Serva di famiglia (parte 1)
di
Kugher
genere
sadomaso
Augustin ripiegò il giornale con una espressione di noia e sufficienza per questioni che lui avrebbe saputo gestire meglio.
La prima pagina riportava la notizia che la seconda guerra mondiale stava volgendo al termine con la vittoria degli alleati.
Era stato attratto dallo sbarco in Normandia, più per la logistica e l'impressionante dispiegamento di mezzi e di persone, che per reale interesse verso il conflitto bellico che sentiva lontano. Lui era nato nella colonia francese in Africa. Era stato cresciuto dalla madre africana che non aveva mai visto Parigi o Nizza o Strasburgo e, quindi, non gli aveva trasmesso amore per quella nazione.
Il padre, morto da tempo e del quale aveva raccolto l’eredità della gestione dell’azienda, era sempre stato impegnato troppo dal lavoro, per prendersi cura di lui.
Al genitore aveva rimproverato quello stesso comportamento che, ora, lui aveva, senza accorgersene, con Camille, sua figlia, della quale la sera prima avevano festeggiato il compleanno, avvenimento del quale la moglie gli aveva fatto ricordo.
Il lavoro era diventato il suo alibi per la mancanza di rapporto con la ragazza. Raccontava, ma solo a sé stesso, che lavorava duramente per garantire un futuro a quella figlia lasciata senza attenzioni.
Ci pensava già così bene Antoinette, moglie di un marito assente e madre di una ragazza amata e coccolata. Lui la accusava di viziare troppo quella ragazza che non sarebbe stata, così, una donna forte come lo era lei.
Il rimprovero finiva subito, senza ulteriore impegno che avrebbe richiesto troppe attenzioni ed energia, ma gli trasmetteva, però, la sensazione di interessarsi dell’educazione di Camille.
Sapeva che frequentava con profitto l’università, una delle poche e dei pochi che se la poteva permettere in quella colonia povera, dove solo i ricchi potevano avere la possibilità di laurearsi.
Il rumore di porcellana rotta attirò la sua attenzione, già lontana dalle notizie di cronaca.
“Michelle!!!”
Senza ancora nulla sapere o avere visto, incolpò la cameriera di qualunque cosa fosse successa, pronunciando con rabbia il suo nome e avendo cura che il suo sentimento venisse ben trasmesso da quel richiamo.
Non sopportava quella donna di mezza età, anch’essa di origini francesi che, a suo dire, con le sue umili origini disonorava il nome di quella nazione che nemmeno lui conosceva, ma della cui cittadinanza ereditata si fregiava.
Si era precipitato a vedere il danno calcando i passi, in modo da essere udito nel suo avvicinarsi. Il vaso rotto era privo di rilevante valore, nemmeno di quello affettivo.
“Sei una idiota ed il costo ti verrà detratto dallo stipendio”.
Michelle tacque e trattenne le lacrime, figlie anche di continue vessazioni verbali da parte di quell’uomo. Aveva bisogno di soldi e di quel lavoro nello stato confinante col suo. I due paesi erano separati da circa 10 km che percorreva tutti i giorni in bicicletta.
La cameriera aveva invece un rapporto speciale con Camille. L’aveva quasi vista crescere. Lavorava in quella casa da ormai 15 anni, sviluppando così un affetto particolare per quella ragazza, tanto diversa dal padre.
Camille, avendo sentito il rumore ed immaginando la reazione del padre, si era avvicinata ed aveva atteso l'allontanamento del genitore prima di portarsi vicina a Michelle, alla quale pose una mano sul braccio.
“Dai Michelle, non ti preoccupare, poi parlo io con mamma e vedrai che papà si dimenticherà”.
La donna sapeva che quell’uomo non si sarebbe dimenticato, ma sapeva anche che la madre di Camille le avrebbe fatto trovare comunque i soldi in busta, dicendole che il marito l’aveva perdonata.
Michelle scacciò il pensiero e si rivolse a Camille, asciugandosi le ultime lacrime.
“Sei sicura di voler venire anche oggi ad aiutare Nala a studiare?”
“Certo, perchè non dovrei venire?”
“Hai sentito che nel mio Stato c’è aria di guerra civile, potrebbe essere pericoloso.
“Ma dai, siamo così lontani dalla tua capitale, cosa vuoi che succeda in questo lembo di terra dimenticato da Dio. Certo che vengo. L’ho promesso a Nala che l’avrei aiutata. Quest’anno ha l’esame e poi vedrai che papà l’assumerà nella nostra azienda.”
Corse a cambiarsi l’abito per affrontare il percorso in bicicletta.
“Mamma, mi fermo a dormire da Michelle e Nala, così ci portiamo avanti molto con il ripasso”.
“Tranquilla, lo dico io papà”.
Augustin non era d’accordo che sua figlia frequentasse la famiglia della cameriera.
C’erano state furiose litigate ma, alla fine, aveva prevalso la scelta di chi effettivamente si prendeva cura di Camille.
La prima pagina riportava la notizia che la seconda guerra mondiale stava volgendo al termine con la vittoria degli alleati.
Era stato attratto dallo sbarco in Normandia, più per la logistica e l'impressionante dispiegamento di mezzi e di persone, che per reale interesse verso il conflitto bellico che sentiva lontano. Lui era nato nella colonia francese in Africa. Era stato cresciuto dalla madre africana che non aveva mai visto Parigi o Nizza o Strasburgo e, quindi, non gli aveva trasmesso amore per quella nazione.
Il padre, morto da tempo e del quale aveva raccolto l’eredità della gestione dell’azienda, era sempre stato impegnato troppo dal lavoro, per prendersi cura di lui.
Al genitore aveva rimproverato quello stesso comportamento che, ora, lui aveva, senza accorgersene, con Camille, sua figlia, della quale la sera prima avevano festeggiato il compleanno, avvenimento del quale la moglie gli aveva fatto ricordo.
Il lavoro era diventato il suo alibi per la mancanza di rapporto con la ragazza. Raccontava, ma solo a sé stesso, che lavorava duramente per garantire un futuro a quella figlia lasciata senza attenzioni.
Ci pensava già così bene Antoinette, moglie di un marito assente e madre di una ragazza amata e coccolata. Lui la accusava di viziare troppo quella ragazza che non sarebbe stata, così, una donna forte come lo era lei.
Il rimprovero finiva subito, senza ulteriore impegno che avrebbe richiesto troppe attenzioni ed energia, ma gli trasmetteva, però, la sensazione di interessarsi dell’educazione di Camille.
Sapeva che frequentava con profitto l’università, una delle poche e dei pochi che se la poteva permettere in quella colonia povera, dove solo i ricchi potevano avere la possibilità di laurearsi.
Il rumore di porcellana rotta attirò la sua attenzione, già lontana dalle notizie di cronaca.
“Michelle!!!”
Senza ancora nulla sapere o avere visto, incolpò la cameriera di qualunque cosa fosse successa, pronunciando con rabbia il suo nome e avendo cura che il suo sentimento venisse ben trasmesso da quel richiamo.
Non sopportava quella donna di mezza età, anch’essa di origini francesi che, a suo dire, con le sue umili origini disonorava il nome di quella nazione che nemmeno lui conosceva, ma della cui cittadinanza ereditata si fregiava.
Si era precipitato a vedere il danno calcando i passi, in modo da essere udito nel suo avvicinarsi. Il vaso rotto era privo di rilevante valore, nemmeno di quello affettivo.
“Sei una idiota ed il costo ti verrà detratto dallo stipendio”.
Michelle tacque e trattenne le lacrime, figlie anche di continue vessazioni verbali da parte di quell’uomo. Aveva bisogno di soldi e di quel lavoro nello stato confinante col suo. I due paesi erano separati da circa 10 km che percorreva tutti i giorni in bicicletta.
La cameriera aveva invece un rapporto speciale con Camille. L’aveva quasi vista crescere. Lavorava in quella casa da ormai 15 anni, sviluppando così un affetto particolare per quella ragazza, tanto diversa dal padre.
Camille, avendo sentito il rumore ed immaginando la reazione del padre, si era avvicinata ed aveva atteso l'allontanamento del genitore prima di portarsi vicina a Michelle, alla quale pose una mano sul braccio.
“Dai Michelle, non ti preoccupare, poi parlo io con mamma e vedrai che papà si dimenticherà”.
La donna sapeva che quell’uomo non si sarebbe dimenticato, ma sapeva anche che la madre di Camille le avrebbe fatto trovare comunque i soldi in busta, dicendole che il marito l’aveva perdonata.
Michelle scacciò il pensiero e si rivolse a Camille, asciugandosi le ultime lacrime.
“Sei sicura di voler venire anche oggi ad aiutare Nala a studiare?”
“Certo, perchè non dovrei venire?”
“Hai sentito che nel mio Stato c’è aria di guerra civile, potrebbe essere pericoloso.
“Ma dai, siamo così lontani dalla tua capitale, cosa vuoi che succeda in questo lembo di terra dimenticato da Dio. Certo che vengo. L’ho promesso a Nala che l’avrei aiutata. Quest’anno ha l’esame e poi vedrai che papà l’assumerà nella nostra azienda.”
Corse a cambiarsi l’abito per affrontare il percorso in bicicletta.
“Mamma, mi fermo a dormire da Michelle e Nala, così ci portiamo avanti molto con il ripasso”.
“Tranquilla, lo dico io papà”.
Augustin non era d’accordo che sua figlia frequentasse la famiglia della cameriera.
C’erano state furiose litigate ma, alla fine, aveva prevalso la scelta di chi effettivamente si prendeva cura di Camille.
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