Serva di famiglia (parte 2)

di
genere
sadomaso

Camille entrò in casa di Michelle, subito cercando l’amica Nala.
Le andò incontro con il suo immancabile sorriso, sempre contagioso, accompagnato da uno sguardo vivo che trasmetteva semplicità e affetto.
Per non fare pesare la differenza di abbigliamento, aveva indossato un abito semplice e chiaro, compatibile con la stagione ma per nulla ricercato, comodo anche per la pedalata.
Le piaceva fare sport e, anche se la madre avrebbe potuto accompagnarla, le dava piacere fare quella pedalata che, al ritorno, prolungava per godersi il piacere del movimento.
Era anche la scusa per passare nel centro di quel paesino di frontiera. Nei negozi c’erano articoli non ricercati come nello Stato confinante nel quale lei viveva, ma gradevoli e dal prezzo bassissimo.
Michelle preferiva lavorare nello stato confinante, perché il cambio della moneta le era molto vantaggioso.
Michelle e Nala avevano nel contempo piacere ed imbarazzo nell’averla a cena, la cui qualità non poteva competere con il cibo al quale era abituata Camille.
Riuscivano sempre a ridere in compagnia e Michelle, lontana dal padre della ragazza, era un’altra persona.
Le tre donne fecero un po’ tardi per andare a dormire, così da permettere a Camille e a Nala di studiare ancora qualche ora.
Camille venne svegliata all’alba dalle voci concitate che c’erano in strada. Si percepiva, nel tono degli sconosciuti che parlavano, ansia e paura. In alcuni vi era incredulità nelle poche parole che riuscivano a varcare le finestre aperte, in quella calda mattina estiva.
Si vestì di fretta e trovò Michelle che le stava andando incontro trafelata ed agitata. Nala uscì dalla sua camera con lo sguardo preoccupato, non tanto perché già informata, quanto per le voci impaurite provenienti dalla strada.
“Sbrigato Camille, sbrigati, fai in fretta. Corri a casa. Sembra che stiano mettendo del filo spinato sul confine. Corri, corri veloce, anche se la notizia non fosse vera”.
La ragazza non si soffermò a salutare con il consueto abbraccio. Scappò velocemente a prendere la bicicletta appoggiata al muro nel cortile della casa ospitante.
Cominciò a pedalare fortemente, dirigendosi al confine e facendosi largo tra la gente accorsa nelle strade, attirata tutta dalle voci che stavano circolando con insistenza, trasformando l’iniziale incredulità nella sempre più crescente paura.
Urtò contro un uomo che cercò di fermarla per rubarle la bicicletta. Cadde ma riuscì a scappare prima che le venisse sottratto il mezzo.
Conosceva quella persona che sapeva essere buona, ma non riconobbe i suoi occhi, spaventati e disposti a tutto.
Arrivata sul confine constatò la correttezza della notizia. I soldati stavano già mettendo filo spinato tra i due Stati. Evidentemente la guerra civile era iniziata.
Vi erano divise di entrambe le nazioni. Le recinzioni erano due. Tra loro passava un corridoio. Accanto a chi lavorava, vi era chi era deputato ad impedire il passaggio da uno Stato all’altro di coloro che cercavano di scappare.
“Io sono cittadina dell’altro stato, fatemi passare!!!”.
Camille venne allontanata da un soldato con uno spintone che la fece cadere.
Si sentì chiamare a gran voce e dall’altra parte vide sua madre, vestita senza cura e di fretta.
Antoinette cercava di corrompere le guardie su entrambi i confini.
Erano in tanti che supplicavano e alcuni pagavano per poter passare.
I soldati presero il contante offerto dalla madre di Camille. La guardia dello Stato nel quale aveva la cittadinanza era pronta a farla passare.
Il soldato dello Stato nel quale si trovava, aveva appena intascato il denaro come prova della sua corruzione. Stava facendo passare la ragazza, quando intervenne il superiore in grado.
Vi furono voci concitate tra i due.
Il superiore impugnò la pistola e giustiziò il soldato semplice per il reato che stava compiendo. Poco vicino si sentì un altro sparo.
Non si capì se contro qualcuno che cercava di passare il confine o se il destinatario fosse altra guardia colta in flagranza.
Antoinette si accasciò piangendo. Camille era rimasta impietrita ed ancora sporca del sangue del soldato.
Si sentiva paralizzata. Le voci la circondavano e lei non riusciva a capirne il significato.
Sembrava che qualcuno si stesse rivolgendo a lei, ma non riuscì nemmeno a girare la testa, immobile, spintonata da coloro che stavano scappando.
Forse era sua madre che la stava chiamando, ancora inginocchiata e disperata con le mani che stringevano il filo spinato senza accorgersi di essersi ferita.
Un soldato, senza cura, prese per un braccio Camille e la spinse via, per far passare un gruppo di soldati.
Nel frattempo era arrivata anche Michelle sul luogo degli eventi.
Aveva fatto la sua comparsa anche il padre di Camille, impegnato a parlare con un graduato che, però, scuoteva la testa e si allontanò preso da altri doveri, trascurando le lamentele dell’uomo che aveva in mano altri soldi.
Camille sentiva le voci di Michelle e di sua madre senza capirne il significato.
Si accorse solo della donna che la abbracciò trascinandola via.
Camminarono fino a casa, in quanto Camille non era in grado di pedalare.
Solo dopo avere varcato la soglia dell’abitazione, la ragazza si accasciò a terra e iniziò a piangere disperata, tenendosi il capo tra le mani, con l’inutile tentativo di confronto di Michelle e Nala.
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2025-10-27
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