Anna

di
genere
corna


"Amore svegliati oggi dobbiamo andare dal ginecologo." disse Anna al marito che ancora era in dormiveglia.
"Ti eccita l'idea di andarci?" chiese Giorgio.
"Si lo sai che Paolo mi e sempre piacito e l'idea di mettermi davanti a lui con le cosce aperte e la fica spalancata mi fa eccitare. E da quanto vedo anche a te" disse "A giudicare da come ti si è fatto duro il cazzo" Si abbassò lo prese in bocca e iniziò a fargli un pompino favoloso.
" Si troia, lo sai che mi eccita se ti fai toccare da altri uomini, voglio che tu sia una troia, la mia troia"
"Non preoccuparti, non ti tradisco. Ma se mi eccita l'idea di farti vedere come mi divento tutta bagnata quando un altro uomo mi tocca la fica, lo farò. Ti piace l'idea che Paolo mi tocchi? Che mi metta le dita dentro mentre tu guardi?" disse Anna mentre continuava a succhiare il cazzo di Giorgio.
"Si cazzo si. Voglio vedere come ti diventi tutta arrapata quando ti tocca. Voglio che ti godi mentre ti palpa le tette e ti mette le dita nella fica. Voglio vedere come ti diventi tutta rossa e bagnata." rispose Giorgio mentre le tirava i capelli per farglielo prendere piu in fondo.
"Allora andiamoci subito. Voglio che mi guardi mentre mi tocca. Voglio che tu veda come mi divento tutta bagnata per te." disse Anna alzandosi e mettendosi la gonna corta senza mutandine. "Così sarà più facile per lui toccarmi." aggiunse con un sorriso malizioso.
In macchina, Giorgio non riusciva a smettere di guardare le cosce scoperte di Anna. "Sei sicura di volerlo fare?" chiese all'improvviso. "Certo amore. Lo faccio solo per te. Per farci eccitare tutti e due." rispose lei mettendogli una mano sulla coscia. "E poi sai che mi piace quando mi guardi mentre un altro uomo mi tocca. Mi sento la tua troia. La tua troietta da far vedere."
Arrivati nello studio, Paolo li fece accomodare nella sala d'attesa. "Anna, Giorgio, buongiorno. Anna, puoi entrare. Giorgio, se vuole può aspettare qui." disse il ginecologo. "No, preferisco restare con mia moglie." rispose Giorgio. Paolo annuì. "Come vuole."
Nella stanza degli esami, Anna salì sul lettino con movimenti fluidi, la gonna scivolò ancora più su sulle cosce. Paolo indossò i guanti, la sua espressione professionale ma un lieve rossore gli salì al collo. "Allora, Anna, oggi controllo di routine. Si accomodi." Le posò una mano sul ginocchio per aiutarla a sistemarsi, le dita sfiorarono l'interno della coscia. Anna trattenne un respiro affannoso.
Giorgio rimase in piedi vicino alla porta, gli occhi fissi su quel contatto. Vide la mano di Paolo scivolare con lentezza verso l'inguine di Anna, il respiro di lei farsi più rapido. "È a suo agio?" chiese Paolo, mentre le dita guantate di lattice si muovevano con perizia. Anna annuì, ma un gemito le sfuggì quando il medico aprì delicatamente le labbra con due dita. "Molto bagnata oggi," mormorò Paolo, senza alzare lo sguardo.
Anna cercò gli occhi del marito. "Vedi, amore? Vedi come mi divento per te?" sussurrò, mentre Paolo iniziava a massaggiarle il clitoride con movimenti circolari. Giorgio si morsicò il labbro, la mano che stringeva il bordo della porta diventando bianca. "Sì, ti vedo," riuscì a dire, la voce roca. Osservava la fica di Anna aprirsi come un fiore sotto le dita esperte del ginecologo, il luccichio della sua eccitazione evidente.
Paolo si schiarì la gola, un rossore intenso che gli saliva dalle clavicole. "Forse sarebbe meglio... se Giorgio aspettasse fuori," propose, evitando lo sguardo di entrambi. Le sue dita si fermarono un attimo, imbarazzate. "Questa situazione è... insolita per un controllo." Sentiva il calore del corpo di Anna sotto i guanti, il suo respiro affannoso che riempiva la stanza.
"No, no, resta," sussurrò Anna, fissando Giorgio con occhi lucidi. "A lui piace guardare. È eccitante." La sua voce era un filo di desiderio mentre si inarcava leggermente verso il tocco di Paolo. "Non è vero, amore?" aggiunse, sfidando il marito con un sorriso tremulo.
Giorgio annuì, la gola così secca che riuscì solo a raschiare un suono roco. "Faccia pure, dottore. Non si preoccupi per me." La sua mano lasciò la porta per stringersi a pugno lungo il fianco, le nocche bianche. Guardava come le dita guantate di Paolo affondavano con lentezza nella fica bagnata di Anna, la distendevano con un movimento esperto che faceva vibrare le labbra. Un sottile filo di lubrificazione brillava al sole che filtrava dalla finestra.
Paolo inspirò profondamente, cercando professionalità. "Va bene. Procediamo." Le sue dita si mossero all'interno di Anna, esplorando con precisione clinica, ma il polso tradiva una lieve tensione. "Tutto normale qui... elasticità ottima." La voce era controllata, ma il rossore aveva ormai raggiunto le orecchie. Con il palmo libero, premette appena sopra il pube di Anna, sentendo il clitoride gonfio pulsare sotto la pelle. Un fremito percorse le gambe di lei sul lettino metallico.

"Le faccio male?" chiese il dottore, le dita che rallentarono il loro movimento circolare. Il guanto di lattice scricchiolò impercettibilmente.
"No, dottore, continui," ansimò Anna, gli occhi chiusi a metà. Le sue dita affondarono nel rivestimento di carta del lettino. "È solo che... è intenso." Un tremito le attraversò i fianchi quando Paolo aumentò la pressione sul clitoride, sfiorandolo con la punta del dito indice. Il suo respiro si fece un rantolo umido, gutturale. Sotto le luci fluorescenti, la pelle del suo interno coscia luccicava di sudore e desiderio.
Paolo ritirò le dita con un movimento fluido, il lattice coperto di un velo traslucido che rifletteva la luce. Si schiarì di nuovo la gola, gli occhi fissi sul guanto piuttosto che su Anna. "Prima di procedere oltre," iniziò, la voce più bassa del solito, "devo farle qualche domanda personale per avere un quadro più preciso della situazione. Posso?" Il suo sguardo sfiorò Giorgio, immobile vicino alla porta, poi tornò su Anna. Un silenzio teso riempì la stanza, rotto solo dal ronzio del frigorifero che conteneva i campioni.
"Certo, dottore," sussurrò Anna, aprendo lentamente gli occhi. Un sorriso nervoso le increspò le labbra mentre si sollevava appoggiandosi sui gomiti, la gonna ormai arrotolata intorno ai fianchi. Il petto le si sollevava visibilmente. "Chieda pure." Le sue dita si rilassarono sul rivestimento di carta, lasciando impronte umide a forma di stella. Giorgio rimase immobile, ma il suo respiro divenne più affannoso, quasi un sibilo, mentre osservava il medico raddrizzarsi sullo sgabello girevole.
Paolo evitò lo sguardo di entrambi, concentrandosi sul tablet che teneva in grembo. Le dita guantate di lattice tamburellarono sullo schermo. "Fate spesso sesso?" La domanda cadde nella stanza con il peso di un macigno. Il ronzio del frigorifero sembrò amplificarsi. "Noto che... in fondo la parete è molto stirata." La sua voce si incrinò appena sull'ultima parola. Gli occhi scivolarono involontariamente verso il punto in questione, ancora umido e leggermente pulsante sotto le luci fredde.
"Cosa significa?" chiese Anna, la voce improvvisamente più acuta. Si sollevò ulteriormente sui gomiti, la gonna ormai un nudo inutile intorno alla vita. Il sorriso malizioso era svanito, sostituito da un'espressione di confusa curiosità. "Che c'entra con il controllo?" Le sue dita si strinsero di nuovo sul rivestimento di carta, strappandolo leggermente. Paolo inspirò profondamente, come un uomo che si prepara a saltare da un dirupo. "Significa che la sua struttura interna... l'imene, per intenderci... è quasi intatto. Solo l'apertura esterna mostra segni di attività sessuale." Le parole uscirono piatte, cliniche, ma il rossore sulle sue orecchie era una fiamma viva. "È... insolito. Di solito, con rapporti frequenti..." La frase morì nell'aria, pesante di implicazioni non dette. Gli occhi di Paolo scivolarono brevemente su Giorgio, immobile come una statua vicino alla porta, il volto scolpito in una maschera di incredulità.
Giorgio fece un passo avanti, il suolo delle sue scarpe che scricchiolò sul linoleum. "Quasi intatto?" ripeté, la voce un rasoio graffiato. "Ma noi... facciamo sesso quasi ogni giorno." Il suo sguardo si fissò su Anna, che aveva improvvisamente abbassato gli occhi, le guance infuocate. "Anna?" La domanda era un'accusa sospesa. Paolo si schiarì la gola, toccandosi il colletto della camicia. "Certi può anche dipendere dalle dimensioni del partner e dalla frequenza reale dei rapporti," spiegò, le dita che tamburellavano nervosamente sul tablet. "Un pene più piccolo o penetrazioni superficiali... o magari rapporti meno frequenti di quanto dichiarato... possono lasciare minori tracce." La stanza divenne un vuoto d'aria, il ronzio del frigorifero un assordante martellamento. Anna si coprì il viso con una mano, un singhiozzo soffocato le scosse le spalle. "Ogni giorno, Giorgio," sussurrò, la voce rotta. "Lo giuro." Ma la sua mano tremava.
Paolo osservò Giorgio, poi Anna. "Signora, mi dica la verità per il suo bene. Questa discrepanza potrebbe nascondere un problema." Anna scosse la testa, i capelli che le cadevano sugli occhi. "Non mento, dottore. Forse... forse è perché Giorgio non è... enorme." Le parole uscirono a fatica, come schegge. "In effetti, non è che tu ce l'abbia grande, amore." Sollevò lo sguardo verso il marito, gli occhi lucidi di vergogna e una strana sfida. "Lo sai. Non riempie tutto, non spinge così a fondo." Il silenzio che seguì fu più pesante di un macigno. Giorgio impallidì, le labbra che si contrassero in una linea sottile. Guardò il dottore, poi la moglie esposta sul lettino. "Piccolo?" mormorò, la parola un veleno. "È per questo che...?" Non finì la frase. Il suo pugno si strinse così forte che le nocche scricchiolarono.
Paolo annuì, professionale nonostante il disagio palpabile. "Esattamente. Se il membro è piccolo, e i rapporti non sono profondi o frequenti come credete, le pareti vaginali possono perdere elasticità.
Col tempo, potrebbero restringersi." Indicò con un dito guantato l'apertura ancora visibilmente stretta di Anna, le labbra interne ancora sorprendentemente toniche nonostante l'eccitazione. "Vede qui? La tensione è anomala per una donna sessualmente attiva. Se non si interviene, potrebbero insorgere dolori durante i rapporti, secchezza cronica, perfino atrofia." Le parole cliniche risuonarono come una condanna. Anna rabbrividì, le cosce che si serrarono istintivamente. "Dolori? Ma io... non ho mai sentito..." La voce le morì in gola. Si ricordò degli ultimi mesi, dei lievi fastidi ignorati, della sensazione di costrizione che attribuiva all'eccitazione.
"E cosa dovrei fare, dottore?" chiese Anna, la voce un filo di panico. Si sollevò ulteriormente sul lettino, il corpo nudo dal bacino in su tremante sotto le luci fredde. Le dita di Paolo tamburellarono sul tablet. "Esistono dilatatori vaginali. Piccoli strumenti di silicone, da inserire progressivamente per ripristinare l'elasticità." Fece una pausa, gli occhi che sfiorarono Giorgio, immobile e pallido come un cadavere vicino alla porta. "Ma la terapia richiede costanza. E... collaborazione." Il sottinteso era chiaro: Giorgio non bastava. Non bastava fisicamente. Paolo prese un foglio di carta dalla scrivania, disegnò rapidamente una serie di cilindri di dimensioni crescenti. "Si inizia con questo," indicò il più piccolo, "e si procede fino a raggiungere una circonferenza adeguata." La matita tracciò un'ultima forma, spessa come un pugno chiuso. Anna la fissò, gli occhi sgranati. Era molto più grande di Giorgio. Molto più grande di qualsiasi cosa avesse mai immaginato.
Paolo posò il disegno sul lettino, accanto alla coscia di Anna. "La terapia sarebbe più efficace se... se fosse eseguita con un membro naturale. L'effetto terapeutico del calore e della consistenza di un pene vero è insostituibile. Ma ovviamente, questo è improponibile." Un silenzio di ghiaccio riempì la stanza. Giorgio rimase in silenzio ma l0idea che un altro uomo riempisse sua moglie come lei, evidentemente, aveva bisogno lo eccitava tantissimo?
Anna guardò il disegno, poi Giorgio. "Amore... il dottore ha ragione. Forse dovrei provare con i dilatatori. Se è per il mio bene..." La sua voce tremava, ma c'era una sfumatura nuova, un'oscillazione tra vergogna e curiosità. "Sei d'accordo?"
Giorgio rimase immobile per un attimo eterno, il silenzio rotto solo dal ronzio del frigorifero. Poi, lentamente, si avvicinò al lettino. Le sue dita sfiorarono il disegno del dilatatore più grande, poi si posarono sul ginocchio nudo di Anna. "Se è per il tuo bene," sussurrò, la voce roca come sabbia. "Sarei disposto... a tutto." I suoi occhi erano pozzi neri di eccitazione repressa, fissi sulla fica ancora leggermente aperta di lei. "Anche ad accettare che tu lo faccia con un altro uomo. Se serve."
Paolo si schiarì la gola, spostando il peso sullo sgabello. "Non è necessario arrivare a tanto. I dilatatori sono efficaci." Ma il suo sguardo scivolò involontariamente sul collo di Anna, dove un sottile velo di sudore luccicava. "Possiamo iniziare subito, se volete. Ho un kit nel cassetto." Si alzò, i passi risuonando sul linoleum mentre apriva un armadietto metallico. Ne estrasse una scatola di plastica trasparente, contenente una serie di cilindri di silicone in gradazioni di dimensioni. Il più piccolo era poco più di un mignolo, l'ultimo spesso come un polso.
"Allora... proviamo col dilatatore," disse Anna, la voce un po' tremula ma decisa. Si appoggiò completamente sul lettino, le ginocchia piegate e divaricate. "Ma se mi fa male..." S'interruppe, cercando gli occhi di Giorgio che si era avvicinato a toccarle una caviglia. "...passiamo alla seconda opzione. Vero, amore?" Il suo sorriso era una sfida velata, un misto di paura e desiderio che le accendeva lo sguardo. Giorgio annuì, le dita che stringevano la sua caviglia con possessività. "Certo, amore. Qualunque cosa per il tuo bene."
Paolo aprì la scatola di plastica con un clic secco. L'aria nella stanza divenne più densa, carica dell'odore di lattice e silicone sterile. Scelse il dilatatore più piccolo, un cilindro liscio e traslucido delle dimensioni di un dito mignolo. Lo intrise di lubrificante con gesti precisi, le mani guantate che tremavano appena. "Cerchi di rilassarsi, Anna," disse, posando una mano sulla sua coscia interna. La pelle era calda, tesa come un tamburo. "Respiri profondamente."
Anna annuì, gli occhi fissi sul dilatatore che si avvicinava. Le sue dita affondarono nel rivestimento di carta strappandolo ulteriormente. "Pronta," sussurrò, ma il suo corpo si irrigidì quando la punta fredda del silicone sfiorò l'ingresso ancora umido. Un brivido le percorse la schiena. Paolo spinse con delicatezza, la pressione costante. Anna trattenne il fiato, le sopracciglia aggrottate in una smorfia di disagio. "Fa... strano," ansimò, sentendo l'oggetto estraneo scivolare dentro di pochi centimetri. La sensazione non era dolore, ma un’invasione innaturale, meccanica. Le sue dita cercarono la mano di Giorgio. "Non è come te, amore."
Paolo ruotò lentamente il dilatatore, osservando la reazione dei muscoli vaginali sul monitor collegato a una piccola sonda ecografica. "Vede, Giorgio?" indicò lo schermo dove le pareti si contraevano a onde attorno al cilindro. "Mancanza di elasticità. Si difende come se fosse un corpo estraneo." La sua voce era professionale, ma un velo di sudore gli imperlava la fronte. Anna chiuse gli occhi, concentrandosi sul respiro. "Non mi abituerò mai a questa cosa metallica," mormorò tra sé, le labbra serrate. "Ne voglio uno vero. Caldo." La sua mano strinse quella di Giorgio con forza, quasi una richiesta muta.
Giorgio osservava il dilatatore entrare e uscire con movimenti meccanici, il silicone che luccicava sotto le luci fredde. Vide la smorfia di fastidio sul volto di Anna, il modo in cui il suo corpo si ritraeva istintivamente dall'oggetto freddo. "Basta così, dottore," disse improvvisamente, la voce roca ma ferma. "Toglietelo." Paolo si fermò, perplesso. "Ma abbiamo appena iniziato la terapia—" "Ho detto toglietelo," ripeté Giorgio, gli occhi fissi sulla fica di sua moglie. "Se serve un pene vero, lo avrà." Anna aprì gli occhi, un lampo di sorpresa e desiderio nello sguardo. "Amore, sei sicuro?" sussurrò, le cosce che tremavano ancora per lo sforzo di rilassarsi.
Paolo ritirò il dilatatore con un movimento fluido, il silicone coperto di un velo traslucido. "Signore, non è necessario. Possiamo procedere gradualmente—" "No," lo interruppe Giorgio, avvicinandosi al lettino. Posò una mano sul ginocchio di Anna, calda e possessiva. "Voglio che mia moglie guarisca. E se questo significa che un altro uomo... un uomo più dotato... la riempia come serve, lo accetto." Guardò Paolo dritto negli occhi. "Anche se quel uomo fosse lei, dottore. Se è disposto." Il silenzio che seguì fu carico di elettricità, rotto solo dal respiro affannoso di Anna. Paolo impallidì, poi un rossore intenso gli salì dal collo alle tempie. "Io... non sarebbe etico. Sono il suo medico."
Anna afferrò la mano di Paolo prima che potesse allontanarsi. "Ma nessuno lo saprebbe mai," sussurrò, gli occhi lucidi di desiderio. "A meno che... a meno che anche lei non abbia gli stessi problemi di mio marito." Le sue dita strinsero il polso del dottore attraverso il guanto di lattice. "Ho visto come mi guardava mentre mi visitava. Ho sentito il suo respiro accelerare." Paolo rimase paralizzato, lo sguardo che scivolò involontariamente sul corpo nudo di Anna, poi su Giorgio. "No non ho di quei problemi, anzi, pero non posso, se si sapessi mi potrebbero radiare" mormorò, ma non ritirò la mano.
Giorgio si chinò all'orecchio del medico, la voce un brivido caldo. "Potrebbe venire a casa nostra. Sarebbe più sicuro. Nessuno lo scoprirà." Le parole caddero come pietre nello stagno silenzioso della stanza. "Anna ha bisogno di cure. E io..." esitò, gli occhi che bruciavano di eccitazione repressa, "...voglio vederla guarire. Voglio vederla riempita come merita." La sua mano scivolò sulla coscia di Anna, possesiva.
Paolo rimase immobile, il polso ancora stretto nella presa di Anna. Poi, lentamente, le dita guantate si rilassarono. Un tremito quasi impercettibile gli attraversò le spalle. "Non... non posso promettere nulla," mormorò, ma il suo sguardo scivolò sulla fica ancora leggermente aperta di Anna, luccicante sotto le luci. "È un rischio enorme." Anna gli strinse il polso più forte, le unghie che affondarono nel lattice. "Venga, dottore. Solo per vedere. Solo per... valutare." Il suo sorriso era un invito pericoloso, gli occhi che promettevano segreti umidi. "Non se ne pentirà."
"Avvicinati, dottore." disse Anna. Paolo esitò un attimo, poi obbedì, facendo un piccolo passo verso il lettino. . Anna allungò la mano con un movimento fluido, il palmo caldo che si posò sul cavallo dei pantaloni del medico. Sentì immediatamente la massa dura, tesa, che pulsava sotto la stoffa della tuta. Un sussulto trattenuto scappò dalle labbra di Paolo.
"Vedi, amore?" Anna fissò Giorgio, trionfante e tremante. "Il dottore è eccitato come un ragazzino. Guarda come gli si è fatto duro il cazzo solo a toccarmi." Le sue dita premettero con delicatezza, misurando la lunghezza imponente attraverso il tessuto. Paolo chiuse gli occhi, un brivido che gli percorse la schiena. "Non posso... è follia," mormorò, ma non si allontanò. La sua mano guantata strinse involontariamente il bordo metallico del lettino, il lattice che scricchiolò.
Anna non aspettò altro. Con gesto rapido e sicuro, afferrò la cerniera dei pantaloni di Paolo. Il suono metallico squarciò il silenzio della stanza. "Facciamo vedere a mio marito quanto è grande, dottore," sussurrò, gli occhi che brillavano di sfida mentre infilava la mano dentro i boxer. La sua pelle calda incontrò il calore vivo del pene, lungo, dritto e palpitante. Paolo
trattenne un gemito quando le dita di Anna lo avvolsero, misurando la circonferenza con un mormorio di approvazione. "Dio, Giorgio... è enorme. Almeno il doppio del tuo."

"Lo voglio," disse Anna, poi protese le labbra e lo prese in bocca. La punta del glande scomparve tra le sue labbra umide, un sussulto profondo scosse il corpo di Paolo. Le mani guantate di lattice si aggrapparono al lettino, le nocche bianche. Anna iniziò a succhiare con lentezza voluttuosa, la lingua che esplorava il frenulo mentre le dita massaggiavano le palle tese del medico. Un filo di saliva le colò dal mento, luccicando sotto le luci fredde. "Ti piace, dottore?" mormorò, sollevando lo sguardo verso di lui. Paolo annuì, incapace di parlare, i fianchi che spingevano impercettibilmente in avanti.
Giorgio osservava, immobile, il respiro che gli usciva a fiotti corti e rochi. Vide la mano destra di Paolo scivolare lentamente tra le cosce di Anna, le dita guantate che abbandonavano ogni finzione clinica. Il tocco era ora deliberatamente sensuale, un'esplorazione lenta e possessiva che fece gemere Anna intorno al cazzo in bocca. Le dita di Paolo affondarono prima nella fica bagnata, allargando le labbra con un movimento esperto che provocò un tremito lungo la schiena di lei. Poi, senza preavviso, il pollice guantato scivolò più in basso, sfiorando l'ingresso stretto del culo. Anna si irrigidì per un attimo, un suono strozzato nella gola, ma Paolo insistette con delicatezza, la punta del dito che penetrò lentamente nel nodo muscolare contratto.
"Si, dottore," sussurrò Anna, sollevando la bocca dal cazzo lucido di saliva. Il suo sguardo era annebbiato, sfidante. "Lo infili tutto dentro prima nella fica e poi voglio che mi svergini il culo." Le parole, crude e dirette, risuonarono nella stanza come una scarica elettrica. Paolo la guardò, gli occhi neri di desiderio incontrollabile. Con un movimento fluido, estrasse il dito dal guanto di lattice, lasciandolo cadere a terra. La sua mano nuda, calda e unta di lubrificante, tornò tra le sue cosce. Le dita libere, non più vincolate dal lattice, erano più sensibili, più carnali. Il pollice tornò all'ingresso dell'ano, premendo con decisione ma senza brutalità, mentre l'indice continuava a massaggiare il clitoride gonfio. Anna gemette, un suono lungo e gutturale, inarcandosi sul lettino. "Tutto, dottore," ripeté, la voce roca. "Fino in fondo. Voglio sentirlo tutto."
Paolo annuì, la gola secca. Con la mano libera, prese il suo cazzo, lungo e imponente, e lo strofinò contro le labbra carnose della fica poi dopo due o tre spinte decise lo estrasse e lo strofino questa volta sul il buco stretto di Anna, lubrificandolo con la sua stessa eccitazione. La punta del glande premette contro la rosetta contratta, sentendo la resistenza muscolare. "Respira," ordinò, la voce rotta. "Spingi fuori come se dovessi cagare." Anna obbedì, un respiro profondo, e poi un lungo respirio mentre spingeva verso l'esterno. Paolo sfruttò l'attimo, la pressione costante, e la punta del suo cazzo scomparve dentro di lei, superando lo sfintere con un movimento deciso. Anna urlò, le dita che si aggrapparono al bordo metallico del lettino, le nocche bianche. "Dio... è enorme," ansimò, sentendo la carne viva che si apriva a forza dentro di lei, un dolore acuto eppure deliziosamente proibito. Paolo rimase immobile per un istante, lasciandola abituare alla sensazione di essere spezzata lì, in quel modo. Il suo sguardo incontrò quello di Giorgio, immobile vicino alla porta, il volto un maschera di eccitazione e incredulità.
Giorgio non resistette. Si avvicinò al lettino, il respiro affannoso. Guardò sua moglie, il corpo arcuato, il culo sollevato mentre il dottore la penetrava lentamente nel retto. Vide la tensione sul suo volto, il sudore che le imperlava la fronte, e sentì un'ondata di possessività mista a un desiderio perverso. Le prese la mano sinistra, che penzolava dal lettino, e la strinse forte. Anna gli trasferì con quel contatto tutto il suo piacere distorto: un tremito che partì dalle sue dita e corse lungo il braccio di Giorgio, un fiume di sensazioni crude. Era il dolore che si tramutava in estasi, la vergogna che bruciava come una fiamma, la resa totale al cazzo invasore. Giorgio sentì ogni spasmo, ogni contrazione del suo corpo attraverso quella stretta, come se il piacere di Anna scorresse direttamente nelle sue vene. "Sei bellissima così," sussurrò, gli occhi fissi sul punto in cui il dottore entrava e usciva con movimenti sempre più profondi.
"Non avevo mai provato tanto piacere," ansimò Anna, la voce rotta dai gemiti. Sollevò lo sguardo verso Giorgio, gli occhi annebbiati, lucidi di lacrime e desiderio. "Sono felice... e so che anche tu lo sei." Il suo sorriso era un misto di trionfo e abbandono. "Continua, Paolo... voglio sentirti sborrare dentro di me." Le parole, crude e dirette, fecero sobbalzare il dottore. Paolo accelerò il ritmo, i fianchi che sbattevano contro le natiche di Anna con un suono umido, ritmico. Le sue mani afferrarono i suoi fianchi, le dita che affondarono nella carne morbida mentre la spingeva più a fondo dentro di sé. Anna urlò, un suono lungo e liberatorio, la schiena inarcata all’impossibile. Sentiva ogni centimetro di quel cazzo che le riempiva il culo, una pienezza bruciante eppure estaticamente necessaria. Era spezzata, posseduta, eppure più viva che mai. "Sì... così... tutto dentro!" gridò, le dita che si aggrapparono al bordo del lettino come un’ancora di salvezza. Sentiva l'orgasmo avvicinarsi, un uragano che risaliva dalle viscere. "Sto venendo!" urlò, il corpo scosso da spasmi incontrollabili. Le sue cosce tremarono violentemente, i muscoli del culo che si serravano a morsa attorno al cazzo di Paolo, spremendolo con una forza primordiale. "Vieni insieme a me, dottore!" lo implorò, voltando il viso verso di lui, gli occhi che supplicavano. "Riempimi... ti prego." Paolo gemette, un suono gutturale, animalesco. Le sue dita si incisero nella carne di Anna, i fianchi che spingevano in un ultimo, disperato affondo. Sentì il calore esplodere dentro di lei, ondate di seme che inondavano quel tunnel stretto, ancora contratto dagli spasmi di lei. Un tremito violento lo percorse dalla testa ai piedi, il corpo che si abbandonò su di lei, schiacciandola sul lettino freddo. Giorgio osservava, immobile, il respiro mozzato. Vide il corpo di sua moglie scuotersi sotto quello del dottore, le dita ancora strette alle sue. Sentì il tremore finale di Anna, quell'ultimo singhiozzo di piacere che le scosse le spalle, e poi il peso di Paolo che crollava su di lei. Un silenzio pesante, rotto solo da respiri affannosi, riempì la stanza. L'odore di sesso e sudore era acuto, primordiale. Anna aprì gli occhi, il viso bagnato di lacrime e sudore, e sorrise a Giorgio. "Grazie, amore," sussurrò, la voce un filo roca. "Ora... ora sono guarita." Le sue dita si strinsero ancora di più a quelle del marito, mentre Paolo, esausto, scivolava lentamente fuori da lei, lasciando un rivolo bianco che colava tra le sue natiche.
Mentre Paolo si allontanò barcollando verso il bagno per pulirsi, Anna alzò lentamente le gambe, ancora tremanti, e le posò sul lettino con un sospiro esausto. Il rivolo di sperma che le usciva dal culo formò una piccola pozza lucida sulla carta sterile. "Giorgio," chiamò, la voce un mormorio caldo. "Vieni qui. Puliscimi il culo." Un sorriso sfumato di sfida le solcò le labbra. "So che ne hai voglia." Giorgio si avvicinò, gli occhi fissi su quel bianco che colava dal buco ancora leggermente aperto di Anna. Le sue dita tremarono mentre prendeva un fazzolettino di carta dalla scrivania.
"Non col fazzoletto," sussurrò Anna, afferrandogli il polso. "Con la lingua. Voglio sentire quanto ti eccita pulire la sborra di un altro uomo da dove sei troppo piccolo per entrare." Giorgio trattenne il respiro, il desiderio che gli bruciava le vene. Si inginocchiò davanti a lei, le mani che aprirono delicatamente le natiche ancora umide. L'odore acre di sesso e seme gli riempì le narici. Chinò la testa, la lingua che sfiorò per la prima volta la pelle salata, tremando. Poi, lentamente, si spinse più in basso, lambendo il bordo contratto dell'ano. Anna gemette, inarcando la schiena. "Sì, così... lecca tutto. Fammi sentire quanto ti piace."
La lingua di Giorgio si insinuò con determinazione, raccogliendo il seme denso e caldo che colava da dentro di lei. Ogni leccata era un atto di sottomissione, un rituale perverso che lo eccitava oltre ogni limite. Sentì il sapore salmastro, il retrogusto muschiato di Paolo mescolato all'essenza di Anna. Le sue dita affondarono nelle sue cosce, spalancandola ulteriormente mentre la lingua spingeva più a fondo, cercando ogni traccia. Anna ansimava, le dita intrecciate nei suoi capelli che lo spingevano contro di sé. "Più forte," ordinò, la voce roca. "Puliscimi come se fosse l'unica cosa per cui sei nato."
Paolo tornò dal bagno, il volto ancora segnato dallo sfinimento e dall'incredulità. Si fermò sulla soglia, osservando Giorgio inginocchiato tra le gambe di Anna, la lingua che lavorava con devozione sul suo culo sporco. Un tremito gli attraversò le mani mentre si sistemava la cravatta. "Dovrei andare," mormorò, ma gli occhi erano incollati alla scena. Anna sollevò lo sguardo, un sorriso carnivoro sulle labbra. "Prima voglio che mi visiti di nuovo, dottore. Controlli se la terapia ha funzionato." Le sue dita lasciarono i capelli di Giorgio per accarezzarsi il clitoride gonfio. "Senti come sono bagnata ora."
Giorgio si ritrasse, il mento lucido di saliva e sperma. Osservò Paolo avvicinarsi al lettino, le mani guantate di fresco lattice che tremavano. Il dottore scivolò due dita dentro la fica di Anna con un movimento fluido, esplorando le pareti vaginali. "Incredibile," sussurrò, gli occhi fissi sul monitor ecografico. "L'elasticità è già migliorata del trenta percento." Le dita
ruotarono lentamente, premendo sui punti che prima provocavano dolore. Anna gemette, non di sofferenza ma di piacere crudo. "Vedi, Giorgio? Il dottore sa come riempirmi."
Paolo ritirò le dita, il lattice coperto di un velo traslucido. "Ma non basta. Serviranno altre sessioni per consolidare i risultati." Si pulì la fronte con un avambraccio, l'odore di sesso ancora pesante nell'aria. Anna lo afferrò per la cravatta, tirandolo verso di sé. "Allora venga a cena domani sera. Casa nostra, ore ventuno." Le unghie gli graffiarono la camicia. "Potremo... approfondire la terapia senza interruzioni." Il suo sguardo scivolò su Giorgio, che osservava immobile dalla parete. "Mio marito preparerà l'aperitivo."
Giorgio annuì, le labbra serrate in una smorfia che non era né un sorriso né un ghigno. "Sì. Farò i tuoi cocktail preferiti, dottore." Si avvicinò, posando una mano sul ginocchio di Anna. "Ma solo se promette di portare il suo... strumento di lavoro." La battuta suscito una certa ilarità che scarico la tensione. Certo e sempre con me per la nostra Anna.
Anna si ricompose e insieme a Giorgio si avviò verso l'uscita. "A domani" poi prima di uscire torno indietro e lo bacio sulla bocca e gli sussurro all'orecchio:" Hai un cazzo favoloso ." e poi uscirono.


La porta dello studio si chiuse con un tonfo sordo. Paolo rimase immobile, le dita che ancora tremavano contro il bordo del tavolo metallico. L'odore di sesso e sudore saturava l'aria, un promemoria fisico di ciò che era appena accaduto. Si strappò i guanti di lattice con un gesto brusco, osservando le strisce bianche che erano colavate dal culo di Anna sul rivestimento di carta. Quel rivolo lucido sembrava accusarlo. "Terapia," mormorò alla stanza vuota, la parola che gli bruciava la lingua come una menzogna. Si passò una mano sul viso, sentendo il sudore freddo sulla fronte. La cravatta gli stringeva la gola come un cappio. Doveva disinfettare tutto, cancellare le prove. Ma le impronte di Anna sul lettino erano più profonde delle semplici tracce fisiche.

Nel parcheggio, Anna si appoggiò alla portiera dell'auto, un tremito sottile che le percorreva ancora le gambe. Giorgio accese il motore, il rumore familiare che spezzava il silenzio carico. "Sei sicura di questa cena?" chiese, gli occhi fissi sul volante, le nocche ancora bianche per la stretta. Anna sorrise, un'espressione carnale che illuminava il suo volto ancora segnato dal piacere. "Più che sicura, amore. Ha detto che servono altre sessioni." La sua mano scivolò sulla coscia di Giorgio, le dita che disegnavano cerchi intimi sul tessuto dei pantaloni. "E tu vuoi vedermi guarire completamente, vero?" Sentiva il potere di quella domanda, il modo in cui Giorgio irrigidiva le spalle, il desiderio e la rabbia che combattevano dentro di lui. "Sì," rispose lui, la voce un ruggito soffocato. "Voglio vederti riempita come meriti."
Anna sciolse la cintura di sicurezza, scivolando verso il centro del sedile. Le sue dita esperte sbottonarono la patta dei pantaloni di Giorgio, trovando il suo cazzo ancora gonfio e palpitante contro il tessuto degli slip. "Guarda come sei eccitato," sussurrò, afferrandolo attraverso la stoffa umida, sentendolo pulsare sotto il palmo. "Dopo quello che hai visto... dopo quello che hai fatto." Si chinò, il respiro caldo che sfiorava l'orecchio di Giorgio mentre la mano entrava negli slip, afferrando la carne nuda, calda e tesa. "Sei stato magnifico, Giorgio. Guardarmi mentre mi scopava... pulirmi con quella devozione..." Le parole erano frustate, cariche di lussuria e dominio. "Ti sei meritato una ricompensa."
Giorgio gemette, le dita che si strinsero sul volante fino a sbiancare le nocche. "Anna... la strada..." ansimò, ma il suo bacino si sollevò istintivamente verso quella stretta. Lei accelerò il movimento, la mano che pompava con ritmo deciso, il pollice che sfregava la punta bagnata di precum. "Non farmi fermare," ordinò Anna, la voce un basso gorgoglio. "Guida. E pensa a come ti succhierò appena varcata la porta di casa. Fino alle palle. Fino a farti urlare." Sentì il suo cazzo fremere nella sua presa, un tremito promettente. "Ti farò venire così forte che dimenticherai ogni dubbio sul tuo cazzo piccolo." La crudeltà della frase era un carburante, Giorgio emise un suono strozzato, quasi di dolore misto a piacere.
Anna continuò senza pietà, osservando il profilo contratto di Giorgio. "Ti ricorderò chi è la vera padrona della tua eccitazione," sibilò, le dita che strisciarono sotto il suo cazzo per massaggiargli le palle tese. "Dopo aver visto Paolo riempirmi... dopo avermi pulita come un bravo maritino... meriti solo la bocca della tua moglie puttana." La mano di Giorgio scivolò dalla sua coscia alla sua nuca, spingendola giù con forza brusca. Anna non resistette. Si chinò oltre la leva del cambio, la bocca che si aprì avida sul tessuto degli slip, assaporando l'odore muschiato del suo desidero attraverso la stoffa. Le labbra si serrarono attorno alla forma rigida, succhiando con voracità simulata anche attraverso il cotone. Giorgio sbatté un pugno sul volante, un ruggito soffocato. "Cristo, Anna! Fermati o..."
Ma Anna non si fermò. Affondò i denti nel tessuto umido, sentendo Giorgio irrigidirsi in un ultimo, disperato tentativo di controllo. Le sue dita affondarono nei suoi capelli, tirando invece di spingere, la lotta tra il bisogno di fermarla e la disperazione di lasciarla continuare scolpita in ogni tendine del collo. "Resisti," gli sussurrò contro l'inguine, il fiato caldo che penetrava la stoffa. "Non sporcarti come un ragazzino eccitato prima che io abbia finito." La sua lingua disegnò un cerchio lento, umido, proprio sulla punta attraverso gli slip. Giorgio gemette, un suono lacerato. Il suo bacino scattò in avanti, poi indietro, poi di nuovo in avanti in un movimento convulso. Anna sentì l'umidità aumentare, il tessuto diventare pesante di precum. Sorrise contro di lui. "Bravo. Tienilo dentro. È mio." La sua mano lasciò le sue palle per aprirgli la patta con gesto rapido, esperto. Il cazzo gli balzò fuori, violaceo e pulsante, colpendo il palmo di Anna con uno schiaffo umido. Lei lo afferrò alla base, stringendo forte. "Adesso sì che sei pronto."
Non ci fu preambolo. Anna aprì la bocca e lo ingoiò tutto d'un colpo, fino alle radici. Le sue labbra si serrarono alla base, il naso premuto contro il pube sudato di Giorgio. Un ruggito pieno, animale, gli sfuggì mentre lei iniziava a muovere la testa su e giù con un ritmo implacabile, veloce. Le guance si incavavano, gli occhi si chiudevano nel concentrarsi sulla sensazione di quel cazzo che le riempiva la gola, sul sapore salato della sua pelle, sul gemito roco che Giorgio emetteva ad ogni discesa. La sua mano libera gli afferrò una coscia, le dita che affondavano nella carne mentre lo succhiava con una voracità che non ammetteva pause. Sentiva il tremore che lo percorreva, la tensione che diventava insostenibile. "Sta... sta venendo..." ansimò Giorgio, la voce spezzata, le dita che si conficcavano nei sedili. Anna sollevò lo sguardo, incrociando i suoi occhi stralunati. Non rallentò. Anzi, accelerò, la gola che lavorava intorno a lui con una pressione umida, costante.
Il primo getto fu violento, caldo, denso. Colpì il palato di Anna come un pugno. Lei non si ritrasse. Continuò a succhiare, forte, mentre Giorgio si contorceva sul sedile, le mani che le artigliavano i capelli. "Anna! Cristo!" Altri spruzzi le inondarono la lingua, la gola, il sapore salmastro e acre che si mescolava alla sua saliva. Deglutì avidamente, sentendo le pulsazioni del suo cazzo contro le labbra, il corpo di Giorgio che si irrigidiva in spasmi incontrollabili. Quando l'ultima goccia fu estratta, lei si ritrasse lentamente, lasciando che la punta sfiorasse le sue labbra gonfie, lucide di saliva e sperma. Un filo bianco le collegava ancora alla bocca. Lo tagliò con un dito, poi lo leccò via con un languido movimento di lingua. "Buono," sussurrò, la voce roca dallo sforzo. "Ma solo un antipasto."
Giorgio respirava affannosamente, appoggiato allo schienale, gli occhi vitrei. "Dovevo... guidare..." Anna sorrise, pulendosi il mento con il dorso della mano. "E hai guidato benissimo, amore. Ora portami a cena. Hai bisogno di recuperare le energie." Gli sistemò il cazzo ancora tremolante dentro i pantaloni, chiudendo la patta con un gesto possessivo. "Scegli tu il posto. Qualcosa di sostanzioso." Accese la radio, una musica jazz sommessa che riempì l'abitacolo, coprendo il respiro ancora accelerato di Giorgio. Lui inserì la marcia, le mani che tremavano leggermente sul volante mentre uscivano dal parcheggio della clinica. Le luci della città sfumavano nel crepuscolo.
Anna osservava il profilo di Giorgio mentre guidava verso il centro. "Quella trattoria vicino al fiume," suggerì, le dita che giocherellavano con l'orlo della gonna ancora sollevata. "Quella con le lumache al burro e salvia." Giorgio annuì, sterzando senza parlare. Il silenzio tra loro era spesso, elettrico, carico delle immagini ancora fresche. Anna abbassò il finestrino, lasciando entrare l'aria fresca della sera che portava via l'odore dolciastro del sesso. Le luci dei lampioni si riflettevano nelle pozze d'acqua sulla strada, creando scie tremolanti. "Paolo... ha promesso di venire domani," sussurrò Anna, studiando la reazione di Giorgio. Lui strinse le mascelle, un muscolo che gli guizzò nella guancia. "Lo so," rispose, la voce più ferma di quanto si aspettasse. "E sarà più preparato."
Trovarono un tavolo in fondo alla sala, riparato da un alto divisorio di legno. Anna ordinò lumache e un Barolo corposo. Quando il cameriere se ne andò, lei appoggiò i gomiti sul tavolo, il sorriso un coltello smussato. "Mi hai visto?" chiese, la voce un filo più bassa. "Quando mi ha sfondato il culo? Quando mi ha riempita così tanto che ho quasi pianto?" Giorgio bevve un lungo sorso d'acqua, il bicchiere che tremava leggermente. "Ogni secondo," ammise, gli occhi che bruciavano nel buio. "Ogni gemito. Ogni volta che ti contraevi intorno a lui." Anna scivolò un piede fuori dalla scarpa, la punta delle dita che salì lungo la coscia di Giorgio sotto il tavolo. Sentì il suo respiro diventare più corto. "E tu? Mentre leccavi via il suo sperma dal mio culo... cosa provavi?"
Giorgio afferrò il suo polso sotto la tovaglia, fermando l'avanzata. Non la respinse. "Provo che sei mia," sibilò, le dita che le serrarono l'osso. "Che ti lascio fare tutto questo... perché alla fine torni a me." Anna ridacchiò, un suono umido e carnale. "Torna a te? Amore, stasera sono ancora tutta aperta per lui. Sento ancora il suo cazzo dentro." Si strinse leggermente le cosce, un brivido che le attraversò le spalle. "E domani... domani voglio di più. Voglio che mi scopi davanti a te senza guanti. Che mi sborri dentro finché non cola." Le sue parole erano proiettili nel silenzio della trattoria. Giorgio chiuse gli occhi per un istante, il desiderio e la rabbia che gli torcevano lo stomaco. "Ti piace essere una puttana?" chiese, la voce roca. "La sua puttana?"
Anna sorseggiò il vino, il rosso scuro che le macchiava le labbra come sangue. "Mi piace essere desiderata così," corresse, fissandolo sopra il calice. "Mi piace sentirmi piena fino a scoppiare. Mi piace vedere che eccitazione ti fa... guardarmi mentre un altro uomo mi possiede." Abbassò la voce ancora di più, le parole che diventavano un soffio caldo nell'aria tra loro. "Mi sono bagnata mentre leccavi via il suo seme dal mio culo. Ho sentito la tua lingua tremare." Giorgio emise un suono strozzato. La sua mano sotto il tavolo scivolò sulla sua coscia nuda, oltre l'orlo della gonna. Le dita incontrarono subito il calore umido, la pelle ancora sensibile. Anna aprì leggermente le gambe, un invito silenzioso. "Sei ancora tutta aperta," mormorò Giorgio, stupito dalla facilità con cui due dita affondarono dentro di lei, senza resistenza. Anna trattenne un gemito, le palpebre che si abbassarono di piacere. "Lo senti? Sono ancora la sua fica. E domani... sarà ancora più bagnata per lui."

Le lumache arrivarono, fumanti nel loro burro aromatico. Anna ne prese una, succhiando la carne tenera dalla conchiglia con un suono volutamente osceno. "Immagina," sussurrò, leccando il burro dal dito, "che domani Paolo mi scopi sul tavolo della cucina mentre tu ci guardi. Che mi pieghi e mi allarghi le chiappe per lui... così." Fece un gesto esplicito con le mani. Giorgio inghiottì, il coltello che scivolò sulla tovaglia. "E tu?" chiese Anna, puntandogli contro la forchetta. "Cosa farai? Ti seghi guardandoci? O aspetti il tuo turno per pulirmi di nuovo?" La pressione delle sue dita dentro di lei aumentò, sfregando quel punto interno che la fece contorcere sulla sedia. "Voglio che ti seghi," ordinò, gli occhi che brillavano di potere. "Voglio vedere il tuo cazzo piccolo e duro mentre lui mi sfonda. Voglio che sborri sul pavimento come un cane eccitato."
Giorgio estrasse le dita lentamente, portandosele alla bocca. Leccò via il suo succo misto al residuo di Paolo con una lentezza deliberata, fissandola. "Ti pulirò mentre sei ancora piena di lui," promise, la voce un ruggito soffocato. "Leccherò ogni goccia dal tuo culo aperto." Anna rabbrividì di piacere, sentendo un nuovo fiotto di umidità tra le cosce. "Sì," ansimò. "E poi... poi voglio che mi scopi tu. Subito dopo. Mentre sono ancora tutta dilatata e sporca di lui." Immaginò la sensazione: il cazzo piccolo di Giorgio che scivolava senza sforzo nel suo buco sfondato, la facilità con cui l'avrebbe penetrata dopo Paolo. "Sarai così eccitato che durerai due secondi," rise, crudele. "E io godrò mentre sborri dentro di me."
Il cameriere tornò con il secondo, filetti di branzino al cartoccio. Anna abbassò la voce mentre lui serviva. "Quando ti ho visto leccare il suo seme... ho visto il tuo cazzo pulsare nei pantaloni." Giorgio tagliò la carta con violenza, liberando il vapore aromatico. "Eri così piccolo e duro," continuò lei, prendendo una forchettata di patate. "Come un ragazzino alla prima scopata." Lui afferrò il bicchiere di Barolo, bevendo a lunghi sorsi. "Mi hai fatto sentire un dio," sibilò finalmente. "Guardarti... obbedire... sapere che lo facevi per me." Anna incrociò le caviglie sotto il tavolo, sfiorandogli la gamba. "Lo facevo per il mio piacere. Perché dopo anni del tuo minuscolo cazzo... finalmente mi sentivo una donna." Il coltello di Giorgio scivolò sul piatto con un cigolio. "E domani? Quando ti prenderà sul tavolo?"
Anna posò la forchetta. Si alzò lentamente, la gonna che scivolò sui fianchi mentre si sporgeva sul tavolo. Le mani appoggiate sulla tovaglia macchiata d'olio, il culo rivolto verso la sala. "Così?" sussurrò, arcuando la schiena fino a sfiorare il piatto di Giorgio con le punte dei seni. "Con le chiappe spalancate per lui?" Giorgio trattenne il respiro. Un gruppo di uomini due tavoli più in là smise di parlare. Il cameriere si immobilizzò con un vassoio. Anna mantenne la posizione per tre secondi interi, poi scivolò di nuovo sulla sedia con un fruscio di seta. "Hai visto come mi guardava il cameriere?" disse, cambiando tono improvvisamente, la voce chiara come campanelli. "Credo si sia eccitato. Ha sentito un po' del nostro discorso." Sorrise, innocente, prendendo un'oliva. Giorgio seguì il cameriere che si allontanava frettoloso, la macchia scura sui pantaloni bianchi inequivocabile. "Sei una diavolessa," mormorò, la mano che le strinse il ginocchio sotto la tovaglia. Anna gli sfiorò il polso con le dita. "Aspetta di vedere cosa faccio al dolce."
Quando arrivarono i cannoli siciliani, Anna si portò una mano alla bocca. "Un momento," disse alzandosi. "Devo sciacquarmi le dita." Chiese al cameriere con un sorriso invitante, dove fosse il bagno Attraversò la sala ondeggiando apposta, il tessuto della gonna che aderiva ai glutei ancora sensibili. Davanti allo specchio del bagno delle signore, si sistemò la scollatura abbassandola di un centimetro. Si voltò di tre quarti, studiando la curva del proprio culo nello specchio. *Così ti piaccio, cameriere?* pensò, sfiorandosi il punto dove Paolo l'aveva penetrata. La porta si aprì. Non era una donna. Era lui, il ragazzo coi capelli ricci e le mani ancora sporche di salsa. Anna non si voltò. Lo fissò nello specchio mentre lui chiudeva la porta a chiave. "Signora..." iniziò lui, la voce strozzata. Anna abbassò le mutandine di pizzo con un dito solo. "Vuoi vedere meglio?" sussurrò voltandosi. Il ragazzo annuì, incapace di parlare, gli occhi fissi sulla fessura umida tra le sue cosce. Anna appoggiò le mani al lavandino freddo e si piegò in avanti. "Allora guarda. Guarda come sono aperta dopo che il mio dottore mi ha riempita." Il cameriere gemette. Anna sorrise contro il marmo. "Leccami. il culo e poi prendimi."
Il cameriere non se lo fece dire due volte. Le mani gli afferrarono i fianchi mentre si inginocchiava dietro di lei. Le dita prima sfiorarono, poi penetrarono con violenza nella sua fica ancora dilatata. Anna gridò "Sì! Così! Strappami!" Le dita sparirono. Sentì il rumore della cerniera, poi il caldo peso di un cazzo duro che le batteva sul culo. Anna alzò un gluteo col piede, offrendosi. "Dentro. Tutto." Il cameriere la penetrò di colpo nell'ano ancora lasso, senza preamboli.
Anna urlò, le unghie che graffiarono il lavandino. Lui la scopava a colpi corti e rabbiosi, le mani che le stringevano i fianchi fino a lasciare lividi. Ogni spinta la sbatteva contro il bordo freddo del marmo. "Più forte!" ansimò Anna voltando la testa. "Rompimi come la troia che sono!" Il cameriere obbedì. Le afferrò i capelli, tirandole indietro la testa mentre il suo cazzo martellava quel buco caldo e sfondato. Anna sentiva il sudore colargli sulla schiena, le sue bestemmie soffocate. "Sporcami!" ordinò. "Sborrami dentro finché non cola!"
Fuori, Giorgio controllò l'orologio. Le dita tamburellavano sul tavolo accanto al cannolo mezzo mangiato. Il cameriere era sparito da dieci minuti. Un brivido di presagio gli attraversò la schiena quando vide Anna riemergere dal corridoio del bagno. Camminava con un'andatura leggermente rigida, le labbra gonfie, un rossore acceso sulle guance. Si sedette con un sospiro teatrale. "Scusami, amore. C'era fila." Il suo sorriso era troppo luminoso.
Anna gli prese la mano sotto la tovaglia. Le sue dita erano fredde, umide. Lo guidò con fermezza tra le sue cosce nude, oltre l'orlo della gonna sollevata, e gliela schiacciò contro la pelle calda, bagnata. Giorgio ritrasse la mano d'istinto, come se si fosse scottato. La guardò: le dita erano lucide di un liquido biancastro, denso, che colava lungo il palmo. L'odore salmastro e pungente gli colpì le narici prima ancora che la mente elaborasse. Non era il suo. Non era il profumo di Anna.
"Cosa hai fatto?" sibilò Giorgio, la voce un filo spezzato. Non guardava lei, ma quella mano sporca. La portò lentamente al viso, le narici che si dilatavano mentre annusava la sborra del cameriere ancora fresca. L'odore era acre, selvaggio, diverso da quello di Paolo. Più giovane, più animale. Un misto di sudore e seme crudo che gli bruciò il cervello.
Anna sorrise, le labbra umide di saliva non sua. "Ho il culo pieno di sborra per te," sussurrò, inclinandosi così che l'alito gli sfiorasse le labbra. "Se andiamo a casa, te la faccio pulire tutta. Con quella lingua devota che mi conosci." Le sue dita gli strinsero il polso mentre lui continuava a fissare la sostanza biancastra tra le sue nocche. "È colato fuori mentre camminavo. Sento ancora il peso dentro... caldo..."
Giorgio portò le dita alla bocca. Chiuse gli occhi mentre la lingua sfiorava la pelle salata, assaporando il gusto metallico dello sperma estraneo. Un gemito basso gli vibrò in gola. "È giovane," mormorò contro le sue nocche. "Più acido di Paolo." Anna ridacchiò, sfiorandogli la coscia sotto il tavolo. "Ventidue anni. Si chiama Marco. Ha scopato come un toro." Osservò Giorgio leccarsi le dita con una concentrazione quasi religiosa, ogni striscia lucida scomparendo nella sua bocca. "Mi ha presa contro il lavandino. Mi ha chiamata troia mentre mi riempiva il culo che Paolo aveva già aperto."

Si alzò bruscamente, rovesciando il bicchiere d'acqua. "Paghiamo." Giorgio annuì, chiamando il cameriere con un cenno secco. Marco arrivò evitando il suo sguardo, le mani che tremavano sul blocchetto. Anna gli sfiorò il polso mentre prendeva i soldi. "Grazie per il... dessert," sussurrò. Marco arrossì fino alle radici dei capelli ricci. Giorgio osservò lo scambio, la mascella serrata. "Torneremo," dichiarò ad alta voce, fissando il ragazzo. "Le tue lumache sono eccezionali." Marco annuì, fuggendo con i soldi.

Fuori, Giorgio spinse Anna contro la portiera della macchina. "Quel ragazzo..." iniziò, le mani che le affondavano nei fianchi. Anna gli sfiorò le labbra con un dito. "Bravo, vero? Ha riempito il mio culo meglio di Paolo." Sentì Giorgio irrigidirsi contro di lei. "Ma ora..." gli sussurrò nell'orecchio, aprendogli la patta con gesto rapido, "...voglio la tua lingua lì dentro mentre camminiamo verso casa." La sua mano afferrò il cazzo già semiduro di Giorgio, strofinandolo contro la sua gonna umida.

"Fermati," ansimò Giorgio, schiacciando Anna contro la portiera mentre lei gli massaggiava il cazzo attraverso i pantaloni. "Arriviamo prima a casa. D'accordo?" Anna gli morse il lobo dell'orecchio, sentendo il suo respiro farsi più rapido. "Come vuoi," sussurrò, le dita che serravano la sua erezione attraverso il tessuto. "Ma camminando lentamente. Voglio sentire la sua sborra che mi cola lungo le cosce ad ogni passo."
Giorgio la spinse via bruscamente, aprendo la portiera con mani tremanti. "Entra." Anna scivolò sul sedile, sollevando la gonna fino alla vita sotto la luce fioca del lampione. Le cosce lucide erano striate di bianco. Giorgio si chinò tra le sue gambe aperte, annusando l'odore pungente di sperma fresco mescolato al suo aroma. "Guarda come mi hai lasciata," mormorò Anna, allargando le labbra con due dita. L'orifizio anale era ancora dilatato, una pozza biancastra che colava sul tessuto del sedile. "Puliscimi prima di partire."
La sua lingua fu fredda, ruvida, quando leccò il primo rivolo che scendeva verso le cosce. Anna gemette, afferrandogli i capelli mentre Giorgio si immergeva nel lavoro. Assaporò ogni traccia di Marco, la lingua che frugava nel caldo tunnel rilassato, raccogliendo lo sperma denso e acido. Deglutiva con suoni umidi, le mani che le stringevano i fianchi per tenerla ferma. "Più dentro," ordinò Anna, premendogli la faccia contro di sé. "Lì dove mi ha riempita." Giorgio obbedì, la lingua che si infilava più profondamente nel passaggio ancora elastico, facendola contorcere.

Quando si sollevò, il mento luccicava. "Pulita?" chiese Anna, sfregandogli la guancia con il pollice. Giorgio annuì, le labbra serrate. Chiuse la portiera, girò la chiave con un movimento secco. La macchina si mosse nel traffico serale. Anna abbassò il finestrino, lasciando che l'aria fredda le sferzasse il viso. Osservò Giorgio: le nocche bianche sul volante, la mascola tesa. "Ti è piaciuto il sapore?" sussurrò. Lui non rispose, ma un tremore gli attraversò la coscia quando la sua mano gli strisciò sopra.

Anna scivolò più bassa sul sedile, le dita che aprivano la patta dei suoi pantaloni con gesti esperti. Sentì il calore del suo cazzo attraverso gli slip. "Guida," ordinò, afferrandolo con tutta la mano. Giorgio gemette, il respiro che si spezzò quando lei iniziò a massaggiarlo con pressione crescente. "Così..." sibilò Anna, il pollice che sfregava la punta umida attraverso il cotone. "Immagina Marco che mi sfonda il culo mentre tu lecchi via Paolo." La macchina sbandò leggermente quando Giorgio pestò il freno al semaforo rosso. Anna rise, aumentando il ritmo. "Sei così piccolo e duro... come un bambino eccitato."
"Ti prego Anna, fermati," ansimò Giorgio, le nocche bianche sul volante. "Così andiamo a sbattere." Le sue anche si scossero involontariamente contro il suo palmo. "Arriviamo prima a casa... e poi continuiamo..." Anna rallentò le dita, lasciando solo una pressione leggera, torturante. Guardò il suo profilo contratto nel buio, la bocca semiaperta. "E va bene," sussurrò, portandosi le dita umide alle labbra. "Sei stato un bravo bambino. E ti accontento." Ritirò la mano completamente, chiudendogli la patta con un colpetto. "La smetto."
Giorgio inspirò profondamente, il petto che gli si sollevava come dopo una corsa. Sterzò bruscamente verso la tangenziale, accelerando attraverso il traffico rado. Le luci delle automobili gli scivolarono addosso, intermittenti. Anna si sistemò sul sedile, abbassando la gonna. Sentiva ancora la sborra di Marco che le colava lungo le cosce interne, fredda ora che l'eccitazione calava. "Guida piano," disse senza guardarlo. "Non voglio che la polizia ci fermi con il mio culo tutto sporco."
Lui non rispose. Le dita serravano il volante come se potesse spezzarlo. Il silenzio si fece spesso, rotto solo dal rombo del motore. Anna chiuse gli occhi, lasciando che il ricordo del cameriere la riempisse ancora: le mani rozze che le stringevano i fianchi, il cazzo giovane che le sfondava l'ano già aperto da Paolo, le grida soffocate contro il marmo freddo. Un brivido le attraversò la schiena. Aprì gli occhi e vide che Giorgio la stava osservando di sfuggita, la mascella tesa. "Stai pensando a lui?" chiese lei, voce neutra. "A Marco che mi riempiva mentre tu aspettavi?"

Giorgio schiacciò l'acceleratore. La macchina balzò in avanti, superando un camion con un rombo rabbioso. "Pensavo," sibilò finalmente, "a quanto sei aperta." La sua mano destra lasciò il volante per un istante, sfiorandole il ginocchio. "A quanto sarà facile entrarti stasera." Anna trattenne il respiro. Sentì le sue dita salire lungo la coscia interna, fermarsi appena prima dell'inguine. "E se non fosse facile?" sussurrò, aprendo leggermente le gambe sotto la gonna. "Se fossi così dilatata che non sentissi nemmeno il tuo cazzo piccolo dentro di me?"

La mano di Giorgio si irrigidì. "Lo sentirai," promise, le dita che affondarono improvvisamente nel calore umido tra le sue cosce. Anna gridò, il corpo che si contorse sul sedile. "Lo sentirai perché sono troppo eccitato," ansimò Giorgio, sfregando con violenza il suo clitoride gonfio attraverso le mutandine inzuppate. "Troppo eccitato per controllarmi." Le sue dita erano frementi, nervose, come elettriche. Anna afferrò il bracciolo, le nocche bianche. Ogni sfregamento la spingeva più vicino all'orlo, il ricordo del cazzo di Marco che le martellava il culo ancora fresco nella mente. "Sì... così..." gemette, arcuando la schiena. "Ma non fermarti... non..."
Giorgio ritrasse la mano bruscamente come se si fosse scottato. Sterzò per uscire dalla tangenziale, le gomme che stridettero sull'asfalto. "Cazzo," imprecò, sfregandosi gli occhi con il dorso della mano. "Sto per... non posso toccarti ancora." Anna vide il tremore
nelle sue spalle, il sudore sulla nuca. Ridacchiò, un suono roco e crudele. "Povero Giorgio. Così eccitato da non reggere nemmeno le dita." Si strinse le cosce, sentendo un'altra ondata di umidità. "Immagina quando sarai dentro di me... quanto durerai?"
Parheggiò sotto casa con uno strattone, il motore che tossì prima di spegnersi. Giorgio non parlò. Scese, aprì la portiera di Anna con gesto meccanico. Lei scivolò fuori, la gonna che le aderiva alle cosce umide. "Portami," ordinò, appoggiandogli una mano sul petto. Lui la sollevò di peso, le gambe di Anna che gli cinsero i fianchi mentre attraversavano il portone. L'ascensore era fermo al quinto piano. Giorgio imprecò, iniziando a salire le scale di corsa. Anna rideva ad ogni scalino, i seni che gli sbattevano contro il petto. "Corri, piccolo. Corri come se il tuo cazzo potesse esplodere."
Sbatté la porta di casa con un calcio. Il corridoio buio tremò sotto i loro passi frettolosi. Giorgio la scaraventò sul letto matrimoniale, il materasso che cigolò sotto il peso. Anna rimbalzò una volta, i capelli neri sparsi sulla trapunta bianca. "Svelto," ansimò, già slacciandosi la blusa. "Prima che si secchi tutto." Giorgio le strappò via la gonna, i bottoni che volarono via. Le mutandine di pizzo erano incollate, impregnate di una miscela biancastra. Le afferrò i polsi, inchiodandole le braccia sopra la testa. "Sei ancora piena di quel ragazzo?" sibilò, il fiato caldo sulla sua pelle. Anna annuì, sfregandogli l'inguine contro il cazzo duro nei pantaloni. "Senti l'odore? È ancora caldo dentro di me."
La fece girare bruscamente, voltandola a pancia sotto. Anna afferrò i cuscini, la faccia sepolta nel tessuto. Il suo culo era una visione tumefatta: rosso, gonfio, l'orifizio anale ancora dilatato come un fiore appassito. Una lenta perla di sperma bianco-grigiastro colava lungo la fessura delle natiche, tracciando un sentiero lucido sulla pelle violacea. Giorgio gemette, un suono gutturale. Si inginocchiò dietro di lei, le mani che le spalancarono le chiappe con forza brutale. "Guarda come ti ha lasciata," sibilò. "Quel ragazzo ti ha fatto a pezzi." Poi chinò la testa e si mise a leccare.
La sua lingua fu avida, ruvida, scavando nel passaggio ancora caldo e rilassato. Anna urlò nel cuscino quando leccò più in profondità, raccogliendo le ultime tracce di Marco. Deglutiva con suoni umidi, affamato, le labbra premute contro la carne sensibile. Ogni leccata le strappava un gemito, il corpo che si contorceva sotto la pressione. "Sì... puliscimi tutta..." ansimò, premendogli il viso contro di sé. Giorgio obbedì, la lingua che frugava nel tunnel elastico, leccando via ogni residuo di sborra acida e sudore. Sentiva il tremore nelle sue gambe, il modo in cui le dita affondavano nel materasso.
Quando si sollevò, il mento luccicava di saliva e sperma. "Pulita?" chiese, la voce roca. Anna si voltò a pancia in su, le gambe aperte in un invito osceno. "Quasi," sussurrò, sfiorandosi l'ano ancora dilatato con due dita. "Ora che mi hai pulito... inculami tu." Gli occhi di Giorgio si dilatarono. "Fammelo sentire." La sua mano tremava mentre slacciava la cintura, i bottoni dei pantaloni che scattavano via. Il cazzo era piccolo, duro come pietra, la punta già umida di precum. Anna sollevò i fianchi, offrendosi. "Dentro. Tutto. Subito."
Giorgio la penetrò senza preamboli, un unico movimento brutale che la inchiodò al materasso. Anna gridò, le dita che affondarono nelle lenzuola. Sentiva ogni centimetro del suo cazzo piccolo e sottile scivolare nel passaggio rilassato, troppo facile dopo Marco. "Più forte!" ordinò, sollevando le anche per incontrarne le spinte. Giorgio obbedì, le mani che le afferrarono i fianchi mentre la scopava a colpi corti e rabbiosi. Ogni spinta la sbatteva contro la testiera, il legno che scricchiolava. "Sì... così... fammelo sentire bene..." ansimò Anna, voltando la testa per guardarlo. Le sue natiche schiaffeggiavano contro le cosce di Giorgio, un rumore umido e sordo.
Con la mano sinistra, Anna iniziò a massaggiarsi il clitoride con furia concentrata. Le dita si muovevano in cerchi rapidi sulla carne gonfia, il dolore e il piacere che si mescolavano nel basso ventre. Voleva venire insieme a lui, sincronizzare il collasso, trasformare quel piccolo cazzo in una scintilla per la sua esplosione. "Non fermarti..." sibilò contro il cuscino, le dita che acceleravano. "Ti sento... così piccolo dentro... ma così duro..." Ogni parola era un colpo al suo orgoglio, un carburante per la sua rabbia sessuale. Giorgio gemette, le spinte che diventavano irregolari, convulse. Anna chiuse gli occhi, concentrandosi sul punto di fuoco tra le gambe, sul movimento frenetico delle dita, sull'impulso che saliva come un'onda di lava.
Quando Giorgio urlò, il corpo che si irrigidiva in una curva arcuata, Anna sentì il getto caldo dentro di sé. Fu quel liquido improvviso, quel fremito di resa nel suo corpo contratto, che spinse lei oltre l'orlo. Un grido strozzato le sfuggì dalle labbra mentre l'orgasmo la colpiva come un fulmine: onde elettriche che le attraversavano l'addome, contraendo violentemente il passaggio anale intorno al cazzo ancora pulsante di Giorgio. Le dita continuavano a sfregare il clitoride attraverso le convulsioni, prolungando ogni spasmo fino al limite del dolore.
Giorgio crollò su di lei, il sudore freddo che le si appiccicava alla schiena. Il respiro gli usciva a rantoli, il petto che le schiacciava i polmoni. Anna rimase immobile, il corpo ancora scosso dai tremori residui, le dita finalmente ferme sul pube umido. Sentiva il suo sperma colarle lungo le cosce interne, caldo e sottile dopo la densità di Marco. Un silenzio spesso riempì la stanza, rotto solo dai loro respiri affannosi.
"Non muoverti," sussurrò Anna quando Giorgio tentò di ritirarsi. Le sue dita gli afferrarono i fianchi con forza, inchiodandolo dentro di sé. "Voglio tenere il tuo sperma dentro di me fino a domattina." Sentì il suo corpo irrigidirsi sopra di lei. "Anna, è..." iniziò lui, la voce strozzata dalla stanchezza. "Silenzio," tagliò corto lei, premendogli la faccia contro il collo. "Voglio dormire così. Sentirti dentro, sentire il tuo calore che mi riempie." Il suo culo dilatato stringeva ancora quel piccolo cazzo flaccido, trattenendo ogni goccia. Un brivido le attraversò la schiena quando un altro rivolo di sperma le colò lungo la coscia.
Giorgio obbedì, il peso del corpo diventava sempre più pesante mentre il sonno lo vinceva. Anna chiuse gli occhi, concentrandosi sulla strana pienezza: il calore residuo di Giorgio dentro il suo passaggio rilassato, mescolato al ricordo bruciante di Marco. Le lenzuola umide le aderivano alla schiena. Ogni respiro di Giorgio le muoveva i capelli sulla nuca.

L'alba trovò Anna ancora sveglia. Giorgio russava, il cazzo finalmente floscio che le scivolava fuori in un rivolo tiepido. Lei trattenne un gemito quando lo sperma colò lungo le cosce, macchiando il materasso. Si liberò dalla sua presa addormentata, scivolando dal letto nudo.
In bagno, la luce fredda rivelò il disastro. Sperma essiccato le incrostava le cosce interne, frammisto a lividi viola sulle natiche. Si voltò davanti allo specchio: l'ano era un cratere rosso, dilatato come mai prima. Due dita vi scivolarono dentro senza resistenza. Un brivido le attraversò la schiena ricordando Marco che la sfondava contro il lavandino.
Giorgio apparve sulla soglia, gli occhi gonfi di sonno. "Anna..." La voce roca si spezzò quando vide il suo riflesso. Lei sorrise, premendo le dita più a fondo nel passaggio molle. "Guarda come mi hai lasciata. Ancora aperta dopo tutta la notte." Un rivolo biancastro colò lungo la sua mano quando ritrasse le dita. Giorgio fissò quel liquido con fame animale.
"È mio?" chiese, avanzando a piedi nudi sul pavimento freddo. Anna annuì, sfiorandosi l'ano con la punta del dito. "Tuo e di Marco. Si sono mischiati dentro di me." Giorgio cadde in ginocchio davanti a lei, le mani che le stringevano i fianchi mentre seppelliva il viso tra le sue natiche. La lingua fu avida, disperata, leccando via lo sperma essiccato che le incrostava le cosce. Anna gemette, appoggiandosi al lavandino. "Sì... puliscimi tutta... voglio essere vuota quando Paolo arriva stasera."
Giorgio obbedì con ferocia, la lingua che frugava nel passaggio ancora dilatato, raccogliendo ogni residuo. Deglutiva i bocconi amari, le mani che le incollavano le chiappe al suo viso. Quando finalmente si ritrasse, il mento luccicava di saliva e sperma rancido. "Pulita?" ansimò, gli occhi arrossati fissi sul cratere rosa pallido che pulsava lentamente. Anna si voltò, sfiorandogli le labbra gonfie con le dita umide. "Quasi. Ma guarda..." allargò leggermente le gambe, rivelando le labbra gonfie, lucide di desiderio. "Qui dentro sono ancora vuota. E ho fame."

Giorgio la fissò, poi sbatté il palmo contro lo specchio. "Non c'è tempo, amore!" ringhiò, la voce strozzata dalla frustrazione. "Tardi dobbiamo andare al lavoro." Si voltò verso la doccia, aprendo il rubinetto con violenza. Anna lo seguì, il corpo nudo che sfiorava il suo. "Vuol dire," sussurrò contro la sua schiena sudata, le dita che strisciavano lungo la sua coscia interna, "che troverò qualcuno che mi riempia se tu non vuoi farlo ora." La mano si chiuse intorno al suo cazzo ancora floscio. Giorgio si irrigidì, il respiro un fischio. "Anna..."
"Sei diventato proprio una puttana," disse Giorgio, voltandosi di scatto. Le afferrò i polsi, schiacciandola contro le piastrelle fredde. "Così aperta che non sai più stare vuota neanche un'ora." Il suo sguardo bruciava di rabbia e desiderio. Anna rise, sfregandogli l'inguine contro l'erezione nascente. "E tu," ansimò, "diventi duro solo quando pensi a quanti uomini mi hanno scopata ieri." Gli morse il collo, sentendo il suo gemito soffocato. L'acqua calda li avvolse mentre Giorgio la sollevava, incastrandola tra il muro e il suo corpo.
"Allora riempimi," sibilò Anna nelle sue labbra, le gambe che gli cingevano i fianchi. "Prima che sia troppo tardi." Giorgio la penetrò con un colpo secco, senza preludio, il suo cazzo piccolo che scompariva nella fessura bagnata. Anna urlò, le unghie che gli scavavano la schiena. Ogni spinta la sbatteva contro le piastrelle, il rumore coperto dallo scroscio dell'acqua. "Così... sì... fallo bene, piccolo..." gemette, premendogli il bacino contro di sé. Giorgio ringhiò, le mani che le serravano i glutei mentre la scopava con colpi corti e furiosi. Il vapore avvolgeva i loro corpi accoppiati, l'odore del sesso mescolato al gelsomino del bagnoschiuma.

“Amore immagina stasera...”Anna chiuse gli occhi, lasciando che l'immagina prendesse forma e continuo, “Paolo che entra dalla porta di casa il suo passo pesante nel corridoio. Le sue mani grandi che mi spalancavano le natiche mentre tu guardi impotente ma eccitato. Immagina il mio piacere quando quel cazzo mostruoso mi sfonderà l'ano già dilatato, il calore della sua sborra che le riempirà le viscere. E tu umiliato, eccitato, che ti chini per leccare via ogni goccia dal mio sfintere pulsante. "Sì..." ansimò contro la spalla di Giorgio, le dita che gli affondavano nei capelli bagnati. "Immagina... quanto sarà calda la sborra di Paolo dentro di me... quanto sarà dolce per te leccarla..."
Giorgio emise un suono strozzato, quasi un ringhio. Le sue anche scattarono in avanti con violenza improvvisa, le dita che le affondarono nei fianchi come artigli. Anna sentì il suo corpo irrigidirsi contro di lei, un tremore convulso che attraversava la sua schiena sudata sotto il getto d'acqua. "Anna... Dio... sto..." Le parole si persero in un gemito gutturale, primitivo. Il suo cazzo piccolo e duro pulsò violentemente dentro di lei, spingendo in profondità con un ultimo, disperato scatto. Anna gridò quando sentì l'esplosione calda e sottile riempirla, un getto dopo l'altro che le inondava le pareti vaginali già contratte dall'orgasmo precedente. Giorgio la schiacciò contro le piastrelle, il corpo che si incurvava in una spasmotica resa, ogni muscolo teso mentre lo sperma sgorgava.
"Così... tutto dentro..." sibilò Anna, premendogli il bacino contro il suo, sentendo ogni pulsazione finale. Le sue dita gli strisciarono lungo la schiena, raccogliendo acqua e sudore. "Hai sentito le mie parole? Hai immaginato Paolo che mi riempiva mentre tu leccavi?" Giorgio annuì freneticamente, il viso sepolto nella curva del suo collo, il respiro ancora un rantolo. "Sì... sì... Dio... è stato..." Non finì la frase. Il suo corpo crollò su di lei, il peso improvviso che la costrinse ad appoggiarsi al muro umido. Sentiva il suo sperma colarle già lungo le cosce interne, mescolato all'acqua della doccia, un rivolo biancastro che scivolava verso lo scarico.
Anna rimase immobile, lasciando che l'acqua calda sciacquasse via la schiuma e il sudore. Osservò Giorgio mentre lentamente riprendeva fiato, le spalle che ancora tremavano leggermente. Un sorriso sottile le incurvò le labbra. Le sue parole sulla sborra di Paolo, sulla sua umiliazione eccitata, avevano fatto esattamente quello che voleva: scatenarlo completamente, farlo venire come un ragazzino incapace di controllarsi.
Giorgio finalmente si ritrasse, il suo membro floscio che scivolò fuori con un suono umido. Anna sentì immediatamente il suo sperma colarle lungo le cosce interne, mescolato all'acqua della doccia. "Guarda," sussurrò, allargando leggermente le gambe. "Sta già uscendo tutto. Non riesci nemmeno a tenermelo dentro per cinque minuti." Giorgio fissò il rivolo biancastro che scivolava verso il pavimento, gli occhi velati di vergogna e una strana, feroce eccitazione. "È... è colpa tua," borbottò, evitando il suo sguardo. "Quelle parole... sul cazzo di Paolo... sul leccare..."
Anna rise, un suono tagliente che rimbalzò sulle piastrelle. "Ah, il mio piccolo Giorgio. Si eccita solo quando gli ricordo che altri uomini mi hanno scopata meglio di lui." Gli sfiorò il mento con un dito, raccogliendo una goccia d'acqua mista a sperma. "Vuoi assaggiare? È tuo, dopo tutto." Giorgio scattò all'indietro come se l'avesse scottato. "Basta, Anna! Devo... devo prepararmi per il lavoro." Si voltò bruscamente sotto il getto d'acqua, strofinandosi il viso con violenza.
Anna osservò il rivolo bianco che le scendeva lungo la coscia. Un pensiero improvviso la fece sorridere. Si chinò lentamente, raccogliendo lo sperma col dito indice. "Aspetta," disse, la voce un miele velenoso. Giorgio si voltò, gli occhi che seguirono quel dito carico di seme mentre lei lo avvicinava alle sue labbra. "Apri." Lui esitò, il respiro affannoso. Anna alzò un sopracciglio. "O devo chiamare Paolo già adesso? Gli dico che il mio maritino non vuole nemmeno assaggiare la sua stessa sborra?"
Le parole agirono come una frustata. Giorgio aprì la bocca, gli occhi chiusi per un istante. Anna gli infilò il dito dentro, sfregando lo sperma sulla sua lingua. Sentì un brivido attraversargli il corpo mentre deglutiva, la gola che si contraeva. "Buono?" chiese, ritirando il dito lentamente. Giorgio annuì, incapace di parlare, lo sguardo fisso sul suo collo ancora segnato dai suoi morsi.

Anna sorrise, sfiorandogli le labbra umide. "Ora immagina." La voce era un soffio caldo contro il suo orecchio sotto lo scroscio dell'acqua. "Immagina la sborra di Paolo che sgorga dentro di me stasera. Calda, densa... molto più di questa tua acqua sporca." Sentì il suo respiro fermarsi, il corpo irrigidirsi contro il suo. "Immagina di leccarla via dal mio buco ancora aperto, sentire il suo sapore amaro mescolato al tuo..." Le sue dita gli strisciarono lungo l'addome, verso il cazzo che già ricominciava a gonfiarsi. "Immagina quanto sarà dolce per te pulire il disordine che farà dentro la tua moglie."
Giorgio gemette, un suono spezzato. Afferrò la sua mano che scendeva, inchiodandola contro le piastrelle. "Smettila," sibilò, ma le sue anche si mossero in avanti, premendo l'erezione nascente contro il suo pube. Anna rise, sfregandosi contro di lui. "Perché? Ti fa eccitare pensare a quanto mi riempirà meglio di te?" Gli morse il lobo dell'orecchio, sentendo il suo tremore. "Dimmelo. Dimmi che vuoi vederlo sfondarmi sul nostro tavolo mentre masturbi quel tuo piccolo cazzo."
"Anna..." La sua voce era un rantolo. Le dita le serrarono il polso più forte. "Non posso... non ora..." Ma il suo corpo tradiva le parole. Il respiro affannoso, il sudore che si mescolava all'acqua sulla fronte, il modo in cui il suo cazzo pulsava contro di lei. Anna gli affondò le unghie nella schiena. "Allora immagina di più. Immagina la sua sborra che mi cola dalle cosce dopo che mi ha scopata. Immagina di inginocchiarti e leccare il pavimento dove è caduta, come un cane affamato." Sentì Giorgio irrigidirsi, un brivido violento che gli attraversò la schiena. "Smettila!" urlò, ma era troppo tardi.
Il suo corpo si contrasse in un ultimo spasmo, il cazzo piccolo che pulsava furiosamente contro il suo pube senza penetrare, spruzzando sperma caldo sull'addome di Anna. Un gemito strozzato gli sfuggì mentre sgorgava, fili bianchi che si mischiavano all'acqua corrente sulle sue cosce. Anna osservò con un sorriso tagliente. "Ancora? Senza nemmeno entrare?" Gli sfiorò il seme col dito, portandolo alle sue labbra. "Sei proprio una piccola puttana, Giorgio. Vieni solo pensando a Paolo che mi sfonda."
Giorgio si ritrasse come ustionato, il volto una maschera di vergogna e rabbia impotente. "Basta!" ringhiò, voltandosi sotto il getto d'acqua che sciacquava via il suo fallimento. Anna rise, il suono metallico che rimbombava sulle piastrelle. "Corri pure a vestirti. Io resto qui." Lo guardò uscire dalla doccia a passi rigidi, la schiena tesa mentre asciugava furiosamente il corpo macchiato di sperma.
Anna rimase sotto l'acqua calda, lasciando che il getto pulisse via ogni traccia di Giorgio. Le dita esplorarono il proprio corpo: l'ano ancora dilatato pulsava dolcemente al tocco, le labbra gonfie si contraevano di desiderio insoddisfatto. *Troppo vuota*, pensò, osservando il rivolo biancastro di Giorgio scivolare verso lo scarico. *Paolo dovrà riempire meglio di così.*
In cucina, Giorgio trangugiava il caffè senza guardarla. "Parto prima," borbottò, afferrando la giacca. Le sue nocche erano bianche sulla borsa. Anna sorrise, lasciando cadere l'asciugamano sul pavimento. "Non dimenticare cosa succederà stasera." Lo vide irrigidirsi sulla soglia, la mano sulla maniglia che tremava leggermente prima di sparire.
Giorgio guidò con le dita che battevano sul volante. Ogni semaforo rosso era una tortura. Chiuse gli occhi un istante: Anna distesa sul tavolo, le cosce spalancate, Paolo che affondava in quel passaggio ancora rosso e dilatato mentre lui... *Dio, bastardo, fermati.* Ma la scena tornava, vivida: il rumore umido della penetrazione, Anna che gemeva più forte che mai per lui, il suo sguardo di sfida mentre veniva sfondata. Un brivido gli attraversò l'inguine. Si aggiustò i pantaloni, sudato. Al semaforo successivo, una donna attraversò lentamente. Giorgio fissò il suo sedere stretto nella gonna,
immaginando Anna sotto Paolo. Il cazzo pulsò, doloroso. *Sei un malato,* si rimproverò, schiacciando l'acceleratore.
Anna spazzolava i capelli davanti allo specchio del bagno . Le gambe erano ancora deboli, un vuoto persistente tra le cosce. Ogni movimento le ricordava Giorgio che veniva senza penetrarla, il seme che colava via sotto l'acqua. *Inutile.* Le dita le scivolarono sotto la gonna, sfiorando l'inguine umido. Chiuse gli occhi, sostituendo Giorgio con Paolo: mani grandi che le spalancavano le natiche, la punta del suo cazzo mostruoso che premeva contro l'ano già cedevole. Un gemito le sfuggì. Si morse il labbro.

Poi le venne in mente: il cazzo di Marco. Diverso da quello di Paolo. Più grosso? No. Più rude, sì. Più animalesco. Ricordò la pressione contro il lavandino del ristorante, le nocche bianche che le affondavano nei fianchi mentre la sfondava senza preludio. Nessuna delicatezza, nessuna falsa premura come Paolo. Solo urti profondi, il respiro roco contro la sua nuca, il sudore che colava lungo la schiena mentre lui la martellava. Più corto di Paolo, ma più spesso. Un tronco grezzo che le aveva lacerato il passaggio già provato. Anna sentì un brivido umido tra le gambe. Marco non aveva chiesto permesso. Non aveva aspettato un comando. L'aveva presa perché voleva farlo, perché lei era lì, aperta, disponibile. *Come una puttana,* pensò, e la mano le scivolò sotto le mutandine, sfregando il clitoride gonfio.
Le dita iniziarono un ritmo lento, circolare, appena sopra il punto più sensibile. Un leggero fremito la attraversò. Immaginò Marco nella doccia con lei invece di Giorgio. Quelle mani rozze che le spalancavano le natiche, le dita sporche di grasso di cucina che le frugavano dentro senza cerimonie. Il ritmo delle dita aumentò, diventando più deciso, più diretto. Non più sfioramenti, ma pressione costante, sfregamenti rapidi sul clitoride turgido. Ogni movimento evocava Marco che spingeva più forte, il suo gemito gutturale quando lei si stringeva intorno a lui nel tentativo disperato di controllarlo. *Non controllavi un cazzo,* ricordò con un sorriso amaro. *Ti ha usata come un buco.* E il ritmo delle dita divenne furioso, martellante, seguendo il ricordo degli urti di Marco contro il lavandino. Anna si morse il labbro inferiore, un gemito soffocato che le uscì dal petto. Il clitoride pulsava sotto le dita veloci, un punto di fuoco che irradiava onde elettriche lungo l'addome. La schiena si inarcò leggermente contro lo schienale della sedia da toilette.
Il ritmo non rallentò. Si intensificò ancora, le dita che danzavano frenetiche, quasi violente, sul bottone gonfio. Immaginò Paolo che entrava nella scena del ricordo. Le sue mani più grandi sostituivano quelle di Marco, più fredde, più precise. Il suo cazzo, lungo e spesso come un manico di scopa, che premeva contro l'ano già devastato mentre Marco la teneva aperta. "Sì," ansimò Anna ad alta voce, le dita che schiacciavano ora il clitoride, sfregando con forza brutale. "Entrambi... riempitemi entrambi..." Il ritmo era un tamburo di guerra tra le sue gambe, sincronizzato con l'immagine mentale dei due uomini che la penetravano simultaneamente, analmente e vaginalmente, un doppio assalto che la sbatteva contro il lavandino. Un dolore acuto si mescolò al piacere, intensificando tutto. Le lacrime le bruciarono gli occhi mentre le dita continuavano il loro assalto implacabile, il clitoride ormai così sensibile che ogni sfregamento era quasi intollerabile, eppure necessitato. Il respiro divenne rantoli brevi e affannosi.
Il punto di rottura arrivò come un fulmine. Non un'onda, ma un'esplosione bianca che le attraversò l'addome, contraendo violentemente ogni muscolo. Il corpo si irrigidì sulla sedia, le dita congelate nel loro movimento furioso mentre un gemito lungo, strozzato, le sfuggiva dalla gola. Ondate di piacere elettrico la percorrevano, pulsanti, incessanti, facendole tremare le gambe e serrare gli occhi. Vide Paolo e Marco fissarla con disprezzo e desiderio mentre lei veniva così, sola, senza loro dentro. L'umiliazione acuì il piacere, prolungando gli spasmi. Quando finalmente le onde iniziarono a placarsi, lasciandola tremante e sudata, le dita si ritirarono lentamente, tremanti. Il clitoride pulsava, dolorosamente vivo. Un rivolo di liquido chiaro le colava lungo la coscia interna, mescolato al sudore.
Anna rimase immobile per lunghi istanti, il respiro ancora affannoso. Lo specchio rifletteva il suo volto arrossato, gli occhi lucidi di una strana vergogna. *Ecco,* pensò, osservando il riflesso tremolante. *Una puttana che si scopa da sola pensando a due uomini che la usano.* Un sorriso amaro le incurvò le labbra. Si alzò con un sospiro, sentendo il vuoto tra le cosce più profondo di prima. Le gambe cedettero leggermente quando poggiò il piede a terra. Si lavò le mani con acqua fredda, il contatto gelido un sollievo sulla pelle infuocata. Poi abbassò le mutandine ancora umide, osservandole alla luce cruda del neon. La macchia scura di eccitazione era evidente. Le passò un dito sopra, poi portò il dito alle narici. L'odore acre del suo desidero insoddisfatto le riempì le narici.
Il telefono sul lavandino vibrò. Un messaggio di Giorgio: "Riunione fino a tardi. Non aspettarmi per cena." Anna scrollò le spalle, un senso di libertà improvvisa che le sciolse le spalle. Non doveva fingere stanotte. Non doveva preparare la trappola della cena romantica per poi umiliarlo davanti a Paolo. Ora sarebbe stato diretto. Crudo. Lei e Paolo, e il suo cazzo mostruoso che finalmente avrebbe riempito quel vuoto che Giorgio non sapeva colmare. Le dita le scivolarono di nuovo tra le gambe, sfiorando l'inguine ancora sensibile. Immaginò Paolo che entrava in casa, senza preamboli, senza Giorgio a guardare. Solo le sue mani grandi che le spalancavano le natiche sul divano del soggiorno, il rumore umido della penetrazione mentre lui affondava nel passaggio già cedevole. Un brivido la percorse. *Aspetta,* si disse, ritirando la mano. *Non sprecare il piacere.*

Anna preparò la scena con cura meticolosa. Il divano in pelle nera spostato al centro del soggiorno, un grande asciugamano scuro steso sopra. Le luci abbassate, solo una lampada da terra che proiettava un cono dorato sulla zona. Si spogliò lentamente, osservandosi nello specchio dell'ingresso. Il corpo mostrava i segni delle ultime ventiquattr'ore: l'ano ancora dilatato e leggermente arrossato, le cosce interne con lievi lividi a forma di dita. Sorrise. Erano trofei. Prove della sua capacità di resistere, di accogliere, di essere riempita. Si inginocchiò sul divano, posando i gomiti sullo schienale, la schiena inarcata, le natiche offerte verso la porta d'ingresso. Una posa da trofeo. Da preda in attesa del cacciatore. Chiuse gli occhi, concentrandosi sul battito del sangue nelle tempie e sul vuoto pulsante tra le cosce. Ogni respiro amplificava la sensazione di attesa. Di fame.
Il telefono squillò. "Sono Paolo, sono sotto, aprimi il portone."
"Quarto piano," disse Anna, “ti lascio la porta di casa socchiusa. Sono sola e sono giè pronta per te. Giorgio è ancora al lavoro e tornerà tardi.
La porta di casa si aprì lentamente e si richiuse dietro a Paolo. Anna trattenne il respiro. Un onda d'aria fresca che le sfiorò la sua pelle nuda. Passi pesanti, sicuri, avanzarono sul pavimento di marmo. Paolo non disse una parola. Non ci fu bisogno. Anna percepì la sua ombra proiettarsi sul suo corpo, fredda e massiccia. Sentì il fruscio della giacca che cadeva, il tintinnio della cintura sfilata. L'odore del suo colon si mescolò all'aria, acre e maschile. Le sue mani, grandi e fredde come Anna aveva immaginato, le si posarono sui fianchi con un possesso immediato. Le dita affondarono nella carne, valutando, misurando la cedevolezza delle sue natiche. Un pollice scivolò lungo il solco, sfiorando l'ingresso già umido e pulsante. Anna gemette, un suono basso, involontario. La punta fredda e dura
del suo cazzo le premette contro le natiche, enorme, un peso tangibile. Paolo non chiese permesso. Non ci fu preludio. Solo un aggiustamento, un respiro profondo, e una spinta brutale, totale.
Anna urlò quando Paolo la penetrò completamente. Non un grido di dolore, ma un suono greve di resa. Il suo passaggio, già dilatato dalle violenze precedenti, cedette senza resistenza, aprendosi per accogliere tutta la sua lunghezza in un unico, fluido movimento. Fu come essere spezzata e riempita simultaneamente. Paolo rimase immobile per un istante infinito, sepolto fino alle radici dentro di lei, il suo respiro caldo sulla sua schiena. Anna sentì ogni centimetro di lui, la pressione implacabile contro le pareti interne, la sensazione di essere sollevata da terra dal solo potere della sua penetrazione. "Dio..." sibilò, le dita che affondavano nella pelle del divano. Paolo iniziò a muoversi. Non urti frenetici, ma ritirate lente, quasi complete, seguite da spinte profonde, misurate, che la facevano scivolare in avanti sul divano. Ogni penetrazione era un'affermazione di possesso, un riempimento totale che annullava ogni altro pensiero. Anna si abbandonò al movimento, al rumore umido della carne che si univa, al gemito roco che le usciva dalla gola ad ogni spinta. Era pieno. Finalmente, completamente piena. Il vuoto era stato cancellato, sostituito da questa presenza monumentale che la dominava. Paolo le afferrò i fianchi con più forza, cambiando angolo, trovando una profondità ancora maggiore. Anna gridò di nuovo, la schiena che si inarcava come un arco sotto la pressione. "Sì... così... tutto... riempimi tutta..." Le sue parole erano un rantolo, perse nel ritmo crescente dei loro corpi che si scontravano. Paolo accelerò, le spinte che diventavano più potenti, più insistenti, il suo respiro un ringhio contro la sua nuca. Anna sentì il calore accumularsi dentro di lui, la pulsazione del suo cazzo che diventava più violenta, più rapida. Stava per riempirla davvero.
Paolo si bloccò improvvisamente, sepolto fino in fondo, un gemito gutturale che gli strappava il petto. Anna sentì il calore esplodere dentro di sé, uno zampillo dopo l'altro, intenso, abbondante, che riempiva ogni spazio disponibile. Paolo tremava contro di lei, le dita che le scavavano i fianchi, trattenendola ferma mentre svuotava tutto se stesso nel suo passaggio aperto. Anna gemette, sentendo il liquido caldo sgorgare, la sensazione di essere riempita oltre ogni limite. Era un possesso totale, fisico, viscerale. Paolo rimase immobile per lunghi istanti, il respiro affannoso, ancora dentro di lei mentre il suo seme colava lungo le sue cosce interne, caldo e denso. Poi si ritrasse lentamente, con un suono umido e vuoto che fece rabbrividire Anna. Si voltò appena in tempo per vederlo aggiustarsi i pantaloni, il volto un maschera di soddisfazione animalesca. Il suo seme iniziò immediatamente a fuoriuscire, un rivolo bianco e cremoso che scorreva lungo la sua coscia interna fino a macchiare l'asciugamano scuro. Senza un'altra parola, si voltò e uscì, lasciandola tremante, grondante, e incredibilmente vuota di nuovo nonostante il liquido che le colava tra le gambe.
Anna rimase inginocchiata sul divano, il respiro ancora affannoso, il corpo tremante. Il seme di Paolo colava caldo lungo le sue cosce interne, un rivolo costante che macchiava l'asciugamano scuro sotto di lei. Il silenzio della casa dopo la sua partenza era assordante, rotto solo dal battito accelerato del suo cuore. Chiuse gli occhi, rivivendo ogni istante: la spinta brutale che l'aveva aperta completamente, la profondità implacabile, il calore esplosivo del suo seme. Un brivido di piacere residuo la percorse. *Amore,* pensò, le labbra incurvate in un sorriso carnale, *ho atteso questo momento tutta la giornata.* Ogni secondo dall'alba era stato un conto alla rovescia verso questa penetrazione totale, questa riempitura che Giorgio non poteva nemmeno immaginare. Il vuoto persistente tra le sue cosce aveva urlato per Paolo, per quel cazzo mostruoso che finalmente l'aveva saziata, anche solo per pochi minuti. Sentì una nuova perdita di seme scivolarle lungo la gamba.
Le dita tremanti si tuffarono tra le cosce viscide, raccogliendo una generosa quantità del liquido bianco e cremoso. Lo osservò alla luce fioca della lampada: denso, opalescente, la prova tangibile della potenza di Paolo. Con gesto deliberato, portò le dita alle labbra, leccando via ogni goccia. Il sapore era intenso, amaro e salato, un'esplosione di mascolinità che le riempì la bocca. Un gemito basso le sfuggì dalla gola. Era più forte di Giorgio, più ricco di Marco. Il seme di un uomo che poteva riempirla veramente. *Tutta la giornata,* ripeté mentalmente, ingoiando, *ho sognato solo questo sapore.*
Il telefono del dottore sul tavolino vibrò improvvisamente, rompendo il silenzio carico. Anna si voltò a fatica, il corpo ancora tremante per gli spasmi residui, e allungò una mano bagnata per afferrarlo e lo porse a Paolo. Lo schermo illuminò il seme che le colava lungo la coscia. Era Luisa la moglie di Paolo..
Paolo prese il telefono e si allontanò per rispondere, poi torno quasi subito "Era mia moglie... un imprevisto familiare. Devo tornare a casa immediatamente."
"E la cena?" disse Anna.
" Mi spiace Anna , sarà per un'altra volta." Raccolse la giacca da terra, baciò Anna sulla bocca e andò via.
Anna rimase inginocchiata sul divano, il seme di Paolo ancora caldo tra le cosce. La porta si chiuse con un tonfo sordo che sembrò risuonare nel vuoto improvviso della stanza. Le luci basse proiettavano ombre lunghe sull'asciugamano macchiato di bianco. Un singolo rivolo di seme scivolò lungo la sua coscia interna, lento, quasi indifferente. *Così poco tempo,* pensò, le dita che strisciavano sulla pelle umida per raccogliere quell'ultima offerta. Lo portò alle labbra. Il sapore amaro, potente, era già un ricordo. Troppo breve.
Paolo aveva baciato la sua bocca con una fretta quasi violenta prima di sparire. Le sue parole risuonavano ancora: "Un imprevisto con mia moglie". Anna chiuse gli occhi, immaginando Luisa, la moglie del dottore. Magra, ordinata, gli occhi sempre un po' stanchi. La donna che aveva diritto a quella cena, a quel tempo rubato. Un risentimento freddo le serrò lo stomaco. *Io gli apro il culo e lei gli apre le porte di casa,* pensò con amarezza. Le dita, ancora sporche, affondarono di nuovo tra le gambe, cercando disperatamente l'umidità residua, il fantasma del piacere. Trovò solo vuoto e una sensibilità dolorosa.
Si alzò con uno sforzo, le gambe tremanti che quasi cedevano. Camminò nuda verso il bagno, lasciando impronte umide sul pavimento freddo di marmo. Ogni passo era un promemoria della penetrazione, della pienezza svanita troppo presto. Si sedette dul bidet ed apri l'acqua gelida.Comincio a passare le dita bagnate sull'ano ancora dilatato e arrossato, le cosce chiazzate di bianco poi il getto gelido dell'acqua le schizzò contro il sesso gonfio e il passaggio dolorante. Un sibilo le sfuggì. Il freddo era una tortura, un contrappunto crudele al calore che ancora le pulsava dentro. Lavò via il seme di Paolo con movimenti meccanici, brutali. L'acqua trascinava via tutto: la prova, l'odore, la promessa. Restava solo la pelle d'oca e un tremolio incontrollabile.
Anna immaginò Paolo che entrava nella sua casa ordinata. Luisa sarebbe corsa verso di lui, gli occhi pieni di un'affetto domestico che Anna disprezzava. L'avrebbe abbracciato, annusando inconsapevolmente l'odore di Anna ancora sulla sua pelle, sul suo colon. Paolo avrebbe ricambiato l'abbraccio, forse con un po' di rigidità, la mente ancora piena dell'immagine di Anna inginocchiata, grondante. Luisa gli avrebbe sussurrato qualcosa, gli avrebbe preso la mano, conducendolo verso la camera da letto. Non per terapia. Per diritto. Avrebbe voluto lui con una fame semplice, diretta. Paolo l'avrebbe presa senza le brutalità riservate ad Anna, con una lentezza quasi tenera. Anna serrò i denti, sentendo una fitta acuta di gelosia mescolata al desiderio. *Lei lo prende così,* pensò, *mentre io devo solo essere riempita e buttata via.* Chiuse l'acqua. Il silenzio tornò, più pesante di prima. Si asciugò lo sfregamento ruvido sulla pelle sensibile quasi un castigo.
Si stese sul divano e pensò a Giorgio, aveva voglia di coccole non di brutalità e mentre immaginava di baciarlo con trasporto si addormentò.
La chiave girò nella serratura con un *clic* secco che risuonò nel silenzio della casa. Giorgio entrò, il soprabito ancora grondante della pioggia fredda che imperversava fuori. La stanchezza gli pesava sulle spalle, sulle palpebre. Gettò le chiave sul tavolino dell'ingresso con un gesto automatico, il suono metallico che sembrò troppo forte nell'aria immobile. "Anna?" chiamò, la voce roca. Nessuna risposta. Solo il ticchettio insistente della pioggia contro i vetri. Immagino di trovarla nel suo letto con Paolo. Si sfilò il soprabito bagnato, appoggiandolo con non curanza sulla sedia. Attraversò il corridoio, i passi ovattati sul pavimento di marmo. La luce fioca del soggiorno filtrava dalla porta socchiusa. Giorgio la spinse.
L'aria nel soggiorno era ferma, pesante di un odore acre e dolciastro che Giorgio riconobbe immediatamente: sudore, sesso, e qualcosa di metallico. La lampada da terra proiettava una luce dorata e obliqua, creando un cono di chiarore che illuminava la scena con una crudele precisione. Anna era distesa sul divano a pancia in giù, il corpo completamente nudo, la mano fra le cosce e il buco del culo dilatato.
Si avvicinò lentamente per guardarla da vicino. La pelle attorno all'ano era arrossata, gonfia, quasi lucida Anna non si mosse. Respirava profondamente, regolarmente, completamente abbandonata al sonno, ignara della sua presenza.. Giorgio osservò la curva della sua schiena, la fragilità delle scapole, il collo esposto. Era vulnerabile. Vide le tracce bianche e secche sulle cosce interne di Anna. Il seme di Paolo. Quel seme che lei aveva assaporato con tale devozione mentre lui, Giorgio, era costretto a guardare. Un impulso primordiale lo attraversò. Senza pensare, allungò una mano tremante. Le dita sfiorarono prima la pelle fredda della sua coscia, poi risalirono verso la crosta biancastra. Era dura, granulosa. Strappò un frammento con l'unghia. Lo portò alle narici. L'odore acre, animale, lo colpì come un pugno. Poi, lentamente, con un tremito incontrollabile, portò il frammento alla bocca. Il sapore esplose: rancido, salato, amaro. Il sapore della sua umiliazione. Il sapore della potenza di Paolo. Chiuse gli occhi, un gemito soffocato nella gola. Era disgustoso. Era eccitante. Era la sua condanna.

Anna gemette nel sonno, un suono basso, gutturale. Girò leggermente la testa sul cuscino, esponendo il profilo del viso rilassato. Le labbra erano leggermente dischiuse. Giorgio la osservò, immobile, il sapore di Paolo ancora sulla lingua come un marchio.. Era così serena. Così soddisfatta. La luce fioca sembrava danzare sul metallo, riflettendosi in modo sinistro. Anna sospirò di nuovo, più profondamente questa volta, le dita che si contrassero leggermente contro la coscia. Giorgio trattenne il respiro. Il silenzio era rotto solo dal ticchettio della pioggia e dal respiro regolare di Anna. Quel respiro così pacifico. Quel corpo così completamente posseduto, anche nel sonno.
Un nuovo rivolo di liquido chiaro e viscoso usci dal culo di Anna e scivolò lungo la coscia interna di Anna. Giorgio seguì quel rivolo con gli occhi. Vide dove si fermò, mescolandosi alle altre croste bianche di Paolo. Un brivido gli corse lungo la spina dorsale. Non era disgusto questa volta. Era qualcosa di più oscuro, più profondo. Un desiderio contorto di possesso, anche solo di quella scena, di quella prova della sua totale sottomissione al piacere di un altro uomo.
Anna si svegliò di colpo quando Giorgio inizio a leccarle il culo. Un sussulto, gli occhi che si spalancarono nel buio. Non si voltò immediatamente. Rimase immobile, la schiena irrigidita per un istante, mentre la lingua di Giorgio, calda e ruvida, le percorreva l'ano gonfio, raccogliendo avidamente il liquido fresco che colava ancora. Sentì le sue labbra premere contro la carne sensibile, sentì il suo respiro affannoso contro la sua pelle. Un brivido di piacere la percorse, mescolato a un'improvvisa vergogna. "Giorgio..." mormorò, la voce roca dal sonno sei tornato, avevo voglia di te amore. Continua a leccarmi ma poi scopami ho tanta voglia di te.

Giorgio non rispose con parole. Solo un gemito basso, affogato nella sua carne, mentre la sua lingua si insinuava più profondamente nel passaggio ancora aperto, leccando via ogni traccia di Paolo con una devozione che fece tremare Anna. Le sue mani le afferrarono i fianchi, non con la brutalità di Paolo, ma con una presa ferma, quasi disperata. Quando finalmente sollevò il viso, bagnato di lei, i suoi occhi nel buio erano due pozze nere di un bisogno primitivo. "Ti voglio," sussurrò, la voce rotta. "Ti voglio tutta. Ora."
Anna si girò lentamente sul divano, il corpo ancora dolorante ma elettrico sotto il suo sguardo. Le sue mani si alzarono per accarezzargli il viso, sentendo la tensione nelle sue mascelle, l'umidità della pioggia e di se stessa sulle sue guance. "Allora prendimi," sussurrò, aprendo le gambe in un gesto di offerta totale. "Ma piano, Giorgio. Piano e dolce. Come sai fare solo tu." La sua voce era un filo di seta nel silenzio carico.

Giorgio la guardò, inginocchiato sul pavimento davanti al divano. La luce obliqua della lampada illuminava le curve del suo corpo, le tracce bianche ormai confuse sulle cosce, il rossore ancora vivo attorno al suo centro più intimo. Non ci fu fretta. Si tolse la maglietta bagnata con movimenti lenti, rivelando il torso magro, teso. Poi i pantaloni, lasciandoli cadere accanto a sé. Il suo cazzo era duro, pulsante, ma non aveva la dimensione intimidatoria di Paolo. Era Giorgio. Il suo Giorgio. Si sporse in avanti, le sue mani calde scivolarono sotto le sue natiche, sollevandola leggermente verso di lui. Anna chiuse gli occhi, un sospiro le sfuggì quando sentì la punta del suo glande, calda e tremante, sfiorare il suo ingresso ancora sensibile, ancora leggermente dilatato. Non spinse. Accarezzò. Un movimento circolare, delicato, che fece sciogliere Anna in un gemito lungo e basso. "Così..." sussurrò lei, le dita che si intrecciarono nei suoi capelli umidi. "Così mi piace."

Entrò con una lentezza che era quasi una tortura, millimetro dopo millimetro, lasciando che ogni centimetro di lei si adattasse a lui, che ogni fibra si aprisse senza strappi. Anna sentì le sue labbra premersi contro il suo collo, baci leggeri come farfalle mentre lui la riempiva con una pazienza infinita. Non c'era violenza, solo una penetrazione profonda, costante, che sembrava cercare non solo il suo corpo ma la sua anima stanca. Quando fu completamente dentro, si fermò, sepolto fino alle radici, il suo respiro caldo contro la sua pelle. Rimase immobile, lasciando che Anna sentisse ogni pulsazione, ogni battito del suo cuore tradotto in una vibrazione intima dentro di lei. "Sei bellissima così," mormorò contro la sua pelle, le sue mani che accarezzavano i suoi fianchi con una tenerezza che fece lacrimare Anna. Era pienezza senza dolore. Possesso senza violazione.

Anna lo fece uscire dal culo si giro e indirizzo il suo cazzo nella fica umida. Giorgio cominciò a muoversi con ritmi lunghi e profondi, estrazioni quasi complete seguite da spinte che riconquistavano ogni spazio perduto con una dolcezza che faceva tremare Anna. Ogni movimento era studiato, preciso, come se Giorgio stesse dipingendo qualcosa di sacro dentro di lei. Anna alzò le gambe, avvolgendogli i fianchi, tirandolo più vicino, più profondo ancora. "Sì... così..." sussurrò, le dita che affondavano nella sua schiena sudaticcia. "Così mi piace... senti come ti prendo?" Ogni spinta incontrava una contrazione interna, un abbraccio umido e caldo che faceva gemere Giorgio, la fronte premuta contro la sua spalla. Il suo cazzo sembrava pulsare dentro di lei, più grosso di quanto ricordasse, gonfio di un desiderio che finalmente aveva spazio per esprimersi senza fretta.

Anna sollevò il bacino per incontrarlo meglio, trasformando ogni penetrazione in una fusione. "È bellissimo..." ansimò, gli occhi socchiusi nel buio, fissi sul suo viso contratto dal piacere. "Ti sento tutto... così pieno..." Le sue mani scivolarono giù, tra i loro corpi sudati, le dita che trovarono il punto dove si univano, sentendo l'umidità calda, la tensione della pelle tesa, il movimento ritmico della sua asta dentro di lei. Un tocco leggero, appena sopra il clitoride, un cerchio lento che fece urlare Anna di colpo, un suono strozzato che si trasformò in un singhiozzo. "Sto per venire... Giorgio... muoviti piano... fammelo sentire bene..." Le sue parole erano frammenti, soffocate dal piacere che saliva, implacabile.

Giorgio obbedì, rallentando ancora, trasformando ogni spinta in un'agonia estatica. Le sue anche si muovevano con una fluidità ipnotica, scandite dal respiro roco di Anna. Sentiva ogni minima contrazione interna, ogni tremito che la percorreva mentre il suo orgasmo si avvicinava, un vortice che risucchiava tutto. "Vieni," sussurrò Giorgio, la voce un brivido contro la sua pelle. "Vieni per me, Anna. Lasciati andare."

Anna affondò le unghie nella sua schiena, un grido soffocato le sfuggì quando la pressione sulle sue dita divenne insostenibile. Il suo corpo si irrigidì in un arco perfetto, poi esplose in una serie di spasmi violenti, profondi. Giorgio la sentì stringersi intorno a lui come una morsa di velluto bollente, un'abbraccio interno che lo succhiava, lo spremeva. Continuò a muoversi dentro quella tempesta, lento e costante, prolungando ogni onda del suo piacere finché Anna non cadde sul divano, tremante, coperta di sudore, gli occhi vitrei.

"È stato... bellissimo, amore," ansimò Anna, la voce rotta, mentre le sue dita tremanti accarezzavano la sua guancia. "Solo tu... solo tu riesci a darmi queste sensazioni." Un sorriso estenuato, pieno di gratitudine e di qualcosa di più oscuro, le sfiorò le labbra gonfie. "Il tuo amore... mi regala emozioni infinite." Si sollevò appena sui gomiti, il suo sguardo scivolò giù, verso il suo cazzo ancora durissimo, lucido del suo stesso liquido. "Adesso... voglio farti venire nella mia bocca." La sua mano lo afferrò alla base, una presa ferma. "E questa volta... voglio assaporare io il tuo sperma. Tutto."

Giorgio emise un gemito strozzato quando lei si abbassò, prendendolo tutto in bocca con un movimento fluido, senza esitazione. La sua lingua avvolse la lunghezza pulsante, sapientemente, mentre la sua testa si muoveva su e giù con un ritmo lento, profondo. Ogni risalita lasciava il glande scoperto, bagnato, e lei vi si soffermava, le labbra che ne succhiavano la punta, la lingua che ne esplorava la fessura con una curiosità vorace. Anna chiuse gli occhi, concentrata, assaporando il sapore salato, terroso, unico di Giorgio che si mescolava alla sua stessa umidità. Un sussulto le attraversò il corpo quando sentì le sue palpebre contrarsi, le dita di Giorgio affondarle nei capelli non per spingere, ma per ancorarsi.

"Anna..." sibilò lui, la voce un fischio teso. "Sto... sto per..." Il suo avvertimento si perse in un gemito profondo quando lei accelerò, prendendolo più velocemente, la bocca, la pressione. Anna sentì il suo corpo sotto il rumore di schiocco umido della sua bocca che lo risucchiava, la gola che si apriva per accogliere il primo getto caldo, denso. Un sapore intenso, muschiato, inondò la sua bocca mentre Giorgio si irrigidiva, le dita che le serravano il cranio mentre scaricava profondamente nella sua gola. Anna deglutì avidamente, senza fermarsi, succhiando ogni ultima goccia, le labbra che pulivano il suo corpo tremava sotto di lei. Un tremito la percorse quando la lingua raccolse un ultimo tremito dalla base.

Si ritrasse lentamente, lasciando scivolare il suo membro flaccido dalle labbra lucide. Un filo bianco sottile collegò ancora per un istante il suo angolo della bocca alla punta ancora sensibile di Giorgio. Anna lo catturò con un dito, portandoselo alle labbra con uno sguardo di possessiva soddisfazione. "Tutto mio," sussurrò, la voce roca dallo sforzo, mentre leccava il dito pulito. "Il tuo sapore... è diverso oggi. Più forte." Si sollevò a sedere sul divano, le gambe ancora tremanti. Giorgio cadde in ginocchio davanti a lei, il respiro affannoso, gli occhi fissi sul suo viso illuminato solo dalla luce fioca del lampione che filtrava dalla finestra. La vide sorridere, un'espressione strana, quasi trionfante, mentre la sua mano scendeva a sfiorare il proprio inguine, ancora umido del loro amplesso precedente. "Mi hai riempita così bene prima," mormorò Anna, le dita che si inzuppavano della loro miscela calda. "E adesso... voglio che tu assaggi tutto. Me, e te, insieme." Portò le dita bagnate alle sue labbra.

Giorgio obbedì senza esitazione. Afferrò il suo polso e portò le sue dita alla bocca, succhiandole avidamente, profondamente, con un gemito basso che vibrava contro la sua pelle. Anna chiuse gli occhi, lasciando che la sensazione della sua lingua ruvida, calda, la pervadesse. "Sì," sibilò. "Così. Assapora cosa siamo diventati." Sentì le sue labbra lasciare le sue dita e scendere, seguendo il percorso dei suoi liquidi lungo la sua coscia interna, un bacio umido, poi un altro, sempre più vicino al centro ancora palpitante. Anna aprì le gambe in un gesto di offerta silenziosa, la testa appoggiata allo schienale del divano, gli occhi socchiusi nel buio. Giorgio non si fece pregare. La sua lingua, esperta, affamata, trovò il suo ingresso ancora dilatato,
gonfio, il luogo dove Paolo aveva lasciato il segno più profondo. Non cercò il suo clitoride immediatamente. Si concentrò invece sul passaggio più basso, quello ancora sensibile, leggermente aperto dal rapporto precedente. Un lungo, lento striscio della lingua lungo la fessura stessa, raccogliendo il sapore misto di sperma e desiderio. Anna sussultò, le dita che si serrarono nei suoi capelli. "Lì... proprio lì..." La sua voce era un filo. Giorgio affondò la punta della lingua nel passaggio ancora rilassato, leccando con pazienza, pulendo, assaporando ogni traccia di Paolo, di sé stesso, di lei. Un brivido di piacere perverso la scosse quando sentì la sua lingua insinuarsi più profondamente di quanto Paolo avesse fatto con il cazzo, un'intimità liquida, umiliante, gloriosa. "Sei così bravo a questo," gemette Anna, sollevando i fianchi per offrirsi meglio. "Leccami tutto. Rendimi pulita. Solo tua."

Quando Giorgio finalmente si sollevò, il suo viso era lucido, gli occhi due buchi neri di bisogno insaziabile. Salì sul divano, sopra di lei, il suo cazzo già di nuovo rigido, pulsante contro il suo inguine. Anna lo guidò dentro di sé senza parole, le mani sui suoi fianchi che lo tiravano giù mentre lei alzava i fianchi per incontrarlo. Entrò nella sua fica ancora umida, gonfia, con un solo movimento fluido, profondo, che strappò a entrambi un gemito sincrono. Non ci fu bisogno di parole. Si mossero in un ritmo antico, perfetto, Giorgio che la riempiva con spinte lunghe e misurate, Anna che lo stringeva con contrazioni interne che sembravano volerlo trattenere per sempre. Ogni movimento era una celebrazione silenziosa della riconquista, dell'appartenenza. Anna fissava i suoi occhi nel buio, vedendovi riflessa la stessa incredulità, lo stesso sollievo feroce. Le sue mani esplorarono il suo petto sudato, le spalle tese, la mascella serrata. "Vieni dentro di me," ordinò piano, quando sentì il suo ritmo incrinarsi, le sue spinte diventare più convulse, più profonde. "Riempimi di te. Solo tuo." Giorgio annuì, incapace di parlare, e si lasciò andare con un urlo soffocato, scaricando dentro di lei con scosse potenti che sembravano scuoterla fino all'anima. Anna lo accolse, stringendolo più forte, sentendo il calore diffondersi nel suo grembo, un sigillo liquido. Rimase immobile sopra di lei, il respiro affannoso, il viso sepolto nel suo collo. Anna accarezzò i suoi capelli bagnati, un sorriso stanco, soddisfatto, sulle labbra. "Tutto mio," sussurrò contro la sua pelle. "Finalmente." Fuori, la pioggia continuava a tamburellare contro i vetri.


FINE
scritto il
2025-10-31
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