La donna delle caverne

di
genere
bisex

(prosecuzione del racconto “100.000 anni prima di Saffo”)

Quanto rimase in cima all'albero a piangere Hayena?
Pianse e dormì, poi pianse ancora e ancora si addormentò in un cieco ed inconsolabile dolore.
Si svegliò sentendo raspare sul tronco. D'istinto prese un pugnale dalla saccoccia, ma guardando più in basso, scoprì la sua fedele tigre venirle incontro. Era l'unico affetto che le era rimasto. Quanto avrebbe impiegato ad intrecciare nuovi rapporti umani in quella terra sconosciuta?
Popolata ancora da tante tribù primitive ed agguerrite, nella lotta per il territorio tra sapiens e Neanderthal.
La tigre al suo fianco emetteva delle specie di fusa. La accarezzò affondando le mani nel folto pelo intorno al collo.
-Kya... siamo ancora io e te... e basta!-
Mestamente scese dal nascondiglio seguita dal felino, riprese l'arco e le frecce che aveva lasciato alla base e fecero ritorno verso la grotta, quella che poteva essere diventata la sua dimora.
-Finalmente dormiremo per terra stanotte.-
Guardò il felino aspettandosi almeno un accenno di risposta, ma proprio la tigre non imparava a parlare.
Quando arrivò all'accampamento dei due Neanderthal, lo trovò stranamente ordinato.
Due fascine di legna secca giacevano di fianco all'ingresso della grotta.
Si acquattò sospettosa, prendendo l'arco ed incoccando una freccia. Si guardò intorno in cerca degli altri Neanderthal che evidentemente frequentavano il sito.
Sentì un rumore provenire dall'interno della grotta.
Puntò l'arco, la freccia pronta a trafiggere.
Una donna si affaccendava all'ingresso, cantando una dolce melodia. Bionda.
-Haky!!!- Urlò, facendo cadere l'arco. La tigre al suo fianco ringhiava fiutando la tensione.
La donna alzò lo sguardo aprendosi ad un sincero sorriso. -Hayena!!!-
La mongola si lanciò verso la sue ex prigioniera che le si avvicinava tendendole le braccia.
Si buttarono una tra le braccia dell'altra, piangendo e baciandosi sul volto, mentre Kya si avvicinava alla coppia, la testa bassa, in segno di timore e di rispetto.
Le due cominciarono a dirsi parole che reciprocamente non potevano comprendere, ma continuando a guardarsi e a baciarsi affettuosamente. Poi ancora la donna dell'est strinse con un lungo e forte abbraccio la sua compagna europea.
Quando alla fine si staccarono, Haky mostrò orgogliosamente il lavoro che aveva svolto.
Era veramente una donna esperta, provvidenziale. In assenza dell'asiatica aveva trovato un raschietto nella grotta ed aveva tagliato, sfilacciato e messo a seccare la carne di una delle due vittime, lasciando intonsa quella sbranata dalla tigre, nel timore che la fiera tornasse reclamando il suo nutrimento.
Aveva poi ripulito l'accampamento e riattizzato il fuoco, raccogliendo legna.
Solo ora Hayena notò che davanti all'ingresso della spelonca stavano sparse margherite e garofanini.
Le porse poi delle erbe, tra cui l'orientale riconobbe l'aroma del timo. Un'altra era una pianta mai vista. Haky la invitò a mangiarla, ma l'altra era sospettosa. Annusò l'erba trovandola fresca ed intensa, ma non si fidava.
La bionda, per prima, si infilò alcune foglie in bocca, masticandole.
Si avvicinò poi alla bocca della compagna emettendo un delicato soffio.
Hayena si riscosse colpita dal profumo e da una sensazione di piacevole frescura.
L'altra avvicinò la sua bocca baciandola e trasmettendole quel sapore fresco e delicato che l'orientale non aveva ancora mai provato.
Era menta.
Haky conosceva numerose piante della terra in cui abitava, una preziosissima risorsa per la piccola comunità costituita per ora solo dalle due donne.
Mise le mani sulle spalle della cacciatrice iniziando a parlare, senza preoccuparsi che l'altra non stesse capendo nulla, poi al termine, si strinse al suo petto, abbandonandosi al forte abbraccio che la circondò.
Le donne esplorarono insieme l'interno della grotta, con l'aiuto di un ramo resinoso infuocato.
C'erano diversi utili utensili e, più in fondo, dei depositi di argilla su cui la bionda si lanciò con entusiasmo. Chissà quante altre cose sapeva fare quella donna intelligente e laboriosa. E pensare che stava per essere uccisa per servire da cibo.
Rimpolpati i pagliericci con nuova erba secca e riattizzato il fuoco, mentre la tigre si faceva un giro nella notte incipiente in cerca di prede, si apprestarono a passare la loro prima notte nella grotta.
Dopo un'ultima occhiata fuori dall'ingresso, Hayena si volse all'interno dove, nella penombra, si era sentita chiamare dalla compagna.
Girandosi la vide a gattoni porgerle il sedere in un evidente invito a possederla.
Probabilmente il loro primo atto sessuale era piaciuto molto all'europea che ora, approfittando dell'occasione per rinnovare la sua sottomissione a quello che credeva un forte giovane imberbe, ardeva del desiderio di ripetere l'esperienza.
Hayena restò ancora turbata dal dono della compagna e dalla pulsione sessuale che sentiva nascere nuovamente nel suo corpo e che riconosceva anomala.
Stava cominciando a provare affetto e desiderio per la compagna, e questa attrazione fisica le riusciva naturale.
Si avvicinò alla compagna mettendosi in ginocchio e leccandola fra le cosce, ma l'altra la invitava a penetrarla con gesti molto eloquenti delle mani.
Si rialzò accarezzando la sinuosa schiena dell'amica ed infilandole le dita tra i capelli.
La bionda chiuse gli occhi manifestando il piacere di quella carezza, ma ancora si girò porgendo le terga all'asiatica.
Vedendo che l'altra non prendeva l'iniziativa, le si avvicinò infilandole una mano tra le cosce, sotto il gonnellino di pelle di tigre, cucito sotto il perineo.
Indovinando il laccio che legava l'indumento da sotto, lo sciolse con le dita, mentre l'altra, svolgendo lo sguardo lasciava fare in preda a cupi pensieri.
Le dita di Haky tastarono il tascapane che Hayena nascondeva nell'intenzione di simulare i genitali maschili. Scartando il contenitore, le dita cercarono il pube della cacciatrice, si mossero tra i peli senza trovare ciò che cercavano; ritornarono tra le gambe avvertendo un'apertura che ormai si stava bagnando per l'eccitazione di quel movimento.
L'asiatica al contatto fu scossa da un piccolo fremito. Prese la mano che si era arrestata sotto la sua vulva e alzò lo sguardo sulla compagna che, stupita, la fissava con un'espressione interrogativa.
Fu allora che Hayena si slacciò le cinghie della pelle che la coprivano.
Lentamente agli occhi dell'europea, si scoprirono il seno, gonfiandosi libero dalla stretta che l'aveva serrato a lungo, i fianchi stretti, il ventre glabro.
La pelle di tigre cadde poi a terra, scoprendo il pube liscio, ricoperto da folto pelo lungo e nero.
Haky dallo stupore si portò le due mani al volto, mentre l'asiatica cadde in ginocchio di fronte a lei, guardando il suolo.
La bionda pronunciò alcune parole, cui l'altra non potè rispondere nulla, rimanendo immobile, nuda ed inerme sotto gli altrui occhi.
Hayena la sentì emettere un lungo sospiro, pronunciando altre poche parole in tono affettuoso. La vide avvicinarsi e carezzarle il volto mettendosi in ginocchio di fronte a lei.
Haky cercò il suo sguardo; le prese il volto tra le mani avvicinandosi alla sua bocca e cominciando a leccarle le guance ed il collo.
La cacciatrice sollevò il busto mettendo le mani intorno al collo della compagna e guardandola in volto. -Sono donna, come te...- le disse nella sua lingua.
Ancora, l'ex schiava le prese il viso tra le mani per rassicurarla, baciandola delicatamente sulle labbra. Poi si chinò su di lei, le leccò il seno invitandola ad adagiarsi sulla paglia.
Si mise sopra di lei leccandole tutto il corpo, come una madre fa per lavare il cucciolo, un rituale animale tramandato all'uomo.
Ma quando arrivò al pube, delicatamente allargò le cosce e, senza trovare resistenza, infilò la lingua nella vulva che come un fiore, si era dischiusa appena.
Hayena le prese la nuca spingendosela dolcemente tra le cosce mentre l'altra, allungando le mani, le prese i seni graffiandoli lentamente.
Continuò fino ad accompagnare la sua liberatrice in un lungo, partecipato orgasmo ed accogliendo le sue secrezioni tra le labbra, prima di sdraiarsi al suo fianco.
Le mise ancora una mano sotto la testa per avvicinarsi alla sua bocca, mentre con l'altra mano le accarezzava il seno. Le donne sporsero le lingue fuori dalle labbra per leccarsi vicendevolmente.
Nell'amplesso che seguì fu Hayena ad allungare una mano verso l'intimità di Haky che sentiva cercarla con forti colpi del bacino. Le infilò le dita dentro la vulva calda e gonfia di umori profumati penetrandola ed accarezzandola, e soffocando le urla all'apice del suo piacere nella propria bocca.
Si addormentarono così, abbracciate, nude, una avvinghiata all'altra, sul soffice strato di erba secca.

Passarono settimane dal loro incontro.
Hayena al mattino partiva in caccia con la tigre, mentre Haki badava al fuoco, cercava legna, sfilacciava la carne delle prede per farla seccare e trattava le pelli per farne dei vestiti che cuciva con aghi ricavati da ossa e con sottili strisce di pelle.
Al ritorno dalla caccia, insieme esploravano il territorio circostante in cerca di pietre affilate, rami utili per costruire frecce, ma soprattutto erbe e semi.
Haki aveva veramente conoscenze ed un'intelligenza molto pronunciate. Trovarono orzo selvatico di cui raccolsero i semi per farli arrostire e conservare per l'inverno che si avvicinava, castagne ed alcuni bulbi commestibili.
Hayena in cambio le insegnava a costruire armi usando le ossa lunghe degli animali in cui incastrava e legava schegge di pietre appuntite a mo' di clava, mazze e frecce dalla punta bruciata o formata dalla preziosa selce di ossidiana, e le insegnava ad arrampicarsi sugli alberi, pratica molto utile in caso di pericolo. Con pietre focaie, ossa bucate e bastoncini le insegnò ad accendere il fuoco nell'eventualità si fosse spento.
Ma soprattutto erano riuscite ad unificare i loro idiomi, arricchendoli dei vocaboli di oggetti ed azioni che già non esistevano nelle rispettive lingue.
Si dividevano gli incarichi, mangiando insieme e concedendosi quotidiani momenti di amore e di scoperta dei loro corpi.

Era tempo che Hayena esplorasse regioni più lontane alla ricerca di altri gruppi di sapiens.
L'inverno si avvicinava ed era indispensabile intraprendere legami con altri umani per sostenersi durante le rigide condizioni climatiche ormai alle porte e per poter cacciare animali più grandi.
Avendo esplorato le regioni meridionali e provenendo da quelle orientali, decise di estendere il suo territorio di caccia nella direzione in cui il sole tramontava.
Una mattina partì. Si preparò una piccola scorta di cibo nel caso non fosse riuscita a rientrare per la sera, selezionò delle punte di selce e costruì diverse frecce, alcune con la punta indurita bruciandola, altre con punte di selce, una clava ed un paio di lance.
Mentre Kya fiutava rumorosamente l'aria intuendo avventura e novità, Haky era taciturna e preoccupata.
Sapeva bene che la compagna si sarebbe esposta a rischi anche mortali, di essere attaccata da predatori o da altri ominidi, o di rimanere ferita ed incapace di tornare alla loro grotta. Eppure sapeva che era di vitale importanza familiarizzare con altri clan.
Non le sfuggiva neppure la cognizione che in caso di cattura, ferite o la morte della compagna, la sua stessa sopravvivenza sarebbe stata messa a repentaglio.
Si fidava però della cacciatrice e la presenza della grossa tigre, con cui alla fine era riuscita a socializzare, le dava sicurezza.
-Non farti male, donna tigre. Senza di te, sai che non posso vivere, e non parlo solo del mio corpo.-
-Tornerò, Haky... non so di sicuro quando, ma tornerò da te!-
Si strinsero ancora in un forte abbraccio, si baciarono e la predatrice, silenziosa, partì di corsa, senza più voltarsi indietro. La tigre restò ancora a guardarla un attimo, poi con una specie di brontolio, partì di corsa e in due balzi raggiunse la padrona.

A media corsetta si spostarono di mezza giornata, prima di mettersi in ascolto e ad annusare l'aria.
In quella regione aveva già scorto un'impronta umana giorni prima, durante una ricognizione leggera, ma senza incontrate simili.
Nelle rare radure scorgeva in lontananza alcune cime scintillanti di ghiacci. Le Alpi orientali non erano distanti. Uccelli e prede erano abbondanti, segno che in quella zona l'uomo non passava spesso.
Dopo aver bevuto ad un piccolo corso d'acqua proseguì la sua corsa finchè non si fermò avvertendo il forte odore di un mammifero.
La tigre la precedeva ed ora era là, ferma immobile e silenziosa. Il manto a strisce si confondeva con le ombre tra le foglie. Hayena le fu di fianco, iniziando a scrutare nella stessa direzione.
Un grosso bue muschiato, di spalle, si abbeverava ad una pozza.
Un grosso animale. Una bella riserva di carne ed un'ottima pelliccia, ma quel genere di prede era riservato a chi cacciava in gruppo.
Il grosso erbivoro ogni tanto alzava il muso e fiutava l'aria, sembrava sospettoso.
Il vento veniva loro incontro, non poteva sentire né la donna, né il grosso felino, eppure l'animale non sembrava sentirsi sicuro.
Volgendo lo sguardo oltre la bestia, seguendo la direzione verso cui sembrava voler fiutare l'aria, Hayena lo scorse.
Un uomo stava spiando la stessa preda.
Non poteva di certo cacciare da solo, ce ne dovevano essere altri.
La mongola non conosceva le tecniche di caccia delle tribù dell'Europa centro-orientale, ma nel suo clan una buona tecnica era quella di mettere in fuga la preda spingendola verso l'agguato di un gruppo di cacciatori, o verso un precipizio da cui farla precipitare.
L'altro stava acquattato; coperto di pelli e perfettamente immobile era quasi invisibile, ma la donna l'aveva scorto per il luccicare di una punta di lancia in pietra scheggiata.
Intorno non si vedeva né si fiutava nessun altro.
L'uomo era un sapiens. Fronte alta e naso piccolo, pelle scura, anche se più chiara della sua.
Fece una mossa come per ritirarsi. Forse stava solo studiando l'animale per poi organizzare una caccia.
Si alzò facendo un passo indietro, ma ruppe un ramo, con un rumore secco. Restò immobile, ma il grosso bue volse lo sguardo verso di lui. Fiutò l'aria muovendo alcuni passi. Un sordo muggito denotava nervosismo.
L'altro stava perfettamente immobile, ma il bue muschiato si avvicinava. Gonfiando il torace si rizzò sulle zampe anteriori. Un animale possente e maestoso, ma molto pericoloso.
Il bue si avvicinava, ma l'uomo restava immobile. La tigre al fianco della donna emetteva un lievissimo gorgoglio, fiutando un combattimento imminente.
Più il mammifero si avvicinava al cacciatore e più l'odore di uomo si delineava alle sue nari che esploravano l'aria.
No, l'avrebbe scovato, non aveva senso rimanere fermo nel suo nascondiglio.
L'uomo si alzò di colpo, cacciò un urlo, scagliò la sua lancia contro il bue e scappò veloce.
Mentre la lancia si impiantò su un tronco a pochi centimetri dalla spalla del mammifero, questo con un grossolano rantolo baritonale si lanciò all'inseguimento del nemico scuotendo il capo e soffiando furibondo.
L'enorme massa di muscoli avanzava rapidissima inseguendo l'incauto sapiens e sfondando di peso rami e piccoli tronchi che invece l'umano doveva saltare e aggirare, perdendo tempo.
Hayena si gettò all'inseguimento, preceduta dalla tigre che con ampi balzi riusciva a tenere il passo del bue.
L'uomo era in difficoltà. Scappando volgeva lo sguardo indietro e questo lo attardava, ma la grossa bestia si muoveva come un impeto, distruggendo tutto al suo passaggio, ora abbassando la testa con le sue affilate corna.
Perdendo terreno, Hayena lanciò un giavellotto, ma era troppo lontana e non lo raggiunse neanche.
Intuendo il percorso curvo che stava seguendo l'uomo, tagliò la strada trovando uno spiazzo in cui si inginocchiò, estrasse rapida una freccia e la scagliò colpendo il bue sulla coscia sinistra.
La bestia mugghiò rabbiosamente volgendo il capo da quella parte; fu allora che la tigre la raggiunse con un balzo sferrandole una poderosa artigliata alla coscia opposta.
Il colpo fece perdere l'equilibrio al bue muschiato che andò a sbattere contro un tronco perdendo la coordinazione nell'inseguimento.
L'uomo cadde inciampando, ma invece di trovarsi le corna del bue pronte a sventrarlo, vide l'enorme erbivoro divincolarsi per liberarsi della tigre che appesa con gli artigli ai lombi cercava di dilaniarne le carni.
Un'altra freccia colpì il bue al collo facendone schizzare un getto di sangue.
Il mostro si contorse cercando di incornare la tigre, colpendola di striscio ad una zampa e facendole perdere la presa. Una terza freccia gli si conficcò nel fianco e finalmente, con un violento boato il bue scartò di lato allontanandosi dal combattimento.
Il tutto era durato pochi minuti.
L'uomo si era alzato in piedi e, ancora scosso da affannosi respiri, sudato e ferito, fece in tempo a vedere la tigre che si perdeva all'inseguimento del bue.
Non erano passate inosservate le frecce che avevano oltrepassato lo spesso vello, ed ora aveva ripreso a guardarsi in giro sospettoso.
Da sotto le pelli che lo ricoprivano estrasse una selce scheggiata in forma di pugnale, che teneva appesa ad una stringa di cuoio, ed iniziò a fiutare l'aria. Tutto d'intorno era tornato un silenzio assoluto.
Hayena lo stava osservando. Sapeva che l'unico modo per entrare in contatto con l'uomo era quello di batterlo in combattimento, altrimenti sarebbe rimasta uccisa o prigioniera senza possibilità di contrattazioni. Poteva abbandonare il contatto, eppure il motivo per cui si trovava lì era proprio quello di cercare una forma di socializzazione; sicuramente non venatoria.
In una lotta corpo a corpo avrebbe sicuramente perso. Doveva usare l'astuzia per giocare al meglio le sue armi.
Prese una freccia dalla sua faretra e prese lentamente la mira. L'altro stava ancora cercando con lo sguardo, ma indagava nella direzione in cui si era svolto il suo inseguimento, mentre la donna aveva tagliato la strada del suo circuito a semicerchio e l'aspettava da un'altra direzione.
Un dardo dalla punta annerita al fuoco si conficcò nel tronco proprio di fianco all'uomo, altezza collo, facendo sussultare il cacciatore. Un avvertimento o un colpo fallito per pochi centimetri?
L'uomo cacciò un urlo che rimase senza risposta, toccò il bordo della freccia seguendolo verso la direzione da cui era stato scagliato; ma Hayena silenziosa e rapida si era già spostata in tutt'altra posizione.
L'uomo si chinò ad ascoltare, fiutando e scrutando ogni particolare, senza tuttavia percepire nulla.
Tigre e bue muschiato erano ormai lontani, ma il silenzio era irreale.
Si rialzò per guardare più lontano, ma nulla. Che fare? Tornare al campo? L'aveva scampata bella, rischiando di venire abbattuto dall'urto col bue selvatico ed ora non se la sentiva da solo di intraprendere un combattimento con ominidi. Eppure non poteva rischiare di farsi colpire alle spalle.
Attimi di indecisione, mentre la rada foresta sembrava abbandonata da ogni essere animale.
Quando, passato altro tempo, si sentì più sicuro mosse qualche passo verso una radura.
Fece appena in tempo a sentire una specie di urlo strozzato, qualcosa gli si stava lanciando contro.
Si voltò di scatto alzando il pugnale e brandendo una lancia, ma l'essere di fronte a lui fece una specie di capriola, una ruota appoggiando le braccia èer terra e piombandogli addosso.
Due forti cosce gli si attanagliarono al collo, sbilanciandolo e facendolo cadere a terra ribaltato.
In un attimo si trovò disteso, un ominide sopra di lui lo stringeva al collo con le cosce immobilizzandolo e stringendogli il respiro. Seduto sul petto, spostò le cosce dal collo per bloccargli le braccia, subito sotto le spalle.
Il combattimento era stato così fulmineo che non aveva trovato nemmeno il tempo di opporre la minima resistenza.
Con un'improvvisa contrazione delle braccia riuscì quasi a sbalzare l'avversario, ma questo gli serrò il collo con una mano, minacciando con una pietra scheggiata di tagliargli la gola.
Sopra il suo petto ora si trovava un cacciatore vestito di pelli, sicuramente della sua razza, eppure mai visto dalle sue parti. Gli occhi allungati ed i capelli neri e dritti, la pelle poco più scura.
Il ragazzo, ancora imberbe, lo guardava minaccioso, eppure lentamente allentò la stretta alla gola, agevolandogli il respiro.
Hayena fece appello al lessico imparato dalla sua compagna, sperando che fosse simile almeno in qualche vocabolo, a quello dell'uomo.
-Non ti voglio uccidere- la bassa voce da contralto della donna, suonò all'uomo come quella di un forte giovane al termine dell'adolescenza.
-Chi sei?- rispose quello, che forse aveva capito alcune parole.
-Il mio nome è Hayena-
I due stettero ad osservarsi, scrutandosi negli occhi.
L'uomo con una forte contrazione degli addominali riuscì a divincolarsi e a scalzare la donna, ma uno sguardo di terrore lo bloccò, la bocca aperta, come paralizzato.
Hayena si voltò scorgendo la tigre che silenziosamente le si avvicinava al fianco.
Riprese il comando stendendo nuovamente l'avversario sotto il suo corpo, mentre quello non riusciva a capacitarsi del perchè la tigre non sbranasse entrambi.
Il felino si avvicinò alla ragazza strusciandole il muso e la guancia contro la coscia nuda, accennando a delle fusa. L'uomo, pallido e sudato sembrava che trattenesse il respiro, pronto a morire.
La situazione era ormai sotto il completo controllo della cacciatrice. Ogni decisione era nelle sue facoltà.
Fu in quel momento che Hayena si ricordò di alcuni rituali del suo clan, in particolare quello destinato ai prigionieri di cui si era decretata la morte.
Per non perdere la forza e il coraggio dell'avversario, le donne della tribù venivano fatte accoppiare ai prigionieri, che venivano uccisi subito dopo l'eiaculazione, per estrarne le energie più forti e primordiali. Una specie di rito della mantide religiosa che nelle generazioni portava a rinforzare la genìa inserendo nuovo patrimonio genetico ed impedendo l'indebolimento della razza dovuto all'accoppiamento tra consanguinei.
Continuando a minacciare lo sconfitto con la lama della selce, la ragazza si slacciò con l'altra mano i lacci del perizoma, sotto il gonnellino di pelle.
Ormai conosceva l'eccitazione ed il piacere sessuale, sperimentato più volte con la compagna che aveva salvato da morte.
Con la vulva liberata dagli indumenti, scivolò sul ventre del prigioniero, sedendosi sul pube.
Mentre la tigre annusava il volto dell'uomo terrorizzato, Hayena, distogliendo lo sguardo, sciolse i legacci delle pelli che gli coprivano i fianchi, liberandone i genitali.
Mentre allo sguardo di terrore si mescolava un'espressione di stupore, Hayena cominciò a strofinare la vulva sul membro dell'uomo, iniziando a sospirare per il piacere che ne traeva e provocandone l'erezione.
-Che cosa stai facendo?- sussurrò l'uomo, ormai incredulo per lo stupore.
La tigre non gradì le parole avvicinandosi con un sommesso ringhio e mostrando i canini.
L'uomo ammutolì, incrociando lo sguardo della tigre, vicinissimo, mentre Hayena gli prese in mano l'asta sedendovisi sopra con decisione.
Non abituata a quella grossolana penetrazione, ben più spessa delle dita delicate di Haky, trasalì per il breve dolore lacerante della completa deflorazione, rimanendo ferma col membro ben piantato dentro di lei.
L'uomo aveva fulmineamente scostato lo sguardo da quello della tigre per posarlo su quello della ragazza che nell'atto gli aveva strappato un gemito di piacere.
Che razza di rituale stava subendo da parte di questa persona che mai aveva incontrato nella regione? Chi era e da dove veniva questo intruso e, soprattutto, dove si era infilato la sua verga?
Poi con quella tigre che gli fiatava sul collo....
Hayena, passata la fitta di dolore aveva cominciato a sollevarsi lentamente sulle ginocchia per poi risedersi sulla vita dell'uomo, ad ogni passaggio agevolando l'introduzione nella sua intimità sempre più bagnata.
Iniziando a gemere, con gli occhi socchiusi per il piacere, si slegò le cinghie che le coprivano il petto, liberando il seno, lucido di sudore per la lotta appena conclusa.
Lo stupore si mescolava al piacere che l'uomo stava cominciando a provare.
Dimenticandosi della tigre che sembrava assopita di fianco a loro, allungò le mani affondandole nei grossi seni dalle larghe areole scure della ragazza. I capezzoli duri e contratti denotavano il gradimento della ragazza per la penetrazione virile e per la presa al seno.
Hayena si liberò del tutto delle pelli che le coprivano il pube, svincolando la sua preda dall'imbarazzo di un rapporto anale con un rappresentante dello stesso sesso.
Appoggiò le braccia dritte sulle spalle dell'uomo per facilitare il movimento del bacino sul membro del partner. Il seno, gonfio e prosperoso ondeggiava davanti allo sguardo della vittima, che dal duplice rischio di morte violenta, si trovava inaspettatamente al centro di un focoso rapporto sessuale con una donna fertile ed attraente.
Il movimento del bacino della ragazza aumentava di ritmo, accompagnata dai gemiti che ne evidenziavano il crescente piacere.
L'uomo ansimando con sospiri sempre più profondi, appoggiò le mani sui fianchi della ragazza, come per assecondarla nei suoi movimenti. La vulva bagnata, gocciolava umori sul membro lucido.
-Qual è il tuo nome?- riuscì ancora a sussurrare la ragazza al suo amante.
-Zmutt....- rispose quello, contraendo di colpo gli addominali e serrando le mani sulla vita della donna, subito scosso dai sussulti dell'orgasmo.
L'inedita sensazione di sentirsi inondata di liquido caldo nella profondità del suo bacino aumentò l'eccitazione della donna che in breve, strusciando la vulva sul pube del maschio, il pene ben piantato in profondità, raggiunse un orgasmo vaginale finora mai provato in modo così intenso.
Si accasciò sul muscoloso petto dell'uomo appoggiandone i seni sul volto e rimanendo come assopiti per qualche minuto.
Quando sentì il pene dell'uomo rimpicciolirsi e scivolarle fuori, si rialzò rilasciando un fiotto di liquido che ricadde sull'uomo.
Si guardò la vulva per capire la natura di quel fluire ed escludere che si trattasse del flusso di sangue cui ciclicamente era abituata.
Lanciò ancora uno sguardo all'uomo che dopo l'orgasmo la guardava con un misto di tenerezza e gratitudine, uno stupore che sembrava non poter trovare pace.
La donna ricoprì il corpo sensuale ed invitante sotto la pelle di tigre dei suoi indumenti.
-Sei libero, Zmutt, non voglio la tua morte!-
Riprese le sue armi e si allontanò di corsa.
La tigre, avvicinatasi, fiutò l'uomo, che scattò per il nuovo terrore, ma dopo aver volto il capo nella direzione in cui era scomparsa la ragazza, con un balzo prese la corsa e scomparve.
di
scritto il
2020-09-11
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