La mamma e la zia 2

di
genere
incesti

Quando entro nella stanza loro sono già lì. Il letto disfatto, i cuscini sparsi, la finestra semiaperta che lascia entrare una striscia di aria fredda.
Sento l’odore delle loro pelli, il profumo dei capelli che si mescola a quello acido e crudo del sesso. È un odore che mi spinge addosso la fame, che mi tende ancora di più il cazzo già duro, gonfio sotto la pelle.
La zia — schiena larga, seni pieni, occhi neri che non arretrano — è sdraiata a pancia in su, la bocca socchiusa, le gambe divaricate, le cosce già bagnate, segnate di umori.
La mamma — più minuta, i fianchi stretti, la bocca tagliata, gli occhi pieni di malizia — le si muove sopra, le morde piano il capezzolo, lo lecca, lo tira tra i denti, poi ci gioca con la lingua, lascia la scia della saliva sulla pelle tesa.
Non parlano. Si limitano a muoversi, a sfiorarsi, a stringersi le mani, a mordersi le labbra. Quando mi vedono non smettono. Vogliono farmi capire che qui, adesso, sono loro a tenere il centro della scena.
Non dico niente.
Mi avvicino, resto nudo, lascio che il mio corpo parli da solo. Il cazzo che mi precede, lucido, pronto, la pelle che suda già.
La mamma alza la testa, mi fissa negli occhi, poi mi prende per il fianco e mi tira verso il letto. Mi abbasso, sento il calore dei loro corpi, la zia mi fa spazio tra le gambe, la mamma si inginocchia davanti a me, il seno della zia ancora tra le mani.
Mi afferro il cazzo, lo porto vicino alla bocca della mamma. Lei non aspetta, mi lecca piano dalla base alla punta, gira la lingua intorno al glande, mi bagna tutto di saliva, poi lo passa sulla bocca della zia.
La zia apre le labbra, mi prende dentro, lenta, senza mai abbassare lo sguardo. La sento succhiare, la bocca calda, la lingua che gioca sul frenulo, le labbra che stringono, le dita che mi prendono per il culo e mi tirano dentro ancora di più.
La mamma le tiene i capelli, la guida, la costringe a prendersi tutto il cazzo in gola, a non fermarsi finché non mi sente toccare il fondo.
«Così, brava. Voglio sentirti soffocare…» le sussurra all’orecchio, e la zia geme, sbava, il filo di saliva che le cola dal mento sulle tette, sul petto già bagnato.
Cambio posizione, senza chiedere. La mamma mi prende il cazzo, lo pulisce con la lingua, lo succhia forte, si fa sentire, si fa vedere.
La zia si alza appena, si inginocchia dietro di lei, le passa la lingua sulla schiena, sulle spalle, poi le morde il collo, le mani che scivolano tra le cosce, le dita che le aprono la figa, la sento già bagnata, già pronta.
Mi sposto, guardo la scena, mi godo lo spettacolo delle loro bocche che si cercano, delle lingue che si intrecciano, delle mani che si affondano ovunque.
Poi prendo la mamma per i fianchi, la giro, la metto a quattro zampe davanti a me, la figa lucida che pulsa tra le cosce.
Le passo la punta del cazzo tra le labbra gonfie, la sento che si apre, che si allarga per me.
La zia si sdraia sotto di lei, la prende per la nuca, la guida verso la sua figa, le spalanca le gambe, la costringe a leccarla, a succhiarla forte, a non fermarsi.
La mamma geme, il suono sordo della lingua che lavora, delle dita che la tengono ferma.
Quando la penetro, la mamma si inarca, mi accoglie tutta, si apre, mi lascia entrare fino in fondo.
Affondo con forza, sento il rumore sordo della carne che sbatte, le palle che colpiscono le sue cosce, il fiato che le si spezza in gola.
La zia le tiene i capelli, la spinge ancora più giù sulla sua figa, la usa, le comanda ogni movimento, le sussurra parole sporche che mi arrivano solo a metà.
La stanza si riempie del rumore dei corpi, del respiro, dei gemiti, della saliva, dei fluidi che scorrono, della pelle che si segna, dei graffi che restano.
La mamma urla, mi supplica di scoparla più forte, di tenerla, di riempirla.
La zia le ordina di non fermarsi, di succhiare, di sporcare tutto il letto con la bocca e la figa.
Tiro fuori il cazzo, la mamma si gira, si inginocchia di nuovo, mi prende in bocca senza esitazione.
La zia si alza, si inginocchia accanto a lei, mi prende le palle tra le mani, le morde, le lecca, poi si alterna con la mamma, si scambiano il cazzo come fosse un trofeo, si passano la lingua sopra, mi succhiano le gocce di sborra che scappano prima del tempo.
Poi è la zia a prendere il comando. Mi spinge sul letto, si siede a cavalcioni sul mio petto, mi schiaccia con il peso delle sue cosce.
La mamma le si mette dietro, la penetra con le dita, la fa godere, la fa muovere su di me come una cavalla.
La zia mi prende il cazzo, lo guida nella sua figa, si abbassa lenta, mi sente entrare dentro, la sento che mi stritola, che si muove piano, poi sempre più forte, finché il letto non sbatte contro il muro, finché il sudore non scende a righe sulla schiena.

La mamma si china, mi lecca il petto, i capezzoli, mi morde la pancia.
Le mani ovunque, le lingue che scorrono, i denti che lasciano segni.
Cambio ancora, la zia si mette a quattro zampe, la mamma si sdraia sotto di lei, le lecca la figa mentre io la scopo da dietro, sento la carne che mi avvolge, gli umori che scivolano sulle cosce, il rumore della pelle contro la pelle, il corpo che trema a ogni spinta.
Poi la mamma si siede sulla faccia della zia, si fa leccare, mi guarda con gli occhi pieni di fuoco, la bocca aperta, la lingua di fuori, si masturba davanti a me, mi chiede di sborrare sulle loro facce, di sporcarle, di marchiarle tutte e due.
Resisto, non mi lascio portare via dal primo spasmo.
Le faccio cambiare ancora posizione, la mamma si siede sopra di me, mi prende tutto il cazzo dentro, si muove lenta, lo sente scivolare, affondare, la sento che si strizza intorno a me, la figa che mi succhia, le mani che mi artigliano il petto.
La zia le sta dietro, le lecca la schiena, le dita che giocano tra le chiappe, la lingua che scende fin sotto, la fa urlare, la fa venire mentre mi monta come una bestia.
Il letto trema, i cuscini cadono, la stanza sa solo di sesso e carne.
Quando vengo, lo faccio con un urlo che non trattengo, la mamma mi stringe dentro, la zia la tiene ferma, mi sento svuotare, la sborra che riempie tutto, cola fuori, sporca le cosce, il cazzo che pulsa ancora, il cuore che batte a martellate.
Restiamo così, a pezzi, i corpi intrecciati, la pelle sudata, il fiato che si incrocia.
La mamma sdraiata sul petto, la zia che la abbraccia da dietro, le mani che si cercano ancora, le bocche che si leccano via il sudore, la saliva, il resto.
Nessuno parla.
Solo il rumore del nostro respiro che si calma, la stanza che puzza di sesso e trionfo.
Mi sento ancora dentro di loro, anche adesso che sono fuori, anche adesso che il corpo si abbandona e resta solo la memoria sporca della fame, della sottomissione, del piacere violento e feroce che abbiamo spartito.
Le guardo: la mamma mi sorride, la zia le morde piano la spalla, mi fissa negli occhi, non abbassa mai lo sguardo.
Capisco che no non è finita.
Che tra poco la fame tornerà, che i corpi chiederanno ancora, che le mani si riapriranno per prendere, per cedere, per possedere e lasciarsi possedere, senza più nessuna distanza.
Restiamo fermi solo il tempo di ritrovare il fiato.
Il letto ancora sporco di fluidi, i corpi aggrovigliati, la pelle segnata da morsi, graffi, sudore che non si asciuga mai.
Ma non c’è quiete, solo una pausa breve: la fame non passa, si riaccende sotto pelle, più feroce, più rabbiosa.

La mamma si alza per prima. Non dice niente: si inginocchia tra le gambe della zia, le apre le cosce con una decisione che sa di prepotenza, di rivendicazione.
La lingua scende a cercare il sapore che ho lasciato dentro di lei, lo succhia, lo lecca, lo raccoglie senza schifo, ci si sporca la faccia, lo fa apposta.
La zia allarga le gambe, le solleva sulle spalle della mamma, la spinge ancora di più, la stringe coi polpacci.
Si lascia andare, la figa ancora aperta, pulsante, umida di tutto.
Chiude gli occhi, si morde le labbra, geme forte.
Quando la mamma le infila due dita dentro, la fa urlare, si inarca, la mano che le artiglia i capelli, il busto che si solleva dal materasso.
La mamma la tiene giù, la scopa con la bocca, con le dita, con una cattiveria che mi fa sentire il sangue nelle tempie, il cazzo che ricomincia a svegliarsi nonostante la fatica.

Mi avvicino alle loro spalle, il cazzo già di nuovo mezzo duro, la mano che lo strofina.
La zia si volta, mi vede, spalanca la bocca e mi fa cenno di avvicinarmi.
La mamma la tiene ferma, ma allunga la mano verso di me, mi tira a sé, mi prende il cazzo e se lo infila in bocca.
Me lo succhia con furia, mi fa sentire i denti, la lingua, la gola, come se volesse spolparmi, svuotarmi, annientarmi di nuovo.
La zia si stende di lato, la figa che pulsa ancora, le dita della mamma che non smettono di muoversi dentro di lei, il corpo che trema, il sudore che le bagna la fronte.

Mi inginocchio sul letto, la mamma a bocca piena, la zia che le morde la spalla, le graffia la schiena, la possiede anche mentre viene sottomessa.
Cambio posizione, tiro su la zia, la metto in ginocchio davanti a me, le faccio aprire la bocca, le passo il cazzo sulle labbra, glielo spingo dentro senza chiedere.
Lei sbava, soffoca, mi stringe le cosce, mi guarda negli occhi e non si tira indietro.
La mamma si sdraia dietro di lei, le apre le chiappe, la lecca, la penetra con le dita, la scopa piano e poi forte, le urla addosso di non fermarsi, di prendere tutto, di lasciarsi sventrare.

Le tengo la testa tra le mani, la uso, la scopo in gola, sento la saliva che cola, che bagna tutto, la sento tirare indietro la lingua, stringere, soffocare e poi riprendersi aria, ma non la lascio andare.
La mamma si infila sotto, mi lecca le palle, il perineo, la sento che mi apre il culo con la lingua, ci infila la punta dentro, mi fa sentire completamente sottomesso, spoglio, bestiale.
Per un attimo lascio andare ogni controllo, mi abbandono, lascio che siano loro a comandare.
Le mani che mi graffiano, la bocca che mi succhia, la lingua che mi prende, le dita che mi dilatano, la carne che si infiamma.

Poi riprendo il controllo.
Afferro la mamma, la ribalto sulla schiena, le apro le gambe di forza, la figa che gronda, le infilo due dita dentro, la apro, la faccio urlare, poi la scopo con il cazzo che pulsa, duro di rabbia, di stanchezza, di desiderio feroce.
La zia mi si mette dietro, mi bacia la schiena, mi morde il collo, le sue mani che mi strizzano i capezzoli, mi pizzicano i fianchi, mi usano mentre io uso la mamma.

La mamma mi graffia il petto, mi lecca il sudore, mi morde le labbra, mi urla addosso di non fermarmi, di riempirla di nuovo, di scoparla più forte, di lasciarle il segno.
Io obbedisco: affondo tutto, la scopo con cattiveria, la faccio venire più volte, la sento tremare, perdere il controllo, mi sento sfinire ma non mi fermo.

La zia si inginocchia accanto, prende la testa della mamma tra le mani, la bacia a fondo, la lingua che si intreccia alla sua, le dita che si infilano tra le labbra, che le fanno succhiare la sborra, la saliva, il sudore, tutto quello che siamo.

Quando sento che sto per venire, tiro fuori il cazzo, le due bocche aperte, le lingue di fuori, mi masturbo davanti a loro, sborro sulle facce, sulle bocche, sulle tette, la sborra che cola lenta, che viene raccolta, leccata, spalmata su ogni centimetro di pelle.

La mamma mi guarda con la faccia sporca, ride, si pulisce il mento con la lingua, poi si gira, si inginocchia davanti alla zia, le lecca la sborra dalla pelle, dalla bocca, dalle tette, la fa sua, la marchia a sua volta.
La zia la prende per i capelli, la costringe a restare lì, la bacia sporca, le morde la lingua, le succhia le dita.

Non c’è più differenza tra chi domina e chi si sottomette: siamo solo carne che si avvinghia, che si prende, che si divora e si offre, senza regole, senza limiti.

Crolliamo insieme, stremati, la pelle che brucia, i corpi che odorano di sesso, i respiri che si aggrovigliano nell’aria.
Non parliamo, ci basta il silenzio rotto dai sospiri, dalle lingue che cercano ancora un po’ di piacere, dalle mani che non smettono di accarezzare, di pizzicare, di accendere un altro fuoco che brucia anche nel sonno.
scritto il
2025-12-18
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