La nipote (parte 2)
di
Kugher
genere
sadomaso
Eleonora stava scegliendo cosa indossare per quella che si apprestava ad essere una serata (ed una nottata) molto eccitante.
Aveva già indosso le autoreggenti nere e le scarpe dello stesso colore, lucide dal tacco 12, che già si immaginava di utilizzare per schiacciare i capezzoli della cagnetta ai suoi piedi.
Adorava avere una schiava a terra e infilarle un tacco in bocca, simulando una scopata, godere delle sue difficoltà che superava senza lamentarsi più di quanto fosse utile per eccitarla maggiormente.
“Quello stronzo di Matteo non mi ha detto nulla quando ci eravamo visti da mia sorella un paio di mesi fa”.
“Ne aveva parlato a me”.
“Sì, ma tu sei troppo ingenuo. Dovevi fare domande, sollecitarlo, farti dire chi è, quanti anni ha, se è tanto o poco gnocca, se ha già avuto altre esperienze”.
“Eddai, eppure conosci Matteo da più tempo di me, dovresti sapere che dice sempre e solo quello che vuole far sapere”.
Eleonora, con quella luce negli occhi che Filippo riconobbe subito, lo guardò per cercare tracce di gelosia nella voce o nelle espressioni del marito.
A lei Matteo eccitava ancora tantissimo e le piaceva moltissimo farsi scopare da lui. Aveva il timore che la cosa non fosse gradita da Filippo e cercava di nasconderlo in ogni modo. Lui non aveva mai detto nulla, ma questo sospetto le era sempre rimasto. Naturalmente, forte del suo silenzio, non si era mai fatto scappare il cazzo di Matteo dentro di lei, mentre si divertivano con una schiava.
Si mise il corpetto nero. Cercò poi il frustino artigianale del quale era fierissima. Matteo aveva molti strumenti, ma lei era affezionatissima al suo. Lo infilò in un tubo da disegno e lo mise in un angolo vicino alla porta.
Filippo aveva meno fantasia nel vestirsi a tema. Lei lo avrebbe sempre visto bene con un paio di pantaloni di pelle aderenti, ma ormai vi aveva rinunciato da tempo.
L’ora di tempo, utile per raggiungere la casa di Matteo, fu trascorsa nel ripercorrere le avventure erotiche vissute con lui negli ultimi 10 anni.
Eleonora e Filippo erano conviventi da circa tre anni quando lei, con un certo imbarazzo e dopo avere sondato il terreno, aveva trovato il coraggio di proporre al compagno un incontro a tre con Matteo, anzi, a 4, posto che il suo ex avrebbe messo a disposizione una giovane schiava.
Quella per Filippo fu la prima esperienza di dominio.
Arrivarono alla casa di Matteo già eccitati.
Filippo temeva che lo stato con il quale aveva fatto il viaggio lo facesse godere troppo in fretta. Conoscendosi, la sera prima aveva fatto sesso con Eleonora per evitare di giungere all’appuntamento sotto l’effetto “pentola a pressione”, come lui stesso la definiva.
Matteo aveva sempre detestato la città. Non si era mai trasferito da quella casa di campagna distante 45 minuti di treno dal centro. Era stata uno sforzo per l’acquisto dei suoi nonni, che aveva fatto in tempo non solo a conoscere ma anche a frequentare abbastanza da avere un ricordo vivo avvolto nell’affetto. In quella casa, poi ristrutturata dai suoi genitori e destinata quale abitazione, aveva trascorso le sue estati da sempre, anche durante gli studi universitari. Anzi, quando doveva preparare qualche esame ostico, si chiudeva nella sua stanza con vista sui campi (e sul sole all’alba) e non usciva mai, se non per i pasti e per la corsa che si faceva ogni sera per scaricare la tensione dello studio.
Come tutte le case di fine 1800, aveva muri spessi realizzati col sasso e, quindi, in estate conservava un fresco da consentire di fare a meno del condizionatore, se non nelle giornate torride di centro estate.
Aveva preparato per i suoi amici ospiti un aperitivo con qualche stuzzichino. Niente alcol, almeno non prima del sesso.
Erano seduti in poltrona nel fresco ambiente e, attraverso l’ampia vetrata, potevano vedere il cortile, la ex stalla con il fienile tra il solaio ed il tetto. Sulla destra si vedeva il sole che stava calando e che metteva in controluce le case lontane.
“Allora? la schiava”.
Eleonora era impaziente e, nel porre la domanda, Matteo sapeva che rappresentava anche l’eccitazione di Filippo.
“E’ nella stalla. Indossa un paio di autoreggenti nere con scarpe lucide, come le tue. Solo che per il resto è nuda, depilatissima. Ha un collare e, ad esso, vi è una cortissima catena che la tiene bloccata al muro, in piedi.”
Matteo guardò l’orologio lasciando la frase in sospeso per tenere nella stessa situazione di sospensione anche i suoi ospiti.
“E’ in quella condizione da circa tre quarti d’ora, ormai. Sarà stanchissima, poverina. Meno male che la sua giovane età le consente di poter far affidamento sulle forze che le sono servite per restare in attesa e lo saranno per divertirci nelle prossime ore”.
L’idea che una ragazza fosse rimasta in quella situazione in loro attesa, ebbe l’effetto di provocare un aumento dell’eccitazione che raggiunse quella di Matteo, anche lui con il cazzo che già lamentava la necessità di attenzioni.
“Vai a prenderla…”
Avrebbe potuto sembrare un ordine, più che una richiesta.
“...e lasciare qui tutti questi ottimi stuzzichini?”
“Sei uno stronzo”.
La frustrazione nella prolungata attesa divertì Matteo.
Aveva già indosso le autoreggenti nere e le scarpe dello stesso colore, lucide dal tacco 12, che già si immaginava di utilizzare per schiacciare i capezzoli della cagnetta ai suoi piedi.
Adorava avere una schiava a terra e infilarle un tacco in bocca, simulando una scopata, godere delle sue difficoltà che superava senza lamentarsi più di quanto fosse utile per eccitarla maggiormente.
“Quello stronzo di Matteo non mi ha detto nulla quando ci eravamo visti da mia sorella un paio di mesi fa”.
“Ne aveva parlato a me”.
“Sì, ma tu sei troppo ingenuo. Dovevi fare domande, sollecitarlo, farti dire chi è, quanti anni ha, se è tanto o poco gnocca, se ha già avuto altre esperienze”.
“Eddai, eppure conosci Matteo da più tempo di me, dovresti sapere che dice sempre e solo quello che vuole far sapere”.
Eleonora, con quella luce negli occhi che Filippo riconobbe subito, lo guardò per cercare tracce di gelosia nella voce o nelle espressioni del marito.
A lei Matteo eccitava ancora tantissimo e le piaceva moltissimo farsi scopare da lui. Aveva il timore che la cosa non fosse gradita da Filippo e cercava di nasconderlo in ogni modo. Lui non aveva mai detto nulla, ma questo sospetto le era sempre rimasto. Naturalmente, forte del suo silenzio, non si era mai fatto scappare il cazzo di Matteo dentro di lei, mentre si divertivano con una schiava.
Si mise il corpetto nero. Cercò poi il frustino artigianale del quale era fierissima. Matteo aveva molti strumenti, ma lei era affezionatissima al suo. Lo infilò in un tubo da disegno e lo mise in un angolo vicino alla porta.
Filippo aveva meno fantasia nel vestirsi a tema. Lei lo avrebbe sempre visto bene con un paio di pantaloni di pelle aderenti, ma ormai vi aveva rinunciato da tempo.
L’ora di tempo, utile per raggiungere la casa di Matteo, fu trascorsa nel ripercorrere le avventure erotiche vissute con lui negli ultimi 10 anni.
Eleonora e Filippo erano conviventi da circa tre anni quando lei, con un certo imbarazzo e dopo avere sondato il terreno, aveva trovato il coraggio di proporre al compagno un incontro a tre con Matteo, anzi, a 4, posto che il suo ex avrebbe messo a disposizione una giovane schiava.
Quella per Filippo fu la prima esperienza di dominio.
Arrivarono alla casa di Matteo già eccitati.
Filippo temeva che lo stato con il quale aveva fatto il viaggio lo facesse godere troppo in fretta. Conoscendosi, la sera prima aveva fatto sesso con Eleonora per evitare di giungere all’appuntamento sotto l’effetto “pentola a pressione”, come lui stesso la definiva.
Matteo aveva sempre detestato la città. Non si era mai trasferito da quella casa di campagna distante 45 minuti di treno dal centro. Era stata uno sforzo per l’acquisto dei suoi nonni, che aveva fatto in tempo non solo a conoscere ma anche a frequentare abbastanza da avere un ricordo vivo avvolto nell’affetto. In quella casa, poi ristrutturata dai suoi genitori e destinata quale abitazione, aveva trascorso le sue estati da sempre, anche durante gli studi universitari. Anzi, quando doveva preparare qualche esame ostico, si chiudeva nella sua stanza con vista sui campi (e sul sole all’alba) e non usciva mai, se non per i pasti e per la corsa che si faceva ogni sera per scaricare la tensione dello studio.
Come tutte le case di fine 1800, aveva muri spessi realizzati col sasso e, quindi, in estate conservava un fresco da consentire di fare a meno del condizionatore, se non nelle giornate torride di centro estate.
Aveva preparato per i suoi amici ospiti un aperitivo con qualche stuzzichino. Niente alcol, almeno non prima del sesso.
Erano seduti in poltrona nel fresco ambiente e, attraverso l’ampia vetrata, potevano vedere il cortile, la ex stalla con il fienile tra il solaio ed il tetto. Sulla destra si vedeva il sole che stava calando e che metteva in controluce le case lontane.
“Allora? la schiava”.
Eleonora era impaziente e, nel porre la domanda, Matteo sapeva che rappresentava anche l’eccitazione di Filippo.
“E’ nella stalla. Indossa un paio di autoreggenti nere con scarpe lucide, come le tue. Solo che per il resto è nuda, depilatissima. Ha un collare e, ad esso, vi è una cortissima catena che la tiene bloccata al muro, in piedi.”
Matteo guardò l’orologio lasciando la frase in sospeso per tenere nella stessa situazione di sospensione anche i suoi ospiti.
“E’ in quella condizione da circa tre quarti d’ora, ormai. Sarà stanchissima, poverina. Meno male che la sua giovane età le consente di poter far affidamento sulle forze che le sono servite per restare in attesa e lo saranno per divertirci nelle prossime ore”.
L’idea che una ragazza fosse rimasta in quella situazione in loro attesa, ebbe l’effetto di provocare un aumento dell’eccitazione che raggiunse quella di Matteo, anche lui con il cazzo che già lamentava la necessità di attenzioni.
“Vai a prenderla…”
Avrebbe potuto sembrare un ordine, più che una richiesta.
“...e lasciare qui tutti questi ottimi stuzzichini?”
“Sei uno stronzo”.
La frustrazione nella prolungata attesa divertì Matteo.
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