Dominato da mia moglie. La storia di Karen e Mike Secondo episodio

di
genere
dominazione

Intanto, Karen sembrava sempre più delusa dal mio discorso, “Santo cielo! Non posso credere che tu pensi davvero una cosa del genere. Gianluca ha semplicemente preferito mettere la volontà di sua moglie sopra quella di tutti noi. Non ci vedo niente di dominante da parte di Laura o di sottomesso da parte di Gianluca in tutto questo.”
Stava cominciando ad innervosirsi e non avevo intenzione di litigare con lei, tanto che decisi di fare marcia indietro.
“Ma sì, forse hai ragione tu, tesoro,” convenni.
Ma ormai il dialogo aveva preso una china particolare e, mentre io avrei interrotto il discorso volentieri, mia moglie non sembrava più averne voglia.
“Mi fa piacere che siamo d’accordo. Però vorrei approfondire meglio la questione di Gianluca e del suo rapporto con Laura. Mi piacerebbe capire meglio qual è il tuo pensiero.”
Sospirai innervosito da quella sua voglia di voler continuare per forza quel discorso, ma non seppi trattenermi. “Oh, insomma, Karen, non ho detto nulla di particolare. Semplicemente mi dà fastidio vedere il mio più caro amico ridotto a uno smidollato.” Karen mi guardò negli occhi. “Fammi comprendere meglio, Mike. Se Gianluca non comanda, deve essere per forza considerato uno smidollato? Uno zerbino?”
Sospirai di nuovo. “Uffa, Karen, Ho detto quello che dovevo dire. Non potremmo cambiare discorso?”
Come se non mi avesse sentito per niente, mia moglie proseguì imperterrita. “E… Fammi capire, Mike. Chi comanda nella nostra relazione?”
La guardai sbarrando gli occhi. Sapevo di essermi messo in un brutto guaio. Karen era dolce e tenera, ma anche testarda. Capace di chiedere scusa pur di non bisticciare con me, ma anche di andare fino in fondo, se riteneva di stare nel giusto. Le feci un bel sorriso.
“Nessuno di noi due comanda, tesoro. Il nostro è un rapporto paritario.” A quel punto, cercavo di chiudere ogni polemica, anche perché le mie idee iniziali, appena cioè saputo che saremmo andati a casa prima del previsto, erano quelle di concedermi una bella serata di sesso con lei. Erano tre o quattro giorni che non lo facevamo, e quella sera era stata particolarmente deliziosa con quel vestitino che le stava un incanto, al contrario di quando andava a lavorare in cui vestiva in modo austero, come se avesse timore di farsi notare. Con la conseguenza che l’avevo desiderata per tutta la serata. Ma non avevo fatto i conti con la testardaggine di Karen.
“Bene! Mi fa piacere sentirtelo dire. Però a questo punto sono un po’ confusa. Perché dovresti preoccuparti se Gianluca comanda o no nella relazione con sua moglie?” Alzai le spalle e Karen proseguì. “Cerco di spiegarmi meglio. Tu prima hai detto che se fossi stata io a volermene andare a casa, tu avresti tentato in tutti i modi di convincermi per far vedere che a casa comandi tu. Perché prima hai sostenuto questa tesi se pensi davvero che nessuno comanda e che la nostra relazione è alla pari?”
Mi ero messo nei guai. D’altronde, Karen era intelligente, e non potevo certo rigirarmela con le parole. Però cercai di districarmi.
“Tesoro, stai deformando il significato delle mie parole.”
Lei fece un sorrisino ironico. “Ah, sì?”
“Ma certo. Avrei soltanto un po’ di fastidio nel far vedere agli altri che è mia moglie a indossare i pantaloni.”
Lei scoppiò a ridere. “Oddio… Indossare i pantaloni… Una frase che usava mio nonno.”
“Va beh, significa che forse non sono così moderno nel linguaggio. Possiamo terminare qui?”
“No, amore. Vorrei capire bene che significato ha tutto questo per te. Vorrei comprendere, ad esempio, perché, se tu affermi che noi siamo alla pari, non potremmo averla vinta una volta tu e una io. Insomma, se dovessimo avere delle situazioni sulle quali non siamo d’accordo, sul tipo di quella che hanno avuto Laura e Gianluca, cosa ci sarebbe di male se una volta tu facessi ciò che voglio io e la volta seguente io facessi ciò che vuoi tu. Questo sarebbe davvero un rapporto paritario.”
Scossi la testa. “Tu non capisci, Karen. Le persone, gli uomini in particolare, tenderanno sempre a ricordare le situazioni in cui io ho accettato la tua volontà, piuttosto che il contrario. E’ una questione di percezione delle cose.”
Mia moglie si alzò sbuffando. Era chiaro che quel discorso non le piaceva affatto. “No, non capisco. Spiegami per quale motivo la gente dovrebbe ricordarsi delle situazioni in cui tu hai fatto ciò che volevo e non il contrario.”
“Perché sarebbe una cosa anomala. Andiamo, Karen, possibile che tu non capisca? La gente si aspetta che sia l’uomo a farsi carico delle decisioni.”
Mia moglie mi osservò in modo strano, come se fosse la prima volta che mi vedeva.
“ Quindi, se ho capito bene, la gente si aspetterebbe che tu, in qualità di maschio, prenda tutte le decisioni. E ti aspetti che la stessa cosa accada nelle altre coppie. Giusto?”
“Esatto, tesoro. E’ proprio quello che volevo intendere,” risposi pensando che quel dialogo si fosse finalmente interrotto. Ma mi sbagliavo di grosso. Karen assunse un’espressione corrucciata e contrariata.
“Mike, ti rendi conto di ciò che hai appena detto? Tu hai la volontà che gli altri vedano in te l’uomo dominante, quello che comanda e prende le decisioni. E poi mi vieni a dire che il nostro rapporto è paritario?”
Era proprio così e, facendo un rapido ragionamento, mi resi conto anche del motivo. Io subivo psicologicamente il fatto che fosse lei quella che guadagnava di più. Era vero che non me lo aveva fatto mai pesare, che era stata proprio lei a dirmi di dedicarmi al mio sogno di scrivere il libro, ma rimaneva il fatto che economicamente dipendevo quasi esclusivamente da lei. La gente lo sapeva e quindi, quasi inconsciamente, per evitare che gli altri pensassero che io fossi succube di mia moglie a causa del suo maggior potere economico, assumevo un’aria da marito dominante, e la dolcezza di Karen, il suo desiderio di accontentarmi in virtù del suo amore, mi soddisfaceva, e mi faceva ritenere quello che in gergo si chiama "l’uomo di casa", anche se i soldi che guadagnavo erano davvero pochini, soprattutto considerando quelli che invece guadagnava lei.
“Cosa vuoi che ti dica? Per me il nostro è un rapporto paritario. Non puoi negare il contrario. Mi darebbe fastidio però che qualcuno potesse pensare che sono una specie di femminuccia che si fa comandare dalla moglie. Soprattutto nel nostro caso.”
Karen fece un sorriso amaro. “ Perché sono io a guadagnare di più? Non ti ho mai rinfacciato niente.”
“Lo so e ti ringrazio. Anche se spero che in futuro le cose possano cambiare,” ammisi. “Rimane il fatto che non ho intenzione di passare per una femminuccia.”
“E quindi, per non passare da femminuccia, devi fare il maschio dominante?” mi domandò rimettendosi seduta sul divano, senza però avere più contatto con me come aveva fatto prima, quando aveva messo le sue gambe sulle mie. Aveva un’aria strana, un’aria che non aveva mai avuto in vita sua. Non almeno da quando la conoscevo io.
“Non dico che io debba fare il maschio dominante, ma almeno dare la dimostrazione che sono io tra noi due quello decisionista.”
“Mi sembra abbastanza in contrasto con ciò che avevi affermato prima, e cioè che il nostro è un rapporto paritario. Dimmi le cose come stanno, Mike. Perché è evidente che tu pensi che, solo per il fatto di essere maschio, debba essere tu quello che decide, quello che ha il controllo.”
“Non ho detto questo.”
“Oh, sì che l’hai detto. Hai detto che devi essere tu quello decisionista, e possibilmente farlo davanti ad altri, in modo che tutti si rendano conto che a casa comandi tu.”
Quella discussione mi stava innervosendo come mai in passato mi era capitato con mia moglie. Sbuffai.
“Ok. E’ quello che penso,” ammisi dopo qualche secondo, facendole fare una risata nervosa.
“Bene! Alla fine non ce l’hai fatta più a trattenerti, e hai detto esattamente quello che pensavi. All’anima del rapporto paritario. Secondo te, in quanto uomo, devi decidere tu. Devi essere tu quello che comanda.”
Mi ero reso conto che mi stava mettendo in un angolo, ma ormai era tardi per ritrattare. Ebbene sì. Malgrado le capacità di mia moglie, malgrado la sua intelligenza, malgrado il fatto che fosse lei quella a portare a casa la maggior parte dei soldi, ero dell’idea che, in quanto maschio, dovessi essere io a decidere. Come era accaduto per millenni nel corso della storia. Decisi quindi di calare la maschera.
“Va bene, te lo concedo. Il mio pensiero è che il maschio debba essere tra i due quello dominante.”
“Perché”
“Perché? Perché è sempre stato così. E’ una questione di suddivisione dei ruoli.”
Karen si rialzò di nuovo. Era evidente che quel discorso l’aveva innervosita parecchio.
“Non ci posso credere. Non posso credere che tu, mio marito, pensi una cosa del genere. Ti stai comportando da zotico ignorante, e invece pensavo che tu fossi un progressista, un ragazzo attento a certe situazioni, sensibile. Ma ti rendi conto che tu vuoi ripetere millenni di errori fatti dalle società patriarcali? Vuoi per caso toglierci il diritto di voto?”
“Non dire scemenze.”
“Non sto dicendo scemenze, purtroppo.”
“Vuoi renderti conto che è una cosa naturale? Io sono l’uomo. Sono più grosso e più forte di te, ed è giusto che tra noi debba essere io ad avere il comando.”
“Ah, è per questo?”
Allargai le braccia. “Certo. La natura ci ha fatti più forti di voi donne proprio per poter avere il comando all’interno del rapporto.”
Fece un ennesimo sorriso ironico. “O forse pensi anche che voi uomini siete più intelligenti?”
Lo pensavo? Beh, a parte qualche eccezione, nel corso della storia la maggior parte dei geni erano stati uomini, e forse l’ipotesi che, anche sul piano intellettivo, noi fossimo superiori a loro, mi stava balenando, ma preferii non insistere su quel tasto e negai vistosamente.
“Mai sostenuta una cosa del genere.”
“Meno male. Dio sia lodato. Dunque, il tuo ragionamento sul fatto che gli uomini siano nati per comandare sulle donne, verte esclusivamente sulla fisicità. Voi siete più grossi e quindi più forti. Giusto?”
“Direi di sì.”
La vidi pensierosa, ma poi uno strano sorriso si accese nei suoi occhi e si formò sulla sua bella bocca.
“E se essere più grossi non significasse automaticamente essere più forti?”
“Beh, presumo che non sia il nostro caso.”
“Giusto. E tu cosa vorresti fare per assumere definitivamente il comando su di me? Vorresti approfittarti della tua ipotetica forza superiore per costringermi a fare ciò che tu vuoi?”
“Non dire idiozie. So di essere più forte e questo mi basta. E dovrebbe bastare anche a te.”
Vidi Karen socchiudere gli occhi, come se qualcosa di anomalo si stesse facendo strada nella sua mente. Di sicuro, stava pensando a qualcosa che ancora non riusciva a dirmi.
“C’è una cosa che non capisco del tuo ragionamento. Se non hai intenzione di mostrarmelo, che importanza può avere la forza fisica nel nostro caso?”
Rimasi perplesso, ma poi risposi deciso. “Te l’ho detto prima. Mi basta saperlo per sentirmi in grado di dettare le regole. E tu, come tutte le donne, dovresti renderti conto di essere più debole per accettare passivamente il fatto che sia l’uomo ad imporsi nella coppia.”
“Ma certo. Ma anche io ti rifaccio la domanda di prima. Il fatto che tu sia più grosso di me è evidente. Ma se tu non fossi quello più forte, malgrado la tua mole superiore alla mia?”
La guardai con qualche dubbio. Era quello a cui stava pensando? Sì, certo, era una patita dello sport, si allenava intensamente tutti i giorni, ma era magra. Impossibile pensare che potesse tenermi testa, anche se ero tutt’altro che uno sportivo. Però qualche dubbio mi stava venendo.
“Cosa vuoi sostenere? Pensi davvero che, per il semplice fatto di passare un paio d’ore al giorno in palestra e di correre appena te ne capita l’occasione, tu saresti in grado di sopraffarmi?”
Sorrise, ma quel sorriso un po’ sfrontato non mi piaceva. Non le apparteneva. Gli unici sorrisi che avevo imparato a conoscere di lei erano quelli dolci.
“Non è questo il problema. Tu hai appena sostenuto che quello dei due che è più forte, ha automaticamente il diritto di comandare. Presumo che questo valga anche nel caso che a dimostrarsi più forte sia la donna.”
Aveva pienamente ragione, ma ormai ero stanco di quella chiacchierata. “Amore, sono stanco. Non mi interessa chi comanda. Io ti amo e per me conta solo questo.”
“Anch'io ti amo, e te lo sto dimostrando ogni giorno, ma quello che hai detto non mi piace. Non riesco a pensare che sono andata in giro, ho dormito, ho fatto sesso con un uomo che pensa di essere superiore a me, e che ha il diritto di comandare per il semplice fatto di avere qualcosa in mezzo alle gambe.”
Era proprio arrabbiata. Anzi, più che arrabbiata, mi sembrava delusa.
“Ok, senti, Karen, le cose stanno così. Andiamo a dormire e vedrai che domani mattina questa discussione neanche ce la ricorderemo.”
Lei si alzò e mi venne di fronte. “ No. Prima definiamo bene l’argomento.”
Non l’avevo mai vista così. Continuava ad avere un sorriso ironico e sfrontato che mi faceva pensare che lei avesse qualche asso nella manica per dimostrarmi che le mie conclusioni fossero del tutto sbagliate.
“Cosa vuoi definire?”
“Le regole di comportamento all’interno del nostro rapporto. Tu hai detto che il più forte fisicamente della coppia ha il diritto di esercitare il potere. Spero che non ti rimangerai le parole. Bene, vediamo chi di noi due è davvero la persona più forte.”
Mi venne da sorridere. “Ma dai, è assurdo. Cosa vorresti fare? La lotta tra noi due? E' ridicolo.”
“Invece voglio proprio quello, Mike. Forse tu non conosci bene le mie potenzialità. E questo ti ha portato a dire un numero impressionante di stronzate che ti dovrai rimangiare.”
Mi sembrava una donna diversa. Dove era finita la dolce Karen? La bella ragazza accondiscendente?
“Andiamo, Karen. Vuoi ergerti a paladina del genere femminile?”
“Anche. Voglio soprattutto dimostrarti le sciocchezze che hai detto. E cioè che un uomo ha il diritto di comandare quasi per dono divino. No, mio caro. Se proprio uno dei due deve avere il comando, che sia davvero quello più forte, a prescindere dal sesso.”
“Karen, sono quasi il doppio di te.”
Lei mi prese la mano costringendomi a mettermi in piedi di fronte a lei. “Siamo alti uguali, e probabilmente ho più muscoli io di te. I tuoi chili in più dipendono da altri fattori. Credo che stasera tu la ricorderai per il resto della tua vita. Se vuoi davvero essere il maschio dominante, me lo dovrai dimostrare. Aiutami a spostare il tavolo.”
La guardai allargando le braccia. “Non posso crederci. Vuoi davvero fare la lotta?”
“E’ proprio quello che voglio. Se è come dici tu, ovvero che sei nettamente più forte di me, ti basterà afferrarmi una mano e sarei in tuo potere.”
Scossi la testa. Mi sembrava tutto assurdo. Però aveva ragione lei. Mi sarebbe bastato afferrarle una mano e il gioco si sarebbe chiuso senza troppi danni per entrambi. L’avrei costretta ad arrendersi e, finalmente, le avrei dimostrato di aver ragione. Anche perché ormai il mio orgoglio non poteva prevedere che potessi tirarmi indietro. Certo, più la vedevo e più mi immaginavo che proprio semplice non avrebbe dovuto essere. Lei era tonica, in forma smagliante, mentre io ero decisamente flaccido. Ma il mio braccio era molto più grosso del suo. Qualcosa però non mi quadrava? Perché lei era così sicura? E cosa faceva in palestra? Non me ne era mai fregato niente. Era una cosa sua e non ero mai voluto entrare nei particolari. A me interessava che, qualunque cosa facesse, i risultati fossero quelli di farle avere un corpo da sballo. Pertanto, presumevo che facesse tutte quelle cose che facevano le donne in palestra, qualche peso leggero, un po’ di aerobica e poco altro.
Spostammo il tavolo e ora nel salone avevamo fatto un bel po’ di spazio. Ci mettemmo uno di fronte all’altra. Non potevo immaginare che da quel momento la mia vita sarebbe cambiata del tutto.

Fine secondo episodio. Se volete commentare questa storia, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
scritto il
2025-12-12
4 2
visite
1
voti
valutazione
9
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

Continua a leggere racconti dello stesso autore

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.