Serva di famiglia (parte 11)
di
Kugher
genere
sadomaso
Le mani di Camille erano tremanti ed incerte mentre preparava la cena.
La mente ancora sconvolta dagli eventi verso i quali si sentiva impotente. Una parte del suo cervello le diceva che era giusto, perché lei era un’ospite, anzi, una intrusa e, soprattutto, non avrebbe saputo dove andare. Dall’altra percepiva l’assurdità delle pretese, di quanto vissuto pochi minuti addietro. Michelle non era mai stata fatta inginocchiare a casa sua.
La preparazione fu breve, o lunga. Non lo sapeva. Non sapeva quanto tempo ci avesse impiegato.
Si recò in sala, dove vide Michelle e Nala che stavano parlando. La voce era bassa, oppure era forte il fischio che lei si sentiva nelle orecchie, ma non capì cosa stessero dicendo.
Si era fermata sulla soglia per avvisare che era pronto.
Vide Michelle che le stava sorridendo.
“Camille, tesoro, vieni qui”.
Il dito indice era rivolto verso il pavimento, accanto ai suoi piedi.
Camille capì, questa volta, cosa doveva fare. Si avvicinò e si inginocchiò davanti alla donna.
Michelle le accarezzò il viso, delicatamente.
“Tesoro, per dirci che i pasti sono pronti, ti avvicini e, come sei adesso, ce lo comunichi”.
Stava per aggiungere che, a scopo manipolatorio, le sembrava distaccato e informale il fatto che la comunicazione avvenisse dalla porta. La cosa però le sembrò eccessiva e tacque.
“Sì, scusami”.
Ancora quelle scuse che le uscirono senza averle voluto pronunciare. Camille si innervosì per questa cosa. Vide però che, alla sua pronuncia, il viso di Michelle si fece ancor più dolce, anzi, soddisfatto. Una ulteriore carezza si pose sul suo viso.
Camille si alzò e le precedette in cucina, dove aveva preparato la cena.
Appena le due donne entrarono, si fermarono sulla soglia. Anzi, Nala si stava avvicinando alla tavola ma, con un gesto che venne notato da Camille, Michelle la fermò.
“Camille, vieni qui”.
Il solito dito indicava il solito posto. Camille ne percepì l’inutilità, perché ormai aveva capito.
Così tornò indietro verso le due donne e verso la porta, che restava aperta, oltre la quale avrebbe potuto andare, senza sapere dove. Invece si fermò davanti a Michelle e si inginocchiò.
“Tesoro, io non ho mai cenato con voi. Adesso sei serva. Non puoi cenare con noi”.
La carezza al viso non mancava mai, così come il solito tono di voce.
Eppure era stata costruita una ulteriore barriera che l’aveva scaraventata lontanissimo.
Camille fece per alzarsi ed eseguire, ma la mano ferma di Michelle passò dal viso alla spalla, per tenerla giù.
“Altra cosa, metti la tovaglia pulita, che dovrai lavare subito dopo. Lo stesso per i tovaglioli. Anche i piatti. Lo so che ne abbiamo di diversi disegni, ma volta per volta metti quelli di disegno identico”.
Camille restò ferma, non sapendo se potesse alzarsi o meno.
“Ora vai ed obbedisci, da brava”.
“Sì, scusami”.
Ancora quella parola, ma ancora quella carezza in un mondo troppo duro fuori da casa.
Eseguì l’ordine. Pensava alla carezza. Pensava a casa sua. Sua mamma non l’accarezzava quasi mai.
Aveva capito come doveva comportarsi, come volevano essere servite, omaggiate. Il tempo nell’eseguire gli ordini le aveva restituito un po’ di lucidità e si era accorta del piacere delle due donne, che andava oltre la semplice comodità.
Lei non aveva mai provato piacere ad essere servita da Michelle, ma la situazione era diversa, molto diversa, troppo diversa.
Era la prima cena, e già molti paletti erano stati messi.
L’unica cosa che attraversava quelle barriere che venivano poste tra loro e lei, erano quelle carezze e quella voce morbida e delicata che, comunque, la rassicurava.
Sistemò la tavola, anzi, la rifece completamente, cambiando tovaglia, tovaglioli. Cercò i piatti dello stesso disegno e le posate uguali tra loro.
Poi si recò in sala dove le trovò sedute. Andò piano. Ora le orecchie non le fischiavano più e sperava di intercettare i loro discorsi, ma le trovò che stavano leggendo, o facendo finta di farlo.
Andò davanti a loro. Erano sedute una sulla poltrona ed una sul divano. Si mise in mezzo a loro due, in una posizione equidistante e si inginocchiò.
“La cena è pronta”.
Attese che si fossero alzate per farlo anche lei. Michelle, prima di andare in cucina, le si avvicinò e le diede altra carezza sotto il mento.
“Brava”.
La mente ancora sconvolta dagli eventi verso i quali si sentiva impotente. Una parte del suo cervello le diceva che era giusto, perché lei era un’ospite, anzi, una intrusa e, soprattutto, non avrebbe saputo dove andare. Dall’altra percepiva l’assurdità delle pretese, di quanto vissuto pochi minuti addietro. Michelle non era mai stata fatta inginocchiare a casa sua.
La preparazione fu breve, o lunga. Non lo sapeva. Non sapeva quanto tempo ci avesse impiegato.
Si recò in sala, dove vide Michelle e Nala che stavano parlando. La voce era bassa, oppure era forte il fischio che lei si sentiva nelle orecchie, ma non capì cosa stessero dicendo.
Si era fermata sulla soglia per avvisare che era pronto.
Vide Michelle che le stava sorridendo.
“Camille, tesoro, vieni qui”.
Il dito indice era rivolto verso il pavimento, accanto ai suoi piedi.
Camille capì, questa volta, cosa doveva fare. Si avvicinò e si inginocchiò davanti alla donna.
Michelle le accarezzò il viso, delicatamente.
“Tesoro, per dirci che i pasti sono pronti, ti avvicini e, come sei adesso, ce lo comunichi”.
Stava per aggiungere che, a scopo manipolatorio, le sembrava distaccato e informale il fatto che la comunicazione avvenisse dalla porta. La cosa però le sembrò eccessiva e tacque.
“Sì, scusami”.
Ancora quelle scuse che le uscirono senza averle voluto pronunciare. Camille si innervosì per questa cosa. Vide però che, alla sua pronuncia, il viso di Michelle si fece ancor più dolce, anzi, soddisfatto. Una ulteriore carezza si pose sul suo viso.
Camille si alzò e le precedette in cucina, dove aveva preparato la cena.
Appena le due donne entrarono, si fermarono sulla soglia. Anzi, Nala si stava avvicinando alla tavola ma, con un gesto che venne notato da Camille, Michelle la fermò.
“Camille, vieni qui”.
Il solito dito indicava il solito posto. Camille ne percepì l’inutilità, perché ormai aveva capito.
Così tornò indietro verso le due donne e verso la porta, che restava aperta, oltre la quale avrebbe potuto andare, senza sapere dove. Invece si fermò davanti a Michelle e si inginocchiò.
“Tesoro, io non ho mai cenato con voi. Adesso sei serva. Non puoi cenare con noi”.
La carezza al viso non mancava mai, così come il solito tono di voce.
Eppure era stata costruita una ulteriore barriera che l’aveva scaraventata lontanissimo.
Camille fece per alzarsi ed eseguire, ma la mano ferma di Michelle passò dal viso alla spalla, per tenerla giù.
“Altra cosa, metti la tovaglia pulita, che dovrai lavare subito dopo. Lo stesso per i tovaglioli. Anche i piatti. Lo so che ne abbiamo di diversi disegni, ma volta per volta metti quelli di disegno identico”.
Camille restò ferma, non sapendo se potesse alzarsi o meno.
“Ora vai ed obbedisci, da brava”.
“Sì, scusami”.
Ancora quella parola, ma ancora quella carezza in un mondo troppo duro fuori da casa.
Eseguì l’ordine. Pensava alla carezza. Pensava a casa sua. Sua mamma non l’accarezzava quasi mai.
Aveva capito come doveva comportarsi, come volevano essere servite, omaggiate. Il tempo nell’eseguire gli ordini le aveva restituito un po’ di lucidità e si era accorta del piacere delle due donne, che andava oltre la semplice comodità.
Lei non aveva mai provato piacere ad essere servita da Michelle, ma la situazione era diversa, molto diversa, troppo diversa.
Era la prima cena, e già molti paletti erano stati messi.
L’unica cosa che attraversava quelle barriere che venivano poste tra loro e lei, erano quelle carezze e quella voce morbida e delicata che, comunque, la rassicurava.
Sistemò la tavola, anzi, la rifece completamente, cambiando tovaglia, tovaglioli. Cercò i piatti dello stesso disegno e le posate uguali tra loro.
Poi si recò in sala dove le trovò sedute. Andò piano. Ora le orecchie non le fischiavano più e sperava di intercettare i loro discorsi, ma le trovò che stavano leggendo, o facendo finta di farlo.
Andò davanti a loro. Erano sedute una sulla poltrona ed una sul divano. Si mise in mezzo a loro due, in una posizione equidistante e si inginocchiò.
“La cena è pronta”.
Attese che si fossero alzate per farlo anche lei. Michelle, prima di andare in cucina, le si avvicinò e le diede altra carezza sotto il mento.
“Brava”.
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