Colazione con Sguardo - 5

di
genere
feticismo

Il piede di lei era ancora lì, poggiato sul petto di Paolo, come un sigillo.

Lui sentiva il battito del cuore pulsare contro la pianta morbida e calda, come se il suo corpo cercasse di comunicare attraverso il contatto. Lei lo teneva lì, ferma, in una posa che conteneva tutta la sensualità del mondo, senza bisogno di nient’altro.

Il silenzio dell’auto era denso, come ovattato. I vetri leggermente appannati. Il profumo della sua pelle ormai permeava l’aria, una fragranza profonda, femminile, che mischiava calore, desiderio e intimità.

Paolo sollevò una mano e sfiorò la caviglia, poi la gamba, lentamente, con una tenerezza che sembrava contrastare con la fame che aveva dentro. Ma quella fame non era vorace. Era lenta, cosciente. Profonda.

Le sue labbra si avvicinarono alla pelle bianca, baciandola ancora una volta con lentezza. Non c’era fretta. Ogni centimetro era un dono. Ogni carezza, una richiesta silenziosa.

Lei spostò appena la schiena sul sedile, piegando la gamba per lasciargli più spazio. Un gesto piccolo, ma eloquente. Aveva scelto. Si stava aprendo, non solo nel corpo.

Paolo fece scivolare la bocca lungo il polpaccio, poi sul ginocchio, poi ancora più su, verso la parte morbida della coscia. I baci erano lenti, profondi. Non cercava di prenderla, cercava di entrarle nella pelle, di esserci.

La stoffa del vestito si tendeva sotto le sue mani. Con delicatezza, come se stesse sfiorando un tessuto sacro, Paolo lo sollevò, poco a poco. Lei non parlava. Lo guardava. E in quello sguardo c’era tutto: il permesso, il desiderio, l’attesa.

Il tessuto viola scivolò sulla coscia, poi sull’inguine, svelando l’intimo. Semplice, nero. Elegante. Nulla di appariscente. Ma lì, in quell’auto, era la cosa più carica di significato che avesse mai visto.

Le sue labbra si fermarono a pochi centimetri da quella zona, dove il corpo di lei pulsava silenziosamente. Il respiro gli tremava. Non per esitazione. Ma per rispetto. Per la sacralità del momento.

Il calore che saliva da quella zona era come un richiamo primordiale. Il profumo era cambiato. Più profondo. Più intimo. Non forte, non invadente. Ma chiaro. Inconfondibile. Femmina.

Le mani di Paolo si posarono delicatamente all’esterno delle cosce di lei, aprendole di pochi centimetri. Lei si lasciò guidare, senza resistenza. I suoi occhi si chiusero. E la testa si abbandonò contro il poggiatesta del sedile.

Fu allora che Paolo si avvicinò davvero.

Non in fretta. Non con fame cieca. Ma con quella fame che sa attendere, che sa inginocchiarsi, che vuole conoscere prima di consumare.

La sua bocca si posò lì, sul bordo dell’intimo. Respirò. Assaggiò con il respiro prima ancora di toccare. E quando le labbra si mossero davvero, non fu per prendere. Fu per rendere omaggio.

Le sue mani la tenevano con fermezza, ma con dolcezza. Ogni movimento era una carezza, un bacio, un ascolto profondo. Lei emise un suono appena percettibile. Un sussurro che non aveva forma, ma che diceva tutto.

Non era sesso.
Era presenza.
Era adorazione carnale.

E Paolo, in quel momento, capì che non aveva bisogno di andare oltre.
Aveva trovato il centro esatto del desiderio.
E ci si era immerso, con tutta la grazia che aveva.
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2025-09-06
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