Dopo la convalescenza

di
genere
etero

Ieri mattina pensavo di essermi completamente ripresa dopo avere passato sabato e domenica a letto, ma non era così. Ho esagerato sin da subito - decidendo di andare al lavoro, per esempio, anziché restare a casa in convalescenza - e alla sera l'ho pagata. Risultato: tipo alle nove mi si sono chiusi gli occhi, non ricordo nemmeno se a letto ci sono andata da sola o se mi ci ha portata Luca.

Mi sono svegliata un paio di minuti prima che suonasse l'iPhone, dieci ore di sonno ininterrotto ti rimettono al mondo. Bagno, denti. Poi vado in cucina a fare il caffè. Glielo porto a letto, lo trovo che sta ancora pigrolando dopo la seconda sveglia.

Lo faccio ogni tanto, non è un'abitudine, gli ho già chiarito un paio di volte che se vuole avere quotidianamente la colazione a letto l'unico modo è che dorma in cucina, una spiritosaggine di un meme che mi fece molto ridere.

E poi non è una colazione vera e propria, è un caffè con un bicchiere d'acqua.

Gliel'ho portato io proprio perché voglio risparmiare tempo sulla colazione. L'idea mi è venuta mentre fumavo la prima sigaretta.

Buongiorno amore, ringraziamenti, sorrisi dolci. Le solite piacevoli formalità.

- Come ti senti?
- Molto meglio, mi ci voleva proprio.

Mi stiracchio, prendo posto sotto le lenzuola e attendo che finisca di bere.

"Attendo" fino a un certo punto, perché non fa in tempo a posare la tazzina sul comodino che gli metto una mano sul cazzo. Non è che mi guardi stupefatto, ma direi che non se lo aspettava. I sorrisi diventano complici, bacio e, in partenza dalla piattaforma Frecciarossa, la solita erezione più veloce della luce. Io sono una che si eccita in fretta e pure tanto, da adolescente lasciavo strisce bagnaticce sui braccioli del divano, ma con lui non c'è partita. Gli abbasso i pantaloncini quel tanto che basta e gli salgo sopra scostando la camicia (mi fa impazzire tenere addosso la camicia).

Accompagnata da un sorriso, una sola parola: "Trombami". Strano, non la uso quasi mai. Chissà come mi è uscita, sta di fatto che è la seconda volta in pochi giorni: camicia sollevata, "trombami", le sue mani sulle chiappe. Alè, "ah!".

Dopo quell'esortativo un po' porno, e dopo l'urletto, l'imprecazione su quanto è duro e quanto lo diventi in fretta. A volte impreco per eccitarlo, a volte perché all'inizio mi dà un po' fastidio (stamattina mi dà un po' fastidio). Però posso anche essere poetica, nelle mie imprecazioni: una volta, parafrasando una canzone, gli ho detto che è come avere "un ramo duro in cuore", ma nel cuore di sotto, quello che pulsa solo in certi momenti.

Comunque, imprecazione a parte, poco altro da segnalare. È soprattutto un crescendo di "cazzo, sì!". Verbalmente mi trattengo, anche se sugli ultimi secondi non posso essere proprio precisa perché perdo quasi sempre la testa e sono capace di recitare un intero vocabolario di zozzerie (anche creative) senza neanche rendermene conto.

Quanto dura? Boh, poco. Concettualmente parlando, è stata poco più di una sveltina. O se preferite, wham-bam-thank-you-man.

Però, cazzo, è una cosa che ti predispone bene per tutto il resto della giornata. Il potere delle endorfine: ti fai la doccia ma esci di casa che ti senti ancora un po' aperta, imbottita e con un filo di ebbrezza dell'orgasmo che ti è rimasto addosso; finisci addirittura per guardare le cose sotto un'altra prospettiva e ciò che ieri ti sarebbe parso noioso e complicato oggi è un passatempo da fare con la mano sinistra. Anche adesso è così, e sono più o meno le undici meno un quarto.

Come sto? Molto meglio, grazie, mi ci voleva proprio.

Sono guarita.
scritto il
2025-10-14
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