Tutti quei ragazzi (e quelle ragazze) - Il regalo di Alessia
di
RunningRiot
genere
bisex
Archimede, nome di fantasia. Quella dei genitori, beninteso, perché ditemi come cazzo ti viene di chiamare un figlio Archimede. In ogni caso era l'unico con cui valesse la pena non dico di fare l'oca, ma di divertirmi un pochino. Fino a che punto non avrei saputo, sicuramente non troppo. Volevo sedurlo o poco più. Alto sì ma un po’ sovrappeso, non precisamente il mio tipo. Però aveva un pregio, era uno dei pochi che non avevo mai visto in facoltà. E poi gli altri, per una ragione o per l'altra, erano pure peggio.
Chiamarla house party sarebbe stato un po' troppo. Era una festa in una casa di studenti, un normalissimo appartamento lasciato anche un po' andare. Il mood era: "Una serata tra amici". Giusto, tranne per il fatto che proprio amici tra noi non eravamo. Ma sticazzi, ho una certa simpatia per le feste, anche quelle un po' sfigate. Quelle per le quali jeans e t-shirt vanno benissimo.
Ho raggiunto Archi sopra un divano, un po' per vedere che tipo era, un po' perché avevo voglia di sedermi, un po' per sfuggire a un paio di rotture di coglioni in fase di decollo. Era andato in crash guardando un gruppetto di ragazzi e ragazze - del quale fino a qualche minuto prima facevo parte anch'io – che più che ballare ondeggiavano. Aveva una birretta in mano, come me, ma non muoveva un muscolo. Io mi ero già fatta un paio di shot, non ero sbronza, però... L'ho guardato, due, tre, forse quattro volte. L'ultima di sicuro in modo ostentato. Ha continuato a fissare davanti a sé, catatonico. Poi si è alzato e si è allontanato. Ammetto, un po' ci sono rimasta. Almeno finché non è tornato a sedersi. Stesso divano, stessa scena. Ho persino allargato una gamba per sfiorargli il ginocchio con il mio. Niente. Mi sono rassegnata.
Tutto è cambiato più o meno un'oretta dopo o anche più, quando la festa si era un po' scazzata - a parte due che paccavano in cucina incuranti di tutto e tutti - e io stessa ero indecisa se andarmene o restare per riprendermi un pochino. Mentre ciondolavo nell'ingresso con un bicchiere in mano, Archi mi ha beccata. Mi fissava e sembrava volesse bloccarmi il passo, anche se probabilmente era solo lo spazio che era troppo piccolo. Era completamente diverso dal catatonico seduto sul divano: "È tutta la sera che mi fai venire voglia di baciarti". Prima ancora che dicessi "ma se non mi ti sei filata nemmeno di striscio!" aveva già il viso molto-troppo vicino al mio e intenzioni chiarissime. Dallo sguardo e dall'alito si sentiva che aveva bevuto.
Ok, anche in situazioni tranquille come questa qualche bacio lo concedo. Hai troieggiato un po’ e qualcuno adesso si fa avanti, Annalisa, nulla di strano. Sei pure un po' alterata dall'alcol... Ci sono serate in cui magari bacio anche tre-quattro ragazzi e non succede niente. Al massimo ti toccano il culo e tu ti strusci un po'. Oppure, se ti senti coinvolta, pensi qualcosa come "se continua così io quasi quasi un pompino glielo faccio". E non è nemmeno detto che poi vada in questo modo. Quello che ho pensato con Archi, mentre ci baciavamo in modo neanche troppo spinto, è stato proprio questo: "Se si gioca bene le sue carte, e si inventa qualcosa per portarci via di qua, sta' a vedere che un pompino glielo faccio".
Era un'idea, come dire, ancora allo stato larvale. Ma dopo un ultimo bacio più passionale degli altri e una bella paccata sotto la t-shirt si è fermato: "Scusa. È tardissimo. Devo andare. Sei bellissima". Adieu.
Ci sono rimasta un po’ di merda una seconda volta? Sì, ma neanche tanto. Anzi, alla fine mi sono messa a ridere pensando "guarda te che cazzo di personaggio". In fondo, non è che mi fossi persa chissà chi o chissà cosa, io stessa mi ero detta che mi sarei divertita a sedurlo e stop. E restare a bocca asciutta, in ogni senso, non mi sarebbe costato nulla.
E invece, me ne sono tornata a casa con la soddisfazione di avere fatto sesso con una compagna di corso etero al 100%.
Oddio, facciamo 99%, dai…
Alessia, genovese. Mai saputo perché fosse venuta a Roma, tanto più che l'università non faceva per lei e si sarebbe capito presto. Capelli più scarlatti che rosa, leggermente sovrappeso pure lei, outfit adeguato: piercing, canotta nera, shorts di jeans molto grandi, stivali e gambaletti neri. Sembrava caruccetta e simpatica, non avrei saputo dire molto di più visto che non ci avevo mai parlato e l'avevo giusto notata a lezione per i suoi capelli. Ma soprattutto, era straordinariamente ubriaca. Come me e come tutti a quell'ora, visto che di roba non ce n'era - solo una maximega canna che però avrà girato per venti persone - ma di alcol ne circolava a volontà.
Ci siamo messe a chiacchierare e a ridere come matte, anche della mia blandissima pomiciata con Archi. Risate etiliche, fin quando ci siamo ritrovate lingua a lingua. Ci eravamo semplicemente avvicinate troppo, esattamente come aveva fatto Archi con me, fino a sentire l'una il respiro dell'altra sulle labbra. Le ho appoggiato il braccio sulle spalle e, da quel punto in poi, ciao. Sono praticamente sicura di non essere passata per il classico "hai mai baciato una ragazza?".
Molto più classico il suo "ma mica vuol dire che siamo lesbiche" con cui ha approvato la mia tastata alle tette. E definirei addirittura un must il suo "cosa fai?" mentre, senza darlo a vedere, appiattiva l'addome (tecnica ben nota a milioni di ragazze) per consentire alla mia mano di entrare negli shorts. Ero andata in fissa, volevo farle fare qualcosa che, ne ero sicura, non aveva mai fatto. In un certo senso avrei voluto chiederle "ok, toccarsi le tette non vuol dire che siamo lesbiche, ma questo?". "Questo" era la mia mano che si posava tra le sue cosce rimaste un po' aperte e che la trovava umida. "Questo" era il mio dito che, la prima volta che si è appoggiato sul grilletto, l'ha fatta sobbalzare.
Passiva, molto passiva Alessia. Che mi guardava con gli occhioni spalancati e ansimava mentre la infilzavo piano, ma non ha opposto la minima resistenza. Mi hanno sempre fatto un po’ ridere le ragazze che, quando vengono, lo fanno in maniera estremamente religiosa. Anche a me in quei momenti capita di invocare il Creatore, d'accordo, ma molto meno. Lei invece, una volta superato il punto di non ritorno, non ha mai smesso di sussurrare "Gesù Gesù Gesù" fin quando ha potuto. Mai però mi sarei aspettata che cacciasse un urlo come quello che ha cacciato quando l'ho finita. Voglio dire, non penso di essere l'unica "urlatrice" sulla faccia della terra ma... cazzo! Dentro casa nessuna reazione. Forse erano tutti così ubriachi da non avere capito o forse a quel punto non gliene fregava niente a nessuno. E in ogni caso non fregava assolutamente nulla né a lei né a me.
È stato molto molto eccitante, anche se mi era chiaro che non avrebbe ricambiato. Non me la sono neanche sentita di dirle "baciami e guardami, ora mi faccio un ditale davanti a te", e sì che mi sarebbe piaciuto. Una cosa però l'ho osata ed è riuscita: le ho infilato le dita inzaccherate in bocca per fargliele succhiare. E lei ha succhiato. Sorridendo. E brava Alessia, anche tu nel club delle zoccolette, eh?
Sono tornata a casa quasi all'alba con le mutandine mezze fradice e ho fatto da sola, senza pensare ad Alessia (né tantomeno ad Archi). Strano come deraglia la capoccia in certi momenti, vero? Mi sono masturbata pensando all'ultimo ragazzo con cui ero stata, un fancazzista di Scienze politiche con la fidanzata scema ed il pisello grosso, che la prima volta che mi ha presa mi ha mandata in afasia per un bel po' prima che riuscissi a dirgli "cazzo, fa' piano". "Sto facendo piano", mi aveva risposto.
Con Alessia, a lezione, non è cambiato nulla, tranne il fatto che abbiamo cominciato a salutarci di più. In realtà non provavo nulla di particolare. Mi sono addirittura trovata a parlare di lei in termini poco lusinghieri con un’amica, facendo la gradassa: "È mezza scema, ma forse per una scopata va bene". Riconosco di essere stata stronza e ingenerosa e ho rimorso di questo.
Non così stronza, però. Un giorno in aula ho notato che mi guardava in modo strano e anche un po’ provocatorio. All’uscita ho visto sul telefono un messaggio: "Lo rifacciamo?". “Anche oggi”, le ho risposto. È vero che per me, in quel momento, non era molto di più che una tipa da una scopata e via, ma almeno quella volevo farmela per bene.
Quando sono arrivata a casa sua mi ha trascinata in camera, ha chiuso la porta e mi ha baciata per prima e con foga. Ma non è stata una cosa furiosa come prometteva di essere. Ci siamo date baci famelici e ci siamo artigliate, è vero, ma a me andava anche tantissimo di accarezzarla piano, di darle lunghe grattate di unghie sulle cosce (l’hanno fatta andare fuori di testa oltre ogni aspettativa). Era una soddisfazione intima sentirla mormorare "sì sì sì" oppure "è bellissimo" mentre la sfioravo e le passavo la lingua sul collo, e mi sono bagnata come una spugna a scoprire che sotto la felpa amaranto non portava nulla se non l'eccitazione dei suoi capezzoli. Dopo che mi sono svestita ha detto "nuda sembri ancora più lunga...". Ho risposto che mi arrapava tantissimo stare nuda davanti a lei. L'ho baciata, a lungo; le ho tenuto la mano sotto la felpa, a lungo; l'ho sentita mugolare a lungo. Ma poi la felpa l'ho alzata e ho giocato con la bocca sulle sue tette. E sono scesa giù, sempre più giù. Labbra e lingua, un sentiero di baci e saliva. Peccato si fosse tolta da sola la gonna di jeans e le mutandine, avrei voluto farlo io. Quando è rimasta senza niente addosso mi sono accorta di quanto fosse tatuata, e non poco.
Avrei scommesso qualsiasi cosa su ciò che stava pensando mentre con la bocca scendevo al centro del suo piacere. Perché una prima volta c'è per tutte e tutte sappiamo cosa succederà: qualcuno te la sta per leccare. E non è un ragazzo, è una ragazza, non te lo saresti mai aspettato, vero? La pelle del ventre ti vibra di voglia e timore, e quella vibrazione si percepisce sulle labbra dell'altra. Brava, allarga ste cosciotte.
Sapeva di buono e di pulito, l'ho immaginata sul bidè impegnata a lavarsi, e rispetto alla sera della festa ce l'aveva anche più liscia. Mi sono letteralmente squagliata al pensiero che si fosse preparata per me. Al momento giusto l'ho infilzata, l'ho uncinata, sapevo benissimo cosa cercare e cosa toccare, come forse solo una ragazza sa. Smaniava e si muoveva tenendo puntati i suoi occhioni sui miei - "Gesù Gesù Gesù" - e quando ha iniziato a godere è scattata e ho dovuto metterle una mano sulla bocca per tamponare le sue urla, non avevo idea se in casa ci fosse qualcuno o no. Dopo che si è ripresa ha afferrato da sola le mie dita impregnate di lei e se l'è portate alla bocca per succhiarle: il giochetto la prima volta le era piaciuto, era chiaro.
Era tanto beata, dopo, e mi guardava in modo talmente complice che ho avuto persino la tentazione di essere io stavolta a dirle "guarda che mica sono lesbica integrale, eh?". Per fortuna ho taciuto, perché avevo completamente frainteso quello sguardo.
- Mi sono fatta Archimede... - ha detto dal nulla.
Devo averle lanciato uno sguardo strano, che in questo caso è stata lei a fraintendere: "Ti dispiace?", ha domandato. Ho scosso la testa quasi ridendo, non me ne poteva fregare di meno. Le cose erano andate così: Archi era amico di uno dei nostri compagni di corso e gli aveva chiesto il MIO contatto, ma questo ragazzo gli aveva consigliato di chiedere ad Alessia (e ciò rendeva abbastanza chiaro che la nostra lesbicata alla festa non era passata poi così inosservata come avevo creduto). Ma il punto non è questo, il punto è che Archi e Alessia poi si sono sentiti e... beh, il seguito è facile da intuire. E anche un po' comico, no?
"Ed è andato tutto bene?", le ho domandato. Era un pro forma, una domanda di cortesia. Una cortesia molto interessata. Le chiedevo della scopata con Archi ma già pensavo al nostro secondo tempo: volevo rifarlo con lei e volevo godermela pure io, e che cazzo, anche a costo di spiegarle per filo e per segno cosa fare. Per questo, quando le ho chiesto "è andato tutto bene?" ho spostato la mano con cui le accarezzavo il seno in mezzo alle sue gambe.
- È stato bellissimo, abbiamo scopato su questo letto, in tutti i modi...
A parti invertite, non penso che gliel'avrei detto né che avrei insistito tanto sui dettagli. Sarò io ad essere strana, ma non credo che averle leccato la fica stabilisse tra noi tutta questa intimità. Però le ho detto: "Pure te sei una bella porca, amica mia". Non era un giudizio, giuro, volevo solo farla eccitare ancora. E poiché stavo passando le dita proprio lì, sono entrata nella sua vagina. Senza tanta delicatezza, anzi proprio di brutto.
Ci sono espressioni che valgono più di mille parole. Il suo sguardo e il modo in cui si è morsa il labbro inferiore, ad esempio. Se mi voleva rispondere "sì, sono una porca" non poteva farlo meglio. E le mie dita sciacquettavano, cazzo, sciacquettavano proprio. C'è stato un attimo in cui lei tratteneva il respiro che si sentiva solo quel rumore lì.
Però volevo il mio.
Cioè, diciamolo meglio, anche se separare le voglie e le sensazioni di quel momento non è facile e forse non è nemmeno giusto. Ma diciamolo lo stesso: volevo tremendamente farla godere ancora e in modo un po' hard, ma allo stesso tempo volevo tremendamente godere anch'io. Non avrei saputo rinunciare a nessuna delle due cose.
Così sono stata per l'ultima volta un po' dom, l'ho presa e l'ho messa a forbice, incastrate l'una nell'altra, i nostri sessi a contatto.
Con Alessia ero stata un sacco di "prime volte" per lei: la prima ragazza ad averla baciata, la prima ragazza ad averle messo le dita dentro, la prima ad essersi spogliata per lei, la prima a leccargliela. E naturalmente la prima a farle avere un paio di orgasmi saffici come Cristo comanda.
Adesso ero un'altra "prima volta". Ci ha messo un po' per adattarsi, ma alla fine è stato tutto perfetto. E stavolta sì, abbastanza selvaggio, il piacere cresceva e noi gemevamo come adolescenti in calore. L'ho giustiziata mettendola a pancia in sotto e scopandola forte, eccitandomi alle sue preghiere e ai suoi "così così", l'ho soffocata infilandole di tanto in tanto le dita dritte in gola, tirandola per i capelli. Alessia mi assecondava, era la subalternità in persona, io ero peggio che ubriaca del mio potere su di lei, ero impazzita.
Poi però l'ha fatto. O meglio, lo ha dovuto fare. Le ho afferrato la mano e me la sono portata tra le gambe: "Ti prego, ora scopami!". Ero esasperata, non mi sono nemmeno chiesta se mi fotteva bene o male, sono venuta in un lampo. Forse lei non se l'è nemmeno gustato ma io sì, tanto.
La piccola delusione è arrivata dopo. Le sdolcinatezze e le coccole tra noi sono state presto sostituite dalle sue chiacchiere su quanto fosse contenta che non mi ero incazzata per Archi, e su come fosse stata bene con lui.
Sì, inutile che fate quella faccia. A parte il fatto che le coccole piacciono anche a me, con una ragazza tendo a indulgere molto alla tenerezza. Però era chiaro che il suo pensiero fosse fisso su Archimede, tanto che mi sono domandata se per caso non ci fosse rimasta sotto. Possibilissimo. La risposta che mi sono data è stata che era meglio levare le tende e andarsene.
Quando sono uscita andata ho mandato un messaggio a Cristiano, quello di Scienze politiche. Era una cosa tipo "ho voglia di vederti" e ho alluso al fatto che prima era meglio era (non l'ho scritto in modo così esplicito). Anche il più cretino del mondo avrebbe tradotto quel WhatsApp in "ho voglia del tuo grosso uccello". E Cristiano era fancazzista ma non cretino: mi ha chiesto un po' di tempo per organizzarsi e rimediare un posto per la serata. Così in fretta sinceramente non ci speravo, ma i maschi hanno giri di amicizie e solidarietà che le ragazze non hanno. A me non è mai venuto in mente di chiedere a un'amica "senti, mi presti casa che devo scoparmi uno?".
Non so se avete presente le sensazioni che si provano quando sai che stai per essere bombata da un tipo così e devi aspettare tre ore. Non sono affatto una maniaca, ma ci sono sere che esco di casa già bagnata al solo pensiero di trovarne uno bello pieno come piace a me. Del resto, a chi non piace essere castigata da un bel cazzo? In quelle sere, mentre bacio lo sconosciuto di turno, mi struscio e mi insinuo sperando di essere fortunata. Stavolta invece la fortuna me l'ero andata a cercare a botta sicura, e più ci pensavo più avevo il battito accelerato, il respiro un po' più corto e un mix di sostanze chimiche naturali in circolo per il mio corpo. Oltre a una fica costantemente zuppa, ovvio. Nella testa mi risuonava la convinzione - sbagliata, ma non fa niente - che stavolta col cavolo che gli avrei detto di fare piano e che al contrario me la doveva rompere tutta.
Durante il pompino preliminare, per farlo andare fuori di testa gli ho raccontato quello che avevo appena fatto con Alessia. Ha commentato "sei davvero una zoccola" ma in effetti ha funzionato e mi ha dato una sbattuta memorabile. Gli piaceva molto stare sopra, con le mie gambe sulle spalle, però l'abbiamo fatto anche alla "adesso mettiti così", piegata su una specie di cassettone e con le sue mani che mi tenevano per le spalle mentre spingeva e io che piagnucolavo felice "così mi sfondi!". A volte faceva pure male, ma non credevo di avere energie per un orgasmo tanto forte.
Mi sono lavata bene, dopo. Un po' perché ne avevo bisogno e un po' perché volevo tornare a casa fresca, come se nulla fosse successo.
Ma mentre mi lavavo non ho potuto fare a meno di ripensare ad Alessia, e a come scoparla due volte mi avesse fatto venire altrettante volte voglia di Cristiano. Curiosa come coincidenza, se credessi alle coincidenze. La prima notte mi ero masturbata, ma stasera avevo proprio preso cazzo, eccome. Merito del suo racconto su come si era fatta scopare da Archimede? Boh, può darsi.
No, non ho pensato bassezze tipo "ma se sta scema se la fa riempire perché io devo essere da meno?". Stronza sì, ma a tutto c'è un limite. Al contrario, l'ho preso come un regalo da parte sua, e in quel momento ho pensato a lei con dolcezza.
Dopo qualche settimana ha smesso di venire a lezione, è letteralmente sparita. Non l'ho più vista - né tantomeno ho più visto Archi in vita mia - e un po' mi vergogno a dire che non l'ho nemmeno cercata. Avevo altre priorità, diciamo.
Tra queste, anche Cristiano e l'appartamento che il suo amico gli prestava. Il regalo è rimasto. Grazie Alessia.
Chiamarla house party sarebbe stato un po' troppo. Era una festa in una casa di studenti, un normalissimo appartamento lasciato anche un po' andare. Il mood era: "Una serata tra amici". Giusto, tranne per il fatto che proprio amici tra noi non eravamo. Ma sticazzi, ho una certa simpatia per le feste, anche quelle un po' sfigate. Quelle per le quali jeans e t-shirt vanno benissimo.
Ho raggiunto Archi sopra un divano, un po' per vedere che tipo era, un po' perché avevo voglia di sedermi, un po' per sfuggire a un paio di rotture di coglioni in fase di decollo. Era andato in crash guardando un gruppetto di ragazzi e ragazze - del quale fino a qualche minuto prima facevo parte anch'io – che più che ballare ondeggiavano. Aveva una birretta in mano, come me, ma non muoveva un muscolo. Io mi ero già fatta un paio di shot, non ero sbronza, però... L'ho guardato, due, tre, forse quattro volte. L'ultima di sicuro in modo ostentato. Ha continuato a fissare davanti a sé, catatonico. Poi si è alzato e si è allontanato. Ammetto, un po' ci sono rimasta. Almeno finché non è tornato a sedersi. Stesso divano, stessa scena. Ho persino allargato una gamba per sfiorargli il ginocchio con il mio. Niente. Mi sono rassegnata.
Tutto è cambiato più o meno un'oretta dopo o anche più, quando la festa si era un po' scazzata - a parte due che paccavano in cucina incuranti di tutto e tutti - e io stessa ero indecisa se andarmene o restare per riprendermi un pochino. Mentre ciondolavo nell'ingresso con un bicchiere in mano, Archi mi ha beccata. Mi fissava e sembrava volesse bloccarmi il passo, anche se probabilmente era solo lo spazio che era troppo piccolo. Era completamente diverso dal catatonico seduto sul divano: "È tutta la sera che mi fai venire voglia di baciarti". Prima ancora che dicessi "ma se non mi ti sei filata nemmeno di striscio!" aveva già il viso molto-troppo vicino al mio e intenzioni chiarissime. Dallo sguardo e dall'alito si sentiva che aveva bevuto.
Ok, anche in situazioni tranquille come questa qualche bacio lo concedo. Hai troieggiato un po’ e qualcuno adesso si fa avanti, Annalisa, nulla di strano. Sei pure un po' alterata dall'alcol... Ci sono serate in cui magari bacio anche tre-quattro ragazzi e non succede niente. Al massimo ti toccano il culo e tu ti strusci un po'. Oppure, se ti senti coinvolta, pensi qualcosa come "se continua così io quasi quasi un pompino glielo faccio". E non è nemmeno detto che poi vada in questo modo. Quello che ho pensato con Archi, mentre ci baciavamo in modo neanche troppo spinto, è stato proprio questo: "Se si gioca bene le sue carte, e si inventa qualcosa per portarci via di qua, sta' a vedere che un pompino glielo faccio".
Era un'idea, come dire, ancora allo stato larvale. Ma dopo un ultimo bacio più passionale degli altri e una bella paccata sotto la t-shirt si è fermato: "Scusa. È tardissimo. Devo andare. Sei bellissima". Adieu.
Ci sono rimasta un po’ di merda una seconda volta? Sì, ma neanche tanto. Anzi, alla fine mi sono messa a ridere pensando "guarda te che cazzo di personaggio". In fondo, non è che mi fossi persa chissà chi o chissà cosa, io stessa mi ero detta che mi sarei divertita a sedurlo e stop. E restare a bocca asciutta, in ogni senso, non mi sarebbe costato nulla.
E invece, me ne sono tornata a casa con la soddisfazione di avere fatto sesso con una compagna di corso etero al 100%.
Oddio, facciamo 99%, dai…
Alessia, genovese. Mai saputo perché fosse venuta a Roma, tanto più che l'università non faceva per lei e si sarebbe capito presto. Capelli più scarlatti che rosa, leggermente sovrappeso pure lei, outfit adeguato: piercing, canotta nera, shorts di jeans molto grandi, stivali e gambaletti neri. Sembrava caruccetta e simpatica, non avrei saputo dire molto di più visto che non ci avevo mai parlato e l'avevo giusto notata a lezione per i suoi capelli. Ma soprattutto, era straordinariamente ubriaca. Come me e come tutti a quell'ora, visto che di roba non ce n'era - solo una maximega canna che però avrà girato per venti persone - ma di alcol ne circolava a volontà.
Ci siamo messe a chiacchierare e a ridere come matte, anche della mia blandissima pomiciata con Archi. Risate etiliche, fin quando ci siamo ritrovate lingua a lingua. Ci eravamo semplicemente avvicinate troppo, esattamente come aveva fatto Archi con me, fino a sentire l'una il respiro dell'altra sulle labbra. Le ho appoggiato il braccio sulle spalle e, da quel punto in poi, ciao. Sono praticamente sicura di non essere passata per il classico "hai mai baciato una ragazza?".
Molto più classico il suo "ma mica vuol dire che siamo lesbiche" con cui ha approvato la mia tastata alle tette. E definirei addirittura un must il suo "cosa fai?" mentre, senza darlo a vedere, appiattiva l'addome (tecnica ben nota a milioni di ragazze) per consentire alla mia mano di entrare negli shorts. Ero andata in fissa, volevo farle fare qualcosa che, ne ero sicura, non aveva mai fatto. In un certo senso avrei voluto chiederle "ok, toccarsi le tette non vuol dire che siamo lesbiche, ma questo?". "Questo" era la mia mano che si posava tra le sue cosce rimaste un po' aperte e che la trovava umida. "Questo" era il mio dito che, la prima volta che si è appoggiato sul grilletto, l'ha fatta sobbalzare.
Passiva, molto passiva Alessia. Che mi guardava con gli occhioni spalancati e ansimava mentre la infilzavo piano, ma non ha opposto la minima resistenza. Mi hanno sempre fatto un po’ ridere le ragazze che, quando vengono, lo fanno in maniera estremamente religiosa. Anche a me in quei momenti capita di invocare il Creatore, d'accordo, ma molto meno. Lei invece, una volta superato il punto di non ritorno, non ha mai smesso di sussurrare "Gesù Gesù Gesù" fin quando ha potuto. Mai però mi sarei aspettata che cacciasse un urlo come quello che ha cacciato quando l'ho finita. Voglio dire, non penso di essere l'unica "urlatrice" sulla faccia della terra ma... cazzo! Dentro casa nessuna reazione. Forse erano tutti così ubriachi da non avere capito o forse a quel punto non gliene fregava niente a nessuno. E in ogni caso non fregava assolutamente nulla né a lei né a me.
È stato molto molto eccitante, anche se mi era chiaro che non avrebbe ricambiato. Non me la sono neanche sentita di dirle "baciami e guardami, ora mi faccio un ditale davanti a te", e sì che mi sarebbe piaciuto. Una cosa però l'ho osata ed è riuscita: le ho infilato le dita inzaccherate in bocca per fargliele succhiare. E lei ha succhiato. Sorridendo. E brava Alessia, anche tu nel club delle zoccolette, eh?
Sono tornata a casa quasi all'alba con le mutandine mezze fradice e ho fatto da sola, senza pensare ad Alessia (né tantomeno ad Archi). Strano come deraglia la capoccia in certi momenti, vero? Mi sono masturbata pensando all'ultimo ragazzo con cui ero stata, un fancazzista di Scienze politiche con la fidanzata scema ed il pisello grosso, che la prima volta che mi ha presa mi ha mandata in afasia per un bel po' prima che riuscissi a dirgli "cazzo, fa' piano". "Sto facendo piano", mi aveva risposto.
Con Alessia, a lezione, non è cambiato nulla, tranne il fatto che abbiamo cominciato a salutarci di più. In realtà non provavo nulla di particolare. Mi sono addirittura trovata a parlare di lei in termini poco lusinghieri con un’amica, facendo la gradassa: "È mezza scema, ma forse per una scopata va bene". Riconosco di essere stata stronza e ingenerosa e ho rimorso di questo.
Non così stronza, però. Un giorno in aula ho notato che mi guardava in modo strano e anche un po’ provocatorio. All’uscita ho visto sul telefono un messaggio: "Lo rifacciamo?". “Anche oggi”, le ho risposto. È vero che per me, in quel momento, non era molto di più che una tipa da una scopata e via, ma almeno quella volevo farmela per bene.
Quando sono arrivata a casa sua mi ha trascinata in camera, ha chiuso la porta e mi ha baciata per prima e con foga. Ma non è stata una cosa furiosa come prometteva di essere. Ci siamo date baci famelici e ci siamo artigliate, è vero, ma a me andava anche tantissimo di accarezzarla piano, di darle lunghe grattate di unghie sulle cosce (l’hanno fatta andare fuori di testa oltre ogni aspettativa). Era una soddisfazione intima sentirla mormorare "sì sì sì" oppure "è bellissimo" mentre la sfioravo e le passavo la lingua sul collo, e mi sono bagnata come una spugna a scoprire che sotto la felpa amaranto non portava nulla se non l'eccitazione dei suoi capezzoli. Dopo che mi sono svestita ha detto "nuda sembri ancora più lunga...". Ho risposto che mi arrapava tantissimo stare nuda davanti a lei. L'ho baciata, a lungo; le ho tenuto la mano sotto la felpa, a lungo; l'ho sentita mugolare a lungo. Ma poi la felpa l'ho alzata e ho giocato con la bocca sulle sue tette. E sono scesa giù, sempre più giù. Labbra e lingua, un sentiero di baci e saliva. Peccato si fosse tolta da sola la gonna di jeans e le mutandine, avrei voluto farlo io. Quando è rimasta senza niente addosso mi sono accorta di quanto fosse tatuata, e non poco.
Avrei scommesso qualsiasi cosa su ciò che stava pensando mentre con la bocca scendevo al centro del suo piacere. Perché una prima volta c'è per tutte e tutte sappiamo cosa succederà: qualcuno te la sta per leccare. E non è un ragazzo, è una ragazza, non te lo saresti mai aspettato, vero? La pelle del ventre ti vibra di voglia e timore, e quella vibrazione si percepisce sulle labbra dell'altra. Brava, allarga ste cosciotte.
Sapeva di buono e di pulito, l'ho immaginata sul bidè impegnata a lavarsi, e rispetto alla sera della festa ce l'aveva anche più liscia. Mi sono letteralmente squagliata al pensiero che si fosse preparata per me. Al momento giusto l'ho infilzata, l'ho uncinata, sapevo benissimo cosa cercare e cosa toccare, come forse solo una ragazza sa. Smaniava e si muoveva tenendo puntati i suoi occhioni sui miei - "Gesù Gesù Gesù" - e quando ha iniziato a godere è scattata e ho dovuto metterle una mano sulla bocca per tamponare le sue urla, non avevo idea se in casa ci fosse qualcuno o no. Dopo che si è ripresa ha afferrato da sola le mie dita impregnate di lei e se l'è portate alla bocca per succhiarle: il giochetto la prima volta le era piaciuto, era chiaro.
Era tanto beata, dopo, e mi guardava in modo talmente complice che ho avuto persino la tentazione di essere io stavolta a dirle "guarda che mica sono lesbica integrale, eh?". Per fortuna ho taciuto, perché avevo completamente frainteso quello sguardo.
- Mi sono fatta Archimede... - ha detto dal nulla.
Devo averle lanciato uno sguardo strano, che in questo caso è stata lei a fraintendere: "Ti dispiace?", ha domandato. Ho scosso la testa quasi ridendo, non me ne poteva fregare di meno. Le cose erano andate così: Archi era amico di uno dei nostri compagni di corso e gli aveva chiesto il MIO contatto, ma questo ragazzo gli aveva consigliato di chiedere ad Alessia (e ciò rendeva abbastanza chiaro che la nostra lesbicata alla festa non era passata poi così inosservata come avevo creduto). Ma il punto non è questo, il punto è che Archi e Alessia poi si sono sentiti e... beh, il seguito è facile da intuire. E anche un po' comico, no?
"Ed è andato tutto bene?", le ho domandato. Era un pro forma, una domanda di cortesia. Una cortesia molto interessata. Le chiedevo della scopata con Archi ma già pensavo al nostro secondo tempo: volevo rifarlo con lei e volevo godermela pure io, e che cazzo, anche a costo di spiegarle per filo e per segno cosa fare. Per questo, quando le ho chiesto "è andato tutto bene?" ho spostato la mano con cui le accarezzavo il seno in mezzo alle sue gambe.
- È stato bellissimo, abbiamo scopato su questo letto, in tutti i modi...
A parti invertite, non penso che gliel'avrei detto né che avrei insistito tanto sui dettagli. Sarò io ad essere strana, ma non credo che averle leccato la fica stabilisse tra noi tutta questa intimità. Però le ho detto: "Pure te sei una bella porca, amica mia". Non era un giudizio, giuro, volevo solo farla eccitare ancora. E poiché stavo passando le dita proprio lì, sono entrata nella sua vagina. Senza tanta delicatezza, anzi proprio di brutto.
Ci sono espressioni che valgono più di mille parole. Il suo sguardo e il modo in cui si è morsa il labbro inferiore, ad esempio. Se mi voleva rispondere "sì, sono una porca" non poteva farlo meglio. E le mie dita sciacquettavano, cazzo, sciacquettavano proprio. C'è stato un attimo in cui lei tratteneva il respiro che si sentiva solo quel rumore lì.
Però volevo il mio.
Cioè, diciamolo meglio, anche se separare le voglie e le sensazioni di quel momento non è facile e forse non è nemmeno giusto. Ma diciamolo lo stesso: volevo tremendamente farla godere ancora e in modo un po' hard, ma allo stesso tempo volevo tremendamente godere anch'io. Non avrei saputo rinunciare a nessuna delle due cose.
Così sono stata per l'ultima volta un po' dom, l'ho presa e l'ho messa a forbice, incastrate l'una nell'altra, i nostri sessi a contatto.
Con Alessia ero stata un sacco di "prime volte" per lei: la prima ragazza ad averla baciata, la prima ragazza ad averle messo le dita dentro, la prima ad essersi spogliata per lei, la prima a leccargliela. E naturalmente la prima a farle avere un paio di orgasmi saffici come Cristo comanda.
Adesso ero un'altra "prima volta". Ci ha messo un po' per adattarsi, ma alla fine è stato tutto perfetto. E stavolta sì, abbastanza selvaggio, il piacere cresceva e noi gemevamo come adolescenti in calore. L'ho giustiziata mettendola a pancia in sotto e scopandola forte, eccitandomi alle sue preghiere e ai suoi "così così", l'ho soffocata infilandole di tanto in tanto le dita dritte in gola, tirandola per i capelli. Alessia mi assecondava, era la subalternità in persona, io ero peggio che ubriaca del mio potere su di lei, ero impazzita.
Poi però l'ha fatto. O meglio, lo ha dovuto fare. Le ho afferrato la mano e me la sono portata tra le gambe: "Ti prego, ora scopami!". Ero esasperata, non mi sono nemmeno chiesta se mi fotteva bene o male, sono venuta in un lampo. Forse lei non se l'è nemmeno gustato ma io sì, tanto.
La piccola delusione è arrivata dopo. Le sdolcinatezze e le coccole tra noi sono state presto sostituite dalle sue chiacchiere su quanto fosse contenta che non mi ero incazzata per Archi, e su come fosse stata bene con lui.
Sì, inutile che fate quella faccia. A parte il fatto che le coccole piacciono anche a me, con una ragazza tendo a indulgere molto alla tenerezza. Però era chiaro che il suo pensiero fosse fisso su Archimede, tanto che mi sono domandata se per caso non ci fosse rimasta sotto. Possibilissimo. La risposta che mi sono data è stata che era meglio levare le tende e andarsene.
Quando sono uscita andata ho mandato un messaggio a Cristiano, quello di Scienze politiche. Era una cosa tipo "ho voglia di vederti" e ho alluso al fatto che prima era meglio era (non l'ho scritto in modo così esplicito). Anche il più cretino del mondo avrebbe tradotto quel WhatsApp in "ho voglia del tuo grosso uccello". E Cristiano era fancazzista ma non cretino: mi ha chiesto un po' di tempo per organizzarsi e rimediare un posto per la serata. Così in fretta sinceramente non ci speravo, ma i maschi hanno giri di amicizie e solidarietà che le ragazze non hanno. A me non è mai venuto in mente di chiedere a un'amica "senti, mi presti casa che devo scoparmi uno?".
Non so se avete presente le sensazioni che si provano quando sai che stai per essere bombata da un tipo così e devi aspettare tre ore. Non sono affatto una maniaca, ma ci sono sere che esco di casa già bagnata al solo pensiero di trovarne uno bello pieno come piace a me. Del resto, a chi non piace essere castigata da un bel cazzo? In quelle sere, mentre bacio lo sconosciuto di turno, mi struscio e mi insinuo sperando di essere fortunata. Stavolta invece la fortuna me l'ero andata a cercare a botta sicura, e più ci pensavo più avevo il battito accelerato, il respiro un po' più corto e un mix di sostanze chimiche naturali in circolo per il mio corpo. Oltre a una fica costantemente zuppa, ovvio. Nella testa mi risuonava la convinzione - sbagliata, ma non fa niente - che stavolta col cavolo che gli avrei detto di fare piano e che al contrario me la doveva rompere tutta.
Durante il pompino preliminare, per farlo andare fuori di testa gli ho raccontato quello che avevo appena fatto con Alessia. Ha commentato "sei davvero una zoccola" ma in effetti ha funzionato e mi ha dato una sbattuta memorabile. Gli piaceva molto stare sopra, con le mie gambe sulle spalle, però l'abbiamo fatto anche alla "adesso mettiti così", piegata su una specie di cassettone e con le sue mani che mi tenevano per le spalle mentre spingeva e io che piagnucolavo felice "così mi sfondi!". A volte faceva pure male, ma non credevo di avere energie per un orgasmo tanto forte.
Mi sono lavata bene, dopo. Un po' perché ne avevo bisogno e un po' perché volevo tornare a casa fresca, come se nulla fosse successo.
Ma mentre mi lavavo non ho potuto fare a meno di ripensare ad Alessia, e a come scoparla due volte mi avesse fatto venire altrettante volte voglia di Cristiano. Curiosa come coincidenza, se credessi alle coincidenze. La prima notte mi ero masturbata, ma stasera avevo proprio preso cazzo, eccome. Merito del suo racconto su come si era fatta scopare da Archimede? Boh, può darsi.
No, non ho pensato bassezze tipo "ma se sta scema se la fa riempire perché io devo essere da meno?". Stronza sì, ma a tutto c'è un limite. Al contrario, l'ho preso come un regalo da parte sua, e in quel momento ho pensato a lei con dolcezza.
Dopo qualche settimana ha smesso di venire a lezione, è letteralmente sparita. Non l'ho più vista - né tantomeno ho più visto Archi in vita mia - e un po' mi vergogno a dire che non l'ho nemmeno cercata. Avevo altre priorità, diciamo.
Tra queste, anche Cristiano e l'appartamento che il suo amico gli prestava. Il regalo è rimasto. Grazie Alessia.
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