Serva di famiglia (parte 13)

di
genere
sadomaso

Camille dormì poco ed i sogni furono pesanti, ingombranti, di quelli nei quali sogni di sognare e desideri svegliarti con la certezza che tutto svanirà.
Si vide strisciare e si sentì calpestare. Si vide chiusa in una gabbia senza porte o serrature, con le sbarre sufficientemente larghe da far passare un braccio o la testa, giusto per assaporare la libertà e vedere il mondo senza sbarre, ma non abbastanza larghe da far passare il corpo, e costringere così la testa a rientrare e a vedere ciò che in effetti è la realtà.
Si svegliò sudata e stanca, quasi grata per avere interrotto il sogno.
Ancora poco e poi avrebbe dovuto alzarsi.
Non le avevano detto nulla, ma sapeva cosa avrebbe dovuto fare.
La vita quotidiana di una vita fa, le aveva fatto conoscere gli orari di casa che, allora, le sembravano cosa ordinaria.
Restò nel letto con la paura di addormentarsi, ma con la certezza che non sarebbe accaduto, visto il peso che aveva sul petto.
All’ora che si era imposta si alzò, cercando di fare il minor rumore possibile per non svegliarle.
Andò in cucina e preparò la colazione. La confusione che aveva in testa e, soprattutto, l’abitudine, le fece sistemare tre coperti, ma uno lo eliminò subito.
La tovaglia lavata la sera prima, quando le altre erano già a letto, era asciugata ma non stirata. Così ne prese un’altra che, si ripromise, avrebbe lavato subito dopo essere stata usata.
Preparò, nel miglior modo possibile, le pietanze con le quali erano solite fare colazione. Le sistemò anche in modo che la vista della tavola fosse gradevole.
Adorava la simmetria, sapeva di ordine e le trasmetteva tranquillità d’animo.
Così sistemò la tavola in modo che tutto fosse simmetrico. Cosa difficile per tre coperti, facilissima per due.
Non dovette nemmeno pensare molto al modo in cui avrebbe dovuto attenderle.
Si sedette sulla sedia e, non appena sentì che si erano alzate, si mise in ginocchio, in attesa, accanto al tavolo.
Sentì Michelle andare in bagno. Riconosceva gli usi della donna. Poi sentì Nala uscire dalla camera e recarsi lei in bagno, mentre Michelle la sentì in camera. Probabilmente si stava vestendo.
Non seppe dire quanto tempo passò. Sentiva il male alle ginocchia e aveva già dimenticato il sogno per essere calata nella sua nuova realtà.
Arrivò Michelle che, prima di sedersi, accarezzò la testa di Camille.
Non diede modo di capire se le fosse piaciuta la disposizione e la cura ma, non essendosi lamentata, la serva ne dedusse l’apprezzamento.
“Camille, non mi dai il buongiorno?".
La ragazza intuì che il buongiorno avrebbe dovuto coincidere con la buonanotte. Così si infilò sotto il tavolo, baciò i piedi di Michelle e le augurò buongiorno, per poi tornare, in ginocchio, in attesa.
La stessa operazione venne replicata all’arrivo di Nala, per la quale Camille non attese l’invito. Appena la ragazza si sedette a tavola, andò sotto il tavolo e, baciandole i piedi, le augurò buona giornata.
Nala non rispose e iniziò a mangiare.
Poco prima che finissero, fu Michelle, con la solita voce delicata a darle un ordine.
“Camille, tesoro, vai a pulirci le scarpe. La prossima volta sarebbe meglio che tu lo faccia la sera prima di andare a letto, così al mattino puoi stare a servirci fino alla fine della colazione”.
Nala era diversa, meno propensa ad esercitare con cautela il potere che si era ritrovata in mano.
Aveva voglia di eccitarsi, di divertirsi, di correre sul filo, non comprendendo le cautele di mamma.
Faceva fatica a trattare con delicatezza quella che era diventata una serva. Voleva tutto subito, con impazienza di provare nuove esperienze e, per fare ciò, stabilire subito una distanza tra i due ruoli, mentre Michelle voleva un rapporto tra persone, seppur con ruoli diversi.
Camille sperimentò l’impazienza della ragazza quando andò sotto il tavolo per darle il buongiorno.
Senza essere vista dalla madre, Nala spostò il piede, per renderle difficoltoso il bacio, provando piacere nel sentire il viso della serva che inseguiva vanamente la sua estremità, magari mentre sua madre stava pensando che Camille si attardasse a baciare.
Quando il gioco la stancò o, forse, quando temette di non riuscire più a ingannare mamma, fermò il piede e, quando sentì il bacio, lo mosse per darle un piccolo calcetto sul viso, sicura che la serva non si sarebbe lamentata.
“Ciao tesoro, ci vediamo per pranzo”.
Michelle le accarezzò il capo prima di uscire, mentre la ragazza, inginocchiata, la salutava.
Nala si era attardata, facendo finta di avere dimenticato qualcosa per tornare indietro e andare davanti a Camille.
“Se ci hai pulito bene le scarpe, non avrai problemi a leccarle. Su, tesoro, vai giù”.
Prima di andarsene le aveva posato una scarpa sulla testa e aveva schiacciato a terra.
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2025-11-07
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