La nipote (parte 5)

di
genere
sadomaso

In casa, dietro allo schermo protettivo della vetrata, Matteo trovò i suoi ospiti ancora intenti ad osservare la loro nipote inginocchiata in cortile, legata con una corta catena al palo. Le autoreggenti e le scarpe col tacco erano un tutt’uno con la bellezza dei morsetti ai capezzoli. Il colore lucido dell’acciaio dello strumento di tortura esaltava la durezza del materiale, facendo immaginare i dentini che entrano nei capezzoli, generando dolore a contrasto con il loro bicchiere tenuto in mano.
L’espressione di Eleonora e Filippo era diversa da quella che aveva lasciato sui loro visi quando era uscito per scopare la bocca della schiava.
I pochi minuti trascorsi, l’eccitazione procurata da ciò che ebbero modo di vedere dietro la protezione della vetrata, la certezza che non sarebbero stati riconosciuti e l’eccitazione, ebbero l’effetto di far cadere ogni barriera.
“Dacci le maschere”.
Nel tentativo di scherzare sul preventivo intendimento più severo volto al rispetto della parentela, infranto dalla promessa di anonimato e dalla conseguente immunità personale più che morale, affermarono che non pareva loro giusto lasciare tanta bellezza solo a disposizione del loro amico.
Matteo si avvicinò ad Eleonora. Si chinò a leccarle la lingua con la sua lingua ma, a differenza di qualche minuto addietro, la mano si insinuò tra le sue cosce ed arrivò alla figa, trovandola priva di alcuna protezione.
Mentre la baciava entrò con il dito nel sesso facendole allargare appena le gambe.
“Cazzo quanto mi ecciti”.
Eleonora aveva sempre avuto la sensazione che Matteo fosse ancora attratto da lei, cosa che trovava conferma nel modo in cui compiva gesti come quello, nei quali traspariva l’eccitazione procurata non solo dall’atto sessuale ma, soprattutto, dalla chimica tra persone.
La donna mandò uno sguardo fugace a Filippo, la cui espressione non tradiva preoccupazione alcuna, ignara del fatto che al suo compagno di vita eccitava vederla scopare con altri, cosa peraltro che non le aveva mai confessato.
Eleonora mise una mano sui pantaloni di Matteo in corrispondenza del cazzo duro. Gli aprì i pantaloni per tirarlo fuori. Prese le palle dell’amico per attirarlo a sé. Il cazzo sparì nella sua bocca. Ricordava quanto lo facessero impazzire i pompini e, soprattutto, quanto lo facesse impazzire la sua lingua.
Era quello un gesto che voleva segnalare l’apertura definitiva dei giochi, senza remore ma, anzi, con l’amplificazione della complicità e del dettaglio eccitante della violazione del proibito, di chi decide scientemente di allungare la mano verso la mela con la protezione della sicurezza che le maschere avrebbero dato loro.
La donna lo allontanò, restituendogli un cazzo più duro di quando lo aveva preso in bocca.
“Portaci la cagna”.
I due compagni di vita si apprestarono ad assistere ad uno spettacolo nel quale le immagini oltre la protezione di quel vetro, promettevano di prendere vita. Avevano entrambi la sensazione di avere assistito ad una scena in un monitor, dal quale la protagonista sarebbe invece uscita per divenire carne nella realtà.
Eleonora e Filippo si sedettero in poltrona in attesa che la loro nipote adottiva giungesse ai loro piedi, facendosi osservare dal filtro della maschera e udire degli auricolari nelle orecchie della cagna che avrebbe distorto le loro voci rendendole irriconoscibili.
Dalla vetrata che poneva ancora una distanza tra loro ed il piacere, videro Matteo che scioglieva i polsi ammanettati dietro la schiena e staccava la catena dal palo al quale era legata la schiava.
Al collare venne attaccato un guinzaglio, così da far colmare la distanza tra l’esterno ed i Padroni, nella posa delle cagne.
La schiava a quattro zampe, portata in casa con la lentezza che consente di assaporare ogni istante trasformando l’attesa stessa in eccitazione, raggiunse, sotto la guida del suo conduttore, la poltrona nella quale stava seduta Eleonora, la “zia”.
Matteo impugnava ancora il frustino, con il quale colpì la schiena della ragazza posta carponi. L’atto trovava la sua natura nella sola eccitazione, avendo la stessa svolto docilmente ogni comando impartitole dalla striscia di pelle che collegava il suo collo alla mano del Padrone.
Consegnò guinzaglio, frustino e schiava ad Eleonora che aveva assegnato alle lunghe gambe accavallate il compito di segnare la distanza tra lei e la nipote. Il piede sollevato era in attesa di un tributo di sottomissione.
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2025-08-01
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