La borsetta di Armani

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La borsetta di Armani

Stavo dormendo profondamente e sognavo di essere su una spiaggia della mia zona con Luca, un ragazzone di 38 anni amico di mio marito. Mi era sempre piaciuto e mi attizzava molto e spesso sognavo di fare sesso con lui. Da quando sono sposata lui era l'unico uomo che destasse in me un certo interesse sessuale oltre a mio marito. Se mi avesse fatto delle avances sono sicura che gli avrei ceduto ma lui da buon amico non si e mai permesso ed io non l'ho mai incoraggiato. Sul più bello sentii le mani di mio marito, che dormiva accanto a me, che mi abbassava lentamente le mutandine e con una mano mi accarezzava il sedere. Mi svegliai di soprassarlo.
"Che stai facendo?"
"Amore, ho voglia di te."
"Ho sonno, lasciami dormire domani mi aspetta una dura giornata di lavoro in ufficio."
"Ma io non riesco a dormire, sono troppo eccitato, Senti." disse prendendo la mia mano e portandola sul suo cazzo duro come il marmo.!
"Hai sognato qualcuna delle tua college che tanto ti arrapano?!
"Ma no, quale colleghe. Ho sognato te che scopavi con Luca."
" Come? Io scopavo con Luca e tu ti sei eccitato? Dissi seria, voltandomi verso di lui.
"Si amore, lo sai che l'idea di vederti scopare con lui mi eccita più di ogni altra cosa. Te l'ho detto gia altre volte."
" Si, me lo hai detto, ma pensavo che scherzassi, che lo dicessi solo per vedere la mia reazione. Ma vuoi davvero vedermi scopare con Luca?"
"Si amore, farei di tutto per vederti godere con lui."
"Mi regaleresti anche quella borsa che abbiamo vito l'atro giorno al negozio di Armani e che hai detto che e troppo cara?"
"Si, se lo fai, te la regalo."
"Dici sul serio o mi prendi in giro?"
"Dico sul serio."
"Se le cose stanno cosi ci sto, organizza tutto tu. Invitalo a cena."
"Va bene ma ora vieni qui , sono più eccitato di prima."
Butto via il piumone, il suo cazzo svettava fuori della mutandina.
"Prendilo in bocca, succhiamelo."
Mi chino e sento il suo sapore salato e maschile mentre lui mi afferra i capelli gemendo piano. Le sue dita tremavano contro il mio cuoio capelluto mentre lo guardavo da sotto le ciglia, quelle stesse ciglia che Luca aveva sempre detto essere così sexy durante le nostre cene assieme. La stanza odorava di sudore e desiderio quando mio marito improvvisamente mi tira su per un bacio profondo. "Domani gli parlo" sussurra contro le mie labbra gonfie, la voce roca dalla passione. "Gli dico che... che vuoi vederlo per un progetto di lavoro."
Mi lascio cadere sul cuscino mentre lui sale sopra di me. Il suo peso familiare mi schiaccia nel materasso quando i suoi fianchi iniziano a muoversi in quel ritmo antico come il mondo. Ma oggi ogni spinta mi sembra stranamente diversa - le sue mani sulle mie cosce sembrano più quelle di Luca, più grandi, più ruvide. Chiudo gli occhi e immagino quelle stesse mani che mi girano mentre mi piego sul divano domani. Un brivido mi percorre la schiena quando mio marito geme il nome dell'amico nel mio orecchio.
Fuori dalla finestra, una vespa ronza contro il vetro. Ne seguo il movimento frenetico mentre lui entra più profondamente, il respiro affannoso che risuona nella stanza buia. Ogni volta che mi chiama "troia" o "puttana per Luca", il mio corpo si irrigidisce prima di sciogliersi completamente.
Quando finalmente viene, urlando il nome dell'amico, mi accorgo che ho le unghie conficcate nei palmi delle mani.. "Domani," promette lui rotolando via, "ti compro quella borsa dopo che ti sarai fatta sfondare il culo da Luca ." Mi volto verso il muro, sentendo il suo sperma caldo scorrere lungo le cosce. "Apri le cosce, voglio pulirti e farti venire." mi dice. Sprofondo la testa fra le mie gambe, leccando tutto i miei umori e succhiando abilmente il clitoride che era gia sul punto di esplodere. ll sua lingua e le sue dita nel culo mi portarono ad un punto di eccitazione tale che esplosi il mio piacere sulla sua faccia. poi stremati ci lasciammo andare e il sonno si impadronì di noi.
Il giorno dopo, la luce del sole filtrava dalle persiane quando mio marito mi svegliò con un bacio sulla nuca. "Ho già chiamato Luca," sussurrò mentre le sue dita tracciavano la curva del mio fianco. "Gli ho detto che vuoi discutere quel progetto grafico per la sua palestra." Mi voltai verso di lui, trovando i suoi occhi stranamente lucidi. "E lui?" chiesi, la gola improvvisamente secca. "Ha detto che passerà verso le otto. Porto la cena al sushi." Un sorriso lento gli attraversò il viso mentre la mano scendeva verso il mio culo ancora indolenzito dalla notte. "Ricordi cosa ti aspetta qui stasera?" Le dita affondarono nella carne morbida con possessività che mi fece trattenere il respiro. "Si," mormorai, gli occhi chiusi. "Che mi rompa il culo."
In ufficio, ogni minuto sembrava trascinarsi come melassa. Risposi distrattamente alle mail mentre le dita tamburellavano nervose sulla scrivania. Alle tre, mi ritrovai davanti alla vetrina di Armani. La borsa nera in pelle lucida scintillava sotto i fari come una promessa oscura. Il mio riflesso nella vetrina sembrava più pallido del solito, le labbra strette in una linea sottile. "Le piace?" chiese il commesso, aprendo la porta
"Si molto.”

L'odore dell'inchiostro fresco delle mie presentazioni aziendali si mescolava al profumo di Luca che mi perseguitava dalla sera prima. Alle sei, mentre sistemavo i documenti nella valigetta, il cellulare vibrò. Era mio marito. "Tutto pronto. Sushi preso in quel posto che ami. Luca è elettrizzato dal tuo progetto." La sua voce era troppo allegra, come un bambino che organizza una festa a sorpresa. "Non parlare troppo di lavoro stasera," aggiunse con un tono che sapeva di complicità sudicia. "Mi raccomando."
La strada di casa sembrava più lunga del solito. Ogni semaforo rosso era una tortura, ogni curva mi faceva stringere lo stomaco. Parcheggiai con motore ancora acceso, osservando attraverso il finestrino la nostra casa illuminata. Si intravedevano le loro sagome nella cucina a vetri, mio marito che versava da bere mentre Luca gesticolava, la sua risata profonda arrivava fino all'auto. La sua semplice maglietta grigia aderiva ai pettorali mentre si sporgeva sul bancone, e quel dettaglio insignificante mi fece bagnare le mutandine.
Appena varcai la porta, l'odore di zenzero e salsa di soia mi investì. "Eccola!" esclamò mio marito, venendomi incontro con un bacio teatrale sulla guancia. Le sue mani sulla mia schiena erano troppo ferme, troppo controllate. Luca si avvicinò, e per un istante pensai che mi avrebbe baciata. Invece mi strinse la mano, ma il suo pollice strofinò lentamente il mio polso. "Ilaria," disse, la voce più bassa del solito. "Marco mi ha detto che hai delle idee pazzesche per la brochure della palestra."
"Si," risposi, ritraendo la mano prima che il tremito diventasse evidente, "ma stasera voglio solo accennartele poi verrò nel tuo ufficio per dettagliarle meglio. Stasera ci dobbiamo godere la cena e stare in allegria altrimenti mio marito si annoierebbe mentre noi parliamo di lavoro." Sentii Marco irrigidirsi accanto a me mentre versava il sakè.
"Sono d'accordo," disse Luca, il suo sguardo scivolò sulla mia scollatura prima di tornare al mio viso. "Meglio lasciare i dettagli al momento giusto." Un sorriso ambiguo gli incurvò le labbra mentre prendeva la bottiglia dalle mani di Marco. "Lascia fare a me, amico." Versò il liquido dorato nel mio bicchiere fino a farlo traboccare, una goccia che scivolò sul tavolo di vetro come sudore.
La cena trascorse tra risate forzate e silenzi carichi. Ogni volta che Luca raccontava un aneddoto sulla palestra, il suo piede sotto il tavolo sfiorava il mio polpaccio. Marco chiacchierava del lavoro, della pioggia prevista per domani, di tutto tranne dell'elefante nella stanza. Quando Luca mi passò una ciotola di wasabi, le nostre dita si sfiorarono più del necessario. Un brivido mi corse lungo il braccio mentre sentivo lo sguardo di Marco inchiodato al contatto. "Grazie," sussurrai, ritraendo la mano come scottata. Il sushi sembrava cartone in bocca, il sapore dell'alghe naufragato nell'acidità della mia paura.
Dopo il tiramisù, Marco si alzò con un sospiro esagerato. "Ragazzi, scusatemi un attimo," disse, fingendo di guardare l'orologio. "Devo assolutamente chiamare quel fornitore giapponese, sai com'è... fuso orario."
Si diresse verso lo studio, ma si fermò sulla soglia del salotto. "Ah, quasi dimenticavo," aggiunse con un sorriso che non raggiungeva gli occhi. "Mettiamo un po' di musica per stemperare l'atmosfera." Scelse un vinile dalla libreria, quella copia di *Night and Day* di Cole Parker che Luca gli aveva regalato per il quarantesimo compleanno. Il giradischi iniziò a sussurrare un sax malinconico che riempì la stanza di note vellutate. "Così, magari potete ballare un po' mentre finisco la telefonata," disse, e la porta dello studio si chiuse con un click troppo preciso.
Luca rimase immobile un attimo, il bicchiere di sakè mezzo vuoto tra le dita. Poi posò il calice, si alzò e mi tese una mano. "Balliamo?" chiese, la voce bassa e granulosa come ghiaia bagnata. Sentii il cuore martellarmi contro le costole mentre appoggiavo la mia mano sulla sua. Le sue dita si chiusero intorno alle mie, calde e ruvide. Le mie dita tremavano.
"Perché sei cosi tesa?" mi disse piano mentre mi tirava dolcemente verso di lui. Sentii il suo respiro caldo sulla fronte mentre le sue mani si posarono sul mio fianco, il pollice che sfiorava la stoffa leggera della mia camicetta proprio dove terminava la gonna. Ogni movimento era lento, studiato. L'odore del suo dopobarba, legno e muschio, si mescolava al sakè che avevamo bevuto, creando un aroma denso che mi avvolgeva.
La sua mano destra scivolò lentamente dalla mia schiena fino alla base della nuca, le dita che si intrecciarono nei miei capelli con una pressione appena accennata. Mi tirò ancora più vicina, tanto che il suo pettorale duro premette contro i miei seni attraverso la stoffa sottile.
"Sei bellissima stasera, Ilaria," sussurrò mentre giravamo seguendo il ritmo lento, i suoi fianchi che sfioravano i miei ad ogni passo. "Così diversa dal solito... più..." cercò la parola, il respiro che mi accarezzava la tempia, "... luminosa." Sentii il calore salirmi al viso. La sua mano sinistra si abbassò leggermente, sfiorando la curva del mio sedere mentre ci muovevamo in un cerchio stretto. Non era un tocco casuale. Era deliberato, un'esplorazione sotto la scusa della danza. Ogni sfioramento sulle mie natiche mi faceva trasalire, ma non mi mossi. Rimasi immobile mentre mi stringeva sempre di più e mi girava leggermente verso la luce fioca della lampada da terra.
Sentivo il suo cazzo duro che premeva contro il mio ventre attraverso i pantaloni di lino. Era enorme, proprio come me lo ricordavo nei miei sogni più bagnati. Il sax continuava a gemere, coprendo il suono del mio respiro sempre più affannoso.
"Marco mi ha detto..." iniziò Luca, la voce un brivido caldo nel mio orecchio mentre la sua bocca sfiorava il lobo. "... che hai qualcosa di speciale da offrirmi stasera. Oltre alle idee per la palestra." La mano sulla mia nuca si strinse appena, inclinandomi la testa all'indietro. I suoi occhi erano pozze scure, piene di una promessa che mi fece tremare le ginocchia. "È vero?"

Lo guardai intensamente negli occhi e lo baciai . Non fu un bacio timido o esitante. Fu un'esplosione. Le mie labbra si schiacciarono sulle sue con una furia che mi sorprese, le mani che si aggrapparono alle sue spalle come àncore. Lui rispose immediatamente, la bocca che si aprì sotto la mia con un gemito soffocato. La sua lingua mi invase, calda e sapida di sakè e tiramisù, mescolandosi al mio sapore. Una mano mi afferrò i capelli, tirandomi indietro con dolce violenza mentre l'altra mi palpeggiava il culo attraverso la gonna, le dita che affondavano nella carne morbida. Sentii il gemito che mi uscì dalla gola mentre mi premeva contro di lui, il suo cazzo che pulsava contro il mio pube. "Dio, quanto ti voglio," ringhiò contro le mie labbra, i denti che mi mordicchiarono il labbro inferiore. "Da anni."
Mi spingeva indietro verso il divano, i nostri corpi che si muovevano insieme come onde in tempesta. Ogni sfioramento, ogni pressione era elettrica. Quando le mie gambe urtarono contro i cuscini, lui mi spinse giù senza rompere il bacio. Mi ritrovai sdraiata sul divano di pelle nera mentre Luca mi saliva sopra, i suoi fianchi che incastravano i miei. Le sue mani erano ovunque: sotto la camicetta che si arricciava verso l'alto, sulle mie cosce nude mentre mi spingeva le ginocchia divaricate, sul mio collo mentre mi teneva ferma per baciarmi più profondamente. Sentii il tessuto delle mie mutandine strapparsi quando le sue dita vi affondarono dentro, trovando il mio clitoride già gonfio e pulsante. Un urlo strozzato mi sfuggì quando iniziò a strofinare con precisione brutale. "Sei bagnatissima," sussurrò contro la mia bocca, il sorriso selvaggio. "Solo per me?"
"Si, non sai quante volte l'ho sognato."
Alzai la gonna sopra i fianchi, esponendo completamente il mio corpo tremante sotto di lui. La luce fioca della lampada illuminava il mio pube rasato, il tessuto strappato delle mutandine che lasciava intravedere il rosa umido tra le mie cosce. Luca emise un suono gutturale, simile a un ringhio. Le sue mani si aggrapparono alle mie anche, sollevandomi verso di lui mentre si sistemava fra le mie gambe divaricate. Sentii la punta del suo cazzo, rovente e dura contro la mia pelle umida. Si sfregò lungo la mia fessura, bagnandosi nel mio liquido mentre i suoi occhi bruciavano nei miei. "Guarda come mi fai eccitare," sibilò, la voce roca dalla passione. "Vuoi che ti sfondi qui? Davanti a quella porta?" Seguì il suo sguardo verso lo studio chiuso, dove sapevamo che Marco stava fingendo una telefonata. Un brivido mi percorse la schiena, mescolando vergogna ed eccitazione. "Si," ansimai, le unghie che affondarono nella pelle dei suoi avambracci. "Fallo, fami male." E se torna tuo marito? Lui lo sa, vuole che tu mi rompa il culo. Guadera e si masturberà.
“Che puttana che sei.....”
Le parole non erano ancora uscite che lo sentii entrare. L'entrata fu lenta, implacabile. Il mio corpo si arcò sotto la pressione, un gemito strozzato che mi lacerò la gola mentre mi spalancava. Le sue mani mi tenevano ferma, immobilizzandomi mentre affondava più profondamente, riempiendomi completamente. Ogni centimetro era tortura e estasi. Mi guardava fisso negli occhi mentre iniziava a muoversi, le sue spinte ritmiche che facevano scricchiolare la pelle del divano sotto il nostro peso combinato. "Così," ansimò, i suoi fianchi che schiaffeggiavano le mie cosce nude. "Prendilo tutto, troia." Le sue dita mi pizzicarono i capezzoli attraverso la camicetta sollevata, aggiungendo dolore al piacere straripante. Ogni colpo mi spingeva verso il limite, il clitoride sfregato contro il suo pube con ogni movimento. Il suono della musica copriva i nostri respiri affannosi, i miei gemiti soffocati contro la sua spalla quando abbassai la faccia per vedere la porta dello studio. Ma lui mi afferrò i capelli, costringendomi a guardarlo. "Voglio sentirti urlare," ordinò, accelerando il ritmo. "Voglio che tuo marito senta quanto lo prendi forte." Il suo cazzo pulsava dentro di me con una forza primordiale. Con un urlo strozzato, sentii l'orgasmo esplodermi dentro, una scossa elettrica che mi fece contorcere sotto di lui mentre le onde di piacere mi travolgevano.
Fu allora che la porta dello studio si aprì con un lieve cigolio. Marco era in piedi sulla soglia, immobile. Il suo sguardo non era arrabbiato né sorpreso. Era fisso, intenso, divorante. Si appoggiò allo stipite con una calma innaturale, una mano che scivolava lentamente nella tasca dei pantaloni della tuta. Luca non rallentò neanche un istante. Anzi, afferrò le mie caviglie e mi divaricò ancora di più, esponendomi completamente alla vista di mio marito. Ogni spinta diventò più profonda, più teatrale. "Guarda com'è brava la tua moglie," ringhiò Luca verso Marco, il sudore che gli colava dalle tempie. "Guarda come prende il mio cazzo." Sentii le mie guance bruciare di passione, ma il corpo rispondeva ancora, stringendosi intorno a lui in un nuovo moto di eccitazione folle. Marco non disse nulla. Tirò fuori la mano dalla tasca e iniziò ad accarezzarsi lentamente il cazzo già gonfio attraverso il tessuto, gli occhi inchiodati al punto dove Luca spariva dentro di me. Il rumore del tessuto sfregato aggiungeva un controcanto osceno al gemito del sax e ai nostri respiri concitati. Luca mi girò brutalmente sul fianco, sollevandomi il sedere verso di lui mentre mi afferrava i fianchi per penetrarmi ancora più forte da dietro. Ora Marco aveva la vista perfetta, vedeva ogni centimetro del mio corpo che tremava sotto le spinte violente, vedeva Luca che mi possedeva con una ferocia animalesca. Il silenzio di mio marito era più eloquente di qualsiasi parola. La mano che si muoveva sotto la tuta accelerava al ritmo delle spinte di Luca, il viso contratto in un'espressione di concentrazione assoluta.

"Ora," sibilò Luca nel mio orecchio, le sue mani che mi aprivano le natiche con forza brutale. "Ora ti faccio quello che tuo marito vuole vedere." Sentii la punta del suo cazzo ancora bagnato scivolare via dalla mia fessura umida e premere contro l'ingresso stretto del mio ano. Un brivido di panico mi attraversò. "Aspetta..." tentai di dire, ma la sua mano si chiuse a pugno nei miei capelli, costringendomi a guardare Marco. Gli occhi di mio marito erano fiamme. "Fallo," ordinò Marco, la voce un grugnito rauco. Era la prima volta che parlava. Quel comando fu la scintilla. Luca sputò nella mano, la strofinò sul suo membro gonfio e poi premette di nuovo contro il mio buco stretto. "Respira, troia," mi ordinò. Sentii un dolore intenso, tagliente, mentre la punta enorme si apriva la strada contro ogni resistenza del mio corpo. Urlai, un suono spezzato, mentre lui affondava lentamente, implacabile, inchiodandomi al divano mentre mi spalancava come mai prima. Marco si avvicinò di un passo, gli occhi fissi sul punto dell'ingresso, sul mio ano che si dilatava
forzatamente intorno alla base del cazzo di Luca. "Così," sussurrò mio marito “aprile il culo”, la sua mano che si muoveva freneticamente sotto la tuta. "Fallo sentire tutto." Luca mi prese a colpi profondi e dolorosi, ogni spinta un martellamento brutale che mi faceva scivolare sul divano, le mani che cercavano una presa sulla pelle liscia. Il dolore si mescolava a un piacere perverso, alimentato dagli occhi di Marco che divoravano ogni dettaglio. Ogni volta che Luca si ritraeva, Marco vedeva il mio buco aperto e tremante, rosso e umido prima che Luca vi si scagliasse di nuovo dentro con tutta la sua forza. Il mio corpo era un campo di battaglia tra dolore fisico e un'eccitazione che mi bruciava le vene. Piangevo e gemevo insieme mentre Luca mi usava senza pietà. "Sei la mia puttana ora," ringhiò alle mie spalle, le mani che mi segavano i fianchi per piantarsi ancora più dentro. “dillo!
“Si sono la tua puttana”
"Il culo è mio. Dillo!
“Si il mio culo e tuo , sfondamelo."
Guardai Marco attraverso gli spasmi del piacere che mi avvolgeva. Il suo viso era contratto in una maschera di piacere estremo, la bocca aperta in un respiro affannoso. La mano sotto la tuta si muoveva freneticamente.
Tesi disperatamente una mano verso mio marito, le dita tremanti che cercavano la sua. Sentii la pelle sudata dei suoi palmi mentre lui la strinse con forza, quasi dolorosa. Il suo sguardo si staccò per un istante dallo spettacolo per incrociare il mio. "Sì," ansimò, gli occhi lucidi e selvaggi. "Così godi, amore?" La sua stretta era un'àncora nel mare tempestoso del dolore e della vergogna. Ogni parola usciva spezzata dalla sua bocca mentre il suo respiro diventava sempre più affannoso. "Così... così... prendi... tutto..." Luca rallentò per un secondo, sentendo la stretta tra le mie dita e quelle di Marco, poi affondò ancora più forte, come volesse dimostrare a mio marito fino a che punto possedeva il mio corpo. Un urlo mi strappò la gola. Marco rispose con un gemito lungo, roco. La sua mano sotto la tuta accelerò spasmodicamente, gli occhi che tornarono fissi sul punto dove Luca spariva dentro di me. "Sì! Così!" ringhiò Marco, la voce un tuono nella stanza. "Così prendi il suo cazzo nel culo! Falla urlare ancora!" Luca obbedì, le sue mani che mi affondarono nella carne mentre aumentava il ritmo, ogni colpo un pugno al mio centro. Il dolore esplose in una luce bianca. Sentii Marco irrigidirsi accanto a me, la sua stretta diventare spasmodica mentre un lungo gemito gli usciva dalla gola. Il suo corpo si contrasse, gli occhi chiusi in un'espressione di estasi violenta mentre raggiungeva l'orgasmo guardando suo amico sfondarmi brutalmente il culo. Fece appena in tempo a estrarre il cazzo dalla tuta che suo sperma schizzò sulla mia faccia tesa a gurtdarlo godere. Luca vide tutto, e il suo movimento diventò ancora più feroce, più rabbioso. "Guarda tua moglie!" ringhiò verso Marco, mentre io godevo sotto di lui "Guarda come le sfondo il culo!" Sentivo il mio ano bruciare, dilatato oltre ogni limite, mentre lui continuava a martellare senza pietà. Marco annuì, esausto, ancora tremante per la sua scarica, gli occhi vitrei fissi su di me. "Sì... è perfetta..." sussurrò, la voce spezzata. "La mia troietta... tutta tua..." Le sue parole furono l'ultimo chiodo nella bara della mia dignità. Sentii il corpo di Luca irrigidirsi sopra di me, le sue mani che mi affondarono nei fianchi mentre un ruggito gli uscì dalla gola. Sentii il suo cazzo pulsare selvaggiamente dentro di me, caldo e violento, mentre finalmente veniva dentro il mio culo violato, riempiendomi dello sperma che sgocciolava subito fuori lungo le mie cosce tremanti. Si accasciò su di me, il sudore freddo che si mescolava al mio. Il silenzio cadde nella stanza, rotto solo dal gemito finale del sax e dai nostri respiri affannosi.

Rimanemmo così per un tempo indefinito, paralizzati dalla violenza di ciò che era appena accaduto. Il peso di Luca sopra di me sembrava una montagna di pietra. Sentivo il suo sperma caldo e denso che continuava a sgocciolare dal mio ano dolorante. Marco era rimasto immobile accanto a noi, la mano ancora nella tuta macchiata, lo sguardo perso nel vuoto. La musica era finita da un pezzo, lasciando solo il ronzio nelle mie orecchie. Poi, lentamente, Luca si sollevò. Sentii il suo cazzo scivolare via dal mio buco martoriato con un suono umido, disgustoso. Un brivido di dolore mi attraversò la schiena. Senza una parola, si alzò in piedi, la sua ombra che mi copriva mentre si rivestiva con movimenti meccanici. Strappò un fazzoletto dalla tasca e si pulì frettolosamente. Ogni gesto era preciso, distaccato. Mi voltai sul fianco, raggomitolandomi per nascondere la nudità umiliante. Le mie cosce erano una mappa di sperma e lacrime. Guardai Marco. Lui evitò il mio sguardo, fissando invece Luca che si stava infilando la cintura con un gesto secco.

"Mi spiace," disse Luca improvvisamente, la voce piatta mentre controllava l'orologio al polso. "Ma devo andare." Si aggiustò la camicia, nascondendo il sudore sotto il collo. La sua espressione era chiusa, impenetrabile. Tutta la ferocia animalesca svanita.

"Come già vai via?" dissi io, la voce tremula mentre mi tiravo su la camicetta strappata. Il dolore bruciava ancora tra le cosce. "La serata è appena iniziata..." Tentai un sorriso che morì sulle labbra. Le parole suonarono patetiche nella stanza impregnata di sesso.

Luca infilò la giacca senza guardarmi. Le sue mani erano rapide, efficienti. "Ho un altro impegno," rispose, lo sguardo fisso sulla porta d'ingresso. La sua mascella era serrata. "Comunque ti aspetto nel mio studio domani per discutere il tuo progetto." La frase era un coltello. Freddo. Formale. Come se non mi avesse aperta sul divano dieci minuti prima.

"Non c'è nessun progetto," dissi, la voce rotta mentre mi alzavo a fatica, la gonna ancora sollevata sui fianchi. Sentivo il suo sperma tiepido colarmi lungo la coscia. "E non verrò mai nel tuo ufficio." Marco si mosse finalmente, un'ombra silenziosa che raccoglieva i bicchieri rovesciati. "Se esci da quella porta," aggiunsi, sfidando Luca mentre si voltava, "non ci vedremo più." La minaccia rimase sospesa, fragile. Lui sollevò appena le spalle. Un gesto infinitesimale. Disilluso. "Mi spiace, Ilaria," mentì. Poi salutò Marco con un cenno del capo. "Ci sentiamo." La porta si chiuse alle sue spalle con un tonfo sordo. Il rumore finale della nostra storia.
scritto il
2025-10-31
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