La visita - cap.1
di
Petulka
genere
orge
Petra, una donna di 40 anni dal fisico statuario—capelli biondo cenere raccolti in una coda impeccabile, seni sodi che sfidavano la gravità e un fondoschiena modellato come una scultura rinascimentale—si trovava nell’ambulatorio del Dottor Rossi per un controllo post-operatorio. Dopo un intervento ginecologico di routine, l’ecografia interna era prevista nel protocollo medico, ma Petra, da tempo insoddisfatta nel suo matrimonio, aveva cercato quel momento con una trepidazione quasi colpevole. Indossava un camice leggero che lasciava intravedere le curve generose, mentre il cuore le batteva all’impazzata al pensiero di essere esaminata da quegli uomini in camice bianco.
Il dottore, un uomo sulla cinquantina con occhi penetranti e mani esperte, entrò seguito da tre colleghi—un chirurgo plastico dalla mascella squadrata, un radiologo con barba curata e un giovane specializzando dallo sguardo furtivo—e dall’infermiera Claudia, una donna mora dal fisico scultoreo che osservava la scena con un sorriso ambiguo. «Signora Bianchi, oggi controlleremo la guarigione post-operatoria. Si distenda, per favore», esordì il dottor Rossi, ma il tono era già carico di un’elettricità insolita.
Petra obbedì, allargando le gambe sul lettino mentre il medico lubrificava con cura la sonda ecografica. «Respiri lentamente», mormorò, infilandola nella sua vagina con movenze lente, quasi rituali. Petra trattenne un gemito: la sonda, fredda e metallica, scivolò oltre la cervice, toccando punti mai esplorati prima. «Vede? Tutto a posto… anzi, *perfetto*», sussurrò il dottore, accelerando impercettibilmente i movimenti. La pressione interna divenne insostenibile, e Petra sentì un orgasmo montarle dentro, violento e inatteso. «Cazzo… non riesco…», ansimò, mentre le gambe le tremavano e il liquido caldo colava lungo le cosce.
Proprio mentre la sonda veniva estratta, il chirurgo plastico—senza preavviso—si slacciò i pantaloni del camice, liberando un cazzo enorme, spesso e con una vena pulsante. «Adesso passiamo alla *terapia intensiva*», ringhiò, afferrandole le caviglie e affondando il membro nella fica ancora bagnata di Petra. «Aaaah! Sì, cazzo, proprio lì!», urlò lei, sentendo il glande gonfio battere contro la cervice. Ogni spinta era un colpo di martello: il chirurgo la scopava con furia clinica, come se stesse rimuovendo un tumore, mentre il dottor Rossi le teneva i seni sollevati, pizzicandole i capezzoli fino a farla gridare.
«Non dimentichiamo il *doppio canale*», intervenne il radiologo, inginocchiandosi dietro di lei. Con un guanto di lattice infilato, lubrificò il buco anale con gel freddo prima di sostituirlo con il suo cazzo, sottile ma lunghissimo. «Respira, troia, o ti squarcio», sibilò, penetrando fino a toccare l’intestino. Petra sentiva entrambi i cazzi muoversi in sincronia, uno che la riempiva di sborra calda nella fica, l’altro che le strappava gemiti acuti dal culo.
L’infermiera Claudia non stette a guardare: afferrò un paio di pinze emostatiche dal carrello e le usò per stringere i capezzoli di Petra, mentre lo specializzando le ficcava il cazzo in bocca. «Succhia, puttana, o ti riempio di sperma», le ordinò, tirandole i capelli. Petra obbedì, leccando la punta del membro con la lingua, sentendo il sapore salato della pre-eiaculazione.
A un tratto, il dottor Rossi si avvicinò con una siringa piena di un liquido trasparente. «Questo è per… *rilassare i tessuti*», disse, iniettandole qualcosa nella coscia. Petra sentì un calore espanderlesi nel corpo, i muscoli che si scioglievano in un piacere quasi doloroso. «Ora sei pronta per *tutti noi*», ghignò, mentre i quattro uomini la circondavano, i cazzi duri puntati verso di lei come armi.
Il chirurgo la girò a pecorina, affondandole di nuovo nella fica mentre il radiologo le sborrava sulle natiche, disegnando strisce bianche sulla pelle abbronzata. Lo specializzando la costrinse a inginocchiarsi, costringendola a ingoiare fino in gola, mentre Claudia le massaggiava il clitoride con un vibratore portatile. «Vieni per noi, troia!», urlarono all’unisono, e Petra obbedì: un orgasmo dopo l’altro la travolsero, tanto intensi da farle vedere le stelle.
Quando l’ultimo schizzo di sperma le colpì il viso—caldo, vischioso, colandole negli occhi—Petra crollò in avanti, svenuta. Al risveglio, l’ambulatorio era vuoto, ma il camice era macchiato di sborra secca e il suo corpo pulsava di un dolore delizioso. Si rivestì in fretta, nascondendo un sorriso malizioso: sapeva che sarebbe tornata per il *prossimo controllo*. E questa volta, avrebbe prenotato due ore.
Il dottore, un uomo sulla cinquantina con occhi penetranti e mani esperte, entrò seguito da tre colleghi—un chirurgo plastico dalla mascella squadrata, un radiologo con barba curata e un giovane specializzando dallo sguardo furtivo—e dall’infermiera Claudia, una donna mora dal fisico scultoreo che osservava la scena con un sorriso ambiguo. «Signora Bianchi, oggi controlleremo la guarigione post-operatoria. Si distenda, per favore», esordì il dottor Rossi, ma il tono era già carico di un’elettricità insolita.
Petra obbedì, allargando le gambe sul lettino mentre il medico lubrificava con cura la sonda ecografica. «Respiri lentamente», mormorò, infilandola nella sua vagina con movenze lente, quasi rituali. Petra trattenne un gemito: la sonda, fredda e metallica, scivolò oltre la cervice, toccando punti mai esplorati prima. «Vede? Tutto a posto… anzi, *perfetto*», sussurrò il dottore, accelerando impercettibilmente i movimenti. La pressione interna divenne insostenibile, e Petra sentì un orgasmo montarle dentro, violento e inatteso. «Cazzo… non riesco…», ansimò, mentre le gambe le tremavano e il liquido caldo colava lungo le cosce.
Proprio mentre la sonda veniva estratta, il chirurgo plastico—senza preavviso—si slacciò i pantaloni del camice, liberando un cazzo enorme, spesso e con una vena pulsante. «Adesso passiamo alla *terapia intensiva*», ringhiò, afferrandole le caviglie e affondando il membro nella fica ancora bagnata di Petra. «Aaaah! Sì, cazzo, proprio lì!», urlò lei, sentendo il glande gonfio battere contro la cervice. Ogni spinta era un colpo di martello: il chirurgo la scopava con furia clinica, come se stesse rimuovendo un tumore, mentre il dottor Rossi le teneva i seni sollevati, pizzicandole i capezzoli fino a farla gridare.
«Non dimentichiamo il *doppio canale*», intervenne il radiologo, inginocchiandosi dietro di lei. Con un guanto di lattice infilato, lubrificò il buco anale con gel freddo prima di sostituirlo con il suo cazzo, sottile ma lunghissimo. «Respira, troia, o ti squarcio», sibilò, penetrando fino a toccare l’intestino. Petra sentiva entrambi i cazzi muoversi in sincronia, uno che la riempiva di sborra calda nella fica, l’altro che le strappava gemiti acuti dal culo.
L’infermiera Claudia non stette a guardare: afferrò un paio di pinze emostatiche dal carrello e le usò per stringere i capezzoli di Petra, mentre lo specializzando le ficcava il cazzo in bocca. «Succhia, puttana, o ti riempio di sperma», le ordinò, tirandole i capelli. Petra obbedì, leccando la punta del membro con la lingua, sentendo il sapore salato della pre-eiaculazione.
A un tratto, il dottor Rossi si avvicinò con una siringa piena di un liquido trasparente. «Questo è per… *rilassare i tessuti*», disse, iniettandole qualcosa nella coscia. Petra sentì un calore espanderlesi nel corpo, i muscoli che si scioglievano in un piacere quasi doloroso. «Ora sei pronta per *tutti noi*», ghignò, mentre i quattro uomini la circondavano, i cazzi duri puntati verso di lei come armi.
Il chirurgo la girò a pecorina, affondandole di nuovo nella fica mentre il radiologo le sborrava sulle natiche, disegnando strisce bianche sulla pelle abbronzata. Lo specializzando la costrinse a inginocchiarsi, costringendola a ingoiare fino in gola, mentre Claudia le massaggiava il clitoride con un vibratore portatile. «Vieni per noi, troia!», urlarono all’unisono, e Petra obbedì: un orgasmo dopo l’altro la travolsero, tanto intensi da farle vedere le stelle.
Quando l’ultimo schizzo di sperma le colpì il viso—caldo, vischioso, colandole negli occhi—Petra crollò in avanti, svenuta. Al risveglio, l’ambulatorio era vuoto, ma il camice era macchiato di sborra secca e il suo corpo pulsava di un dolore delizioso. Si rivestì in fretta, nascondendo un sorriso malizioso: sapeva che sarebbe tornata per il *prossimo controllo*. E questa volta, avrebbe prenotato due ore.
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