Telefoni ed amiche troie, una combinazione pericolosa
di
RunningRiot
genere
etero
Adesso vi spiego perché una amica troia è pericolosa ma che pure i telefoni non scherzano, soprattutto quando non funzionano.
Dunque, sabato mattina, Circeo. Sono seduta al baretto della spiaggia con Luca. Facciamo colazione, ho pagato io con il telefono. Questo particolare sembra che non c’entri un cazzo, invece è fondamentale.
Chiacchieriamo, mi fumo una siga. Sono in divisa d’ordinanza: top celeste e pantaloncini bianchi. Lui invece, cazzo, sembra un lord che ci schifa tutti: camicia azzurrina perfettamente stirata (quindi non da me) e bermuda blu, occhiali da sole. Abbronzato, ricci e barba di uno-due giorni. Anche questo particolare della barba di uno-due giorni sembra che sia puramente descrittivo e che non c’entri un cazzo, e invece c’entra eccome. Perché quando faccio certi pensieri e nel frattempo mi accorgo che non si è rasato, in genere gli accarezzo il viso. Lui pensa sia solo una carezza (non mi ricordo di averglielo mai detto, boh), al contrario io mi perdo immaginando quell'ispido che mi sfrega l'interno delle cosce come una grattugia mentre me la lecca. Quando lo fa davvero divento una fontana, se al contrario è "solo" un mio pensiero, ok, mi bagno meno, ma qualche messaggio quella zoccola che ho in mezzo alle gambe me lo manda lo stesso.
Tuttavia la domanda è: perché sto facendo certi pensieri a quest'ora? Beh, non c'è solo un motivo, ce ne sono diversi.
Il primo è che è di una bellezza fulminante. Lo è spesso, ma in questo contesto di carne esposta e flaccida, di panze senza speranza e mammelle che non ricordano nemmeno di essere state un tempo attraenti, lo è di più. Non ho mai visto questa spiaggia gremita di giovani, ma oggi a parte noi nessuno scende sotto i sessanta, il contrasto è impietoso. Senza contare che io so perfettamente cosa si cela sotto quella camicia impeccabile e sotto quei bermuda altrettanto impeccabili.
Il secondo motivo è che è un paio di giorni che non me lo dà. Giovedì è tornato tardi che io già dormivo. Ieri sera siamo arrivati a notte fonda ed eravamo stanchissimi. E poi di solito, quando veniamo qui, evitiamo di fare numeri d'alta scuola. Cioè, lui un po' meno ma io mi vergogno: la villetta dei suoi genitori non è tanto piccola però non è nemmeno Versailles e i miei latrati si sentirebbero benissimo. Però può capitare, è capitato, che prima di addormentarci glielo succhi un po' e poi mi ci impali facendogli "ssshhht" con tanto di dito davanti alla bocca. Poiché è uno stronzetto, qualche volta ha pure preso a sbattermi come un forsennato con quel sorrisetto del cazzo che gli spunta quando vuole mettermi in difficoltà: "ti odio, testa di cazzo!", "vuoi che smetta?", "vaffanculo, sfondami". Il tutto a voce bassissima e con le mie lagne represse in un sussurro. Credetemi, è bello ma è una faticaccia.
La notte scorsa, tuttavia, nemmeno questo. Crollati dal sonno, bum.
Il terzo motivo chiama in causa l’amica troia. Almeno credo. Abbiamo una chat nella quale con altre amiche parliamo realmente di tutto, ricette di cucina comprese. Ultimamente lei ha postato un paio di mail davvero hot che devono avermi lasciato qualcosa dentro, anche se nei giorni che ne sono seguiti non ci ho neanche più pensato. Poi capirete.
E giuro, nemmeno in questo momento penso quelle mail. Piuttosto penso che, se potessi, a Luca glielo succhierei qui, davanti a tutti. Ma lo penso per pura attrazione fisica e sessuale. Immagino anche di dirgli qualcosa di sentimentale e piuttosto articolato tipo: "Devi avere le palle belle piene, svuotatele nella mia bocca".
Non sarebbe la prima volta che gli dico zozzerie del genere ma, per l'appunto, qui e ora si tratta solo di immaginazione. Di uno di quei pensieri che attraversano ogni tanto la mente di chiunque. Magari se sei un po' zoccola capita più di frequente, lo ammetto.
Per cui forse è meglio calmarsi. Magari farmi un bagno con tanto di doccia gelata dopo, per raffreddarmi.
Cioè, se dipendesse da me lo farei, eh? Ma è qui che scende in campo il Caso, il Destino, brandendo un iPhone 16, il mio.
Mi accorgo di non avere traffico dati, nulla. Solo una rotella che gira all'infinito. Mi incazzo un pochino, penso alla connessione del posto ecc. Poi però vedo che lui la connessione ce l'ha e il suo telefono funziona perfettamente. Mi incazzo un po' di più e provo a chiamarlo. Tim mi informa che il mio credito è esaurito. Cosa molto strana, perché il mio contratto prevede la ricarica automatica e una serie di cose illimitate (paga l'azienda, eh?). Mi incazzo come una bestia.
Ora, di per sé non sarebbe un dramma. Potrei pur sempre usare il suo o tornare a casa dove c'è il wifi. Ma a parte il fatto che sai che palle venire al mare e chiudersi in casa, io con il telefono ci lavoro. A volte pure nei week end. E la prospettiva di restare due-tre giorni senza mi fa andare nel panico. Anche perché non so se è solo un problema di credito o se non si sia proprio rotto il telefono. Lo so, una cazzata, ma quando vado in panico ragiono male.
Poiché ragiono male vedo solo una soluzione: "Devo andare a San Felice, oppure a Terracina, mi serve un negozio Tim". Lui mi guarda e dice "ma scusa, chiama la Tim, è gratis...". Ha ragione, chiamo. Mi mettono in attesa per un quarto d'ora, mi rompo il cazzo dopo, credo, tre minuti. "No, no, devo andare, mi serve un negozio Tim...", "Ma aspetta un attimo". Con il senno di poi, dovrei fare come dice lui. Il senno di adesso invece mi allontana da qualsiasi comportamento logico. Tanto più che il dubbio, immotivato però atroce, che sia proprio il telefono a essersi rotto mi ha ormai travolta. Luca fa un rassegnato "ok, andiamo", rispondo con un "ma no, resta, vado da sola" che lui annulla con un semplice "ma va'...". Ok, ci speravo proprio che mi accompagnasse.
Torniamo alla villetta dove troviamo i suoi genitori pronti per andare a fare la spesa. Qui il sabato sera vanno forte le grigliate e gli spacciatori di bistecche e mozzarelle di bufala attendono frementi, il padre di Luca li conosce tutti. E, cosa più importante, conosce quello del negozio di telefonia: "È un amico, venite con noi... anzi, tornate al mare, sarà una stupidaggine". Gli consegno il telefono quasi fosse il Santo Graal, con un atto di fiducia che non avrei mai pensato di fare nei suoi confronti. Non prima di essermi assicurata che il suo "amico" i telefoni li vende pure, hai visto mai...
Quando i suoi se ne vanno resto lì, in piedi nella cucina. Preoccupata, confusa, speranzosa. Luca mi guarda con il suo solito sorrisino. Ridacchia, lo stronzetto. "Se capitava a me, col cazzo che mio padre si sarebbe offerto... ma nemmeno se lo pregavo in ginocchio". Basta questa semplice stronzata a riportare la mia attenzione su di lui. Lo inquadro tutto, anche lui in piedi nella luce del sole che entra dalla porta finestra e che illumina la cucina. Bello, impeccabile nel suo outfit da party in spiaggia che più di una volta mi ha fatta sbroccare (però era notte, non le dieci e mezza di mattina), con le mani nelle tasche dei bermuda e la sua tipica postura inconsapevolmente sexy. Si è tolto gli occhiali da sole, per il resto è lo stesso super manzo che, non più di mezz'ora fa, vagheggiavo di spompinare al baretto.
Dire che la voglia mi aggredisce sarebbe un misero eufemismo. Di colpo si spegne tutto e l'unica che riesce a ragionare è la mia fica, che mi manda una serie di direttive piuttosto dettagliate: pochi baci, lo stretto indispensabile, poche anche le carezze, le mani rapaci sui nostri corpi, i preliminari, i pompini, le leccate tra le cosce. Cazzo-Dentro-Il-Prima-Possibile. Go, baby.
- Scopami - gli faccio senza nemmeno rendermene conto.
- Eh?
Il lampo di sorpresa nei suoi occhi ci sta tutto, lo riconosco. Però mi infastidisce. Vorrei vedere invece quel lampo arrapato che conosco bene, quello che non dice "facciamo l'amore" ma dice "adesso ti faccio pentire di essere nata mignotta". Se lo vedessi ora potrei avere un orgasmo qui, in piedi, solo stringendo un po' le gambe. Invece, sono costretta a ripetermi.
- Scopami, ho voglia.
Mi tiro giù d'un colpo i miei pantaloncini ricercati e il tanga del costume, li scavalco e avanzo verso di lui. Lo bacio, completamente nuda eccezion fatta per il top celeste del costume.
- Pensa se i miei si sono dimenticati qualcosa... - ridacchia.
Non rinuncia a fare lo stronzetto, ma questa è una parte che conosco a menadito. È uno dei suoi modi per iniziare a dire "adesso qui comando io", e a me va benissimo che comandi lui. Anche se, onestamente, l'ipotesi che i suoi genitori riappaiano all'improvviso non sarebbe da scartare a priori. Ma sono andata troppo avanti per pensarci.
Lo bacio, gli apro i bermuda, infilo la mano nei suoi boxer da bagno, arrivo all'oggetto del mio desiderio. La sua, di mano, me la mette invece tra le gambe senza neanche penetrarmi con un dito, la scossa è talmente forte che mi sembra di essere lì lì per schiantarmi al suolo come un aereo senza controllo. Il suo cazzo si indurisce tra le mie dita, ha una capacità di raggiungere l'erezione in un lampo che ogni volta mi lascia di stucco, e sì che dovrei esserci superabituata.
Cerca di spingermi giù, ma non è quello che voglio e glielo dico che più chiaro non si può.
- No, dai, scopami subito.
Mi risponde "sta 'n po' zitta" e mi rispinge giù, stavolta cedo e mi inginocchio con la solita risatina isterica. Non saprei nemmeno dire se sono io che glielo prendo o è lui che me lo infila subito in bocca senza tanto garbo, il più possibile in fondo. Apnea, gorgoglìo, lacrime, bava. In definitiva, impazzisco. Sono sempre impazzita con quelli che mi dicevano cose come "zitta e fammi sborrare", perché non dovrei farlo con lui? Mi soffoca, mi soffoco da sola, mugolo senza dignità, bocchino brutale, sono eccitatissima. Non ho bisogno di toccarmi la fica per sapere che sto colando.
Poi la pausa e lo scambio di sguardi. Parlare non è necessario, c'è solo da fare una scelta e tocca a me.
E io scelgo una poltroncina di legno, abbastanza incongrua per l'arredamento di una cucina. Chissà, forse la scelgo proprio per questo o perché ha l'altezza giusta. Oppure, molto più probabile, perché è la soluzione più a portata di mano. Mi ci inginocchio, quasi mi ci accuccio. In questo momento l'ultima cosa cui penso è mettermi comoda. Non so nemmeno cosa dico. Anzi, cosa vorrei dire, perché in realtà miagolo e basta. Quasi mi detesto quando faccio così, quando non riesco nemmeno a parlare. E il bello è che me ne rendo conto ma non posso farci nulla. Mi pare di essere una cretina e non me ne frega un cazzo, mi sento terribilmente esposta, in calore e incapace di fare o dire altro.
E qui, mentre Luca fa quei due passi che lo separano da me, entra in gioco l’amica troia, prepotentemente.
Non penso che sia stata la mail che ha mandato a spingermi ad arrivare fino a questo punto. Davvero, non è così. Le cause sono altre, ve l'ho detto, e magari c'entra anche l'incazzatura che mi sono presa prima, che ne so. Sta di fatto, però, che ciò che mi viene in mente ora sono le parole che c'erano scritte in quella mail: "Usami per il tuo piacere". Mentre Luca si avvicina con il suo bastone lucido e teso al massimo è esattamente questo il tourbillion di pensieri, voglie e sensazioni che mi fa sprofondare. "Usami per il tuo piacere". Nella risposta che ho dato qualche giorno fa spiegavo che per me si tratta della percezione vivida e netta che chi è con te se ne freghi altamente del tuo piacere e pensi solo al suo. Ci sono momenti in cui è bello così, è giusto così. Essere "usata" mi comunica questo.
Mi afferra e mi infilza anche troppo forte (in realtà no, mi piace quando mi fa male con la prima botta, mi fa sentire iperdesiderata), mi fa urlare. Però è anche un urlo liberatorio, un urlo da dai-cazzo-non-ci-sente-nessuno. Dopo un po' mi sbatte pure peggio, tanto che non si capisce se faccio più casino io o la poltroncina al cui basso schienale mi aggrappo con le unghie.
Potrei dirgli quello che pensavo prima sulla spiaggia: "Svuotati quelle palle piene", ma chissà perché in questo momento mi sembra "troppo". Potrei soprattutto dirgli "usami", perché è proprio ciò che mi sentirei di dire, ma non mi esce neanche questo.
Non chiedetemi il perché, non lo so.
Rispondo solo "sì" al suo "ora ti sfondo come una zoccola", e da quel momento è una valanga di "sì sì sì" e di "sfondami". È un caso, eh? Potrebbero esserci altre parole, ben più oscene. Ma ci limitiamo a queste, finché un classicissimo "cazzo, vengo" precede il temporaneo blackout del mio cervello.
E a questo punto devo fare una chiosa, letta la quale spero che non mi prenderete per matta. È ovvio che godo come una disperata, ma in un certo senso mi dispiace venire così in fretta. Il motivo, per quanto possa sembrare singolare, è semplice: mi distrae per un po' dal mio obiettivo, dal mio desiderio più profondo. Che non è la meraviglia del mio corpo che deraglia nell'orgasmo e degli ormoni del benessere che schizzano in circolo e mi invadono (oddio, facciamo a capirci, non è che ci sputi sopra...), ma è la voglia di sentire ogni attimo del suo piacere e di sentire il modo in cui se lo prende.
È difficile descrivere queste sensazioni così affastellate e incoerenti, tra l'altro si corre il rischio di essere grottesche. Ma vorrei davvero che lui fosse abbastanza spietato, e io abbastanza lucida, da capire entrambi che tutto ciò che accade in questa cucina non accade perché lo desidero io, ma perché PIACE A LUI e NE HA VOGLIA LUI. Parlo di tutto il pacchetto di cose zozze, tipo svuotarsi i coglioni, essere il suo buco, affondi che fanno male, sculacciate che fanno idem, dito nel culo, strilli. E se vi viene in mente qualcosa di peggio aggiungetelo pure. Ma non escludo neanche cose più soft. Ad esempio "tesoro, ho voglia di scopare in questa cucina inondata dal sole perché non l'ho mai fatto, e ho te sotto mano".
Qualsiasi cosa, insomma. Qualsiasi cosa mi riduca a semplice strumento del suo piacere. USAMI PER IL TUO PIACERE.
Non equivocate, non è che non mi piaccia prendermi il mio, di piacere. Anzi, mi piace pure troppo. Ma in questo momento, mezza mattina di sabato 6 settembre, è così. Il conseguimento del suo piacere è, al tempo stesso, il mio. E c'è solo questo, punto.
Potreste anche pensare che si tratti di amore, dedizione e tutte queste cose qui, ma non è vero. Innanzitutto perché per amore intendo una cosa diversa, e poi perché sono sensazioni che ho provato pure con gente che non amavo per niente e che in molti casi avevo appena conosciuto. Pensavo "cazzo, questo mi sta proprio usando" e mi squagliavo letteralmente sotto quegli abusi, grandi o piccoli che fossero.
Con Luca è chiaro che è diverso - i sentimenti non li nascondi sotto un tappeto - ma credetemi, solo in piccola parte.
Ciò che è davvero diverso è che si tratta di un modo molto più "intenso" di provare queste sensazioni.
Non so dire se si tratti di felicità, probabilmente la parola più giusta è "soddisfazione". Però è una sensazione fortissima. Comincia quando lo sento irrigidirsi e stringermi più forte i fianchi, spingere di più, spruzzarmi dentro, rantolare. Diventa definitiva quando lo sento rilassarsi, afferrarmi con meno rabbia, quando lo schiaffo su una natica è in realtà un buffetto. Proprio quel buffetto, a pensarci bene, è l'ultimo sigillo, quello che significa "ok, è andata come doveva andare".
E quando esce da me rido. Ho un po' paura a scendere dalla poltroncina, sono sicura che qualcosa tracimerà, se non ha già tracimato. Spero solo sul pavimento e non sul cuscino. In effetti era davvero bello carico.
Mi volto a guardarlo, rido e quasi sghignazzando gli dico "sono la tua puttana". Mi esce in un modo completamente diverso dai miei soliti squittii, con un suono che non mi appartiene. O meglio, che mi appartiene molto raramente. Conservo un video in cui cantileno con questa stessa voce “sono la tua troiaaaa…”, (coincidenza curiosa, sempre in una cucina, quella di casa nostra), ma di solito non ho un tono così basso e quasi rauco.
Però attenzione: questo "sono la tua puttana" non ha nulla a che vedere con cose come la sottomissione o il semplice ed eccitante turpiloquio da scopata. Lo avverto chiaramente, è pura, semplice, cristallina soddisfazione. La stessa che mi fa ridere come una scema, anche se lui non capisce il perché.
- Sono la tua puttana…
- Mi piace quando ti prende così... - risponde tutto allegro.
No, è evidente che non ha capito. Ma non importa, magari glielo spiego un'altra volta.
Ah, un'ultima cosa, il telefono. Era davvero una stupidaggine: per una coincidenza che sarebbe troppo lungo spiegare, l'ultimo pagamento elettronico, quello della colazione, e la conseguente notifica via sms della banca (d'ora in poi le eviterò) mi avevano mandato in tilt il telefono. Sarebbe stato impossibile pensarci. Ma in fondo è andata bene così. Anzi, alla grande. Anche perché se non fosse stato per il telefono... Non so se dare il merito più a lui o alla mia amica troia.
Dunque, sabato mattina, Circeo. Sono seduta al baretto della spiaggia con Luca. Facciamo colazione, ho pagato io con il telefono. Questo particolare sembra che non c’entri un cazzo, invece è fondamentale.
Chiacchieriamo, mi fumo una siga. Sono in divisa d’ordinanza: top celeste e pantaloncini bianchi. Lui invece, cazzo, sembra un lord che ci schifa tutti: camicia azzurrina perfettamente stirata (quindi non da me) e bermuda blu, occhiali da sole. Abbronzato, ricci e barba di uno-due giorni. Anche questo particolare della barba di uno-due giorni sembra che sia puramente descrittivo e che non c’entri un cazzo, e invece c’entra eccome. Perché quando faccio certi pensieri e nel frattempo mi accorgo che non si è rasato, in genere gli accarezzo il viso. Lui pensa sia solo una carezza (non mi ricordo di averglielo mai detto, boh), al contrario io mi perdo immaginando quell'ispido che mi sfrega l'interno delle cosce come una grattugia mentre me la lecca. Quando lo fa davvero divento una fontana, se al contrario è "solo" un mio pensiero, ok, mi bagno meno, ma qualche messaggio quella zoccola che ho in mezzo alle gambe me lo manda lo stesso.
Tuttavia la domanda è: perché sto facendo certi pensieri a quest'ora? Beh, non c'è solo un motivo, ce ne sono diversi.
Il primo è che è di una bellezza fulminante. Lo è spesso, ma in questo contesto di carne esposta e flaccida, di panze senza speranza e mammelle che non ricordano nemmeno di essere state un tempo attraenti, lo è di più. Non ho mai visto questa spiaggia gremita di giovani, ma oggi a parte noi nessuno scende sotto i sessanta, il contrasto è impietoso. Senza contare che io so perfettamente cosa si cela sotto quella camicia impeccabile e sotto quei bermuda altrettanto impeccabili.
Il secondo motivo è che è un paio di giorni che non me lo dà. Giovedì è tornato tardi che io già dormivo. Ieri sera siamo arrivati a notte fonda ed eravamo stanchissimi. E poi di solito, quando veniamo qui, evitiamo di fare numeri d'alta scuola. Cioè, lui un po' meno ma io mi vergogno: la villetta dei suoi genitori non è tanto piccola però non è nemmeno Versailles e i miei latrati si sentirebbero benissimo. Però può capitare, è capitato, che prima di addormentarci glielo succhi un po' e poi mi ci impali facendogli "ssshhht" con tanto di dito davanti alla bocca. Poiché è uno stronzetto, qualche volta ha pure preso a sbattermi come un forsennato con quel sorrisetto del cazzo che gli spunta quando vuole mettermi in difficoltà: "ti odio, testa di cazzo!", "vuoi che smetta?", "vaffanculo, sfondami". Il tutto a voce bassissima e con le mie lagne represse in un sussurro. Credetemi, è bello ma è una faticaccia.
La notte scorsa, tuttavia, nemmeno questo. Crollati dal sonno, bum.
Il terzo motivo chiama in causa l’amica troia. Almeno credo. Abbiamo una chat nella quale con altre amiche parliamo realmente di tutto, ricette di cucina comprese. Ultimamente lei ha postato un paio di mail davvero hot che devono avermi lasciato qualcosa dentro, anche se nei giorni che ne sono seguiti non ci ho neanche più pensato. Poi capirete.
E giuro, nemmeno in questo momento penso quelle mail. Piuttosto penso che, se potessi, a Luca glielo succhierei qui, davanti a tutti. Ma lo penso per pura attrazione fisica e sessuale. Immagino anche di dirgli qualcosa di sentimentale e piuttosto articolato tipo: "Devi avere le palle belle piene, svuotatele nella mia bocca".
Non sarebbe la prima volta che gli dico zozzerie del genere ma, per l'appunto, qui e ora si tratta solo di immaginazione. Di uno di quei pensieri che attraversano ogni tanto la mente di chiunque. Magari se sei un po' zoccola capita più di frequente, lo ammetto.
Per cui forse è meglio calmarsi. Magari farmi un bagno con tanto di doccia gelata dopo, per raffreddarmi.
Cioè, se dipendesse da me lo farei, eh? Ma è qui che scende in campo il Caso, il Destino, brandendo un iPhone 16, il mio.
Mi accorgo di non avere traffico dati, nulla. Solo una rotella che gira all'infinito. Mi incazzo un pochino, penso alla connessione del posto ecc. Poi però vedo che lui la connessione ce l'ha e il suo telefono funziona perfettamente. Mi incazzo un po' di più e provo a chiamarlo. Tim mi informa che il mio credito è esaurito. Cosa molto strana, perché il mio contratto prevede la ricarica automatica e una serie di cose illimitate (paga l'azienda, eh?). Mi incazzo come una bestia.
Ora, di per sé non sarebbe un dramma. Potrei pur sempre usare il suo o tornare a casa dove c'è il wifi. Ma a parte il fatto che sai che palle venire al mare e chiudersi in casa, io con il telefono ci lavoro. A volte pure nei week end. E la prospettiva di restare due-tre giorni senza mi fa andare nel panico. Anche perché non so se è solo un problema di credito o se non si sia proprio rotto il telefono. Lo so, una cazzata, ma quando vado in panico ragiono male.
Poiché ragiono male vedo solo una soluzione: "Devo andare a San Felice, oppure a Terracina, mi serve un negozio Tim". Lui mi guarda e dice "ma scusa, chiama la Tim, è gratis...". Ha ragione, chiamo. Mi mettono in attesa per un quarto d'ora, mi rompo il cazzo dopo, credo, tre minuti. "No, no, devo andare, mi serve un negozio Tim...", "Ma aspetta un attimo". Con il senno di poi, dovrei fare come dice lui. Il senno di adesso invece mi allontana da qualsiasi comportamento logico. Tanto più che il dubbio, immotivato però atroce, che sia proprio il telefono a essersi rotto mi ha ormai travolta. Luca fa un rassegnato "ok, andiamo", rispondo con un "ma no, resta, vado da sola" che lui annulla con un semplice "ma va'...". Ok, ci speravo proprio che mi accompagnasse.
Torniamo alla villetta dove troviamo i suoi genitori pronti per andare a fare la spesa. Qui il sabato sera vanno forte le grigliate e gli spacciatori di bistecche e mozzarelle di bufala attendono frementi, il padre di Luca li conosce tutti. E, cosa più importante, conosce quello del negozio di telefonia: "È un amico, venite con noi... anzi, tornate al mare, sarà una stupidaggine". Gli consegno il telefono quasi fosse il Santo Graal, con un atto di fiducia che non avrei mai pensato di fare nei suoi confronti. Non prima di essermi assicurata che il suo "amico" i telefoni li vende pure, hai visto mai...
Quando i suoi se ne vanno resto lì, in piedi nella cucina. Preoccupata, confusa, speranzosa. Luca mi guarda con il suo solito sorrisino. Ridacchia, lo stronzetto. "Se capitava a me, col cazzo che mio padre si sarebbe offerto... ma nemmeno se lo pregavo in ginocchio". Basta questa semplice stronzata a riportare la mia attenzione su di lui. Lo inquadro tutto, anche lui in piedi nella luce del sole che entra dalla porta finestra e che illumina la cucina. Bello, impeccabile nel suo outfit da party in spiaggia che più di una volta mi ha fatta sbroccare (però era notte, non le dieci e mezza di mattina), con le mani nelle tasche dei bermuda e la sua tipica postura inconsapevolmente sexy. Si è tolto gli occhiali da sole, per il resto è lo stesso super manzo che, non più di mezz'ora fa, vagheggiavo di spompinare al baretto.
Dire che la voglia mi aggredisce sarebbe un misero eufemismo. Di colpo si spegne tutto e l'unica che riesce a ragionare è la mia fica, che mi manda una serie di direttive piuttosto dettagliate: pochi baci, lo stretto indispensabile, poche anche le carezze, le mani rapaci sui nostri corpi, i preliminari, i pompini, le leccate tra le cosce. Cazzo-Dentro-Il-Prima-Possibile. Go, baby.
- Scopami - gli faccio senza nemmeno rendermene conto.
- Eh?
Il lampo di sorpresa nei suoi occhi ci sta tutto, lo riconosco. Però mi infastidisce. Vorrei vedere invece quel lampo arrapato che conosco bene, quello che non dice "facciamo l'amore" ma dice "adesso ti faccio pentire di essere nata mignotta". Se lo vedessi ora potrei avere un orgasmo qui, in piedi, solo stringendo un po' le gambe. Invece, sono costretta a ripetermi.
- Scopami, ho voglia.
Mi tiro giù d'un colpo i miei pantaloncini ricercati e il tanga del costume, li scavalco e avanzo verso di lui. Lo bacio, completamente nuda eccezion fatta per il top celeste del costume.
- Pensa se i miei si sono dimenticati qualcosa... - ridacchia.
Non rinuncia a fare lo stronzetto, ma questa è una parte che conosco a menadito. È uno dei suoi modi per iniziare a dire "adesso qui comando io", e a me va benissimo che comandi lui. Anche se, onestamente, l'ipotesi che i suoi genitori riappaiano all'improvviso non sarebbe da scartare a priori. Ma sono andata troppo avanti per pensarci.
Lo bacio, gli apro i bermuda, infilo la mano nei suoi boxer da bagno, arrivo all'oggetto del mio desiderio. La sua, di mano, me la mette invece tra le gambe senza neanche penetrarmi con un dito, la scossa è talmente forte che mi sembra di essere lì lì per schiantarmi al suolo come un aereo senza controllo. Il suo cazzo si indurisce tra le mie dita, ha una capacità di raggiungere l'erezione in un lampo che ogni volta mi lascia di stucco, e sì che dovrei esserci superabituata.
Cerca di spingermi giù, ma non è quello che voglio e glielo dico che più chiaro non si può.
- No, dai, scopami subito.
Mi risponde "sta 'n po' zitta" e mi rispinge giù, stavolta cedo e mi inginocchio con la solita risatina isterica. Non saprei nemmeno dire se sono io che glielo prendo o è lui che me lo infila subito in bocca senza tanto garbo, il più possibile in fondo. Apnea, gorgoglìo, lacrime, bava. In definitiva, impazzisco. Sono sempre impazzita con quelli che mi dicevano cose come "zitta e fammi sborrare", perché non dovrei farlo con lui? Mi soffoca, mi soffoco da sola, mugolo senza dignità, bocchino brutale, sono eccitatissima. Non ho bisogno di toccarmi la fica per sapere che sto colando.
Poi la pausa e lo scambio di sguardi. Parlare non è necessario, c'è solo da fare una scelta e tocca a me.
E io scelgo una poltroncina di legno, abbastanza incongrua per l'arredamento di una cucina. Chissà, forse la scelgo proprio per questo o perché ha l'altezza giusta. Oppure, molto più probabile, perché è la soluzione più a portata di mano. Mi ci inginocchio, quasi mi ci accuccio. In questo momento l'ultima cosa cui penso è mettermi comoda. Non so nemmeno cosa dico. Anzi, cosa vorrei dire, perché in realtà miagolo e basta. Quasi mi detesto quando faccio così, quando non riesco nemmeno a parlare. E il bello è che me ne rendo conto ma non posso farci nulla. Mi pare di essere una cretina e non me ne frega un cazzo, mi sento terribilmente esposta, in calore e incapace di fare o dire altro.
E qui, mentre Luca fa quei due passi che lo separano da me, entra in gioco l’amica troia, prepotentemente.
Non penso che sia stata la mail che ha mandato a spingermi ad arrivare fino a questo punto. Davvero, non è così. Le cause sono altre, ve l'ho detto, e magari c'entra anche l'incazzatura che mi sono presa prima, che ne so. Sta di fatto, però, che ciò che mi viene in mente ora sono le parole che c'erano scritte in quella mail: "Usami per il tuo piacere". Mentre Luca si avvicina con il suo bastone lucido e teso al massimo è esattamente questo il tourbillion di pensieri, voglie e sensazioni che mi fa sprofondare. "Usami per il tuo piacere". Nella risposta che ho dato qualche giorno fa spiegavo che per me si tratta della percezione vivida e netta che chi è con te se ne freghi altamente del tuo piacere e pensi solo al suo. Ci sono momenti in cui è bello così, è giusto così. Essere "usata" mi comunica questo.
Mi afferra e mi infilza anche troppo forte (in realtà no, mi piace quando mi fa male con la prima botta, mi fa sentire iperdesiderata), mi fa urlare. Però è anche un urlo liberatorio, un urlo da dai-cazzo-non-ci-sente-nessuno. Dopo un po' mi sbatte pure peggio, tanto che non si capisce se faccio più casino io o la poltroncina al cui basso schienale mi aggrappo con le unghie.
Potrei dirgli quello che pensavo prima sulla spiaggia: "Svuotati quelle palle piene", ma chissà perché in questo momento mi sembra "troppo". Potrei soprattutto dirgli "usami", perché è proprio ciò che mi sentirei di dire, ma non mi esce neanche questo.
Non chiedetemi il perché, non lo so.
Rispondo solo "sì" al suo "ora ti sfondo come una zoccola", e da quel momento è una valanga di "sì sì sì" e di "sfondami". È un caso, eh? Potrebbero esserci altre parole, ben più oscene. Ma ci limitiamo a queste, finché un classicissimo "cazzo, vengo" precede il temporaneo blackout del mio cervello.
E a questo punto devo fare una chiosa, letta la quale spero che non mi prenderete per matta. È ovvio che godo come una disperata, ma in un certo senso mi dispiace venire così in fretta. Il motivo, per quanto possa sembrare singolare, è semplice: mi distrae per un po' dal mio obiettivo, dal mio desiderio più profondo. Che non è la meraviglia del mio corpo che deraglia nell'orgasmo e degli ormoni del benessere che schizzano in circolo e mi invadono (oddio, facciamo a capirci, non è che ci sputi sopra...), ma è la voglia di sentire ogni attimo del suo piacere e di sentire il modo in cui se lo prende.
È difficile descrivere queste sensazioni così affastellate e incoerenti, tra l'altro si corre il rischio di essere grottesche. Ma vorrei davvero che lui fosse abbastanza spietato, e io abbastanza lucida, da capire entrambi che tutto ciò che accade in questa cucina non accade perché lo desidero io, ma perché PIACE A LUI e NE HA VOGLIA LUI. Parlo di tutto il pacchetto di cose zozze, tipo svuotarsi i coglioni, essere il suo buco, affondi che fanno male, sculacciate che fanno idem, dito nel culo, strilli. E se vi viene in mente qualcosa di peggio aggiungetelo pure. Ma non escludo neanche cose più soft. Ad esempio "tesoro, ho voglia di scopare in questa cucina inondata dal sole perché non l'ho mai fatto, e ho te sotto mano".
Qualsiasi cosa, insomma. Qualsiasi cosa mi riduca a semplice strumento del suo piacere. USAMI PER IL TUO PIACERE.
Non equivocate, non è che non mi piaccia prendermi il mio, di piacere. Anzi, mi piace pure troppo. Ma in questo momento, mezza mattina di sabato 6 settembre, è così. Il conseguimento del suo piacere è, al tempo stesso, il mio. E c'è solo questo, punto.
Potreste anche pensare che si tratti di amore, dedizione e tutte queste cose qui, ma non è vero. Innanzitutto perché per amore intendo una cosa diversa, e poi perché sono sensazioni che ho provato pure con gente che non amavo per niente e che in molti casi avevo appena conosciuto. Pensavo "cazzo, questo mi sta proprio usando" e mi squagliavo letteralmente sotto quegli abusi, grandi o piccoli che fossero.
Con Luca è chiaro che è diverso - i sentimenti non li nascondi sotto un tappeto - ma credetemi, solo in piccola parte.
Ciò che è davvero diverso è che si tratta di un modo molto più "intenso" di provare queste sensazioni.
Non so dire se si tratti di felicità, probabilmente la parola più giusta è "soddisfazione". Però è una sensazione fortissima. Comincia quando lo sento irrigidirsi e stringermi più forte i fianchi, spingere di più, spruzzarmi dentro, rantolare. Diventa definitiva quando lo sento rilassarsi, afferrarmi con meno rabbia, quando lo schiaffo su una natica è in realtà un buffetto. Proprio quel buffetto, a pensarci bene, è l'ultimo sigillo, quello che significa "ok, è andata come doveva andare".
E quando esce da me rido. Ho un po' paura a scendere dalla poltroncina, sono sicura che qualcosa tracimerà, se non ha già tracimato. Spero solo sul pavimento e non sul cuscino. In effetti era davvero bello carico.
Mi volto a guardarlo, rido e quasi sghignazzando gli dico "sono la tua puttana". Mi esce in un modo completamente diverso dai miei soliti squittii, con un suono che non mi appartiene. O meglio, che mi appartiene molto raramente. Conservo un video in cui cantileno con questa stessa voce “sono la tua troiaaaa…”, (coincidenza curiosa, sempre in una cucina, quella di casa nostra), ma di solito non ho un tono così basso e quasi rauco.
Però attenzione: questo "sono la tua puttana" non ha nulla a che vedere con cose come la sottomissione o il semplice ed eccitante turpiloquio da scopata. Lo avverto chiaramente, è pura, semplice, cristallina soddisfazione. La stessa che mi fa ridere come una scema, anche se lui non capisce il perché.
- Sono la tua puttana…
- Mi piace quando ti prende così... - risponde tutto allegro.
No, è evidente che non ha capito. Ma non importa, magari glielo spiego un'altra volta.
Ah, un'ultima cosa, il telefono. Era davvero una stupidaggine: per una coincidenza che sarebbe troppo lungo spiegare, l'ultimo pagamento elettronico, quello della colazione, e la conseguente notifica via sms della banca (d'ora in poi le eviterò) mi avevano mandato in tilt il telefono. Sarebbe stato impossibile pensarci. Ma in fondo è andata bene così. Anzi, alla grande. Anche perché se non fosse stato per il telefono... Non so se dare il merito più a lui o alla mia amica troia.
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