Antonella 3
di
ANNA BOLERANI
genere
corna
CAPITOLO 3-IL RITORNO A CASA
Tornai a casa dolorante e mi lavai nuovamente: avevo il culo in fiamme un grosso livido che mi aveva lasciato la punta della sua cinghia. Non avevo mai goduto tanto in vita mia. L'idea che avrei ripetuto la stessa l'esperienza il giorno dopo nel suo ufficio, per di più in presenza di mio marito, mi mandava in estasi. L'eccitazione prese il sopravvento e le mie mani si mossero lentamente nella mia fica in fiamme andando a cercare il clitoride duro e pronto a regalarmi un nuovo orgasmo galattico. Luce tremula filtrava dalle persiane socchiuse quando entrai nel salotto. Ettore era seduto sul divano con un bicchiere di whisky in mano, le tende accostate trasformavano il pomeriggio in un crepuscolo artificiale. "Com'è andata?" La sua voce era troppo calma, come l'occhio del ciclone. Mi fermai davanti a lui tremando ancora per la scopata appena subita, le gambe molli, il profumo di Mario incollato alla pelle. Senza parlare, sollevai la gonna strappata mostrandogli il culo ancora rosso e dilatato, le tracce bianche che colavano lungo le cosce. "Così" sussurrai, la voce roca.Si alzò lentamente. Le sue dita fredde sfiorarono i segni delle unghie sulla mia schiena prima di affondare nel solco umido tra le natiche. Un gemito mi sfuggì quando le sue nocche entrarono nel mio buco ancora aperto, la carne infiammata che pulsava al contatto. "T'ha riempita bene" osservò con tono clinico, estraendo dita bagnate di sperma e lubrificazione anal. Le portò alle narici annusando profondamente. "Senti che puzza di uomo che emani" Mi spinse contro il muro, la faccia schiacciata sulla carta da parati mentre la sua lingua seguiva la scia di seme lungo la mia coscia. "Dimmi tutto" ordinò mordendomi il gluteo sinistro. Tremando, descrissi ogni dettaglio - come Mario mi aveva strappato la camicetta appena entrata nella stanza, come la fibbia della cintura mi aveva marchiato l'inguine, le urla soffocate quando mi aveva scopata il culo contro il vetro della doccia. "Più forte" ansimò lui mentre le sue dita mi penetravano la figa in sincrono col mio racconto. "Quanto? Dimmi quanto ti ha sfondato". "Tre... tre volte" sussurrai "l'ultima nella doccia col water che scorreva". Sentii la sua erezione premermi contro i lividi mentre la sua mano mi afferrava la gola. " Domani mi aspetta nel suo ufficio alle nove, vuole scoparmi davanti a te sulla sua scrivania." aggiunsi .
"Domani" sibilò contro il mio orecchio "quando ti prenderà sulla scrivania, voglio che lo implori di romperti di nuovo il culo. Lo farai?"
Annuiti freneticamente, con l'eccitazione che montava in me.
"Devi dirgli che vuoi essere la sua puttana. Vuoi esserlo?"
"Si amore farò come dici tu. Lo sai che sono la tua troia e faccio tutto quello che mi chiedi. Ti amo da morire. Gli dirò che voglio essere la sua puttana." "Anche io ti amo, tutto quello che facciamo lo facciamo per il nostro amore e per il nostro piacere. Dimmi cosa vuoi che ti faccia ora."
"Aprimi il culo, ho voglia di te. E' stato il mio unico pensiero dopo che sono uscita dall'Hotel."
Mi trascinò sul tappeto persiano. Le sue mani mi sollevarono i fianchi, la faccia premuta sulla lana ruvida mentre la sua lingua fendeva il mio solco ancora dolente. "È tutto tuo" gemetti "lo senti come è aperto?". La sua risposta fu un morso sul gluteo destro e due dita che mi penetrarono l'ano con violenza familiare. Ogni gemito mio diventava carburante per lui - quando affondò il cazzo nel mio sfintere già lacerato, il dolore si tramutò in estasi istantanea.
"Fai la troia per lui" ringhiò accelerando "ma questo buco è solo mio!". Le unghie gli graffiavo la schiena mentre prendevo ogni spinta, il tappeto che bruciava le ginocchia. Fuori, il temporale ricominciò a infuriare quando crollai sotto di lui, l'orgasmo che mi spezzò la voce in un urlo muto. Il suo seme caldo inondò le mie viscere mentre mordeva la mia spalla lasciando l'ennesimo livido. Lui si accovacciò e dopo avermi aperto le natiche cominci a leccare e a pulirmi ogni singola goccia della sua sborra mista a quella che mi aveva lasciato dentro Mario."L'odore ed il sapore del tuo culo mi manda in estasi." Mi disse regalandomi con la sua lingua sensazioni note ma sempre più coinvolgenti. Ero appena venuta e già avevo voglia di essere penetrata nuovamente.Nella penombra, mentre lui fumava sul divano, io osservavo allo specchio dell'ingresso il disastro sul mio corpo. Graffi a croce sulla schiena, l'ecchimosi a forma di bocca sull'anca, il rossore persistente attorno all'ano. Con le dita toccai delicatamente il bordo gonfio dello sfintere - ancora pulsante, dilatato oltre ogni memoria. Una strana fierezza mi attraversò mescolata al tremore. Nel riflesso, vidi Ettore avvicinarsi alle mie spalle. "Sei perfetta" sussurrò accarezzandomi i lividi come opere d'arte "domani quando ti mostrerà nuda sulla scrivania, saprà che il tuo culo porta ancora la mia firma". Le sue dita scivolarono dentro di me senza preavviso, trovando l'umidità improvvisa. "Guarda" mi costrinse a fissare lo specchio mentre le nocche scomparivano nel mio buco rilassato "vedi come ti si chiude lentamente? Come se mi aspettasse ancora". "Fallo." dissi io "Scopami nuovamente fammi sentire dolore e piacere rendi memorabile questa serata.""Lo farò." disse lui "ma a modo mio."Mi trascinò sul pavimento freddo della cucina. Le piastrelle di marmo gelarono la pelle dei miei glutei ancora sensibili mentre mi posizionava a carponi davanti al lavello sporco di stoviglie. "Ricorda" sibilò strappandomi via le calze a rete "domani sarai la sua troia, ma stanotte..." Un colpo secco sulla natica destra mi fece sobbalzare "...sei la mia". Sentii il suo cazzo scivolare nel mio sfintere già violato con una facilità spaventosa. Niente saliva, niente lubrificante - solo carne su carne martoriata. Il gemito che uscì dalle mie labbra fu più dolore che piacere, ma quando le sue mani mi afferrarono i fianchi iniziando a pompare, il fuoco si trasformò in elettricità. Ogni spinta mi sbatteva contro i mobili, i miei seni che sfioravano le pentole appese. "Domani" ansimò afferrandomi i capelli "quando ti piegherà sulla scrivania...". Un morso sulla spalla accompagnò la spinta più profonda "...gli dirai che il tuo culo è stato fatto per prendere cazzi duri". Annuiti freneticamente mentre le mie dita cercavano il clitoride contro il bordo metallico del lavello. L'orgasmo mi colse proprio quando il suo sperma caldo inondò le mie viscere - un sollievo bruciante, un marchio liquido sul suo precedente possesso. Crollammo sul pavimento, sudati e tremanti. Mentre il respiro tornava normale, la sua mano scivolò tra le mie cosce per raccogliere il seme che colava. "Tieni" sussurrò portandomi le dita alla bocca "portagli questo sapore in bocca domani". La mia lingua leccò la salsedine acre mentre fuori, il primo tuono della notte annunciava il temporale.
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