Tutti quei ragazzi (e quelle ragazze) - Il cocktail della vendetta
di
RunningRiot
genere
etero
All’inizio resti un po’ turbata perché non te lo aspetti, ma anche piacevolmente sorpresa. Molto piacevolmente. Poi la sorpresa si trasforma lentamente in altro e finisce che perdi la testa e speri che la perda ben presto anche lui. Lo so come vanno queste cose e non solo per me, potrei scrivere un libro solo con i racconti di altre ragazze.
Se invece fossi io a raccontare me la caverei con una risata e direi: "È stata una cosa molto profonda". E sarebbe chiaro a tutte che non sto parlando di come le nostre menti abbiano cercato e trovato una loro intima connessione.
Alzo lo sguardo, lui ha gli occhi spalancati come se fossi un'aliena. Nella fattispecie, un'aliena un po' brilla.
No, non sono ubriaca, per niente. Sono abituata a ben altro che a un paio di spritz. Con lui ho finto quasi tutto il tempo. Di sicuro non aveva messo in conto una serata così empatica. E nemmeno che aderissi così entusiasticamente quando ha osato un "ti va di salire un po'?". "Ahahahah, ma certo, se mi offri un vodka tonic salgo al volo!", "La vodka ce l'ho, la Schweppes pure... ma non avrai bevuto un po' troppo?", "Io? Figurati!".
Niente outfit da troia, non era proprio il caso. Però un top un po' ampio, questo sì. Strategicamente ampio, perché lo sapevo che sarebbe arrivato il momento in cui avrei potuto piegarmi davanti a lui tra una risata e una chiacchiera. Dargli modo di infilare lo sguardo nella scollatura. Accorgersi che non porto il reggiseno. Non ho contato le occhiate clandestine, ma ognuna di esse è andata in scena sotto la mia regia, questo ve lo posso assicurare.
Per il bacio, purtroppo, ho dovuto prendere io l'iniziativa, lui non si decideva. Sì, ok, si era avvicinato e cercava il contatto fisico, ma era troppo timido, incerto. E lo era anche dopo il bacio, anche mentre mi paccava. Per carità, lo faceva bene, ma si andava un po' troppo per le lunghe. Ancora una volta ho dovuto darmi da fare. A quel punto ci stava, eh? Però magari un altro lo avrebbe chiesto, o preteso. Lui no, nonostante fingessi di essere anche più brilla di prima e esagerassi l'effetto che le sue mani avevano su di me.
Sorride e mi dice che sono "un terremoto" (o forse "un ciclone", non ricordo), sorrido di rimando e gli spiego sinteticamente e ridacchiando "guarda che puoi pure dire troia". Lo osservo mentre domanda "davvero? non ti dà fastidio?" cercando di dissimulare la sorpresa. Mi racconta che la sua ex si incazzò moltissimo la prima e unica volta che la insultò e che di lì a poco si lasciarono, ma che lui in fondo ne è ancora innamorato. A me di questa crush per la sua ex permalosetta frega meno di nulla, soprattutto adesso, e non capisco come a lui possa venire in mente. Comunque, a parte che faccio fatica a credere che sia stato proprio quello il motivo per cui lo mollò, non gli do corda. Però ci tengo a chiarirgli una cosa, dato che non mi sembra molto esperto: sentirmi dare della troia non mi dà fastidio anzi mi eccita, gli dico con lo stesso tono con cui gli ho chiesto un altro vodka tonic, "puoi dire troia adesso, da domani stop e amici come prima".
Che poi "amici", come sempre in questi casi, è un parolone. Ma è sempre meglio di un anonimo e slavato "conoscenti", no? E poi, senza essere proprio amici, siamo un po' più che conoscenti.
Diciamo che, anche se non ci frequentiamo quasi per niente, non è il solito tipo rimediato poche ore prima da qualche parte. E diciamo anche che non avrei mai pensato di sbottonargli i pantaloni e abbassarli. Questo è poco ma sicuro. Come è altrettanto sicuro che non mi sarei mai aspettata di tirargli fuori dalle mutande questa bestia, nulla di incredibile ma... beh, notevole. Mentre gli tastavo il pacco qualche idea me l'ero fatta, però a guardarlo e a stringerlo fa un altro effetto.
Simpatico sì, senza esagerare. Non bello, e su questo potrei pure passarci sopra poiché ho idee estetiche particolari, fisico abbastanza al di sotto dei miei standard. Con ciò non voglio dire che sia basso, pelato e con la pancia, però se mi avessero detto che sarebbe andata così mi sarei piegata dalle risate. Quando mi capitano situazioni di questo tipo evito di pensarci troppo e mi dico che in fondo ho reso felice gente peggiore. Nel suo caso non siamo al limite, ma quasi. D'accordo, tra le gambe ha un cazzo al di sopra del mio benchmark ma non è che mi accendo per le dimensioni. Semmai ci vado a fuoco, e non sempre, ma solo un bel po' dopo.
La sua reazione alla mia teoria del "chiamami troia" è una risata che non riesco a decifrare, come se non fosse molto convinto (spoiler: no, invece ha capito bene) oppure imbarazzato. O addirittura, a me piace pensare così, incredulo e anche un po' inerte nell'attesa. E anche nel silenzio.
Sono la prima a rompere questo silenzio. Restando sul faceto gli dico: "Chissà cosa penserebbe Antonio...". Replica che probabilmente non lo saprà mai e io gli chiedo perché. Non risponde, fa una faccia perplessa, dice "gli piaci tanto, sai?". Alzo le spalle con nonchalance e gli butto lì un "ci sono uscita una sera". Mi fa "sì, lo so, me l'ha detto". "E che altro ti ha detto?", domando. Dice "no, nulla, solo questo".
Ci credo che Antonio sia stato evasivo e reticente. Ci credo al cento per cento.
Il suo sguardo passa dal mio viso alla mia mano che gli impugna il cazzo, alle tette nella scollatura. "Mi stai guardando le tette?", "Sì", "Ti piacciono?", "Sì", "Sono piccole", "Ok, ma a me piacciono". Gli sorrido, lo osservo per qualche secondo senza dire nulla, abbasso le spalline e lascio andare giù il top.
- Quella sera Antonio ti ha mandato un messaggio, diceva più o meno: “sorca, ma tette piccole e troppo alta, però me la scopo”.
- Mai ricevuto un messaggio del genere - ribatte un po', come dire, allarmato e sinceramente stupito.
- Lo so, lo so - lo rassicuro - si è sbagliato e l'ha mandato a me.
Spalanca gli occhi, resta così per qualche secondo, poi li chiude e scoppia in una risata tanto silenziosa quanto irrefrenabile.
Le cose sono andate all'incirca così: ero seduta al tavolino di un locale di Testaccio con questo Antonio (onestamente un gran figo, almeno a vederlo) con il quale avevamo fatto il pieno di spritz, stuzzichini e chiacchiere vacue. Nonostante tutto non avevo idea di cosa fare con lui, qualcosa non mi convinceva, anche mettendo da parte il suo outfit sin troppo studiato per fare colpo. A un certo punto si scusa e dice che deve andare alla toilette; nell'attesa tiro fuori il telefono e leggo quel messaggio, quasi certamente indirizzato all'amico che ci aveva presentati.
Ovvero Sandro, il ragazzo al quale ora, dopo avergli detto del messaggio sbagliato mandato alla persona sbagliata, sto menando blandamente il cazzo e spargendo baci svergognati appena al di sopra dei suoi peli pubici.
Dicono che certi sbagli non siano rari, può essere. Ma quando capita a te le cose cambiano. Chissà se Antonio si è accorto del suo fatal error mentre era con l'uccello in mano per pisciare. Sarebbe divertente saperlo, inquadrerebbe ancor meglio il deficiente che è. Che tra me e lui, dal punto di vista intellettuale, passassero svariati anni luce me ne ero accorta subito. Ma in fondo, in quelle notti in cui sento il bisogno di resettare il cervello, a me è sempre piaciuto farmi mettere sotto da dei perfetti coglioni. Così però era un po' too much. Gli ho sorriso beffarda e mi sono alzata lasciandogli da pagare il conto. Non c'era molto altro da fare, in effetti. Peccato che il taxi mi sia costato quasi quanto l'aperitivo.
Adesso, inginocchiata davanti a questo divano un po' vissuto, ascolto Sandro che piano piano smette di ridere proprio mentre gli annuso l'arnese. Beh, bisogna riconoscere che fa la sua porca figura. La patina su quel glande grosso come una prugna e le tracce olfattive da maschio sono molto evidenti e molto tentatrici. Per la sottoscritta, praticamente irresistibili. Chissà come sarebbe salirgli sopra, scostare le mutandine e impalarmici sopra. Tra l'altro, sono bagnatissima. No, d'accordo, non lo farò, non esageriamo. Però sono sicura che è uno di quelli che ti fanno miagolare "all'inizio fai piano, per favore". Uno di quelli che, se ti va di raccontarlo alle amiche più fidate, ti fa essere volgare: "Dio santo, mi ha aperta come una cozza".
- Dunque io sarei una vendetta... - domanda.
- Con un cazzo del genere non parlerei di vendetta... - biascico fissando il suo basso ventre, poi inizio a darmi da fare.
Sì ok, fondamentalmente gli sto facendo un bocchino per ripicca, ma per qualche istante me ne dimentico, quasi ipnotizzata dal mix di odori, visione e, adesso, sapore. Eterogenesi dei fini. Mi impegno perché mi piace impegnarmi, tante volte mi dico che sono nata per questo. Non la trovo neanche una cosa particolarmente intima, sarà il segno dei tempi: magari una volta si diceva "bacia bene" (beh, si dice ancora) e oggi si dice "succhia benissimo il cazzo". Di me lo possono dire in tanti e non è che siano mai nate grandi storie d'amore, ma bei momenti sì.
Sandro sospira. Sospira anche più forte quando gli lecco i testicoli. Non so se per il piacere della lingua, ma giurerei moltissimo per l'ostentata oscenità del mio gesto, lento e con gli occhi piantati nei suoi. Almeno fin quando non li chiude lasciando crollare la testa all'indietro. Certe cose bisogna saperle fare, piccolo, e io ho imparato a farle da dea. Quando dico “troia” non parlo a vanvera.
Rinuncio a sottolinearlo, anche se una parte di me lo vorrebbe. Ma non mi va di essere inutilmente "aggressive" con lui.
È un tipo come tanti, tranquillo, trasparente, "giusto". D'accordo, fa riflettere che sia amico di quell'idiota di Antonio, chissà cosa li ha uniti o li unisce. Ma sticazzi. Sandro è l'esatto contrario dello sborone e non ha nessun timore a mettere le mani avanti e dirmi, anche un po' divertito, "guarda che non mi controllo molto, potrei venirti in bocca".
Ma certo tesoro, puoi fare quello che vuoi. Glielo confermo con un sorriso mentre risalgo verso di lui per un ultimo bacio prima che mi metta definitivamente all'opera. Un sorriso che diventa un sussurro impertinente: "Ma se tu vuoi possiamo anche fare un giochino". Mi riserva un’occhiata interrogativa, forse anche un po’ timorosa: “Ti va di sborrare nella vodka?”. “Ok…”, risponde dopo avermi guardata per un po’.
Lo stesso sguardo di poco fa, come se fossi un'aliena.
- Però a Antonio gli devi dire anche questo.
Se invece fossi io a raccontare me la caverei con una risata e direi: "È stata una cosa molto profonda". E sarebbe chiaro a tutte che non sto parlando di come le nostre menti abbiano cercato e trovato una loro intima connessione.
Alzo lo sguardo, lui ha gli occhi spalancati come se fossi un'aliena. Nella fattispecie, un'aliena un po' brilla.
No, non sono ubriaca, per niente. Sono abituata a ben altro che a un paio di spritz. Con lui ho finto quasi tutto il tempo. Di sicuro non aveva messo in conto una serata così empatica. E nemmeno che aderissi così entusiasticamente quando ha osato un "ti va di salire un po'?". "Ahahahah, ma certo, se mi offri un vodka tonic salgo al volo!", "La vodka ce l'ho, la Schweppes pure... ma non avrai bevuto un po' troppo?", "Io? Figurati!".
Niente outfit da troia, non era proprio il caso. Però un top un po' ampio, questo sì. Strategicamente ampio, perché lo sapevo che sarebbe arrivato il momento in cui avrei potuto piegarmi davanti a lui tra una risata e una chiacchiera. Dargli modo di infilare lo sguardo nella scollatura. Accorgersi che non porto il reggiseno. Non ho contato le occhiate clandestine, ma ognuna di esse è andata in scena sotto la mia regia, questo ve lo posso assicurare.
Per il bacio, purtroppo, ho dovuto prendere io l'iniziativa, lui non si decideva. Sì, ok, si era avvicinato e cercava il contatto fisico, ma era troppo timido, incerto. E lo era anche dopo il bacio, anche mentre mi paccava. Per carità, lo faceva bene, ma si andava un po' troppo per le lunghe. Ancora una volta ho dovuto darmi da fare. A quel punto ci stava, eh? Però magari un altro lo avrebbe chiesto, o preteso. Lui no, nonostante fingessi di essere anche più brilla di prima e esagerassi l'effetto che le sue mani avevano su di me.
Sorride e mi dice che sono "un terremoto" (o forse "un ciclone", non ricordo), sorrido di rimando e gli spiego sinteticamente e ridacchiando "guarda che puoi pure dire troia". Lo osservo mentre domanda "davvero? non ti dà fastidio?" cercando di dissimulare la sorpresa. Mi racconta che la sua ex si incazzò moltissimo la prima e unica volta che la insultò e che di lì a poco si lasciarono, ma che lui in fondo ne è ancora innamorato. A me di questa crush per la sua ex permalosetta frega meno di nulla, soprattutto adesso, e non capisco come a lui possa venire in mente. Comunque, a parte che faccio fatica a credere che sia stato proprio quello il motivo per cui lo mollò, non gli do corda. Però ci tengo a chiarirgli una cosa, dato che non mi sembra molto esperto: sentirmi dare della troia non mi dà fastidio anzi mi eccita, gli dico con lo stesso tono con cui gli ho chiesto un altro vodka tonic, "puoi dire troia adesso, da domani stop e amici come prima".
Che poi "amici", come sempre in questi casi, è un parolone. Ma è sempre meglio di un anonimo e slavato "conoscenti", no? E poi, senza essere proprio amici, siamo un po' più che conoscenti.
Diciamo che, anche se non ci frequentiamo quasi per niente, non è il solito tipo rimediato poche ore prima da qualche parte. E diciamo anche che non avrei mai pensato di sbottonargli i pantaloni e abbassarli. Questo è poco ma sicuro. Come è altrettanto sicuro che non mi sarei mai aspettata di tirargli fuori dalle mutande questa bestia, nulla di incredibile ma... beh, notevole. Mentre gli tastavo il pacco qualche idea me l'ero fatta, però a guardarlo e a stringerlo fa un altro effetto.
Simpatico sì, senza esagerare. Non bello, e su questo potrei pure passarci sopra poiché ho idee estetiche particolari, fisico abbastanza al di sotto dei miei standard. Con ciò non voglio dire che sia basso, pelato e con la pancia, però se mi avessero detto che sarebbe andata così mi sarei piegata dalle risate. Quando mi capitano situazioni di questo tipo evito di pensarci troppo e mi dico che in fondo ho reso felice gente peggiore. Nel suo caso non siamo al limite, ma quasi. D'accordo, tra le gambe ha un cazzo al di sopra del mio benchmark ma non è che mi accendo per le dimensioni. Semmai ci vado a fuoco, e non sempre, ma solo un bel po' dopo.
La sua reazione alla mia teoria del "chiamami troia" è una risata che non riesco a decifrare, come se non fosse molto convinto (spoiler: no, invece ha capito bene) oppure imbarazzato. O addirittura, a me piace pensare così, incredulo e anche un po' inerte nell'attesa. E anche nel silenzio.
Sono la prima a rompere questo silenzio. Restando sul faceto gli dico: "Chissà cosa penserebbe Antonio...". Replica che probabilmente non lo saprà mai e io gli chiedo perché. Non risponde, fa una faccia perplessa, dice "gli piaci tanto, sai?". Alzo le spalle con nonchalance e gli butto lì un "ci sono uscita una sera". Mi fa "sì, lo so, me l'ha detto". "E che altro ti ha detto?", domando. Dice "no, nulla, solo questo".
Ci credo che Antonio sia stato evasivo e reticente. Ci credo al cento per cento.
Il suo sguardo passa dal mio viso alla mia mano che gli impugna il cazzo, alle tette nella scollatura. "Mi stai guardando le tette?", "Sì", "Ti piacciono?", "Sì", "Sono piccole", "Ok, ma a me piacciono". Gli sorrido, lo osservo per qualche secondo senza dire nulla, abbasso le spalline e lascio andare giù il top.
- Quella sera Antonio ti ha mandato un messaggio, diceva più o meno: “sorca, ma tette piccole e troppo alta, però me la scopo”.
- Mai ricevuto un messaggio del genere - ribatte un po', come dire, allarmato e sinceramente stupito.
- Lo so, lo so - lo rassicuro - si è sbagliato e l'ha mandato a me.
Spalanca gli occhi, resta così per qualche secondo, poi li chiude e scoppia in una risata tanto silenziosa quanto irrefrenabile.
Le cose sono andate all'incirca così: ero seduta al tavolino di un locale di Testaccio con questo Antonio (onestamente un gran figo, almeno a vederlo) con il quale avevamo fatto il pieno di spritz, stuzzichini e chiacchiere vacue. Nonostante tutto non avevo idea di cosa fare con lui, qualcosa non mi convinceva, anche mettendo da parte il suo outfit sin troppo studiato per fare colpo. A un certo punto si scusa e dice che deve andare alla toilette; nell'attesa tiro fuori il telefono e leggo quel messaggio, quasi certamente indirizzato all'amico che ci aveva presentati.
Ovvero Sandro, il ragazzo al quale ora, dopo avergli detto del messaggio sbagliato mandato alla persona sbagliata, sto menando blandamente il cazzo e spargendo baci svergognati appena al di sopra dei suoi peli pubici.
Dicono che certi sbagli non siano rari, può essere. Ma quando capita a te le cose cambiano. Chissà se Antonio si è accorto del suo fatal error mentre era con l'uccello in mano per pisciare. Sarebbe divertente saperlo, inquadrerebbe ancor meglio il deficiente che è. Che tra me e lui, dal punto di vista intellettuale, passassero svariati anni luce me ne ero accorta subito. Ma in fondo, in quelle notti in cui sento il bisogno di resettare il cervello, a me è sempre piaciuto farmi mettere sotto da dei perfetti coglioni. Così però era un po' too much. Gli ho sorriso beffarda e mi sono alzata lasciandogli da pagare il conto. Non c'era molto altro da fare, in effetti. Peccato che il taxi mi sia costato quasi quanto l'aperitivo.
Adesso, inginocchiata davanti a questo divano un po' vissuto, ascolto Sandro che piano piano smette di ridere proprio mentre gli annuso l'arnese. Beh, bisogna riconoscere che fa la sua porca figura. La patina su quel glande grosso come una prugna e le tracce olfattive da maschio sono molto evidenti e molto tentatrici. Per la sottoscritta, praticamente irresistibili. Chissà come sarebbe salirgli sopra, scostare le mutandine e impalarmici sopra. Tra l'altro, sono bagnatissima. No, d'accordo, non lo farò, non esageriamo. Però sono sicura che è uno di quelli che ti fanno miagolare "all'inizio fai piano, per favore". Uno di quelli che, se ti va di raccontarlo alle amiche più fidate, ti fa essere volgare: "Dio santo, mi ha aperta come una cozza".
- Dunque io sarei una vendetta... - domanda.
- Con un cazzo del genere non parlerei di vendetta... - biascico fissando il suo basso ventre, poi inizio a darmi da fare.
Sì ok, fondamentalmente gli sto facendo un bocchino per ripicca, ma per qualche istante me ne dimentico, quasi ipnotizzata dal mix di odori, visione e, adesso, sapore. Eterogenesi dei fini. Mi impegno perché mi piace impegnarmi, tante volte mi dico che sono nata per questo. Non la trovo neanche una cosa particolarmente intima, sarà il segno dei tempi: magari una volta si diceva "bacia bene" (beh, si dice ancora) e oggi si dice "succhia benissimo il cazzo". Di me lo possono dire in tanti e non è che siano mai nate grandi storie d'amore, ma bei momenti sì.
Sandro sospira. Sospira anche più forte quando gli lecco i testicoli. Non so se per il piacere della lingua, ma giurerei moltissimo per l'ostentata oscenità del mio gesto, lento e con gli occhi piantati nei suoi. Almeno fin quando non li chiude lasciando crollare la testa all'indietro. Certe cose bisogna saperle fare, piccolo, e io ho imparato a farle da dea. Quando dico “troia” non parlo a vanvera.
Rinuncio a sottolinearlo, anche se una parte di me lo vorrebbe. Ma non mi va di essere inutilmente "aggressive" con lui.
È un tipo come tanti, tranquillo, trasparente, "giusto". D'accordo, fa riflettere che sia amico di quell'idiota di Antonio, chissà cosa li ha uniti o li unisce. Ma sticazzi. Sandro è l'esatto contrario dello sborone e non ha nessun timore a mettere le mani avanti e dirmi, anche un po' divertito, "guarda che non mi controllo molto, potrei venirti in bocca".
Ma certo tesoro, puoi fare quello che vuoi. Glielo confermo con un sorriso mentre risalgo verso di lui per un ultimo bacio prima che mi metta definitivamente all'opera. Un sorriso che diventa un sussurro impertinente: "Ma se tu vuoi possiamo anche fare un giochino". Mi riserva un’occhiata interrogativa, forse anche un po’ timorosa: “Ti va di sborrare nella vodka?”. “Ok…”, risponde dopo avermi guardata per un po’.
Lo stesso sguardo di poco fa, come se fossi un'aliena.
- Però a Antonio gli devi dire anche questo.
7
0
voti
voti
valutazione
7
7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Una vita in vacanza
Commenti dei lettori al racconto erotico