Canzoni #8
di
RunningRiot
genere
etero
Sono fatta, accecata da un sole basso che entra dal vetro di un'ampia finestra. Fuori deve fare molto freddo, la luce stessa del mattino è fredda, come queste mattonelle. Ma le mattonelle di una cucina sono sempre fredde, se ai piedi hai solo delle calze distrutte e non indossi nient’altro. Di là la festa è diventata noiosa, forse non è più nemmeno una festa. Qualcuno se n'è andato, quelli che sono rimasti sbadigliano.
Cerco un microonde dove mettere una tazza d'acqua e farmi qualcosa di caldo, un caffè solubile con tanto e tanto zucchero. Non lo vedo, c'è solo un bollitore. Mentre lo faccio partire avverto una presenza alle mie spalle. Non fa rumore ma c'è. Si copre con una giacca maschile molto grande per il suo corpo, sotto è nuda anche lei. È un po' bassa, castana, né brutta né bella. Mi fa "ciao" e dopo una pausa aggiunge "sono la ragazza... quella del divano, ricordi?".
Cerco di mettere insieme tutti i pezzetti, la osservo. Spande intorno a sé una vaga aria di prostituzione, la stessa che io mi sento addosso. Ma è quasi infantile per come guarda in basso e si mordicchia un'unghia.
- Io non so nemmeno perché l'ho fatto! - sbotta - cioè, non ho mai toccato una ragazza prima d'ora, non so proprio cosa mi è passato per la testa! Eri così...
La guardo in silenzio mentre cerca di trovare le parole. L’unica cosa che mi viene da dirle è:
- Ho provato qualcosa che non avevo mai provato nella vita.
*****
Sono arrivata verso le dieci, ieri sera. In questo posto enorme che non è stato costruito come una casa - un ex magazzino, forse, o anche un ex cinema - ma che una casa lo è diventato.
Venivo da un aperitivo che si è protratto più a lungo del previsto, vestita da troiettina perfetta per un aperitivo, appunto: sotto il cappotto un abito corto, l'intimo migliore che ho, scarpe con tacco sei ma grosso, autoreggenti. Anche troppo, dato che qui ho visto arrivare gente in jeans e felpa.
Non era Eyes Wide Shut, ok, ma era tutto molto organizzato, ho esibito un documento e il mio nome è stato spuntato da una lista degli invitati. Una donna mi ha dato delle brevi istruzioni sulle regole della serata, poi mi ha ostentatamente squadrata e mi ha capita al volo. “Vorrei farti vedere una cosa che fa al caso tuo”, ha detto, e mi ha offerto un chocker con la scritta SLUT fatta con i brillantini. Non sopporto cose che mi stringono il collo, ma lei ha insistito per farmelo provare ed era ok. Mi ha accarezzato il viso e i capelli sussurrando “mio Dio”, ma il brivido è arrivato dopo, quando quella mano è passata sul fianco fino a sollevare l’orlo del vestito e sfiorarmi una coscia. Ha ripetuto “mio Dio”.
Quello che ho visto una volta entrata in casa mi ha lasciata di stucco. Se non avessi combinato nulla e mi fossi limitata ad osservare, questo racconto si sarebbe comunque scritto da solo.
Un gioioso girone infernale: musica e gente che ballava negli outfit più estremi, impossibile descriverli tutti. Uomini al guinzaglio con solo la maschera e basta (scarpe a parte, obbligatorie, o almeno le calze). Tanta pelle esposta, intesa sia come vestiario che al naturale. Poco nudo integrale e anche meno latex di quanto mi sarei attesa. Sessi in bella evidenza, alcuni trafitti da piercing, come anche molti capezzoli. Anche cose banali, da immaginario di serie B, come una ragazza con una coda infilata del didietro che esibiva la scritta “slave” a pennarello sopra il seno. C'era di tutto, davvero. Il sesso era nell’aria, ma in quel momento non tanti lo facevano, a parte un paio di pomiciate pesanti e un ragazzo che sbocchinava un uomo molto più grande di lui davanti a tutti.
Per un momento ho pensato a come dovrebbe essere una discoteca. O almeno la dark room. Un posto dove puoi essere toccata e sfiorata, ma sempre con un tacito consenso. Qui forse era addirittura estremizzato: la regola-regina era che nulla potesse essere fatto contro la tua volontà. So che fa ridere, considerata l’atmosfera da Sodoma e Gomorra, ma non mi sono mai sentita tanto sicura in un posto.
Ho iniziato a ballare, un po’ circospetta e intimidita. Mi ero "aiutata" prima, lo ammetto, perché ero nervosa. All'aperitivo mi ero sparata due striscioline. Sniff sniff et voilà. Non ero "fatta", ero solo molto attiva, o almeno credevo di esserlo. All’atto pratico molte delle mie certezze sono scomparse, e per un bel po’ sono rimasta in disparte a ballare. Ce n'erano tanti che facevano solo quello, molti hanno fatto solo quello.
Al centro dell’immenso salone c'era una cosa che non poteva non attirare l’attenzione: una specie di cabina in mezzo alla pista con degli specchi a flash e due minicabine all’interno, dove vedi e vieni vista solo dall'altra cabina. Forse è stato un bene che me l’abbiano spiegato solo dopo.
Seguendo l’ipnosi della techno abbiamo cominciato praticamente tutti a oltrepassare i confini della sensualità, anche senza abbandonarci al sesso. Sono stata sfiorata a più riprese da ragazzi e messa a sandwich da una ragazza e dal suo tipo. Ero come rapita, come se tutto quello che mi capitava intorno fosse solo un sogno bagnatissimo.
A svegliarmi bruscamente è stato un uomo. “Vorrei chiederti una cosa”, mi ha detto. Era un bell’uomo ma un po' troppo avanti con l’età, brizzolato. Ho domandato “cosa?”. Ero consapevole che avrei potuto rifiutare, ma in quel momento ho percepito che il mood stava per cambiare.
In modo molto tranquillo mi ha domandato se mi sarei lasciata masturbare in cambio di denaro. Lo scambio di soldi non era previsto in alcun modo, ma non mi pareva che le regole lo vietassero e come entry level ci poteva stare. A convincermi è stata più la proposta in sé che la somma: ricevere quattro banconote da cinquanta euro è stato molto eccitante, ok, ma a dire il vero non sapevo nemmeno dove metterle. Mi ha consigliato di posarle su una mensola e lì le ho lasciate (mi domando se ora le ritroverei) poi mi sono appoggiata a un tavolo e ho aperto un po’ le gambe. Ma prima, su sua richiesta, ho dovuto togliermi le mutandine davanti a lui. Mi ha detto di farlo in modo un po' sexy, ma non lo so fare.
- Perché vuoi pagare per una cosa che potresti avere gratis? – ho chiesto.
- Perché mi piacciono le bagasce – ha risposto mettendomi la mano sotto la gonna del vestito.
Esattamente questa parola, “bagasce”, inconsueta. Ma mentre mi infilzava con un dito ha fatto in modo di ricorrere ad altri e ben più noti sinonimi. Non era eccezionale, tuttavia sentirmi chiamare “sgualdrina” mi ha dato un brivido, e lui se n’è accorto. “Sei una sgualdrina, vero?”, “Sì sono una sgualdrina”. Avrei potuto abbandonarmi di più e venire con quel ditalino, ma lui se l’è tirato fuori e ha iniziato a masturbarsi. Gli ho gridato “non sborrarmi sul vestito!” ma poiché non mi ha dato ascolto me ne sono andata. Se però mi avesse dato retta e fosse venuto sul tavolo avrei volentieri leccato via i suoi schizzi.
Una donna mi ha fermata. Desideravo tanto che qualcuno lo facesse, a questo punto, ma nei miei piani non c'era esattamente una donna. Aveva uno stivaletto con tacco a spillo, calze a rete con reggicalze, bustino e persino la mascherina sugli occhi. Ha fissato intensamente il mio chocker e mi ha chiesto il permesso di spogliarmi. Le ho detto di sì, più perché desideravo abbandonare il vestito che per la voglia di essere spogliata da lei. Sono rimasta con le autoreggenti addosso, per la prima volta nuda davanti a tutti. Non avevo più imbarazzi né timidezze. "Quanto sei giovane", ha detto piano. Forse non ero nemmeno la più giovane là dentro (anche se bisognava essere maggiorenni, è chiaro), ma il mio fisico da giunco e la mia baby face fanno quest'effetto. Mi ha chiesto di leccargliela e si è offerta di farlo lei a me, dopo. Ho rifiutato, non gliel’ho detto ma non mi piaceva tanto.
Una delle cose fighe di questo posto, tra le altre, è che nessuno ti chiede chi sei. Avvocati, camionisti, disoccupati, chissà. Persino domandare il nome era sconsigliato. Io me ne sono fregata e ho risposto "Annalisa" a due uomini che si sono avvicinati completamente nudi. Non un granché, ma erano simpatici. Con loro ho imparato che, qui dentro, si parla solo di quello che si vuole fare, che si è fatto o che si farà. Uno dei due ha tagliato corto esortandomi a non essere timida: "Cosa ti piacerebbe fare per prima cosa?". Ho replicato di getto: "Succhiare". Credo che si aspettassero qualcosa di più kinky, hanno sorriso. Uno mi ha fatto "non hai che da scegliere", l'altro mi ha accarezzato la guancia dicendomi "sei bellissima, magari ci vediamo dopo".
Ho accettato la canna che una ragazza mi ha offerto. Alta, capelli lunghi e ondulati, belle tette e culo un po’ grosso. Portava solo le mutandine e una cravatta allentata. Se me lo avesse proposto me la sarei scopata, o mi sarei fatta scopare, ma non era ciò che voleva. "Bello – ha detto indicando il chocker - vieni con me?". Mi ha portata da un gruppetto di ragazzi un po' grandi che ballavano in modo poco convinto. Come lei, erano quasi tutti seminudi. Ha baciato un ragazzo e poi è tornata da me. "Ti piace?", ha domandato. "Beh, non è male – ho risposto - è il tuo ragazzo?". "Nooo... un amico, cosa gli faresti?", "Mi va di fare un pompino". Mi ha presa per mano e mi ha condotta da lui: "Questa è Zoccoletta B - gli ha detto – e adesso te lo prende in bocca, invece Zoccoletta A rimane a guardarvi ". Il ragazzo mi ha chiesto se doveva mettersi il preservativo, gli ho risposto "meglio senza". Sono le uniche parole che ci siamo scambiati. L’ho baciato e sono scivolata giù con la lingua per tutto suo il petto ed il ventre, inginocchiandomi piano piano. Ho sorriso con gli occhi a Zoccoletta A che ci guardava e si sditalinava lentamente, poi ho sputato sopra il cazzo e ho fatto quello che volevo e che so fare meglio.
Succhiando ho perso di vista ciò che avveniva intorno: gemiti, gridolini, qualche "sì" e mezze oscenità. Vicine, molto vicine. Con la coda dell'occhio ho visto Zoccoletta A piegata a novanta e con le gambe un po’ flesse, uno sconosciuto se la sbatteva tenendole le braccia per non farla cadere. Il suo viso era coperto dai capelli che svolazzavano qua e là, ma era lo stesso bellissima. Il ragazzo si è eccitato persino più di me, ha afferrato la mia testa con forza gridandomi di farlo sborrare. E io ci ho messo tutta la mia abilità, volevo il suo seme per premio, volevo solo quello, e quando è arrivato è stato quasi meglio di un orgasmo. Prima di allontanarmi ho ringraziato sia lui che lei.
Ormai si erano fatte quasi le due, ho cercato uno shot per allontanare il sapore, ma avevo anche voglia di una sigaretta. La cosa buffa era che per fumare le sigarette normali bisognava uscire fuori, ci avevano chiesto di evitare di farlo in casa. Chi usciva si copriva con la prima cosa che trovava a portata di mano e rientrava appena in tempo per evitare di congelarsi. Mentre mi infilavo un enorme giaccone di chissacchì ho pensato (un po' follemente, lo ammetto, ma ero determinata) che avrei fatto la prima cosa che mi venisse richiesta. Di fuori ho trovato un ragazzo sulla trentina, forse poco più. Aveva appena spento la sua sigaretta ma si è fermato a parlare sfidando il freddo. In modo molto naturale, mi ha detto che avrebbe voluto realizzare una sua fantasia del momento. Alla fine ci siamo ritrovati su un divano addossato a una specie di ballatoio che correva lungo quasi tutto il lato del salone. Io in piedi sui cuscini e il ragazzo seduto che mi leccava da sotto. Piacevole, non molto di più ma piacevole. Mi tenevo alla ringhiera quando uno dal ballatoio ha smesso di trombare una donna e si è avvicinato, guardandomi. Gli ho sorriso, una forma di consenso, e me lo ha messo in bocca. Dopo un po' si è fermato e si è tolto il domopack. Probabilmente avrebbe dovuto chiedermelo e io avrei dovuto approvare, ma è andata così. Lo avvertivo, e lo volevo, dominante. Non gli ho neanche fatto un pompino, mi ha proprio scopato la testa tenendola ferma con le mani dall’inizio alla fine. Dopo un po' ho sentito altre due mani sfiorarmi in basso: una era sicuramente del ragazzo che me la stava leccando, l'altra è entrata con due dita. Non ho guardato sotto, sono certa che fosse una ragazza. Per la prima volta nella notte sono impazzita anche fisicamente, scissa tra la brutalità dell'uomo che mi violentava la bocca e la delicatezza della ragazza che mi penetrava con le dita e di tanto in tanto si dedicava con sapienza al mio clitoride. Ho mugolato fortissimo, ma se non avessi avuto la bocca piena avrei strillato. Ho iniziato a dimenarmi, il ragazzo che me la leccava e che mi mordicchiava natiche e cosce mi ha tenuta forte per le gambe, altrimenti sarei caduta. E quando l'uomo del ballatoio si è svuotato del suo sperma l’ho ingoiato, ma quasi non me ne sono accorta. La cosa che mi resterà per sempre in mente è il mio rifiuto ostinato di guardare in basso per vedere chi fosse la ragazza che mi scopava con le dita. E poi la mia insistente ricerca dello sguardo dell'uomo che me lo dava in bocca, come se fosse solo lui a procurarmi piacere anche se sapevo che non era così. Mi resterà il ricordo di come mi sono accasciata e rannicchiata su quel divano, tutta tremante a scatti; il mio pensiero così egoista ma anche meraviglioso mentre mi dicevo che finalmente avevo goduto e "chi cazzo se ne frega di chi era quella".
Quando mi sono ripresa erano spariti tutti e tre, o meglio, si erano confusi tra gli altri. Sentivo addosso una stranissima energia, quando invece avrei dovuto sentirmi svuotata. Ho cercato lo stesso il tavolo degli additivi, l'ho trovato incrociando un ragazzo che si era appena "servito". Si è fermato, ha atteso che tirassi e mi ha invitata nella cabina degli specchi. Non era esattamente il mio tipo, ma ho accettato perché aveva un bel sorriso e perché esplodevo di voglia-voglia-voglia. E poi non potevo rifiutare, ero una SLUT, ce l'avevo scritto sul collo. Mentre aspettavamo che una cabina si liberasse gliel'ho succhiato, poi ha preso un profilattico da un cestino e siamo entrati. Dall'altra parte c'era un uomo che scopava una ragazza molto giovane da dietro, ovviamente in piedi. "Ti prego, chiavami come lei", gli ho detto. Lui mi ha intimato di infilargli il condom con la bocca, ho eseguito. Poi mi sono voltata senza dire nulla. È entrato subito, duro, forte, senza darmi una tregua che comunque non volevo. Con la ragazza dall'altra parte abbiamo tirato fuori le lingue come se volessimo e potessimo leccarcele invece di leccare il vetro. La musica filtrava ovattata, ma l'insonorizzazione non era perfetta, lei sentiva i miei gemiti e io sentivo i suoi. L'uomo la penetrava con una velocità ossessiva e la insultava molto, il mio invece taceva e ansimava, ma è venuto troppo presto e si è appoggiato a me impedendomi di continuare il gioco con la ragazza e di vedere il suo orgasmo. “Sei solo un cazzo travestito da dildo, e non hai nemmeno funzionato bene”, ho pensato. Ero molto delusa.
Uscita dalla cabina ho incrociato l'uomo che mi aveva pagata. Si era tolto la giacca, ma era rimasto in camicia e pantaloni eleganti. Ha fatto un sorrisino vedendomi nuda con le sole calze indosso e insieme al ragazzo-speedy-gonzales. Ha detto: "A te non basta mai, vero?".
No, non mi basta mai.
In un’ora ho fatto un po' di tutto e un po' ovunque, come se fossi all'Eurodisney del sesso. Ho risposto e ho domandato, ho rifiutato e sono stata rifiutata: da un gay che speravo fosse almeno bisex, da un altro ragazzo che poi ho capito essere evidentemente sub, da una ragazza one way, o che magari stanotte cercava riempitivi più grandi di un paio di dita femminili. E mi sono più o meno offerta, anche se il ruolo che mi ero scelta era già scritto sul mio choker.
Non mi basta mai.
Ho perso la testa per le cose che mi hanno fatto e per le cose che mi hanno detto. Il primo però è stato molto gentile, quasi timido, tanto che ho pensato che fingesse. Ha tenuto a precisare che non cercava una ragazza da scopare ma con cui "fare l'amore", anche solo per dieci minuti. Stesa sul pavimento di legno, mi sono divertita ed eccitata come una matta a simulare passione e tenerezza, l'ho fatto felice e mi è piaciuto.
Ma poi l'amore è poi diventato rovente, e l'aria in tutta la casa si era fatta torrida. Gemiti, urla e grugniti facevano da contrappunto alla musica ossessiva. Ho visto donne sui quaranta/cinquanta sditalinarsi come ragazzine in calore, ragazze che sforbiciavano completamente perse nel piacere e in chissà cos'altro. Un gay con le lacrime agli occhi che supplicava un uomo e una sadica con lo strapon. Tutto sembrava una bolgia infernale di fronte alla quale non sapevi se rabbrividire e scappare o tuffartici. Ho sentito dita che mi scivolavano dentro, ho chiesto e concesso sperma in bocca, sul viso e sul corpo. Ho leccato le fiche incremate di due ragazze mentre i loro mariti (o supposti tali) mi sbattevano. Ho sempre rifiutato di essere sodomizzata ma stavo per cedere con due ragazzi che parlavano inglese: si sono avvicinati completamente nudi e mi hanno domandato "possiamo accarezzarti insieme?". L'hanno fatto, dividendosi il mio corpo a metà per il lungo, e mi hanno penetrata con le dita davanti e dietro, scivolavano da Dio. Mi hanno chiesto se mi andava un threesome "di quelli completi" e mi hanno sfidata domandandomi se non avessi mai avuto il desiderio di farlo. Plenty of times, obviously, ho risposto, but... it's not my cup of tea, not tonite at least. Però ci ho pensato.
Gli ultimi sono stati due uomini di età diversa, credo dai trentacinque ai quarantacinque, che si sono avvicinati dicendomi che gli sarebbe piaciuto portarmi a letto, fottermi a turno. Si è aggiunto un terzo, chiedendo se poteva partecipare. Ero morta ma ho detto sì a tutti, e gang bang sia. A patto che mi lasciassero prendere qualcosina per tirarmi su e attendere che facesse effetto. Mi hanno seguita, hanno cominciato a toccarmi già mentre aspiravo e non hanno mai smesso. Volevano sapere cosa avessi fatto, il più vecchio mi ha chiesto esplicitamente "quanti cazzi hai preso?", gli ho risposto che non avevo tenuto il conto anche se in realtà lo sapevo: sette, per non parlare dei bocchini. Il più giovane mi ha presa stando sopra, quello più vecchio invece mi ha detto di girarmi e di mettermi a quattro zampe sul bordo del letto, per scoparmi stando in piedi: "Sarà molto più facile". Non ci avevo fatto caso, ma quando mi ha infilzata ho strillato forte, era molto grosso. Tutti e tre hanno riso. Tra un "così la spacchi" e un "questa un cazzo così non l'ha mai preso", si incitavano a fottermi più forte, "vai vai vai!". Si sono alternati davvero e sono andata fuori come un balcone all'idea che il mio chocker con scritto SLUT non aveva mai avuto così senso. Anche l'uomo che si era aggiunto mi fotteva ma se lo faceva più che altro succhiare: "Dillo che cosa sei", "Sono una troia, sono una puttana, una che non vale un cazzo". Me l’ha chiesto e gliel’ho detto. Anzi, gliel'ho strillato, perché in quel momento colui che mi artigliava le anche e che spingeva forte era quello con il cazzo grosso. Ho strillato tantissimo, non mi controllavo più e non volevo farlo. Poi sono crollata.
*****
Nella fredda luce del mattino tutto è diventato un ricordo che sento in bocca, sulla pelle e nella vagina, più che nel cervello. Sento il bisogno di grattarmi la testa e, anche più urgente, quello di fare una doccia. Osservo la ragazza nuda sotto quella giacca troppo grande per lei, ma non so davvero cosa dirle.
- Quello che era con te sul divano... - domanda - te l'eri fatto? Te lo sei fatto?
- No... non mi pare - le dico.
- Ti sei persa qualcosa - ribatte con un'aria anche troppo compiaciuta.
Per un attimo temo che mi voglia raccontare delle sue performance, non potrei sopportarlo. Non potrei sopportare di sentir parlare ancora di cazzi presi, pompini, ditalini, fiche lappate. Perché invece di colpo capisco che questa ragazza è uno specchio che mi riflette. Senza più voglie e senza sensi di colpa ma smarrita, confusa. La guardo e mi consolo dicendomi che rifarei tutto quello che ho fatto stanotte, anzi ho il desiderio di rifarlo prima o poi. Ma in questo momento vorrei essere lontana da qui, da lei e da me stessa.
Cerco un microonde dove mettere una tazza d'acqua e farmi qualcosa di caldo, un caffè solubile con tanto e tanto zucchero. Non lo vedo, c'è solo un bollitore. Mentre lo faccio partire avverto una presenza alle mie spalle. Non fa rumore ma c'è. Si copre con una giacca maschile molto grande per il suo corpo, sotto è nuda anche lei. È un po' bassa, castana, né brutta né bella. Mi fa "ciao" e dopo una pausa aggiunge "sono la ragazza... quella del divano, ricordi?".
Cerco di mettere insieme tutti i pezzetti, la osservo. Spande intorno a sé una vaga aria di prostituzione, la stessa che io mi sento addosso. Ma è quasi infantile per come guarda in basso e si mordicchia un'unghia.
- Io non so nemmeno perché l'ho fatto! - sbotta - cioè, non ho mai toccato una ragazza prima d'ora, non so proprio cosa mi è passato per la testa! Eri così...
La guardo in silenzio mentre cerca di trovare le parole. L’unica cosa che mi viene da dirle è:
- Ho provato qualcosa che non avevo mai provato nella vita.
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Sono arrivata verso le dieci, ieri sera. In questo posto enorme che non è stato costruito come una casa - un ex magazzino, forse, o anche un ex cinema - ma che una casa lo è diventato.
Venivo da un aperitivo che si è protratto più a lungo del previsto, vestita da troiettina perfetta per un aperitivo, appunto: sotto il cappotto un abito corto, l'intimo migliore che ho, scarpe con tacco sei ma grosso, autoreggenti. Anche troppo, dato che qui ho visto arrivare gente in jeans e felpa.
Non era Eyes Wide Shut, ok, ma era tutto molto organizzato, ho esibito un documento e il mio nome è stato spuntato da una lista degli invitati. Una donna mi ha dato delle brevi istruzioni sulle regole della serata, poi mi ha ostentatamente squadrata e mi ha capita al volo. “Vorrei farti vedere una cosa che fa al caso tuo”, ha detto, e mi ha offerto un chocker con la scritta SLUT fatta con i brillantini. Non sopporto cose che mi stringono il collo, ma lei ha insistito per farmelo provare ed era ok. Mi ha accarezzato il viso e i capelli sussurrando “mio Dio”, ma il brivido è arrivato dopo, quando quella mano è passata sul fianco fino a sollevare l’orlo del vestito e sfiorarmi una coscia. Ha ripetuto “mio Dio”.
Quello che ho visto una volta entrata in casa mi ha lasciata di stucco. Se non avessi combinato nulla e mi fossi limitata ad osservare, questo racconto si sarebbe comunque scritto da solo.
Un gioioso girone infernale: musica e gente che ballava negli outfit più estremi, impossibile descriverli tutti. Uomini al guinzaglio con solo la maschera e basta (scarpe a parte, obbligatorie, o almeno le calze). Tanta pelle esposta, intesa sia come vestiario che al naturale. Poco nudo integrale e anche meno latex di quanto mi sarei attesa. Sessi in bella evidenza, alcuni trafitti da piercing, come anche molti capezzoli. Anche cose banali, da immaginario di serie B, come una ragazza con una coda infilata del didietro che esibiva la scritta “slave” a pennarello sopra il seno. C'era di tutto, davvero. Il sesso era nell’aria, ma in quel momento non tanti lo facevano, a parte un paio di pomiciate pesanti e un ragazzo che sbocchinava un uomo molto più grande di lui davanti a tutti.
Per un momento ho pensato a come dovrebbe essere una discoteca. O almeno la dark room. Un posto dove puoi essere toccata e sfiorata, ma sempre con un tacito consenso. Qui forse era addirittura estremizzato: la regola-regina era che nulla potesse essere fatto contro la tua volontà. So che fa ridere, considerata l’atmosfera da Sodoma e Gomorra, ma non mi sono mai sentita tanto sicura in un posto.
Ho iniziato a ballare, un po’ circospetta e intimidita. Mi ero "aiutata" prima, lo ammetto, perché ero nervosa. All'aperitivo mi ero sparata due striscioline. Sniff sniff et voilà. Non ero "fatta", ero solo molto attiva, o almeno credevo di esserlo. All’atto pratico molte delle mie certezze sono scomparse, e per un bel po’ sono rimasta in disparte a ballare. Ce n'erano tanti che facevano solo quello, molti hanno fatto solo quello.
Al centro dell’immenso salone c'era una cosa che non poteva non attirare l’attenzione: una specie di cabina in mezzo alla pista con degli specchi a flash e due minicabine all’interno, dove vedi e vieni vista solo dall'altra cabina. Forse è stato un bene che me l’abbiano spiegato solo dopo.
Seguendo l’ipnosi della techno abbiamo cominciato praticamente tutti a oltrepassare i confini della sensualità, anche senza abbandonarci al sesso. Sono stata sfiorata a più riprese da ragazzi e messa a sandwich da una ragazza e dal suo tipo. Ero come rapita, come se tutto quello che mi capitava intorno fosse solo un sogno bagnatissimo.
A svegliarmi bruscamente è stato un uomo. “Vorrei chiederti una cosa”, mi ha detto. Era un bell’uomo ma un po' troppo avanti con l’età, brizzolato. Ho domandato “cosa?”. Ero consapevole che avrei potuto rifiutare, ma in quel momento ho percepito che il mood stava per cambiare.
In modo molto tranquillo mi ha domandato se mi sarei lasciata masturbare in cambio di denaro. Lo scambio di soldi non era previsto in alcun modo, ma non mi pareva che le regole lo vietassero e come entry level ci poteva stare. A convincermi è stata più la proposta in sé che la somma: ricevere quattro banconote da cinquanta euro è stato molto eccitante, ok, ma a dire il vero non sapevo nemmeno dove metterle. Mi ha consigliato di posarle su una mensola e lì le ho lasciate (mi domando se ora le ritroverei) poi mi sono appoggiata a un tavolo e ho aperto un po’ le gambe. Ma prima, su sua richiesta, ho dovuto togliermi le mutandine davanti a lui. Mi ha detto di farlo in modo un po' sexy, ma non lo so fare.
- Perché vuoi pagare per una cosa che potresti avere gratis? – ho chiesto.
- Perché mi piacciono le bagasce – ha risposto mettendomi la mano sotto la gonna del vestito.
Esattamente questa parola, “bagasce”, inconsueta. Ma mentre mi infilzava con un dito ha fatto in modo di ricorrere ad altri e ben più noti sinonimi. Non era eccezionale, tuttavia sentirmi chiamare “sgualdrina” mi ha dato un brivido, e lui se n’è accorto. “Sei una sgualdrina, vero?”, “Sì sono una sgualdrina”. Avrei potuto abbandonarmi di più e venire con quel ditalino, ma lui se l’è tirato fuori e ha iniziato a masturbarsi. Gli ho gridato “non sborrarmi sul vestito!” ma poiché non mi ha dato ascolto me ne sono andata. Se però mi avesse dato retta e fosse venuto sul tavolo avrei volentieri leccato via i suoi schizzi.
Una donna mi ha fermata. Desideravo tanto che qualcuno lo facesse, a questo punto, ma nei miei piani non c'era esattamente una donna. Aveva uno stivaletto con tacco a spillo, calze a rete con reggicalze, bustino e persino la mascherina sugli occhi. Ha fissato intensamente il mio chocker e mi ha chiesto il permesso di spogliarmi. Le ho detto di sì, più perché desideravo abbandonare il vestito che per la voglia di essere spogliata da lei. Sono rimasta con le autoreggenti addosso, per la prima volta nuda davanti a tutti. Non avevo più imbarazzi né timidezze. "Quanto sei giovane", ha detto piano. Forse non ero nemmeno la più giovane là dentro (anche se bisognava essere maggiorenni, è chiaro), ma il mio fisico da giunco e la mia baby face fanno quest'effetto. Mi ha chiesto di leccargliela e si è offerta di farlo lei a me, dopo. Ho rifiutato, non gliel’ho detto ma non mi piaceva tanto.
Una delle cose fighe di questo posto, tra le altre, è che nessuno ti chiede chi sei. Avvocati, camionisti, disoccupati, chissà. Persino domandare il nome era sconsigliato. Io me ne sono fregata e ho risposto "Annalisa" a due uomini che si sono avvicinati completamente nudi. Non un granché, ma erano simpatici. Con loro ho imparato che, qui dentro, si parla solo di quello che si vuole fare, che si è fatto o che si farà. Uno dei due ha tagliato corto esortandomi a non essere timida: "Cosa ti piacerebbe fare per prima cosa?". Ho replicato di getto: "Succhiare". Credo che si aspettassero qualcosa di più kinky, hanno sorriso. Uno mi ha fatto "non hai che da scegliere", l'altro mi ha accarezzato la guancia dicendomi "sei bellissima, magari ci vediamo dopo".
Ho accettato la canna che una ragazza mi ha offerto. Alta, capelli lunghi e ondulati, belle tette e culo un po’ grosso. Portava solo le mutandine e una cravatta allentata. Se me lo avesse proposto me la sarei scopata, o mi sarei fatta scopare, ma non era ciò che voleva. "Bello – ha detto indicando il chocker - vieni con me?". Mi ha portata da un gruppetto di ragazzi un po' grandi che ballavano in modo poco convinto. Come lei, erano quasi tutti seminudi. Ha baciato un ragazzo e poi è tornata da me. "Ti piace?", ha domandato. "Beh, non è male – ho risposto - è il tuo ragazzo?". "Nooo... un amico, cosa gli faresti?", "Mi va di fare un pompino". Mi ha presa per mano e mi ha condotta da lui: "Questa è Zoccoletta B - gli ha detto – e adesso te lo prende in bocca, invece Zoccoletta A rimane a guardarvi ". Il ragazzo mi ha chiesto se doveva mettersi il preservativo, gli ho risposto "meglio senza". Sono le uniche parole che ci siamo scambiati. L’ho baciato e sono scivolata giù con la lingua per tutto suo il petto ed il ventre, inginocchiandomi piano piano. Ho sorriso con gli occhi a Zoccoletta A che ci guardava e si sditalinava lentamente, poi ho sputato sopra il cazzo e ho fatto quello che volevo e che so fare meglio.
Succhiando ho perso di vista ciò che avveniva intorno: gemiti, gridolini, qualche "sì" e mezze oscenità. Vicine, molto vicine. Con la coda dell'occhio ho visto Zoccoletta A piegata a novanta e con le gambe un po’ flesse, uno sconosciuto se la sbatteva tenendole le braccia per non farla cadere. Il suo viso era coperto dai capelli che svolazzavano qua e là, ma era lo stesso bellissima. Il ragazzo si è eccitato persino più di me, ha afferrato la mia testa con forza gridandomi di farlo sborrare. E io ci ho messo tutta la mia abilità, volevo il suo seme per premio, volevo solo quello, e quando è arrivato è stato quasi meglio di un orgasmo. Prima di allontanarmi ho ringraziato sia lui che lei.
Ormai si erano fatte quasi le due, ho cercato uno shot per allontanare il sapore, ma avevo anche voglia di una sigaretta. La cosa buffa era che per fumare le sigarette normali bisognava uscire fuori, ci avevano chiesto di evitare di farlo in casa. Chi usciva si copriva con la prima cosa che trovava a portata di mano e rientrava appena in tempo per evitare di congelarsi. Mentre mi infilavo un enorme giaccone di chissacchì ho pensato (un po' follemente, lo ammetto, ma ero determinata) che avrei fatto la prima cosa che mi venisse richiesta. Di fuori ho trovato un ragazzo sulla trentina, forse poco più. Aveva appena spento la sua sigaretta ma si è fermato a parlare sfidando il freddo. In modo molto naturale, mi ha detto che avrebbe voluto realizzare una sua fantasia del momento. Alla fine ci siamo ritrovati su un divano addossato a una specie di ballatoio che correva lungo quasi tutto il lato del salone. Io in piedi sui cuscini e il ragazzo seduto che mi leccava da sotto. Piacevole, non molto di più ma piacevole. Mi tenevo alla ringhiera quando uno dal ballatoio ha smesso di trombare una donna e si è avvicinato, guardandomi. Gli ho sorriso, una forma di consenso, e me lo ha messo in bocca. Dopo un po' si è fermato e si è tolto il domopack. Probabilmente avrebbe dovuto chiedermelo e io avrei dovuto approvare, ma è andata così. Lo avvertivo, e lo volevo, dominante. Non gli ho neanche fatto un pompino, mi ha proprio scopato la testa tenendola ferma con le mani dall’inizio alla fine. Dopo un po' ho sentito altre due mani sfiorarmi in basso: una era sicuramente del ragazzo che me la stava leccando, l'altra è entrata con due dita. Non ho guardato sotto, sono certa che fosse una ragazza. Per la prima volta nella notte sono impazzita anche fisicamente, scissa tra la brutalità dell'uomo che mi violentava la bocca e la delicatezza della ragazza che mi penetrava con le dita e di tanto in tanto si dedicava con sapienza al mio clitoride. Ho mugolato fortissimo, ma se non avessi avuto la bocca piena avrei strillato. Ho iniziato a dimenarmi, il ragazzo che me la leccava e che mi mordicchiava natiche e cosce mi ha tenuta forte per le gambe, altrimenti sarei caduta. E quando l'uomo del ballatoio si è svuotato del suo sperma l’ho ingoiato, ma quasi non me ne sono accorta. La cosa che mi resterà per sempre in mente è il mio rifiuto ostinato di guardare in basso per vedere chi fosse la ragazza che mi scopava con le dita. E poi la mia insistente ricerca dello sguardo dell'uomo che me lo dava in bocca, come se fosse solo lui a procurarmi piacere anche se sapevo che non era così. Mi resterà il ricordo di come mi sono accasciata e rannicchiata su quel divano, tutta tremante a scatti; il mio pensiero così egoista ma anche meraviglioso mentre mi dicevo che finalmente avevo goduto e "chi cazzo se ne frega di chi era quella".
Quando mi sono ripresa erano spariti tutti e tre, o meglio, si erano confusi tra gli altri. Sentivo addosso una stranissima energia, quando invece avrei dovuto sentirmi svuotata. Ho cercato lo stesso il tavolo degli additivi, l'ho trovato incrociando un ragazzo che si era appena "servito". Si è fermato, ha atteso che tirassi e mi ha invitata nella cabina degli specchi. Non era esattamente il mio tipo, ma ho accettato perché aveva un bel sorriso e perché esplodevo di voglia-voglia-voglia. E poi non potevo rifiutare, ero una SLUT, ce l'avevo scritto sul collo. Mentre aspettavamo che una cabina si liberasse gliel'ho succhiato, poi ha preso un profilattico da un cestino e siamo entrati. Dall'altra parte c'era un uomo che scopava una ragazza molto giovane da dietro, ovviamente in piedi. "Ti prego, chiavami come lei", gli ho detto. Lui mi ha intimato di infilargli il condom con la bocca, ho eseguito. Poi mi sono voltata senza dire nulla. È entrato subito, duro, forte, senza darmi una tregua che comunque non volevo. Con la ragazza dall'altra parte abbiamo tirato fuori le lingue come se volessimo e potessimo leccarcele invece di leccare il vetro. La musica filtrava ovattata, ma l'insonorizzazione non era perfetta, lei sentiva i miei gemiti e io sentivo i suoi. L'uomo la penetrava con una velocità ossessiva e la insultava molto, il mio invece taceva e ansimava, ma è venuto troppo presto e si è appoggiato a me impedendomi di continuare il gioco con la ragazza e di vedere il suo orgasmo. “Sei solo un cazzo travestito da dildo, e non hai nemmeno funzionato bene”, ho pensato. Ero molto delusa.
Uscita dalla cabina ho incrociato l'uomo che mi aveva pagata. Si era tolto la giacca, ma era rimasto in camicia e pantaloni eleganti. Ha fatto un sorrisino vedendomi nuda con le sole calze indosso e insieme al ragazzo-speedy-gonzales. Ha detto: "A te non basta mai, vero?".
No, non mi basta mai.
In un’ora ho fatto un po' di tutto e un po' ovunque, come se fossi all'Eurodisney del sesso. Ho risposto e ho domandato, ho rifiutato e sono stata rifiutata: da un gay che speravo fosse almeno bisex, da un altro ragazzo che poi ho capito essere evidentemente sub, da una ragazza one way, o che magari stanotte cercava riempitivi più grandi di un paio di dita femminili. E mi sono più o meno offerta, anche se il ruolo che mi ero scelta era già scritto sul mio choker.
Non mi basta mai.
Ho perso la testa per le cose che mi hanno fatto e per le cose che mi hanno detto. Il primo però è stato molto gentile, quasi timido, tanto che ho pensato che fingesse. Ha tenuto a precisare che non cercava una ragazza da scopare ma con cui "fare l'amore", anche solo per dieci minuti. Stesa sul pavimento di legno, mi sono divertita ed eccitata come una matta a simulare passione e tenerezza, l'ho fatto felice e mi è piaciuto.
Ma poi l'amore è poi diventato rovente, e l'aria in tutta la casa si era fatta torrida. Gemiti, urla e grugniti facevano da contrappunto alla musica ossessiva. Ho visto donne sui quaranta/cinquanta sditalinarsi come ragazzine in calore, ragazze che sforbiciavano completamente perse nel piacere e in chissà cos'altro. Un gay con le lacrime agli occhi che supplicava un uomo e una sadica con lo strapon. Tutto sembrava una bolgia infernale di fronte alla quale non sapevi se rabbrividire e scappare o tuffartici. Ho sentito dita che mi scivolavano dentro, ho chiesto e concesso sperma in bocca, sul viso e sul corpo. Ho leccato le fiche incremate di due ragazze mentre i loro mariti (o supposti tali) mi sbattevano. Ho sempre rifiutato di essere sodomizzata ma stavo per cedere con due ragazzi che parlavano inglese: si sono avvicinati completamente nudi e mi hanno domandato "possiamo accarezzarti insieme?". L'hanno fatto, dividendosi il mio corpo a metà per il lungo, e mi hanno penetrata con le dita davanti e dietro, scivolavano da Dio. Mi hanno chiesto se mi andava un threesome "di quelli completi" e mi hanno sfidata domandandomi se non avessi mai avuto il desiderio di farlo. Plenty of times, obviously, ho risposto, but... it's not my cup of tea, not tonite at least. Però ci ho pensato.
Gli ultimi sono stati due uomini di età diversa, credo dai trentacinque ai quarantacinque, che si sono avvicinati dicendomi che gli sarebbe piaciuto portarmi a letto, fottermi a turno. Si è aggiunto un terzo, chiedendo se poteva partecipare. Ero morta ma ho detto sì a tutti, e gang bang sia. A patto che mi lasciassero prendere qualcosina per tirarmi su e attendere che facesse effetto. Mi hanno seguita, hanno cominciato a toccarmi già mentre aspiravo e non hanno mai smesso. Volevano sapere cosa avessi fatto, il più vecchio mi ha chiesto esplicitamente "quanti cazzi hai preso?", gli ho risposto che non avevo tenuto il conto anche se in realtà lo sapevo: sette, per non parlare dei bocchini. Il più giovane mi ha presa stando sopra, quello più vecchio invece mi ha detto di girarmi e di mettermi a quattro zampe sul bordo del letto, per scoparmi stando in piedi: "Sarà molto più facile". Non ci avevo fatto caso, ma quando mi ha infilzata ho strillato forte, era molto grosso. Tutti e tre hanno riso. Tra un "così la spacchi" e un "questa un cazzo così non l'ha mai preso", si incitavano a fottermi più forte, "vai vai vai!". Si sono alternati davvero e sono andata fuori come un balcone all'idea che il mio chocker con scritto SLUT non aveva mai avuto così senso. Anche l'uomo che si era aggiunto mi fotteva ma se lo faceva più che altro succhiare: "Dillo che cosa sei", "Sono una troia, sono una puttana, una che non vale un cazzo". Me l’ha chiesto e gliel’ho detto. Anzi, gliel'ho strillato, perché in quel momento colui che mi artigliava le anche e che spingeva forte era quello con il cazzo grosso. Ho strillato tantissimo, non mi controllavo più e non volevo farlo. Poi sono crollata.
*****
Nella fredda luce del mattino tutto è diventato un ricordo che sento in bocca, sulla pelle e nella vagina, più che nel cervello. Sento il bisogno di grattarmi la testa e, anche più urgente, quello di fare una doccia. Osservo la ragazza nuda sotto quella giacca troppo grande per lei, ma non so davvero cosa dirle.
- Quello che era con te sul divano... - domanda - te l'eri fatto? Te lo sei fatto?
- No... non mi pare - le dico.
- Ti sei persa qualcosa - ribatte con un'aria anche troppo compiaciuta.
Per un attimo temo che mi voglia raccontare delle sue performance, non potrei sopportarlo. Non potrei sopportare di sentir parlare ancora di cazzi presi, pompini, ditalini, fiche lappate. Perché invece di colpo capisco che questa ragazza è uno specchio che mi riflette. Senza più voglie e senza sensi di colpa ma smarrita, confusa. La guardo e mi consolo dicendomi che rifarei tutto quello che ho fatto stanotte, anzi ho il desiderio di rifarlo prima o poi. Ma in questo momento vorrei essere lontana da qui, da lei e da me stessa.
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