Serva di famiglia (parte 10)

di
genere
sadomaso

Michelle guardava Nala e cercava, studiandone l’espressione, di capire le sue sensazioni. Sapeva che era un momento delicato. Lei stessa era ancora eccitata, moltissimo. La cosa andava ben oltre alla “semplice” comodità di avere una serva.
Quando questo ruolo apparteneva a lei stessa, sicuramente i datori di lavoro non erano eccitati. Era quasi sicura che il padre di Camille provasse piacere nel maltrattarla, ma immaginava fosse cosa diversa dall’eccitazione.
Lei invece si sentiva proprio la figa bagnata, il formicolio alla bocca dello stomaco, anzi, lo stomaco tutto che tremava al suo interno, il pensiero a tratti lucido e a tratti sconvolto dall’eccitazione della situazione.
Nala era pervasa da eccitazione pura. Aveva quella ragazza ai suoi piedi, l’aveva vista strisciare a terra per raggiungerla. Quel percorso era già piacere per lei, piacere amplificato quando si è fermata ai suoi piedi e gliene ha posato uno sopra.
Aveva una sensazione strana, però. Percepiva tutta la potenza della situazione, del rapporto umano che era andato piano piano in quella direzione, come una pallina che inizia a rotolare e, man mano che scende, si capisce dove è destinata ad arrivare, su un piano inclinato, però, sempre mutevole e infinito, della quale è intuibile la destinazione ma non noto il percorso esatto.
Era stata accolta da amica, poi ospite, poi intrusa. Erano seguiti i primi colloqui con la madre sul destino di quella ragazza. Avevano entrambe parlato di averla quale serva, e lei aveva per la prima volta provato emozione erotica nel pensarla in situazione di inferiorità.
L’eccitazione le era esplosa quando l’aveva vista a terra, ai piedi di sua madre, calma, docile.
Adesso era da lei. Si sentiva come al timone di una grande barca, con la tempesta emotiva dell’eccitazione inaspettata, anche se desiderata, che la sballottava come un mare in tempesta. Si sentiva il viso rosso, infiammato da quell’eccitazione che girava fortissima in tutto il corpo.
Avere quella persona ai piedi e sotto di essi. Quella situazione la faceva sentire quasi impotente in una situazione dove la potenza era nell’aria.
Non sapeva come procedere, cosa fare, se spingersi, se fermarsi e tutte le fantasie coltivate nel letto, la sera, sulla sua futura serva, le si accavallavano nella mente
Michelle comprese che doveva prendere in mano la situazione, avendo visto l’immobilizzazione della figlia. Fortunatamente lo sguardo di Camille era rivolto a terra e sperava che non avesse notato le incertezze.
“Camille, tesoro, vai a prepararci la cena”.
La voce morbida, come se si stesse rivolgendo ad un’amica, le veniva spontanea, non era artificiosa.
Nala tolse a malincuore il piede, pur essendo grata alla madre per averla tolta da quella situazione, in cui lei stessa si sentiva bloccata.
Camille si alzò per dirigersi in cucina.
“Sì, vado”.
Nonostante il turbinio interiore, aveva cercato di mantenere un tono neutro, pur essendo grata, nell’inconscio, per quel tono carezzevole che aveva vestito di gentile richiesta ciò che, in realtà, era un ordine.
Michelle l’aveva fatta arrivare fino alla soglia della porta.
“Camille, cara, vieni qui”.
Il dito indice indicava a terra davanti a lei. Non fu però sufficiente per colei che ancora doveva entrare nella parte effettiva, quella sorta di servitù che andava oltre al semplice servizio e che Michelle desiderava, voleva, pretendeva.
“Inginocchiati”.
Camille obbedì. Mentre si abbassava, tenne lo sguardo basso.
Michelle le mise la mano sotto il mento per invitarla ad alzare lo sguardo che si incontrò con il suo, facendole trovare occhi dolci, in contrasto con la situazione, ma delicati e quasi amorevoli, pari al tono usato.
“Tesoro, dovresti prima chiederci cosa desideriamo mangiare”.
Quella frase, apparentemente semplice, ebbe una grande forza verso Camille, che le fece ulteriormente capire il suo ruolo. Prima di allora già preparava i pasti, ma il più delle volte sceglieva lei, cercando di mediare con i gusti, ormai noti, di tutte e tre.
Da quel momento, quindi, i gusti personali di Camille vennero esclusi, e le venne sottratta ulteriore discrezionalità.
“Sì, scusami”.
Le uscì spontanea quella parola, non voluta, non pensata.
Aveva abbassato ancora lo sguardo e, ancora, la mano delicata di Michelle glielo fece alzare, posando poi carezze rassicuranti sul suo viso, carezze morbide, gentili.
“Non ti preoccupare tesoro, piano piano imparerai”.
Camille percepì, nuovamente, la forza del contrasto tra le carezze e la promessa che le avrebbero insegnato come avrebbe dovuto, in futuro, servire.
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2025-11-04
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