La nipote (parte 6)
di
Kugher
genere
sadomaso
La Padrona trovava eccitante il comando impartito con i gesti.
Pose la paletta del frustino sul capo della nipote posta carponi. Fece una lieve pressione verso il basso per trasmetterle il comando di portare la testa verso il piede posato a terra.
Monica tenne lo sguardo sugli occhi della Padrona più in alto dei suoi, tenendoli fissi nella discesa a terra fino a che non fu costretta, per completare la prostrazione, a dirigerli verso la scarpa.
La zia, attraverso il tessuto delle autoreggenti, sentì la lingua della ragazza passare sul collo del piede, nella parte in cui vi era il confine con le scarpe decollete, manifestando che il percorso della lingua era iniziato sulla pelle della calzatura.
Furono tre i colpi sulla schiena della nipote prostrata ai suoi piedi che, evidentemente avvezza alla schiavitù, reagì con piccoli movimenti del corpo senza abbandonare il lavoro servile della lingua.
Eleonora sapeva che la ragazza ora avrebbe dovuto rendere omaggio e consegnarsi ai piedi del compagno, la cui eccitazione traspariva dai gesti impazienti e dagli occhi attenti, tipici di chi assapora una scena che da spettatore, presto, lo avrebbe visto come protagonista.
La donna voleva egoisticamente ritardare il più possibile il momento in cui avrebbe perso l’esclusività della sottomissione della nipote.
Il piede sollevato da terra venne posato sotto il mento della ragazza. Tenendo fermo il tallone ma alzando la punta della scarpa, fece comprendere alla schiava che la sua testa avrebbe dovuto iniziare un percorso verso l’alto, fino al momento in cui la scarpa non avesse abbandonato il contatto con la sua pelle.
Accadde quando raggiunse la stessa altezza che il piede aveva quando era accavallato, posizione che venne nuovamente ripresa, così da avere la punta della scarpa proprio davanti al viso della schiava, fermo in attesa di conoscere il volere altrui.
Eleonora passò la punta della scarpa sulle labbra della schiava che teneva il capo fermo, pur avendo dischiuse le labbra.
La punta della scarpa passò sul labbro superiore e su quello inferiore, osservando la lingua che, appena fuori dalla bocca, accarezzava la pelle della calzatura.
La suola venne fatta passare con un movimento dall’alto verso il basso, ripetuto.
Alzò la punta ed i collo del piede fino a mettere tra le labbra il tacco sottile che, con una lieve pressione, riuscì facilmente ad entrare in bocca.
“Stringi con i denti”.
Ottenuta l’obbedienza desiderata, contando sulla scarpa tenuta ferma dai denti della ragazza, tirò indietro il piede fino a denudarlo.
La paletta del frustino accarezzava la guancia della ragazza quando le venne ordinato di posare la scarpa a terra e di ritornare in posizione.
Il guinzaglio, tenuto in tensione, aveva lo scopo di non fare indietreggiare la testa della ragazza mentre lei le infilava in bocca il piede, eccitata dal gesto e dalla coscienza che la nipote avrebbe conosciuto il sapore del suo sudore.
Col frustino accarezzava la guancia deformata della ragazza dalla quale pretese gli occhi sui suoi, benchè filtrati dalla maschera che lasciava trasparire solamente la luce che il piacere psicologico dell’atto le stava donando.
Non poteva rimandare oltre la consegna della schiava al compagno, la cui eccitazione non poteva più limitarsi alla passività dello spettatore.
Tolse il piede dalla bocca per posarlo sul capo della ragazza spingendolo verso terra.
La sua estremità, appena adorata, restò sulla testa della ragazza schacciandole a terra la fronte, mentre il frustino aggiungeva due segni sulla schiena.
In quei momenti di elevata eccitazione, il suo carattere la portava a gesti dettati dall’egoismo erotico, più concentrata sul proprio piacere piuttusto che su quello del compagno.
Allargò le cosce pretendendo la carezza della lingua sul sesso.
“Lecca le labbra della figa senza entrare con la lingua”.
Chiuse gli occhi mentre sentiva in una mano la pelle del guinzaglio che le confermava e ricordava il potere sulla ragazza. La lingua passava, piatta, sulla fessura bagnata per l’eccitazione il cui inizio risaliva alla mattina stessa, quando era iniziata l’attesa dell’esperienza erotica, sospesa solo per quei pochi minuti quando aveva scoperto che il loro amico stava per consegnare loro la figlia adottiva della sorella.
Cazzo se ci sapeva fare quella ragazza che aveva sempre osservato con altri occhi, più neutri e privi di desiderio, senza sapere che nascondeva tante promesse di erotici piaceri.
Pose la paletta del frustino sul capo della nipote posta carponi. Fece una lieve pressione verso il basso per trasmetterle il comando di portare la testa verso il piede posato a terra.
Monica tenne lo sguardo sugli occhi della Padrona più in alto dei suoi, tenendoli fissi nella discesa a terra fino a che non fu costretta, per completare la prostrazione, a dirigerli verso la scarpa.
La zia, attraverso il tessuto delle autoreggenti, sentì la lingua della ragazza passare sul collo del piede, nella parte in cui vi era il confine con le scarpe decollete, manifestando che il percorso della lingua era iniziato sulla pelle della calzatura.
Furono tre i colpi sulla schiena della nipote prostrata ai suoi piedi che, evidentemente avvezza alla schiavitù, reagì con piccoli movimenti del corpo senza abbandonare il lavoro servile della lingua.
Eleonora sapeva che la ragazza ora avrebbe dovuto rendere omaggio e consegnarsi ai piedi del compagno, la cui eccitazione traspariva dai gesti impazienti e dagli occhi attenti, tipici di chi assapora una scena che da spettatore, presto, lo avrebbe visto come protagonista.
La donna voleva egoisticamente ritardare il più possibile il momento in cui avrebbe perso l’esclusività della sottomissione della nipote.
Il piede sollevato da terra venne posato sotto il mento della ragazza. Tenendo fermo il tallone ma alzando la punta della scarpa, fece comprendere alla schiava che la sua testa avrebbe dovuto iniziare un percorso verso l’alto, fino al momento in cui la scarpa non avesse abbandonato il contatto con la sua pelle.
Accadde quando raggiunse la stessa altezza che il piede aveva quando era accavallato, posizione che venne nuovamente ripresa, così da avere la punta della scarpa proprio davanti al viso della schiava, fermo in attesa di conoscere il volere altrui.
Eleonora passò la punta della scarpa sulle labbra della schiava che teneva il capo fermo, pur avendo dischiuse le labbra.
La punta della scarpa passò sul labbro superiore e su quello inferiore, osservando la lingua che, appena fuori dalla bocca, accarezzava la pelle della calzatura.
La suola venne fatta passare con un movimento dall’alto verso il basso, ripetuto.
Alzò la punta ed i collo del piede fino a mettere tra le labbra il tacco sottile che, con una lieve pressione, riuscì facilmente ad entrare in bocca.
“Stringi con i denti”.
Ottenuta l’obbedienza desiderata, contando sulla scarpa tenuta ferma dai denti della ragazza, tirò indietro il piede fino a denudarlo.
La paletta del frustino accarezzava la guancia della ragazza quando le venne ordinato di posare la scarpa a terra e di ritornare in posizione.
Il guinzaglio, tenuto in tensione, aveva lo scopo di non fare indietreggiare la testa della ragazza mentre lei le infilava in bocca il piede, eccitata dal gesto e dalla coscienza che la nipote avrebbe conosciuto il sapore del suo sudore.
Col frustino accarezzava la guancia deformata della ragazza dalla quale pretese gli occhi sui suoi, benchè filtrati dalla maschera che lasciava trasparire solamente la luce che il piacere psicologico dell’atto le stava donando.
Non poteva rimandare oltre la consegna della schiava al compagno, la cui eccitazione non poteva più limitarsi alla passività dello spettatore.
Tolse il piede dalla bocca per posarlo sul capo della ragazza spingendolo verso terra.
La sua estremità, appena adorata, restò sulla testa della ragazza schacciandole a terra la fronte, mentre il frustino aggiungeva due segni sulla schiena.
In quei momenti di elevata eccitazione, il suo carattere la portava a gesti dettati dall’egoismo erotico, più concentrata sul proprio piacere piuttusto che su quello del compagno.
Allargò le cosce pretendendo la carezza della lingua sul sesso.
“Lecca le labbra della figa senza entrare con la lingua”.
Chiuse gli occhi mentre sentiva in una mano la pelle del guinzaglio che le confermava e ricordava il potere sulla ragazza. La lingua passava, piatta, sulla fessura bagnata per l’eccitazione il cui inizio risaliva alla mattina stessa, quando era iniziata l’attesa dell’esperienza erotica, sospesa solo per quei pochi minuti quando aveva scoperto che il loro amico stava per consegnare loro la figlia adottiva della sorella.
Cazzo se ci sapeva fare quella ragazza che aveva sempre osservato con altri occhi, più neutri e privi di desiderio, senza sapere che nascondeva tante promesse di erotici piaceri.
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