Dominato da mia moglie. La storia di Karen e Mike Terzo episodio
di
Davide Sebastiani
genere
dominazione
Terzo episodio
Vedevo Karen sorridere con le mani nei fianchi. Ostentava sicurezza, e la cosa mi innervosiva. Anche perché ero un uomo tutt’altro che avvezzo alla lotta. Persino da adolescente, quando i maschi si picchiavano per un nonnulla, io non l’avevo mai fatto. Non ero però mai stato nemmeno il classico ragazzo secchione che pensa soltanto a studiare e a giocare ai videogames. Malgrado avessi ottimi risultati negli studi, e in particolare nelle materie letterarie, amavo divertirmi, uscire con le ragazze, senza però prevaricare nessuno con la forza bruta. Insomma, ero una via di mezzo, rispettato e con un buon numero di amici. Tutto questo, per dire che la lotta non faceva per me. Mi definivo semmai un intellettuale appassionato di cruciverba e del cinema d’autore. Ma ormai il danno era fatto e avrei dovuto dimostrare a mia moglie, alla donna che amavo con tutto me stesso, di essere davvero la persona in grado di poter comandare all’interno del nostro rapporto.
“Quali sono le regole?” le chiesi sempre più agitato.
“Direi che potrebbe vincere chi dei due riesce a far arrendere l’avversario per tre volte. Che ne dici?”
“Ok. Niente colpi bassi.”
“Perfetto! E tu niente colpi al seno. Salvaguardiamo le nostre parti più delicate. Ci si arrende battendo tre volte sul pavimento o sul corpo dell’avversario.”
“Ok,” dissi accennando contemporaneamente anche sì con la testa. E ora? Cosa avrei dovuto fare? Mi avvicinai a mia moglie che invece rimase praticamente immobile. Forse lei involontariamente mi aveva dato il consiglio giusto su come finirla presto. Dovevo afferrarle le braccia e costringerla alla resa. Non ero capace a lottare, ma pensavo che la mia forza fisica avrebbe dovuto essere nettamente superiore alla sua. Decisi quindi di prendere l’iniziativa. Partii alla carica cercando con le mie mani di afferrare le sue, ma fu lei a fare l’esatto contrario. Mi afferrò il polso della mano sinistra e me lo torse violentemente facendomi addirittura gridare dal dolore. Dopodiché, fu per lei un gioco da ragazzi agganciarmi la caviglia e farmi cadere di schiena, con lei sopra di me che continuava a torcermi il polso. Sentivo un dolore incredibile, e Karen ci aggiunse anche il suo ginocchio sulla pancia. Fui costretto a battere tre volte sul pavimento e immediatamente mia moglie mi rilasciò.
“E uno,” mi disse ironicamente. “Adesso però devi fare qualcosa di meglio se vuoi dimostrarmi di essermi superiore e di avere il diritto di comandare.”
Si era rimessa con le mani sui fianchi, e con quel sorrisino ironico che sembrava essersi stampato sul suo volto. Schiumai rabbia. Mi stava ridicolizzando, e tutte le mie buone intenzioni andarono a farsi friggere. Dovevo dimostrarle davvero chi meritava di comandare. Non avevo idea su quale tattica usare e decisi di puntare tutto sulla foga e sulla mia mole massiccia. Andai addosso a lei come un bufalo infuriato. Errore! Grosso errore! Karen mi attese come se avesse letto i miei pensieri, e mi arrivò un calcio allo stomaco che la mia mole attutì in parte, ma che mi lasciò senza fiato e senza difese. Karen ne approfittò e rifece esattamente ciò che aveva fatto prima, ovvero mi afferrò il polso e lo torse facendomi di nuovo urlare dal dolore. E, più cercavo di divincolarmi, e più lei lo torceva facendomi male. Aveva il pieno controllo del mio corpo e mi guardava dall’alto in basso.
“Ti conviene arrenderti, Mike.” Era controllata, calma, come se sapesse esattamente ciò che stava facendo. E forse lo sapeva davvero. Il calcio che mi aveva dato non era da principiante. Mi veniva in mente la sua frase detta poco prima di iniziare quella stupida lotta "Tu non conosci le mie potenzialità". Cazzo, le stavo scoprendo e, se avessi avuto un briciolo di buon senso, avrei dovuto arrendermi immediatamente dandogliela vinta. Invece, digrignai i denti
“Fanculo!” Per tutta risposta, lei aumentò la torsione e poi mi diede due tremendi schiaffi. Mia moglie mi aveva preso a schiaffi e io non ero in grado di reagire. Non ero mai stato umiliato così in vita mia. Avrei voluto scoppiare a piangere, soprattutto osservando lei, la mia bellissima mogliettina, assolutamente padrona della situazione mmentre io ero impossibilitato a fare qualsiasi cosa e mi trovavo interamente nelle sue mani.
“Non si dicono certe cose alla propria moglie,” disse con buona dose di ironia dopo avermi dato quei due ceffoni. Senza abbandonare la presa dolorosissima sul mio polso, mi spinse facendomi di nuovo cadere, sempre con lei sopra di me. Cercai di ribaltare la situazione, ma non ottenni praticamente nulla se non girarmi. Karen però era sempre sopra di me, e oltre al polso aveva afferrato anche il mio collo.
“Cazzo! Soffoco,” urlai sempre provando a disarcionarla, visto che la sua posizione era come quella di una cavallerizza sopra al suo quadrupede.
“Arrenditi, Mike. Non puoi fare niente e, se ti è rimasto un po’ di buon senso, dovresti aver capito che non hai la minima possibilità di liberarti.”
Non risposi. La mia mano libera annaspava l’aria. Sembrava che non potessi proprio fare niente e, visto che non risposi, Karen aumentò ancor di più la torsione.
“Aaagh. Oddio, mi stai spezzando il braccio.”
“Colpa tua, idiota. Lo so che fa male,ì ma, se tu ti arrendessi, potresti interrompere la tortura.” Aveva cambiato tono di voce. Era più roca, come se fosse… Come se fosse eccitata. Si muoveva sopra di me come se fosse davvero sopra un cavallo. Non potevo far altro che arrendermi.
“Sì, sì, mi arrendo,” urlai battendo la mia mano a terra per tre volte. Senza però ottenere nulla. Continuò a muoversi sopra di me come se… Come se stesse scopando. Si fermò respirando affannosamente. Ero convinto che avesse avuto un orgasmo, ma non mi sembrava il caso di dirglielo, e tanto meno lei me lo disse. Quello che più contava per me era che mi avesse lasciato finalmente libero. Eravamo entrambi, per motivi diversi, affannati. Se la mia sensazione si fosse rivelata giusta, Karen si era eccitata nel sentirsi più forte di me. Assurdo a pensarlo anche solo unora prrima. Pian piano ci rialzammo entrambi. La spalla mi faceva impazzire dal dolore.
La guardai rabbioso. “Ma che volevi dimostrare?”
Lei si era nel frattempo ricomposta. “Volevo dimostrare di essere più forte di te. Era quello lo scopo della lotta.”
“Avresti potuto spezzarmi il braccio.”
Lei sorrise. “Oops, forse sono addirittura più forte di quanto pensassi.”
Mi resi conto che ero impossibilitato a muovere perfettamente il braccio tanto che, in modo del tutto inconscio, tenevo bloccato sotto il petto. Non avevo alcuna possibilità di farcela contro di lei, a maggior ragione con il braccio in quelle condizioni. Avrei dovuto arrendermi, riconoscere la sua superiorità e sentirmi anche orgoglioso che una ragazza del genere fosse proprio mia moglie. E invece noi maschi abbiamo un grosso difetto. Beh, ne abbiamo tanti, ma quello che misi in mostra quella sera fu l’orgoglio. Ma non l’orgoglio declinato al suo giusto verso, come quello di essere felice di dividere la vita con una ragazza tanto bella quanto capace, ma l’orgoglio della peggiore specie, quello che non ci fa capire quando è il caso di smettere e di accettare serenamente la sconfitta. Soprattutto poi se l’altro contendente è una femmina. Decisi quindi di trasformare il mio stupido orgoglio in vigliaccheria. Sì, agii da vigliacco. Resomi conto della mia inferiorità, decisi di coglierla di sorpresa. Senza attendere l’inizio della lotta, mi gettai addosso a Karen e con la mia spalla sana la colpii sullo stomaco. Mi resi conto di essere stato violento in quanto vidi mia moglie quasi alzarsi in volo. Non cadde a terra, ma avevo ottenuto quello che volevo ovvero renderla inoffensiva per diversi secondi, tanto da poter avere il tempo di avvicinarmi a lei e di afferrarle entrambe le mani come era nella mia intenzione primaria. Dovevo averle fatto abbastanza male perché, per diversi secondi, non ebbe la forza di replicare e, malgrado il mio braccio sofferente, la stavo mettendo sotto di brutto. Le mie mani stringevano le sue e stava scivolando sempre più a terra. Ma poi le cose iniziarono a cambiare e la mia posizione di predominio non era più così netta. Mi stavo rendendo conto che mia moglie, passato il primo momento di crisi per la spallata in pieno stomaco che l’aveva resa inerme, stava ribaltando la situazione dimostrandosi non solo più agile, ma anche più forte fisicamente. Non riuscivo a crederci. Stavo di nuovo soccombendo malgrado fossi stato io a coglierla di sorpresa. Mi dicevo che dipendeva dal braccio che era ridotto male, ma le cose cambiavano poco. Mi spinse a ridosso del muro e io mi ritrovai sempre più giù, con la mia schiena che scivolava inesorabilmente lungo quel muro fino a ritrovarmi in ginocchio. E lei si dimostrò velocissima e agile, oltre che maledettamente forte. Facendo leva proprio sul mio braccio dolorante, mi voltò e mi costrinse con la faccia a terra. Ancora una volta, mi resi conto di non poter far niente. Provai a mettermi in ginocchio cercando in quel modo di poterla poi disarcionare, ma non ottenni nulla se non farmi intrappolare la mia gamba sinistra con la sua. E come prima, mi resi conto che quella situazione stava eccitando di nuovo Karen. Si strofinava la fica sulla mia schiena. Godeva e mi sottometteva. Mi sentii improvvisamente una nullità. Mia moglie stava disponendo di me come meglio le piaceva, usandomi persino per la sua libido. La sentii infatti sussultare. Molto probabilmente, era riuscita ad avere un nuovo orgasmo mentre mi rendeva inoffensivo. Pazzesco! Ma non era finita. Sentivo il suo corpo vibrare e cercare qualcosa del mio corpo che facesse contatto con la sua fica e la trovò nella mia spalla dolorante. Era chiaro che volesse provocarsi un altro orgasmo. Sempre tenendomi completamente bloccato, si strofinava la sua fica con la mia spalla. Urlavo dal dolore e le chiesi di terminare quella tortura, ma non ottenni risposta. Era eccitata come non l’avevo mai vista in vita mia. Mi resi conto che aveva avuto ciò che cercava ovvero l’ennesimo orgasmo, perché i suoi movimenti rallentarono di colpo. Io intanto, dovevo fare i conti non soltanto con la spalla, ma anche con la gamba che era dolorosamente piegata. Non ce la facevo più. Ero distrutto, dolorante in ogni parte del corpo, vinto, completamente battuto da mia moglie.
“Basta, Karen, ti prego. Credo che la spalla sia rotta.”
Malgrado la mia implorazione, la sentii sghignazzare. “Penso che questo risolva definitivamente la questione. Chi è più forte di noi due, ciccio?”
Ebbi un moto di ribellione. Non tolleravo quel nomignolo. Non mi sentivo un ciccione per pochi chili in più.
“Non chiamarmi ciccio.”
Sentii la sua presa rafforzarsi ancora di più e ciò mi costrinse a lanciare l’ennesimo urlo della serata. “ i chiamo come cazzo mi pare. Non sei più in grado di dettare le tue regole. Allora ciccio Mike, chi è più forte?”
“Tu, sei più forte tu, ma adesso lasciami andare per favore. Non ce la faccio più.” Malgrado mi fossi arreso, e malgrado avessi ammesso che la più forte era lei, Karen non mi lasciava. Era evidente che ci stava provando un tremendo piacere nel tenermi sotto controllo. Ma la situazione stava peggiorando. Per qualche motivo, forse per il fatto che lei stava mezza nuda a stretto contatto con me, avevo avuto, in modo del tutto istintivo, una mezza erezione e mia moglie se ne accorse.
“Guarda, guarda. Amore, potevi dirmelo che ti eccitavi nel prendere le botte.” Era ironica ovviamente. E con un bel po’ di cattiveria, dote che non credevo le appartenesse. Con il piede libero, spinse in giù i miei boxer per far uscire il mio membro che ovviamente saltò fuori come spinto da una molla e, sempre col piede, iniziò a sfregarlo facendomi eccitare ancora di più. Mi sentivo come se mi stesse violentando. Avevo le lacrime agli occhi, e il dolore sempre più lancinante faceva il resto. Ma era soprattutto psicologicamente che mi stava distruggendo. Ero un giocattolo nelle sue mani. Continuava a toccarmi il pene con il suo piede e la mia eccitazione cresceva sempre di più. Sentivo che sarei durato ben poco in quelle condizioni, con lei che continuava a sfregarmi il membro col suo piede
“Ti prego, Karen, mi sono arreso. Lasciami libero. Non puoi farmi questo.” Mi ero umiliato, avevo ammesso la sua superiorità, ma questo evidentemente non le bastava.
“Tu proprio non hai capito. Da adesso tu devi fare quello che voglio e quando lo voglio.” Era ormai quasi invasata. Accidenti a me, a Laura e a Gianluca che avevano dato il là alla nostra discussione. Karen proseguiva imperterrita a gestire il mio desiderio che era diventato senza più grande. Tentai l’ultima sortita e provai a fermarle la gamba con la quale mi toccava il pene, ma mia moglie spinse ancor di più la mia testa sul pavimento. “E’ inutile che provi a toglierti da questa situazione,” aggiunse infatti dopo aver neutralizzato il mio tentativo.
Stavo ormai per venire. Il mio cazzo pulsava sempre di più e Karen se ne accorse dirigendo il pene in direzione della mia faccia senza che io potessi far niente e, quando arrivò l’eiaculazione, lo schizzo fu talmente violento che lo sperma mi colse in pieno in volto e persino sui capelli. Solo allora mia moglie decise che fosse giunto il momento di lasciarmi. Rimasi però in quella posizione, quasi incapace di rialzarmi, con le lacrime agli occhi che riuscii, con un minimo di controllo, a non far uscire, anche se ne sentivo un bisogno disperato. Ma, se pensavo che le umiliazioni fossero terminate, mi sbagliavo di grosso. Karen si era rialzata e sentivo il suo sguardo su di me. Cosa avrebbe pensato di me? Non ebbi il tempo di trovare una risposta perché mi mise il piede sulla faccia. Era il piede col quale era riuscita a farmi avere l’eiaculazione ed era sporco del mio sperma.
“Leccalo e pulisci il mio piede,” mi ordinò.
Alzai lo sguardo verso di lei e la implorai. “Ti prego, non farmi questo.”
Mia moglie sorrise e si inginocchiò per mettersi di fronte a me, e poi mi afferrò il mento. “Non hai capito un cazzo, Michele. Tu farai ciò che ti ordino. Adesso e sempre. Altrimenti ricomincio a dartele di brutto. Hai detto che chi è più forte deve avere il controllo? Beh, quella più forte sono io. Lecca il tuo sperma dal mio piede. E ti consiglio di farlo per bene.”
Feci di sì con la testa. Obiettare non sarebbe servito a niente in quel momento. Era fuori controllo ed era meglio acconsentire. Misi la mia lingua sul suo piede e leccai quel poco di sperma che vi era sopra. La maggior parte era invece sulla mia faccia e sui capelli. Ed era stata un’eiaculazione potentissima, forse la più potente che avessi mai avuto, e non riuscivo a comprenderne il motivo. Leccai fino a che il più piccolo rimasuglio di sperma non era scomparso e, per fortuna, potei constatare come il sapore non era pessimo come avrei immaginato. Lo avrei definito completamente insapore. Mi rialzai e vidi la soddisfazione stampata sul suo bel viso. Raccolsi i vestiti che mi ero tolto prima della lotta e andai a farmi una doccia, al termine della quale non andai però nella camera da letto, ma mi trasferii in quella degli ospiti. Dovevo riflettere sulla situazione. Non volevo lasciarla. L’amavo ancora, ma quello che mi aveva fatto era imperdonabile. Non mi aveva soltanto sconfitto, ma mi aveva umiliato, e ci aveva goduto nel farlo. E quella sensazione di impotenza di fronte a lei era stata tremenda.
Per commentare questo racconto, inviate una mail a
davidmuscolo@tiscali.it
Vedevo Karen sorridere con le mani nei fianchi. Ostentava sicurezza, e la cosa mi innervosiva. Anche perché ero un uomo tutt’altro che avvezzo alla lotta. Persino da adolescente, quando i maschi si picchiavano per un nonnulla, io non l’avevo mai fatto. Non ero però mai stato nemmeno il classico ragazzo secchione che pensa soltanto a studiare e a giocare ai videogames. Malgrado avessi ottimi risultati negli studi, e in particolare nelle materie letterarie, amavo divertirmi, uscire con le ragazze, senza però prevaricare nessuno con la forza bruta. Insomma, ero una via di mezzo, rispettato e con un buon numero di amici. Tutto questo, per dire che la lotta non faceva per me. Mi definivo semmai un intellettuale appassionato di cruciverba e del cinema d’autore. Ma ormai il danno era fatto e avrei dovuto dimostrare a mia moglie, alla donna che amavo con tutto me stesso, di essere davvero la persona in grado di poter comandare all’interno del nostro rapporto.
“Quali sono le regole?” le chiesi sempre più agitato.
“Direi che potrebbe vincere chi dei due riesce a far arrendere l’avversario per tre volte. Che ne dici?”
“Ok. Niente colpi bassi.”
“Perfetto! E tu niente colpi al seno. Salvaguardiamo le nostre parti più delicate. Ci si arrende battendo tre volte sul pavimento o sul corpo dell’avversario.”
“Ok,” dissi accennando contemporaneamente anche sì con la testa. E ora? Cosa avrei dovuto fare? Mi avvicinai a mia moglie che invece rimase praticamente immobile. Forse lei involontariamente mi aveva dato il consiglio giusto su come finirla presto. Dovevo afferrarle le braccia e costringerla alla resa. Non ero capace a lottare, ma pensavo che la mia forza fisica avrebbe dovuto essere nettamente superiore alla sua. Decisi quindi di prendere l’iniziativa. Partii alla carica cercando con le mie mani di afferrare le sue, ma fu lei a fare l’esatto contrario. Mi afferrò il polso della mano sinistra e me lo torse violentemente facendomi addirittura gridare dal dolore. Dopodiché, fu per lei un gioco da ragazzi agganciarmi la caviglia e farmi cadere di schiena, con lei sopra di me che continuava a torcermi il polso. Sentivo un dolore incredibile, e Karen ci aggiunse anche il suo ginocchio sulla pancia. Fui costretto a battere tre volte sul pavimento e immediatamente mia moglie mi rilasciò.
“E uno,” mi disse ironicamente. “Adesso però devi fare qualcosa di meglio se vuoi dimostrarmi di essermi superiore e di avere il diritto di comandare.”
Si era rimessa con le mani sui fianchi, e con quel sorrisino ironico che sembrava essersi stampato sul suo volto. Schiumai rabbia. Mi stava ridicolizzando, e tutte le mie buone intenzioni andarono a farsi friggere. Dovevo dimostrarle davvero chi meritava di comandare. Non avevo idea su quale tattica usare e decisi di puntare tutto sulla foga e sulla mia mole massiccia. Andai addosso a lei come un bufalo infuriato. Errore! Grosso errore! Karen mi attese come se avesse letto i miei pensieri, e mi arrivò un calcio allo stomaco che la mia mole attutì in parte, ma che mi lasciò senza fiato e senza difese. Karen ne approfittò e rifece esattamente ciò che aveva fatto prima, ovvero mi afferrò il polso e lo torse facendomi di nuovo urlare dal dolore. E, più cercavo di divincolarmi, e più lei lo torceva facendomi male. Aveva il pieno controllo del mio corpo e mi guardava dall’alto in basso.
“Ti conviene arrenderti, Mike.” Era controllata, calma, come se sapesse esattamente ciò che stava facendo. E forse lo sapeva davvero. Il calcio che mi aveva dato non era da principiante. Mi veniva in mente la sua frase detta poco prima di iniziare quella stupida lotta "Tu non conosci le mie potenzialità". Cazzo, le stavo scoprendo e, se avessi avuto un briciolo di buon senso, avrei dovuto arrendermi immediatamente dandogliela vinta. Invece, digrignai i denti
“Fanculo!” Per tutta risposta, lei aumentò la torsione e poi mi diede due tremendi schiaffi. Mia moglie mi aveva preso a schiaffi e io non ero in grado di reagire. Non ero mai stato umiliato così in vita mia. Avrei voluto scoppiare a piangere, soprattutto osservando lei, la mia bellissima mogliettina, assolutamente padrona della situazione mmentre io ero impossibilitato a fare qualsiasi cosa e mi trovavo interamente nelle sue mani.
“Non si dicono certe cose alla propria moglie,” disse con buona dose di ironia dopo avermi dato quei due ceffoni. Senza abbandonare la presa dolorosissima sul mio polso, mi spinse facendomi di nuovo cadere, sempre con lei sopra di me. Cercai di ribaltare la situazione, ma non ottenni praticamente nulla se non girarmi. Karen però era sempre sopra di me, e oltre al polso aveva afferrato anche il mio collo.
“Cazzo! Soffoco,” urlai sempre provando a disarcionarla, visto che la sua posizione era come quella di una cavallerizza sopra al suo quadrupede.
“Arrenditi, Mike. Non puoi fare niente e, se ti è rimasto un po’ di buon senso, dovresti aver capito che non hai la minima possibilità di liberarti.”
Non risposi. La mia mano libera annaspava l’aria. Sembrava che non potessi proprio fare niente e, visto che non risposi, Karen aumentò ancor di più la torsione.
“Aaagh. Oddio, mi stai spezzando il braccio.”
“Colpa tua, idiota. Lo so che fa male,ì ma, se tu ti arrendessi, potresti interrompere la tortura.” Aveva cambiato tono di voce. Era più roca, come se fosse… Come se fosse eccitata. Si muoveva sopra di me come se fosse davvero sopra un cavallo. Non potevo far altro che arrendermi.
“Sì, sì, mi arrendo,” urlai battendo la mia mano a terra per tre volte. Senza però ottenere nulla. Continuò a muoversi sopra di me come se… Come se stesse scopando. Si fermò respirando affannosamente. Ero convinto che avesse avuto un orgasmo, ma non mi sembrava il caso di dirglielo, e tanto meno lei me lo disse. Quello che più contava per me era che mi avesse lasciato finalmente libero. Eravamo entrambi, per motivi diversi, affannati. Se la mia sensazione si fosse rivelata giusta, Karen si era eccitata nel sentirsi più forte di me. Assurdo a pensarlo anche solo unora prrima. Pian piano ci rialzammo entrambi. La spalla mi faceva impazzire dal dolore.
La guardai rabbioso. “Ma che volevi dimostrare?”
Lei si era nel frattempo ricomposta. “Volevo dimostrare di essere più forte di te. Era quello lo scopo della lotta.”
“Avresti potuto spezzarmi il braccio.”
Lei sorrise. “Oops, forse sono addirittura più forte di quanto pensassi.”
Mi resi conto che ero impossibilitato a muovere perfettamente il braccio tanto che, in modo del tutto inconscio, tenevo bloccato sotto il petto. Non avevo alcuna possibilità di farcela contro di lei, a maggior ragione con il braccio in quelle condizioni. Avrei dovuto arrendermi, riconoscere la sua superiorità e sentirmi anche orgoglioso che una ragazza del genere fosse proprio mia moglie. E invece noi maschi abbiamo un grosso difetto. Beh, ne abbiamo tanti, ma quello che misi in mostra quella sera fu l’orgoglio. Ma non l’orgoglio declinato al suo giusto verso, come quello di essere felice di dividere la vita con una ragazza tanto bella quanto capace, ma l’orgoglio della peggiore specie, quello che non ci fa capire quando è il caso di smettere e di accettare serenamente la sconfitta. Soprattutto poi se l’altro contendente è una femmina. Decisi quindi di trasformare il mio stupido orgoglio in vigliaccheria. Sì, agii da vigliacco. Resomi conto della mia inferiorità, decisi di coglierla di sorpresa. Senza attendere l’inizio della lotta, mi gettai addosso a Karen e con la mia spalla sana la colpii sullo stomaco. Mi resi conto di essere stato violento in quanto vidi mia moglie quasi alzarsi in volo. Non cadde a terra, ma avevo ottenuto quello che volevo ovvero renderla inoffensiva per diversi secondi, tanto da poter avere il tempo di avvicinarmi a lei e di afferrarle entrambe le mani come era nella mia intenzione primaria. Dovevo averle fatto abbastanza male perché, per diversi secondi, non ebbe la forza di replicare e, malgrado il mio braccio sofferente, la stavo mettendo sotto di brutto. Le mie mani stringevano le sue e stava scivolando sempre più a terra. Ma poi le cose iniziarono a cambiare e la mia posizione di predominio non era più così netta. Mi stavo rendendo conto che mia moglie, passato il primo momento di crisi per la spallata in pieno stomaco che l’aveva resa inerme, stava ribaltando la situazione dimostrandosi non solo più agile, ma anche più forte fisicamente. Non riuscivo a crederci. Stavo di nuovo soccombendo malgrado fossi stato io a coglierla di sorpresa. Mi dicevo che dipendeva dal braccio che era ridotto male, ma le cose cambiavano poco. Mi spinse a ridosso del muro e io mi ritrovai sempre più giù, con la mia schiena che scivolava inesorabilmente lungo quel muro fino a ritrovarmi in ginocchio. E lei si dimostrò velocissima e agile, oltre che maledettamente forte. Facendo leva proprio sul mio braccio dolorante, mi voltò e mi costrinse con la faccia a terra. Ancora una volta, mi resi conto di non poter far niente. Provai a mettermi in ginocchio cercando in quel modo di poterla poi disarcionare, ma non ottenni nulla se non farmi intrappolare la mia gamba sinistra con la sua. E come prima, mi resi conto che quella situazione stava eccitando di nuovo Karen. Si strofinava la fica sulla mia schiena. Godeva e mi sottometteva. Mi sentii improvvisamente una nullità. Mia moglie stava disponendo di me come meglio le piaceva, usandomi persino per la sua libido. La sentii infatti sussultare. Molto probabilmente, era riuscita ad avere un nuovo orgasmo mentre mi rendeva inoffensivo. Pazzesco! Ma non era finita. Sentivo il suo corpo vibrare e cercare qualcosa del mio corpo che facesse contatto con la sua fica e la trovò nella mia spalla dolorante. Era chiaro che volesse provocarsi un altro orgasmo. Sempre tenendomi completamente bloccato, si strofinava la sua fica con la mia spalla. Urlavo dal dolore e le chiesi di terminare quella tortura, ma non ottenni risposta. Era eccitata come non l’avevo mai vista in vita mia. Mi resi conto che aveva avuto ciò che cercava ovvero l’ennesimo orgasmo, perché i suoi movimenti rallentarono di colpo. Io intanto, dovevo fare i conti non soltanto con la spalla, ma anche con la gamba che era dolorosamente piegata. Non ce la facevo più. Ero distrutto, dolorante in ogni parte del corpo, vinto, completamente battuto da mia moglie.
“Basta, Karen, ti prego. Credo che la spalla sia rotta.”
Malgrado la mia implorazione, la sentii sghignazzare. “Penso che questo risolva definitivamente la questione. Chi è più forte di noi due, ciccio?”
Ebbi un moto di ribellione. Non tolleravo quel nomignolo. Non mi sentivo un ciccione per pochi chili in più.
“Non chiamarmi ciccio.”
Sentii la sua presa rafforzarsi ancora di più e ciò mi costrinse a lanciare l’ennesimo urlo della serata. “ i chiamo come cazzo mi pare. Non sei più in grado di dettare le tue regole. Allora ciccio Mike, chi è più forte?”
“Tu, sei più forte tu, ma adesso lasciami andare per favore. Non ce la faccio più.” Malgrado mi fossi arreso, e malgrado avessi ammesso che la più forte era lei, Karen non mi lasciava. Era evidente che ci stava provando un tremendo piacere nel tenermi sotto controllo. Ma la situazione stava peggiorando. Per qualche motivo, forse per il fatto che lei stava mezza nuda a stretto contatto con me, avevo avuto, in modo del tutto istintivo, una mezza erezione e mia moglie se ne accorse.
“Guarda, guarda. Amore, potevi dirmelo che ti eccitavi nel prendere le botte.” Era ironica ovviamente. E con un bel po’ di cattiveria, dote che non credevo le appartenesse. Con il piede libero, spinse in giù i miei boxer per far uscire il mio membro che ovviamente saltò fuori come spinto da una molla e, sempre col piede, iniziò a sfregarlo facendomi eccitare ancora di più. Mi sentivo come se mi stesse violentando. Avevo le lacrime agli occhi, e il dolore sempre più lancinante faceva il resto. Ma era soprattutto psicologicamente che mi stava distruggendo. Ero un giocattolo nelle sue mani. Continuava a toccarmi il pene con il suo piede e la mia eccitazione cresceva sempre di più. Sentivo che sarei durato ben poco in quelle condizioni, con lei che continuava a sfregarmi il membro col suo piede
“Ti prego, Karen, mi sono arreso. Lasciami libero. Non puoi farmi questo.” Mi ero umiliato, avevo ammesso la sua superiorità, ma questo evidentemente non le bastava.
“Tu proprio non hai capito. Da adesso tu devi fare quello che voglio e quando lo voglio.” Era ormai quasi invasata. Accidenti a me, a Laura e a Gianluca che avevano dato il là alla nostra discussione. Karen proseguiva imperterrita a gestire il mio desiderio che era diventato senza più grande. Tentai l’ultima sortita e provai a fermarle la gamba con la quale mi toccava il pene, ma mia moglie spinse ancor di più la mia testa sul pavimento. “E’ inutile che provi a toglierti da questa situazione,” aggiunse infatti dopo aver neutralizzato il mio tentativo.
Stavo ormai per venire. Il mio cazzo pulsava sempre di più e Karen se ne accorse dirigendo il pene in direzione della mia faccia senza che io potessi far niente e, quando arrivò l’eiaculazione, lo schizzo fu talmente violento che lo sperma mi colse in pieno in volto e persino sui capelli. Solo allora mia moglie decise che fosse giunto il momento di lasciarmi. Rimasi però in quella posizione, quasi incapace di rialzarmi, con le lacrime agli occhi che riuscii, con un minimo di controllo, a non far uscire, anche se ne sentivo un bisogno disperato. Ma, se pensavo che le umiliazioni fossero terminate, mi sbagliavo di grosso. Karen si era rialzata e sentivo il suo sguardo su di me. Cosa avrebbe pensato di me? Non ebbi il tempo di trovare una risposta perché mi mise il piede sulla faccia. Era il piede col quale era riuscita a farmi avere l’eiaculazione ed era sporco del mio sperma.
“Leccalo e pulisci il mio piede,” mi ordinò.
Alzai lo sguardo verso di lei e la implorai. “Ti prego, non farmi questo.”
Mia moglie sorrise e si inginocchiò per mettersi di fronte a me, e poi mi afferrò il mento. “Non hai capito un cazzo, Michele. Tu farai ciò che ti ordino. Adesso e sempre. Altrimenti ricomincio a dartele di brutto. Hai detto che chi è più forte deve avere il controllo? Beh, quella più forte sono io. Lecca il tuo sperma dal mio piede. E ti consiglio di farlo per bene.”
Feci di sì con la testa. Obiettare non sarebbe servito a niente in quel momento. Era fuori controllo ed era meglio acconsentire. Misi la mia lingua sul suo piede e leccai quel poco di sperma che vi era sopra. La maggior parte era invece sulla mia faccia e sui capelli. Ed era stata un’eiaculazione potentissima, forse la più potente che avessi mai avuto, e non riuscivo a comprenderne il motivo. Leccai fino a che il più piccolo rimasuglio di sperma non era scomparso e, per fortuna, potei constatare come il sapore non era pessimo come avrei immaginato. Lo avrei definito completamente insapore. Mi rialzai e vidi la soddisfazione stampata sul suo bel viso. Raccolsi i vestiti che mi ero tolto prima della lotta e andai a farmi una doccia, al termine della quale non andai però nella camera da letto, ma mi trasferii in quella degli ospiti. Dovevo riflettere sulla situazione. Non volevo lasciarla. L’amavo ancora, ma quello che mi aveva fatto era imperdonabile. Non mi aveva soltanto sconfitto, ma mi aveva umiliato, e ci aveva goduto nel farlo. E quella sensazione di impotenza di fronte a lei era stata tremenda.
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