Quella birichina di mia suocera

di
genere
comici

Avevo capito subito che tirava una brutta aria. D’altra parte venticinque anni di vita insieme qualcosa avranno pure insegnato.
Era appena rientrata, la «mise» da dita nella presa elettrica. Mi fissava con gli occhi fuori dalle orbite.
“Che succede?” le domandai. In realtà sapevo benissimo cosa succedeva.
Era stata da sua madre, naturalmente. La sua vecchia mamma ultrasettantenne, nonna dei nostri ragazzi, che da qualche tempo a questa parte aveva iniziato a comportarsi in maniera – diremo così – disdicevole.
Prima, sempre disponibile, benigna e complice dei nipoti al punto che mia moglie l’accusava di averli troppo viziati. Ora, una furia scatenata – almeno per la figlia.
Che tutti i torti non li aveva. Ma soggetta a considerazioni di convenienza che escludevano la possibilità del libero arbitrio in una persona per tutta la sua vita conforme ad un comportamento retto e giudizioso, non riusciva ad essere oggettiva. Ed ora questo ritratto che si era fatta di sua madre era esploso in mille pezzi.
Perché, che cosa aveva fatto di così inaudito la vecchina rispetto al proprio stile di vita?
Ci aveva mandati affanculo. Non sto scherzando. E affanculo senza tante cerimonie, lei che per cavarle una parolaccia di bocca bisognava aspettare la morte del papa.
In salotto sapevo che mio suocero, il papà di mia moglie nonché ex marito della sciroccata, stava allungando l’orecchio per avere delle buone nuove. A quel punto c’era da aspettarsi notizie fresche, ma certo non buone.
“Era con lui”, sputò fuori mia moglie come se stesse cercando di liberarsi la bocca da uno scarafaggio.
Lo scarafaggio era Samuele. Samuele aveva già passato da poco la boa degli ottanta. Anche se suona ridicolo, Samuele era il nuovo boyfriend di mia suocera. Era a causa sua se ci trovavamo in quella situazione ridicola. Costretti ad ospitare il vecchio come farebbero i genitori con un figlio debosciato che non riesce a mantenere in piedi una relazione per più di due giorni di seguito.
Samuele era entrato di prepotenza nella nostra vita, sottraendo la nuova compagna al controllo e alla tutela dei familiari.
Una volta non trovandola a casa e irraggiungibile al telefono avevamo stabilito con troppa precipitazione di denunciarne la scomparsa. Immaginate la scena e l'irritazione degli appuntati quando mia moglie con gli occhi lucidi aveva risposto ad una chiamata dicendo testualmente “Sì mamma”. Accortasi della gaffe era ammutolita. Mancò poco che uscissimo noi dalla caserma con una denuncia.
La donna, che rivelava i primi segni di disorientamento senile, si era dapprima sbolognata dei ragazzi, la cui abitudine di installarsi su da lei per pranzo – abita due piani sopra – era sempre stata accolta con entusiasmo. Dopo, aveva fatto pressione per evitare che la figlia si intromettesse senza preavviso. “Faccio cambiare la serratura!”, aveva minacciato. “È impazzita”, conclusi io. “È colpa di quell’altro” replicò lei. E sebbene fosse innegabile la parte avuta da Samuele in tutta la faccenda, non era un cattivo uomo.
Anzi, a me Samuele piaceva. Era simpatico, volitivo. Quando parlava di mia suocera in termini che avrebbero fatto rabbrividire la figlia e me la figuravo così come la tratteggiava, mi scappava un sorriso di stupore. Le portava sempre dei fiori, si inginocchiava – operazione che impiegava non meno di un minuto per completarla – a declamare poesie d'amore, la portava spesso fuori a cena sull'auto nuova che aveva comprato appositamente per farle da cavaliere.
L’ultima volta che era salita dalla madre senza farsi annunciare era scoppiato un finimondo. Urla e strepiti che sembrava si stessero scannando. E in tutto questo, sul povero vecchio cacciato ed emarginato pesava l'assoluto divieto di comparizione.
Domenico, così si chiama mio suocero, che a differenza di Samuele è un succube patetico, aveva appena fatto in tempo a raccattare qualche straccio e restituire le chiavi prima che la bisbetica facesse volare tutto fuori dalla finestra. Ogni tanto mi chiamava per dire che c'era un pacco fuori sul pianerottolo, e che se nessuno lo portava via a sera sarebbe finito nella pattumiera. La cosa peggiore è che tra loro non esistevano le premesse per un odio così intenso da parte di una delle due parti: nessun rancore represso, nessuno tradimento salito a galla, nessuna conversione delle affinità all’ultimo minuto.
Così mia moglie si arrovellava per capire in che modo comportarsi per ricucire il rapporto dei genitori e far rinsavire la mamma, che evidentemente considerava impazzita del tutto.
“Sono entrata da lei”.
Mi accasciai contro lo schienale. “Gesù, lo sai che così va su tutte le furie”.
“Fammi parlare”, si incarognì. “Avevo sentito dei versi di dolore dalla porta. Mamma fa così quando non sta in piedi per il mal di schiena. E da quando è scoppiato il casino non c’è verso di aiutarla. O chiama quell’altro e lo aspetta oppure va in sofferenza acuta.
“Quindi sono entrata, e cosa dovevo fare? Lasciarla crepare? Ho chiamato a bassa voce, ma poi mi sono accorta che Samuele doveva già essere arrivato. Stavo per andarmene quando ho capito che la situazione non era delle migliori. Mamma aveva il fiato corto. Doveva soffrire da cani. Lo sai com’è”.
“Certo che lo so”, risposi. “È uno dei lasciti genetici di cui ti ha fatto dono”.
Era vero. Quando subentrava il mal di schiena per una e per l’altra diventava dolore puro, che solo antidolorifici potenti lenivano. Ma entrambe rifiutavano fino a che non potevano farne a meno di affidarsi alla chimica farmacologica – la consideravano stregoneria.
“Sono andata dritta e filata in camera da letto. Avevo il terrore che quello le stesse praticando un massaggio”.
Un massaggio! Oltre a soffrire come bestie di mal di testa e cefalee a grappolo, una cosa che il loro corpo rifiutava erano i massaggi muscolari, anche quando praticati da professionisti. Urla belluine come se le stessero scannando. La prima volta che mi ero azzardato eravamo scappati al pronto.
“E glielo stava facendo?”
“Ho spalancato la porta. Lei era sdraiata, lui le stava sopra”.
“Quando uno pensa di far del bene… Povero Samu”, lo commiserai. “Cosa poteva saperne?”
“Cosa poteva saperne?”, ringhiò mia moglie, “Cosa poteva saperne? Se la stava scopando, altro che massaggio!”
“Prego?” Faticavo a comprendere le informazioni che mi venivano comunicate. “Scopando?” Mi immaginavo Samuele con la scopa in mano a spazzare via la polvere da mia suocera. Fui lì lì per scoppiare a ridere, ma mi trattenni. Da dietro la porta chiusa udii mio suocero piagnucolare. “Ti starai sbagliando”.
“Sbagliando? Mia madre se ne stava a gambe aperte e godeva: ansimava e mugolava di piacere. E la sai una cosa? La sai una cosa?”, in crescendo. Scossi la testa. “Si erano girati a guardarmi e,e…
“Non stavano fermi, capisci? Non stavano fermi! Mi guardavano e quello si muoveva dentro mia madre, e mia madre lo accompagnava e sussurrava godo, godo, godo!” Poi scoppiò a piangere.
Io non sapevo che dire. Raffiguravo la scena come descritta e un’erezione istantanea mi strappò qualche pelo. La cinsi tra le braccia e nascondendo la mia espressione tra divertita ed eccitata dissi soltanto “Wow!”.
Che altro potevo dire? Dopotutto trovava conferma il pensiero che mia suocera fosse una grandissima puttana! Ah, se almeno avesse trasmesso quei geni alla figlia...
scritto il
2025-12-08
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