certa roba ti può dare: che gli avrei fatto un pompino a un certo punto lo davo per scontato, glielo avrei fatto anche di mia iniziativa: lui in piedi al centro di una stanza con i pantaloni abbassati e io inginocchiata, avevo questa immagine in testa. Però pensavo anche "magari mi vuole addirittura scopare, chissà come scopa...". Non escludevo nulla e mi bastava solo che facesse il primo passo. Che però, per un tempo che mi parve infinito, non arrivò. Solo a un certo punto, abbastanza fuori contesto e vattelapesca di cosa stessimo parlando, Felix interruppe un mio discorso dicendo "scusa, eh?", mi prese il viso tra le mani e mi baciò. Bacio breve ma con la lingua.

- Non potevo non farlo... - disse un po' sfrontato.

- Ahahahah, perché?

- Sei bella - rispose quasi timidamente.

Ridacchiai, certo non stupita, forse sollevata. Restai con quel sorriso a guardare ostentatamente di fronte a me, senza incrociare i suoi occhi e a braccia conserte. La situazione, il bacio improvviso, il complimento, persino quel suo accenno di timore e timidezza, avevano avuto il loro effetto. E lo sentivo dentro il basso ventre, se capite ciò che voglio dire. Ero ormai in pieno decollo, e come fai a fermarti quando ti sei già staccata da terra?

- Che pensi? - chiese ancora un po' allarmato. O comunque fui io a percepirlo così.

- Per la verità - ridacchiai di nuovo - pensavo "ce ne hai messo di tempo".

- Davvero?

- Già. Ora però non vorrei che dimenticassi un'altra cosa...

- Cosa?

- Beh, prima mi dovresti spogliare - dissi tornando a guardarlo.

Lo fece e ricordo ancora l’abilità e la leggerezza con cui mi tolse il reggiseno prima di passare le mani sulle mie tette. Bastò quello a farmi andare definitivamente fuori come un balcone, assai più di quando mi misi quasi sull’attenti per consentirgli di tirare giù le mutandine. Lasciammo tutte le mie cose sparse per terra e sul divano, poi mi prese per mano e mi portò in camera sua e io provai una sensazione che avevo già conosciuto ma che, come la prima volta e tutte le successive, non smette mai di eccitarmi fino al parossismo, cioè quella di restare nuda di fronte a un ragazzo vestito. In quel momento pensai una cosa che in parte penso ancora, anche se ormai ci ho fatto pace: “Dio, come vorrei più tette”.

Mi scopò, due volte. La prima con lunghi preliminari, indugiando parecchio e preoccupandosi con dedizione del mio piacere, lo apprezzai molto. La seconda invece mi mise subito alla pecorina e fu molto dominante. Nemmeno con il mio ex - con il quale facevamo scopate forse ingenue ma assolutamente furiose - era mai stato così. Lo apprezzai anche di più, incitandolo a non usare il preservativo, a non smettere e a non esitare a venirmi dentro. Gli ripulii il cazzo con la bocca - cosa che avevo scoperto essere fichissima ma che non avevo idea ti facesse apparire ai ragazzi una specie di troia fulminata - e gli sussurrai "quanto mi piaci". Felix, al quale la pratica della lucidatura post coito era sconosciuta, esclamò un entusiasta "madonna, e tu?".

Voglio precisare una cosa. Ho scritto che lui fu molto "dominante", ma allora non l'avrei raccontata così. E' una definizione che do a posteriori. Sempre a posteriori potrei dire che fu la prima volta in cui mi sentii "usata", ma non sarei ricorsa nemmeno a questa parola. Tuttavia qualche cosa di strano, di nuovo, l'avevo provata. Nelle occasioni precedenti, e anche nella prima con lui, mi ero sempre sentita più partecipativa. Quella volta invece mi lasciai andare completamente, probabilmente ero solo sfinita. Ma mi piacque da morire, tanto che mi abbandonai sia alle sue voglie che a una discreta esibizione verbale, vergognandomene anche un pochino. Il turpiloquio in realtà mi era sempre piaciuto, ma su quel letto esagerai. Finendo così per confermargli l'impressione di avere a che fare con una zoccola navigata che certamente non ero. Semmai la mia vera esperienza, le mie vere skill, si trovavano un po' più in alto, tra la punta del naso e il mento. Ma a quell'epoca già sostenevo, un po' per scherzo e un po' no, che fare bocchini non è sesso, è la manifestazione di un talento artistico.

Nonostante a casa non mi aspettasse nessuno, chiesi però a Felix di accompagnarmi. Era già giorno da un pezzo. Un bacetto davanti al mio portone suggellò quella che poteva essere la chiusura di una parentesi, ma una volta salita a casa non potei fare a meno di riflettere su tutto ciò che avevamo fatto. Onestamente non sapevo cosa pensare, cosa sentire. Ero stata benissimo (e francamente avevo goduto parecchio) e qualcosa mi diceva che ci saremmo rivisti, che scambiarsi i contatti non sarebbe rimasta una formalità. E infatti cominciammo a frequentarci, fin dalla sera successiva. La sua proposta arrivò nel primo pomeriggio, con un messaggio WhatsApp: "ti va di mangiare insieme stasera?", "perché no?". Cominciai a fantasticare sul fatto di mettermi insieme a un fuorisede e persino a immaginare weekend a Fano. Stavo correndo un po', anzi un po' troppo. Ma come facevo a saperlo?


CONTINUA

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