Antonella 2

di
genere
trio

Capitolo 2
Incontro in Hotel

Dopo pranzo mi preparai e poi mi iniziare a preparare un caffe ne avevo bisogno. Ettore osservava ogni mio gesto dalla soglia della cucina mentre mi sistemavo la scollatura troppo audace della camicetta, come controllavo tre volte il rossetto nello specchio del mobile. "Non portare le mutande" disse improvvisamente, avvicinandosi alle mie spalle. Le sue mani entrarono sotto la gonna per sfilarmi il tanga di pizzo, lasciando la stoffa vuota contro la pelle. Il tessuto ruvido dello zerbino sotto i miei piedi nudi diventò improvvisamente interessante mentre lui riponeva l'indumento nella tasca della giacca con un sorriso compiaciuto. Le sue e dita che mi pizzicarono il capezzolo attraverso la stoffa sottile. Un brivido mi percorse quando aggiunse: "E io sentirò l'odore di lui su di te stasera". L'orologio sul muro scandiva i minuti come un boia.

Alle 14:45 parcheggiai davanti all'Excelsior, le mani umide sul volante che odoravano di nervi e profumo. La hall luccicante di marmi mi inghiottì, ogni passo delle mie scarpe col tacco riecheggiava come un battito cardiaco amplificato. Davanti all'ascensore dorato, un uomo anziano con un cane guida mi fissò con occhi penetranti mentre premevo il pulsante per il quinto piano. Il ronzio della cabina in salita mi parve interminabile. Quando le porte si aprirono sul corridoio silenzioso, trovai la porta della 502 già socchiusa. Un vago sentore di sigaro e colonia maschile mi avvolse quando spinsi il legno pesante. Mario era in piedi davanti alla finestra, la sagoma contro il cielo plumbeo. Si voltò lentamente, gli occhi che mi divoravano dalla testa ai piedi come se il vestito fosse invisibile. "Ettore sa che sei qui?" chiese, avvicinandosi con passi felini. Il suo respiro caldo mi sfiorò la fronte mentre io annuivo muta, incapace di trovare parole. Le sue dita afferrarono i miei capelli con possessività brutale. "Lo sa che ti scoperò come non sei mai stata scopata prima?".
"Si lo sa, ed è molto eccitato per questo."
"Potevi portarlo allora, lo avremmo fatto assistere."
"Magari la prossima volta sempre se ci sarà,"
"certo che ci sarà, sempre se tu lo vorrai."

Mi spinse contro il muro, il corpo duro che schiacciò il mio seno contro la trama della carta da parati mentre la sua bocca divorava la mia. Il sapore del caffè amaro e del tabasco sulla sua lingua mi fece girare la testa. Quando mi strappò la camicetta, i bottoni volarono via tintinnando sul parquet come monetine. "Così..." sibilò, affondando la faccia tra i miei seni nudi "senza reggiseno come una troia". Le sue unghie graffiarono la schiena mentre mi sollevava, le mie gambe gli si avvinghiarono automaticamente ai fianchi. Sentii la cerniera dei suoi pantaloni aprirsi sotto le mie cosce, il calore della sua erezione che premeva contro il mio ventre nudo attraverso la stoffa sottile della mia gonna. Un gemito mi sfuggì quando mi spinse sul letto, il tessuto costoso che scricchiolava sotto il mio peso. I suoi occhi erano fiamme nere mentre si slacciava la cintura. "Voglio vederti tutta", ordinò strappandomi via la gonna con un solo gesto brutale. Rimasi esposta, tremante sul copriletto di seta blu, le calze a rete e le scarpe col tacco le uniche barriere tra noi. La punta della sua cintura scivolò lungo il mio interno coscia lasciando un solco di fuoco sulla pelle. "Domani racconterai ogni dettaglio a tuo marito?" sussurrò, premendo la fibbia fredda contro il mio clitoride gonfio. Annuito, incapace di parlare, mentre le dita dell'altra mano mi spalancavano le labbra. L'aria condizionata gelida sulla pelle bagnata mi fece rabbrividire. "Prima però..." la sua voce si perse nel ringhio che gli uscì dalla gola quando mi penetrò d'un colpo. Un grido strozzato mi sfuggì - era troppo, più largo e più duro di Ettore, una colonna di marmo che mi lacerava e riempiva insieme. "Ecco la mia troietta romana" ansimò contro il mio collo, afferrandomi i fianchi per controllare il ritmo. Ogni spinta mi spingeva verso il bordo del letto, la testa che penzolava nel vuoto mentre il soffitto a specchi rifletteva la nostra follia. I suoi peli sul petto mi sfregavano i capezzoli duri, un dolore dolce che mi faceva gemere più forte. Quando mi afferrò le caviglie e mi divise le gambe fino a sentire i tendini scricchiolare, capii cosa stava per fare. "Ora..." la sua voce era un tuono mentre mi giravo a pancia sotto, le natiche offerte al suo sguardo famelico "...ti sfondo il culo lo senti com'è duro?". La punta del suo cazzo pulsante strisciò sul mio ano stretto, lubrificato solo dal mio stesso sudore e dall'umidità che sgorgava da sotto. Un brivido di terrore misto a desiderio mi percorse quando sputò sulla sua mano e mi allargò
le natiche con dita ruvide. "Respira" ordinò, mentre la punta cominciava a premere. Il dolore fu accecante, una lancia di fuoco che mi spezzava in due mentre lui entrava centimetro dopo centimetro con una lentezza sadica. Piangevo, graffiavo le lenzuola, ma il mio corpo traditore si inarcava per prenderlo tutto. Quando finalmente affondò completamente, un ruggito di trionfo gli uscì dalla gola. "Tutto dentro la mia cagna" ringhiò, afferrandomi i fianchi per iniziare a pompare.

Le mie urla si persero nel fruscio dell'aria condizionata mentre mi violentava il culo con colpi profondi che sembravano raggiungermi lo stomaco. Ogni spinta mi scuoteva tutta, la faccia premuta contro il materasso impregnato del suo odore. Sentivo le sue palle pesanti che sbattevano contro le mie labbra bagnate, il sudore che gli colava lungo la schiena muscolosa mentre mi dominava. "Raccontami" ansimò, aumentando il ritmo fino a farmi scivolare sul letto "racconta a tuo marito che adesso il tuo buco del culo è mio". Il dolore si trasformò in un piacere perverso, elettrico, che mi faceva contorcere sotto di lui. Quando una mano mi afferrò i capelli sollevandomi la testa, vidi riflessa nello specchio del soffitto la scena oscena: le mie cosce che tremavano, il suo cazzo che spariva e riemergeva lucido dal mio sfintere dilatato, il mio viso stravolto dalla passione. "Guardati" sibilò, schiaffeggiandomi forte una natica "guarda che puttana sei". Lo schiaffo bruciò, ma il mio gemito fu di piacere. Il suo pollice mi penetrò la figa mentre continuava a sfondarmi il culo, doppia violazione che mi fece urlare di nuovo, la voce rotta.

Mi girò a pancia in su di colpo, senza mai staccarsi, le gambe divaricate sopra le sue spalle. La posizione mi espose completamente mentre ricominciava a pompare con furia selvaggia. "Ora ti riempio" ringhiò, gli occhi vitrei dalla foga. Sentii le sue palle contrarsi contro il mio culo martoriato, poi l'ondata calda che mi inondò dentro, palpitante, mentre lui gemeva il mio nome in un rantolo. Il suo peso mi schiacciò sul materasso mentre la sborra calda sgorgava dal mio buco aperto, colando sulle lenzuola di seta. Le sue mani mi stringevano le cosce fino a lasciare lividi mentre lo spasimo lo scuoteva tutto. "Tutto dentro la mia troia" ansimò, ancora dentro di me, il respiro caldo sul mio collo.

Mi trascinò nella doccia senza preavviso, l'acqua fredda che ci investì mentre mi inchiodava contro le piastrelle. "Puliscimi" ordinò, premendo la sua erezione ancora dura contro le mie labbra. Accettai, affamata, succhiando la sua sborra mista ai miei umori anali. "Domani" promise mentre mi penetrava di nuovo da dietro sotto il getto gelido "domani ti porto in ufficio e ti scopo sulla mia scrivania davanti a tuo marito così avrà la sua tanto attesa promozione."
"Si gemetti io, ma ora spingimelo dentro, aprimi il culo voglio venire."

La doccia continuava a scrosciare gelida mentre lui mi sollevava contro le piastrelle bagnate. Le mie gambe gli si avvinghiarono ai fianchi mentre il suo cazzo tornava a fendermi l'ano ancora lasso. Stavolta entrò senza pietà, un colpo secco che mi strappò un grido strozzato. "Zitta, puttana" ringhiò afferrandomi la gola con una mano mentre l'altra mi palpeggiava il clitoride gonfio. Il dolore si fuse al piacere in un vortice perverso - ogni spinta mi schiacciava contro il muro freddo, le piastrelle che lasciavano impronte rosse sulle mie natiche. Sentivo le mie viscere aprirsi, modellate dalla sua violenza, mentre l'acqua mi entrava in bocca soffocandomi.

Mi scaraventò sul letto ancora grondante, la schiena urtò contro il legno della testata. la mia eccitazione era alle stelle. "Ancora" sibilai mentre mi divaricava le gambe con brutalità. Le sue dita mi penetrarono la figa e il culo contemporaneamente, sfregando la parete sottile che li separava finché non urlai. Poi il suo cazzo tornò nel culo come un pugnale infuocato, più veloce, più profondo. Ogni colpo mi sollevava dal materasso mentre graffiavo le lenzuola di seta strappate. "Riempimi ancora!" supplicai sentendo le sue palle contrarsi. L'ondata di calore che mi inondò le viscere scatenò il mio orgasmo - un terremoto che mi fece contorcere sotto di lui mentre lo mordevo alla coscia.

Sono rimasta a pancia in giù col culo ancora aperto e dolorante mentre lui si vestiva. Il suo sperma colava lungo le mie cosce mescolandosi all'acqua della doccia. "Alle 9 nel mio ufficio" disse fissandomi allo specchio mentre si allacciava la cintura. "Senza mutande. Dillo a tuo marito.". Quando la porta dell'hotel si chiuse, rimasi immobile ad annusare l'odore di sesso violento e tabacco. La mia mano scivolò tra le cosce umide - le dita affondarono nel culo ancora pulsante dove aveva lasciato il suo marchio.
Tornai a casa dolorante e mi lavai nuovamente: avevo il culo in fiamme un grosso livido che mi aveva lasciato la punta della sua cinghia. Non avevo mai goduto tanto in vita mia. L'idea che avrei ripetuto la stessa l'esperienza il giorno dopo nel suo ufficio, per di più in presenza di mio marito, mi mandava in estasi. L'eccitazione prese il sopravvento e le mie mani si mossero lentamente nella mia fica in fiamme andando a cercare il clitoride duro e pronto a regalarmi un nuovo orgasmo galattico.
scritto il
2025-10-30
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