Un istante di calore

di
genere
confessioni

Ero Giorgia, diciannove anni, nuotatrice agonistica da quando ne avevo dodici. Il mio corpo era un’arma affilata: addome piatto, muscoli tesi sotto la pelle dorata, seni sodi di seconda misura che riempivano il costume a brasiliana come due pesche mature. I capelli mossi, neri e lucidi, mi arrivavano alle spalle, ancora umidi dopo l’allenamento.
Quel giorno, negli spogliatoi, l’aria era densa di vapore e profumo di cloro. Le docce scorrevano, le voci delle mie compagne rimbalzavano sulle piastrelle. Io mi sciacquai sotto il getto caldo, il costume appiccicato alla pelle, e quando uscii per asciugarmi notai una cosa che mi colpì come un pugno allo stomaco: tutte le mie amiche avevano la vagina depilata. Liscia, perfetta, senza un pelo. Io invece… io avevo un cespuglio nero, folto, che partiva dal basso ventre e invadeva le grandi labbra, nascondendole completamente. Mi sentii improvvisamente fuori posto, come se il mio corpo non appartenesse più al gruppo.
Tornata nello spogliatoio, tutte erano già uscite. Tranne Gabriella. Lei era lì, nuda dalla vita in giù, asciugamani in mano. La sua vagina era un’opera d’arte: labbra carnose, rosa tenue, perfettamente simmetriche, con il clitoride piccolo e nascosto come un segreto. Non un pelo, nemmeno un’ombra. La pelle era liscia come seta, leggermente lucida per l’umidità.
«Gabi,» dissi, la voce un po’ tremante, «come fai a essere così… perfetta lì sotto?»
Lei rise, senza malizia. «Estetista del centro dentro le piscine. Sono bravissime. E c’è anche un ragazzo, Alex, che è un mago con la cera. Ti passo il biglietto.»
Mi diede un cartoncino con numeri e orari. Io, ancora nuda, con l’asciugamano in mano, chiamai subito. «Pronto? Vorrei un appuntamento per depilazione intima completa. Domani? Perfetto.»
Il giorno dopo entrai nel centro estetico con il cuore che batteva forte. Diedi il nome, mi fecero accomodare in una stanza piccola, calda, con un lettino e un separé. «Togliti pantaloni e intimo, resta in canotta per comodità,» disse la voce dall’altoparlante.
Non avevo il reggiseno. La canotta rosa chiaro era attillata, semi-trasparente: i miei capezzoli piccoli e puntuti si vedevano chiaramente, rosa contro il tessuto. Sotto, un perizoma grigio in pizzo trasparente lasciava intravedere il cespuglio nero. Lo tolsi solo quando la porta si aprì.
Entrò lui. Alex. Alto, spalle larghe, muscoli definiti sotto la maglietta nera. Pensai stesse prendendo qualcosa, invece mi salutò con un sorriso professionale. «Ciao Giorgia, sono Alex. Sistemati sul lettino e togli le mutandine, iniziamo.»
Arrossii fino alle orecchie. «Un… uomo?» balbettai.
«Tranquilla, faccio questo da anni. Siamo professionisti.» La sua voce era calma, profonda. Mi misi a mio agio, lentamente. Mi sdraiai, tolsi il perizoma. Il cespuglio nero era lì, esposto, imbarazzante. Lui non batté ciglio.
Prima il borotalco, fresco sulla pelle. Poi un panno caldo sull’addome, che mi fece rilassare nonostante tutto. «Allarga le gambe, Giorgia. Così è più facile.»
Lo feci. Sentii l’aria sulla vagina, vulnerabile. Lui spalmò la cera calda, prima sulle grandi labbra, poi dentro, con precisione. Strappo. Un bruciore secco, ma non insopportabile. I miei capezzoli si indurirono all’istante, spingendo contro la canotta. Si vedevano perfettamente.
«Nuoti, vero?» chiese, mentre lavorava. «Perché non ti sei mai depilata tutta?»
«Pensavo… non fosse necessario,» mormorai, la voce rotta. «Non ci avevo mai fatto caso.»
«Tutte le nuotatrici vengono da me,» disse, strappando un’altra striscia. «Dico sempre: meno attrito, più velocità. E poi, è più igienico.»
Non sentivo dolore. Solo calore, e un’eccitazione che non volevo ammettere. Mi fece girare sul fianco, poi a pancia in giù. Depilò anche il sedere, l’ano, con la stessa precisione. Le mani ferme, professionali, ma ogni tocco mi faceva tremare.
Quando finì, spalmò una crema idratante. Prima sulle labbra, poi dentro, tra le pieghe. Le dita scivolarono lente, circolari. Sentii un’onda di piacere, calda, che saliva dal basso ventre. Serrai le cosce, trattenni il fiato. Lui continuò, sui glutei, tra le natiche, fino all’ano. Non dissi nulla.
«Tutto bene?» chiese.
Annuii, incapace di parlare.
Mi rivestii dietro il separé, le gambe molli. Prima di uscire, lo ringraziai. «Ci vediamo la prossima,» disse lui, porgendomi un biglietto con il suo numero privato. «Chiamami direttamente, salti la fila.»
Annuii di nuovo. Uscii con la vagina liscia, pulsante, come se fosse appena nata.
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scritto il
2025-10-31
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