Fare sfoggio di cultura classica il sabato mattina
di
RunningRiot
genere
etero
A casa prima delle nove di mattina. Se vuoi andare a correre devi uscire presto, perché comincia a fare caldino.
E infatti torniamo che grondiamo sudore. Luca fa scorrere l’acqua per portarla a temperatura, mentre fa pipì gli frego la doccia. Impreca.
Mi asciugo, lui non ha ancora finito di allagare il bagno. Se credete che le ragazze siano lente è perché non lo conoscete. Seduta sul letto, valuto se passarmi un po' di crema almeno sulle gambe... uh, sarebbe il caso. Arriva e me lo impedisce. Cioè, non fa nulla di che, ma quando si mette lì con l'accappatoio aperto e me lo piazza davanti alla faccia sa perfettamente che per me è impossibile resistere, è una specie di riflesso pavloviano. Meno male che non è a pagamento perché andrei in rovina. E niente, rido e lo imbocco. All'inizio è una specie di omaggio al suo scettro e ai suoi testicoli, poi quando cresce gli do sotto. Ride e dice che così imparo a fregargli la doccia. Non so perché la metta sul piano della vendetta personale, ma se le vendette sono così le voglio tutte. Per il momento però voglio il suo cazzo in bocca e la sua mano sulla testa che detta il ritmo. E anche la sua ironia: “Adesso la faccia te la lavo io…”.
Sbruffone. Se potessi gli sghignazzerei davanti agli occhi. A un secondo esame, però, riconosco che qualche schizzo in faccia non mi dispiacerebbe.
Scherzava, oppure ci ha ripensato, non lo so, chiedete a lui. Questo è solo un preliminare. C'è sempre un piccolo gesto con cui mi fa capire che non vuole arrivare in fondo: stavolta è un dito puntato sulla fronte nel momento in cui mi stacco per prendere fiato e rimirare questo capolavoro di alabastro caldo e insalivato. Spintarella, mi lascio cadere ridendo sul materasso, lo accolgo felice e spalancata. Le cosce, ok, ma anche le braccia. Gliele stringo intorno al collo, lo avvolgo. Spiattellata dal suo corpo, la sua lingua in bocca, la nostra voglia. È tutto così semplice e lineare. Ci mette pochissimo a infilzarmi, gli mugolo in bocca. Poiché il pompino mi ha bagnata ma forse non del tutto preparata, lo sento da morire. Entra e mi apre, più va dentro e più mi allarga, veloce ma progressivo. Una cozza non potrebbe raccontarvela meglio. Alla fine il colpo secco, mi stacco e urlo, pausa, quasi non respiro. I suoi occhi piantati nei miei dicono una cosa sola: sei mia. E hanno perfettamente ragione, sono sua e ne voglio sempre di più, sempre più veloce e sempre più dentro. Accontentata. Dopo un po’ arriva l’alert: “Oddio, vengo”. “Godi godi godi” ripetuto veloce, quasi quanto le spinte del suo cazzo.
Statisticamente parlando, tra noi due, il primo orgasmo è quasi sempre il mio. Un po’ perché lui va “lungo” e un po’ perché a volte io sono un fulmine, soprattutto se sto bene come adesso. Non è detto che finisca sempre in questo modo, ma spesso è così. Super difficile, poi, che si venga insieme. Ma chi l'ha detto che il top del sesso sia venire insieme? Dove sta scritto? Sì, certo, l’esperienza intima, la perfetta compenetrazione dei sensi e dei corpi, la loro simultanea soddisfazione... Pensatela come vi pare, io penso che, se venissimo insieme, in quel momento sarei in larga parte incosciente e non potrei godermi il ritorno al mondo, la mia solita lagna e i suoi ultimi sforzi, le spinte sempre più convulse, il suo corpo contratto, il suo rantolo, la sua liberazione. Le contrazioni del suo cazzo che riversano fiotti di sperma dentro di me, il mio turno di gridare e piagnucolare "vieni, vieni, vieni!".
Recupero. Distesi sul letto, nudi e via via sempre meno ansimanti, di nuovo sudati. Mani intrecciate e qualche bacetto, carezze leggere, desiderio di contatto. Non c'è bisogno di parole, fa parte del nostro linguaggio. È come se, senza dire nulla, gli chiedessi "anche adesso sono tua?" e lui rispondesse "sì, anche adesso". Ridacchio, toccherà lavarci un'altra volta. Per associazione di idee, il pensiero corre al fatto che non gliel'ho ripulito. Mi riprometto di farlo. Mi piacciono tante cose ma, se parliamo del “dopo”, questa mi piace in modo particolare. Call of duty.
E invece mi prende di sorpresa. Si volta e mi bacia. La sua lingua mi entra in bocca e quasi in contemporanea il suo dito entra più giù. Scatto, sono sensibilissima, quasi ai limiti del fastidio, la mia mano cerca di allontanarlo.
Questa che ho appena descritto è la parte di me che geme un "no!" istintivo e perciò sincero.
Poi c'è un'altra parte di me che resta in silenzio ma vorrebbe dire "porca vacca, sì!". Combatte per prevalere su quell’altra e alla fine la spunta e lo insulta in silenzio: "Sì, stronzo, sì!".
Il suo grosso dito è quasi un piccolo uccello che mi frulla dentro, quando lo tira via mi sento molto vicina alla modalità fa'-pure-il-cazzo-che-ti-pare.
Me lo offre alla bocca patinato del suo stesso sperma. Succhio e credo (e spero proprio) che negli occhi mi si legga un divertito "quanto sei porco". Sì, mi diverto, in definitiva è un gioco. Certo, se la mia vagina potesse parlare, supplicherebbe "adesso fallo con due dita, sono aperta", e io stessa mi rendo conto di allargare le gambe. Ma è un gioco.
No, mi sa di no. It's no game. Me ne accorgo quando con il polso vado a sbattere contro qualcosa di inatteso e di duro. Oh cazzo, sorpresa! Ma molta sorpresa, non un'anticchia. Io credevo che stessimo giocando, lui invece ha caricato il fucile. La reazione di quella troia che ho in mezzo alle gambe nemmeno ve la racconto.
Ok, non sono più al limite della modalità fa'-pure-il-cazzo-che-ti-pare, ci sono proprio entrata dentro con tutti e due i piedi. E con le cosce divaricate.
Ehi ehi ehi, no, UN ATTIMO! Annalisa, ripigliati. Dignity first. Dignità e ironia. Che tipo di ironia? Quella un po' colpevolizzante, secondo me, ci sta.
- Ancora? Ma sei un satiro!
sàtiro s.m. [dal lat. saty̆rus, gr. σάτυρος]. – 1. Figura mitologica dell’antica Grecia e del mondo letterario greco-romano, immaginata e rappresentata come un essere che, al corpo e alle membra umane, unisce elementi animaleschi quali orecchie, coda, zampe e talvolta brevi corna caprine; inteso come la personificazione della vita della natura, vive nei boschi o comunque in ambienti naturali selvaggi ed è caratterizzato da sensualità, aggressività e lascivia. (Vocabolario Treccani).
- Ahò, se vòi smetto.
Cioè, l'avete capito il tipo, no? Una scherza, fa dell'ironia, e lui... boom, il bazooka. Ma che te smetti? Che cazzo te vòi smette?
- Sei scemo? Non ci pensare nemmeno, sine secunda nullus sapor est!
Stop. Congeliamo la scena per un secondo. Giusto quel secondo buono che mi ci vuole per fermarmi attonita e domandarmi: mo come cazzo m'è uscito fuori il latino?
- See - esclama - bonanotte...
Ok, per un istante ho temuto che si fermasse e chiedesse "che cazzo hai detto?", ma per fortuna decide di passarci sopra.
Per cui, fine del botta e risposta in cui ho fatto incongruamente sfoggio della mia cultura classica. Si volta pagina e inizia un capitolo che titolerei, sempre restando sul classico, "Che trombata!". Mi prende di peso e mi porta sopra di lui. Resto un po' sollevata in attesa che se lo guidi all'entrata, scendo e mi impalo. Cazzo, è uno spiedo che scivola maledettamente bene, dopo un paio di botte lo sento nella pancia. Facciamo pure nello stomaco, va'. Il solito urletto devo averlo fatto, non ricordo, così come non ricordo se gli ho detto qualcosa. Sapete quei brevi momenti in cui sei obnubilata, no? Curiosamente, invece, ricordo benissimo i miei capelli ancora bagnati che si agitano e sono come una fredda e leggerissima carezza sulla schiena.
E ricordo benissimo anche quello che dice lo stronzetto.
- Mi fermo?
Stavolta non rispondo. Dal coito orale alla sodomia è la solita spregevole tattica maschile, cui anche lui ricorre spesso. Perché è ovvio, no? A tutti piace sentirsi supplicati: “No, ti prego, non fermarti, continua”. E a tutti piace pensare, se non rispondere esplicitamente, qualcosa tipo “sei una vera zoccola, prima protesti e dopo lo vuoi”.
E invece stavolta sto zitta. Del resto, l'unica cosa che ci sarebbe da dire è "sfondami, idiota", ma neanche so se ce la farei. Sono troppo impegnata a contorcermi sopra di lui e a prendergli le mani per portarmele sulle tette. Voglio che si artigli lì, non sui fianchi. Voglio sentire anche lì quel piccolo dolore che sento ogni tanto sotto i colpi del suo arnese.
Ma dura poco. Cioè, dura poco in questo modo, perché dopo un po' mi ribalta e mi mette a quattro zampe. Lui sì che sa come mi piace. Il solito schiaffetto su una natica annuncia il suo ingresso more ferarum, alla maniera delle bestie.
In pochissimo la stanza si riempie dei miei urletti e del rumore della felicità.
Non lo conoscete? Ma sì che lo conoscete.
Ciac ciac ciac.
Questo è il rumore della felicità.
Ciac ciac ciac è magnifico, è un suono che ti entra in testa e che trascina con sé tutto quello che non sei riuscita a dire fino a quel momento. Ed è esattamente da lì in poi che dimentichi pudore e vergogna. Fino a che tutto esplode in una colonna sonora di strilli e oscenità varie.
Recupero. Un po' scomposti stavolta, non più l'una accanto all'altro ma sbrindellati su tutto il letto. Anche il respiro ci mette parecchio prima di ritornare normale. La stanchezza si fa sentire, gli otto chilometri di corsa si fanno sentire, la prima e la seconda scopata - decisamente più lunga, la seconda - si fanno sentire.
Va tutto bene, eh? Non crediate. Perché anche ossitocina, dopamina e serotonina si fanno sentire. E infatti ridiamo. Tutto è sotto controllo. È sabato mattina, saranno le dieci/dieci e mezza e abbiamo il tempo di fare tutto quello che ci siamo ripromessi di fare.
Ma prima il dovere, sarebbe inconcepibile fare flop due volte di fila. Perciò ripulisco. Bacetto ai testicoli - thank you boys, good job - e poi al lavoro. Sudore, sperma e umori vaginali. Ora risalgo sul petto e ti lecco via un po' di sudore, ok? Guarda, secondo me ti puoi anche risparmiare un'altra doccia.
E dopo il dovere, la ciliegina sulla torta, direi che a questo punto me la sono meritata.
- Mi dici che sono la tua troia? Non me l'hai detto...
- Sei una fantastica puttana.
Yesssss. Dalle tribune il fan club delle endorfine scatta in piedi per la standing ovation.
- Ma la tua puttana o una puttana qualsiasi?
- Ma no, una puttana qualsiasi, una escort scelta in rete.
Che gli volete dire? È come quando mi ha ribaltata mentre scopavamo: lui sì che sa cosa mi piace. Mi fiondo a nascondere il viso tra la sua testa e l'incavo delle spalle. Il cuscino soffoca un po' la mia risata e il mio "siiiiì". Luca sogghigna e mi accarezza i capelli. No, davvero, ma che gli volete dire a uno così?
- Che cazzo hai detto prima? - domanda rompendo il silenzio.
Ah ecco, prima. Mi era passato di mente.
- Prima quando? - temporeggio.
- Prima. In latino.
- Uh... ah sì, sine secunda nullus sapor est.
Ci pensa su un attimo, credo giusto il tempo di andare a prendere il vocabolario IL che ha risposto in qualche scaffale della memoria.
- Senza la seconda non c'è sapore?
- Io direi: senza la seconda non c'è gusto!
- Ahahahah e come ti è uscita?
- E che ne so... proprio non lo so!
Rido insieme a lui ma resta il fatto che mi è uscita. Incontrollata e spontanea. Perché era esattamente ciò che volevo dire in quel momento: senza la seconda non c'è gusto. Avrei potuto anche dirlo in lingua inuit, se avessi fatto il liceo dentro un igloo. Invece ho fatto il classico a Roma e mi è uscita in latino, tutto qua. E poi magicamente è arrivato il ciac ciac ciac. Chissà se anche gli antichi romani dicevano così. "Ciac ciac ciac; voce onomatopeica adoperata da diversi poeti erotici latini come Catullo, Ovidio e Lucrezio: Dammi mille baci, ancora cento, mille altri ancora e poi di nuovo cento, ciac ciac ciac". Mah, non credo, non saprei.
Nella mia cultura classica c'è una lacuna, cazzo!
E infatti torniamo che grondiamo sudore. Luca fa scorrere l’acqua per portarla a temperatura, mentre fa pipì gli frego la doccia. Impreca.
Mi asciugo, lui non ha ancora finito di allagare il bagno. Se credete che le ragazze siano lente è perché non lo conoscete. Seduta sul letto, valuto se passarmi un po' di crema almeno sulle gambe... uh, sarebbe il caso. Arriva e me lo impedisce. Cioè, non fa nulla di che, ma quando si mette lì con l'accappatoio aperto e me lo piazza davanti alla faccia sa perfettamente che per me è impossibile resistere, è una specie di riflesso pavloviano. Meno male che non è a pagamento perché andrei in rovina. E niente, rido e lo imbocco. All'inizio è una specie di omaggio al suo scettro e ai suoi testicoli, poi quando cresce gli do sotto. Ride e dice che così imparo a fregargli la doccia. Non so perché la metta sul piano della vendetta personale, ma se le vendette sono così le voglio tutte. Per il momento però voglio il suo cazzo in bocca e la sua mano sulla testa che detta il ritmo. E anche la sua ironia: “Adesso la faccia te la lavo io…”.
Sbruffone. Se potessi gli sghignazzerei davanti agli occhi. A un secondo esame, però, riconosco che qualche schizzo in faccia non mi dispiacerebbe.
Scherzava, oppure ci ha ripensato, non lo so, chiedete a lui. Questo è solo un preliminare. C'è sempre un piccolo gesto con cui mi fa capire che non vuole arrivare in fondo: stavolta è un dito puntato sulla fronte nel momento in cui mi stacco per prendere fiato e rimirare questo capolavoro di alabastro caldo e insalivato. Spintarella, mi lascio cadere ridendo sul materasso, lo accolgo felice e spalancata. Le cosce, ok, ma anche le braccia. Gliele stringo intorno al collo, lo avvolgo. Spiattellata dal suo corpo, la sua lingua in bocca, la nostra voglia. È tutto così semplice e lineare. Ci mette pochissimo a infilzarmi, gli mugolo in bocca. Poiché il pompino mi ha bagnata ma forse non del tutto preparata, lo sento da morire. Entra e mi apre, più va dentro e più mi allarga, veloce ma progressivo. Una cozza non potrebbe raccontarvela meglio. Alla fine il colpo secco, mi stacco e urlo, pausa, quasi non respiro. I suoi occhi piantati nei miei dicono una cosa sola: sei mia. E hanno perfettamente ragione, sono sua e ne voglio sempre di più, sempre più veloce e sempre più dentro. Accontentata. Dopo un po’ arriva l’alert: “Oddio, vengo”. “Godi godi godi” ripetuto veloce, quasi quanto le spinte del suo cazzo.
Statisticamente parlando, tra noi due, il primo orgasmo è quasi sempre il mio. Un po’ perché lui va “lungo” e un po’ perché a volte io sono un fulmine, soprattutto se sto bene come adesso. Non è detto che finisca sempre in questo modo, ma spesso è così. Super difficile, poi, che si venga insieme. Ma chi l'ha detto che il top del sesso sia venire insieme? Dove sta scritto? Sì, certo, l’esperienza intima, la perfetta compenetrazione dei sensi e dei corpi, la loro simultanea soddisfazione... Pensatela come vi pare, io penso che, se venissimo insieme, in quel momento sarei in larga parte incosciente e non potrei godermi il ritorno al mondo, la mia solita lagna e i suoi ultimi sforzi, le spinte sempre più convulse, il suo corpo contratto, il suo rantolo, la sua liberazione. Le contrazioni del suo cazzo che riversano fiotti di sperma dentro di me, il mio turno di gridare e piagnucolare "vieni, vieni, vieni!".
Recupero. Distesi sul letto, nudi e via via sempre meno ansimanti, di nuovo sudati. Mani intrecciate e qualche bacetto, carezze leggere, desiderio di contatto. Non c'è bisogno di parole, fa parte del nostro linguaggio. È come se, senza dire nulla, gli chiedessi "anche adesso sono tua?" e lui rispondesse "sì, anche adesso". Ridacchio, toccherà lavarci un'altra volta. Per associazione di idee, il pensiero corre al fatto che non gliel'ho ripulito. Mi riprometto di farlo. Mi piacciono tante cose ma, se parliamo del “dopo”, questa mi piace in modo particolare. Call of duty.
E invece mi prende di sorpresa. Si volta e mi bacia. La sua lingua mi entra in bocca e quasi in contemporanea il suo dito entra più giù. Scatto, sono sensibilissima, quasi ai limiti del fastidio, la mia mano cerca di allontanarlo.
Questa che ho appena descritto è la parte di me che geme un "no!" istintivo e perciò sincero.
Poi c'è un'altra parte di me che resta in silenzio ma vorrebbe dire "porca vacca, sì!". Combatte per prevalere su quell’altra e alla fine la spunta e lo insulta in silenzio: "Sì, stronzo, sì!".
Il suo grosso dito è quasi un piccolo uccello che mi frulla dentro, quando lo tira via mi sento molto vicina alla modalità fa'-pure-il-cazzo-che-ti-pare.
Me lo offre alla bocca patinato del suo stesso sperma. Succhio e credo (e spero proprio) che negli occhi mi si legga un divertito "quanto sei porco". Sì, mi diverto, in definitiva è un gioco. Certo, se la mia vagina potesse parlare, supplicherebbe "adesso fallo con due dita, sono aperta", e io stessa mi rendo conto di allargare le gambe. Ma è un gioco.
No, mi sa di no. It's no game. Me ne accorgo quando con il polso vado a sbattere contro qualcosa di inatteso e di duro. Oh cazzo, sorpresa! Ma molta sorpresa, non un'anticchia. Io credevo che stessimo giocando, lui invece ha caricato il fucile. La reazione di quella troia che ho in mezzo alle gambe nemmeno ve la racconto.
Ok, non sono più al limite della modalità fa'-pure-il-cazzo-che-ti-pare, ci sono proprio entrata dentro con tutti e due i piedi. E con le cosce divaricate.
Ehi ehi ehi, no, UN ATTIMO! Annalisa, ripigliati. Dignity first. Dignità e ironia. Che tipo di ironia? Quella un po' colpevolizzante, secondo me, ci sta.
- Ancora? Ma sei un satiro!
sàtiro s.m. [dal lat. saty̆rus, gr. σάτυρος]. – 1. Figura mitologica dell’antica Grecia e del mondo letterario greco-romano, immaginata e rappresentata come un essere che, al corpo e alle membra umane, unisce elementi animaleschi quali orecchie, coda, zampe e talvolta brevi corna caprine; inteso come la personificazione della vita della natura, vive nei boschi o comunque in ambienti naturali selvaggi ed è caratterizzato da sensualità, aggressività e lascivia. (Vocabolario Treccani).
- Ahò, se vòi smetto.
Cioè, l'avete capito il tipo, no? Una scherza, fa dell'ironia, e lui... boom, il bazooka. Ma che te smetti? Che cazzo te vòi smette?
- Sei scemo? Non ci pensare nemmeno, sine secunda nullus sapor est!
Stop. Congeliamo la scena per un secondo. Giusto quel secondo buono che mi ci vuole per fermarmi attonita e domandarmi: mo come cazzo m'è uscito fuori il latino?
- See - esclama - bonanotte...
Ok, per un istante ho temuto che si fermasse e chiedesse "che cazzo hai detto?", ma per fortuna decide di passarci sopra.
Per cui, fine del botta e risposta in cui ho fatto incongruamente sfoggio della mia cultura classica. Si volta pagina e inizia un capitolo che titolerei, sempre restando sul classico, "Che trombata!". Mi prende di peso e mi porta sopra di lui. Resto un po' sollevata in attesa che se lo guidi all'entrata, scendo e mi impalo. Cazzo, è uno spiedo che scivola maledettamente bene, dopo un paio di botte lo sento nella pancia. Facciamo pure nello stomaco, va'. Il solito urletto devo averlo fatto, non ricordo, così come non ricordo se gli ho detto qualcosa. Sapete quei brevi momenti in cui sei obnubilata, no? Curiosamente, invece, ricordo benissimo i miei capelli ancora bagnati che si agitano e sono come una fredda e leggerissima carezza sulla schiena.
E ricordo benissimo anche quello che dice lo stronzetto.
- Mi fermo?
Stavolta non rispondo. Dal coito orale alla sodomia è la solita spregevole tattica maschile, cui anche lui ricorre spesso. Perché è ovvio, no? A tutti piace sentirsi supplicati: “No, ti prego, non fermarti, continua”. E a tutti piace pensare, se non rispondere esplicitamente, qualcosa tipo “sei una vera zoccola, prima protesti e dopo lo vuoi”.
E invece stavolta sto zitta. Del resto, l'unica cosa che ci sarebbe da dire è "sfondami, idiota", ma neanche so se ce la farei. Sono troppo impegnata a contorcermi sopra di lui e a prendergli le mani per portarmele sulle tette. Voglio che si artigli lì, non sui fianchi. Voglio sentire anche lì quel piccolo dolore che sento ogni tanto sotto i colpi del suo arnese.
Ma dura poco. Cioè, dura poco in questo modo, perché dopo un po' mi ribalta e mi mette a quattro zampe. Lui sì che sa come mi piace. Il solito schiaffetto su una natica annuncia il suo ingresso more ferarum, alla maniera delle bestie.
In pochissimo la stanza si riempie dei miei urletti e del rumore della felicità.
Non lo conoscete? Ma sì che lo conoscete.
Ciac ciac ciac.
Questo è il rumore della felicità.
Ciac ciac ciac è magnifico, è un suono che ti entra in testa e che trascina con sé tutto quello che non sei riuscita a dire fino a quel momento. Ed è esattamente da lì in poi che dimentichi pudore e vergogna. Fino a che tutto esplode in una colonna sonora di strilli e oscenità varie.
Recupero. Un po' scomposti stavolta, non più l'una accanto all'altro ma sbrindellati su tutto il letto. Anche il respiro ci mette parecchio prima di ritornare normale. La stanchezza si fa sentire, gli otto chilometri di corsa si fanno sentire, la prima e la seconda scopata - decisamente più lunga, la seconda - si fanno sentire.
Va tutto bene, eh? Non crediate. Perché anche ossitocina, dopamina e serotonina si fanno sentire. E infatti ridiamo. Tutto è sotto controllo. È sabato mattina, saranno le dieci/dieci e mezza e abbiamo il tempo di fare tutto quello che ci siamo ripromessi di fare.
Ma prima il dovere, sarebbe inconcepibile fare flop due volte di fila. Perciò ripulisco. Bacetto ai testicoli - thank you boys, good job - e poi al lavoro. Sudore, sperma e umori vaginali. Ora risalgo sul petto e ti lecco via un po' di sudore, ok? Guarda, secondo me ti puoi anche risparmiare un'altra doccia.
E dopo il dovere, la ciliegina sulla torta, direi che a questo punto me la sono meritata.
- Mi dici che sono la tua troia? Non me l'hai detto...
- Sei una fantastica puttana.
Yesssss. Dalle tribune il fan club delle endorfine scatta in piedi per la standing ovation.
- Ma la tua puttana o una puttana qualsiasi?
- Ma no, una puttana qualsiasi, una escort scelta in rete.
Che gli volete dire? È come quando mi ha ribaltata mentre scopavamo: lui sì che sa cosa mi piace. Mi fiondo a nascondere il viso tra la sua testa e l'incavo delle spalle. Il cuscino soffoca un po' la mia risata e il mio "siiiiì". Luca sogghigna e mi accarezza i capelli. No, davvero, ma che gli volete dire a uno così?
- Che cazzo hai detto prima? - domanda rompendo il silenzio.
Ah ecco, prima. Mi era passato di mente.
- Prima quando? - temporeggio.
- Prima. In latino.
- Uh... ah sì, sine secunda nullus sapor est.
Ci pensa su un attimo, credo giusto il tempo di andare a prendere il vocabolario IL che ha risposto in qualche scaffale della memoria.
- Senza la seconda non c'è sapore?
- Io direi: senza la seconda non c'è gusto!
- Ahahahah e come ti è uscita?
- E che ne so... proprio non lo so!
Rido insieme a lui ma resta il fatto che mi è uscita. Incontrollata e spontanea. Perché era esattamente ciò che volevo dire in quel momento: senza la seconda non c'è gusto. Avrei potuto anche dirlo in lingua inuit, se avessi fatto il liceo dentro un igloo. Invece ho fatto il classico a Roma e mi è uscita in latino, tutto qua. E poi magicamente è arrivato il ciac ciac ciac. Chissà se anche gli antichi romani dicevano così. "Ciac ciac ciac; voce onomatopeica adoperata da diversi poeti erotici latini come Catullo, Ovidio e Lucrezio: Dammi mille baci, ancora cento, mille altri ancora e poi di nuovo cento, ciac ciac ciac". Mah, non credo, non saprei.
Nella mia cultura classica c'è una lacuna, cazzo!
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