Schiavo per amore Venticinquesimo episodio

di
genere
dominazione

Un'altra delle regole della padrona era che i due filippini dovessero andarsene da casa appena possibile. Se cenavamo in casa, dovevano avere almeno il tempo di prepararci la cena. O meglio, era Maria a dedicarsi alla cucina e Josè a servirci in tavola. Se invece andavamo a cena fuori, la coppia doveva togliere le ancore ancora prima, lasciandoci da soli. E, appena soli, dovevamo immediatamente spogliarci e inginocchiarci di fronte a lei che poi decideva su chi dei due dovesse poi rivestirsi per avere il privilegio di poter andare a cena con lei. E poteva anche sceglierci entrambi. Quella sera volle che la servitù andasse subito nella dependance e quindi si preannunciava una cena fuori. Per lei sicuramente, e poi per almeno uno di noi. E tra me e Alberto iniziava anche una specie di sfida. Entrambi volevamo dimostrare a Diana tutta la nostra devozione e la nostra obbedienza nella speranza di essere il prescelto. C’era anche la terza opzione che era, come sostenevo prima, quella di essere scelti entrambi, ma la nostra padrona si divertiva comunque nel metterci alla prova. Come fece quella sera. Ci ordinò di metterci con le spalle contro il muro.
“Bene. Vediamo chi di voi due avrà l’onore di uscire con me. Tu Alberto, dammi un motivo per cui dovrei scegliere te.”
“Perché io l’amo immensamente, padrona. Perché le sono devoto e il suo potere nei miei confronti è immenso, totale. Io dipendo da lei, penso soltanto a lei.”
Diana orrise soddisfatta della risposta del marito poi guardò nella mia direzione. “E tu, Paolino, perché dovrei scegliere te?"
“Per gli stessi motivi, padrona. Anche io l’amo da impazzire, anche io le sono devoto e anche io obbedisco a ogni suo ordine.”
Ci venne vicino. Poi improvvisamente afferrò il viso di Alberto e lo baciò con passione
“Dimostrami la tua devozione e il tuo amore. Vieni.” gli ordinò schioccando le dita. Alberto, già eccitato come al solito per la dominazione di sua moglie e forse per quel bacio appassionato, eiaculò senza nemmeno toccarsi. Poi si inginocchiò ai piedi di Diana
“Questa è la dimostrazione del mio amore e del suo potere, mia bellissima padrona.”
“Molto bene. Lecca il tuo sperma.” gli ordinò soddisfatta del suo potere erotico. Poi venne di fronte a me. Il mio cazzo non era eretto al massimo ma, quando lei posò le sue labbra rosse sulle mie, la magia si rinnovò. La mia erezione si fece al massimo e quando lei mi ordinò di venirmene, feci quanto aveva fatto Alberto. Me ne venni senza toccarmi, a ulteriore dimostrazione del suo potere. Si, doveva trattarsi di una magia, non c’erano altre spiegazioni. Con un bacio ciascuno ci aveva fatto venire. Lei possedeva tutto di noi. Il nostro cuore, la nostra anima e il nostro corpo.
Dopo quell'eiaculazione portentosa, mi affrettai ad inginocchiarmi di fronte a lei
“Grazie, padrona.” le dissi semplicemente, felice di aver fatto quanto mi aveva richiesto. E questo significava che cominciavo a sentirmi davvero schiavo, non soltanto del mio amore, ma della straordinaria donna che si ergeva meravigliosa su di me. Ci affrettammo entrambi a pulire il nostro sperma con la speranza di poter essere scelti, visto che tutti e due avevamo dimostrato alla nostra padrona quanto fossimo devoti e obbedienti e quanto il suo potere era enorme nei nostri confronti Verso le 19.30 ci diede l’ordine di andarci a vestire in quanto entrambi avremmo avuto l’onore di farle compagnia perché entrambi lo avevamo meritato. Pochi minuti dopo eravamo pronti. Giacca, pantalone casual e camicia senza cravatta per me e completo grigio con camicia celeste e cravatta per Alberto. E Diana? Neanche quella volta abbandonò il suo solito stile. Possedere una fortuna e poter spendere una montagna di soldi per vestiti, scarpe e accessori non potevano cambiare il suo gusto. Lo stile sobrio fatto di buon gusto che forse sarebbe stato quello che più si addiceva a una multimilionaria come lei era bandito. Lei voleva farsi guardare e... ci riusciva benissimo. Abito aderentissimo e ben sopra il ginocchio color rosa antico, tette quasi di fuori e scarpe, ovviamente tacco 12, abbinate al vestito. Era fatta così e probabilmente non sarebbe mai cambiata. Ma che bel vedere per un maschio!
Ordinò ad Alberto di mettersi alla guida mentre io e lei ci piazzammo dietro. Avevo avuto l’ordine di portare la valigia che le avevo preparato nel pomeriggio e che misi nel bagagliaio, mentre naturalmente Alberto si stava interrogando, come me del resto, a cosa le potesse servire quelola valigia. Lui non sapeva che dentro c’erano gli abiti fetish che lei usava quando ci dominava, mentre io, che al contrario ne ero al corrente, cominciavo a farmi alcuni interrogativi. E le risposte che mi davo mi facevano male al cuore. Non vedevo molte soluzioni. O aveva in mente di cambiarsi e poi dominarci in pubblico o andava da qualcun altro. Un terzo schiavo? Possibile? Non le bastavano due uomini che sbavavano letteralmente per lei, che obbedivano a ogni suo ordine, che tremavano di paura di fronte a lei? Mentre ero immerso in questi pensieri, lei continuava a chattare sul suo cellulare. Ogni tanto alzava la testa per guardarmi e avrei scommesso qualsiasi cosa che stava in estasi al pensiero che mi ero fatto la seconda opinione e che quindi mi stavo macerando dalla gelosia. Come se non fosse bastata quella che provavo per Alberto.
Ma, intanto, eravamo giunti a destinazione. La padrona aveva scelto un ristorante nel quale eravamo già stati, o almeno io c’ero stato con lei mentre non potevo sapere se ci avesse fatto tappa anche col marito. Inutile sottolineare come fummo subito riconosciuti. Una come Diana non poteva certo uscire dalla memoria. Anche perché le situazioni erano alquanto particolari.
Inutile nascondere che mi vergognavo da morire, ma quella era ormai la strada che avevo deciso di percorrere e dovevo accettare tutto. Solo in quel modo avrei potuto starle accanto. E, comunque, ormai avevo preso confidenza col mio nuovo ruolo.
Come le altre volte, ordinò per noi che in silenzio accettammo ciò che il cameriere ci portò e non ci risparmiò qualche umiliazione. A me non importava niente. Io ero un perfetto sconosciuto, un signor nessuno di cui nessuno si curava. Piuttosto, mi chiedevo cosa sarebbe accaduto se qualcuno avesse riconosciuto Alberto e Diana. Non erano personaggi di secondo piano della nostra città e, pur se eravamo fuori dal loro ambiente, l’ipotesi che potessero incontrare qualcuno che potesse conoscerli era concreta. O, forse, Diana desiderava proprio quello? Impossibile saperlo. Quel che è certo era che lei adorava dominarci anche in pubblico. Più correttamente, amava esibire in pubblico il suo potere su di noi, senza però creare una di quelle situazioni stereotipate che, almeno personalmente, avevo sempre trovato ridicole, come ad esempio far stare in ginocchio gli schiavi, magari con un bel guinzaglio al collo. Ci dava semplicemente ordini e noi non potevamo far altro che obbedirle e accettare la sua volontà.
Un’altra delle situazioni anomale che lei invece adorava era quella di far notare la sua superiorità al momento del conto. Era lei che pagava, naturalmente. Io e Alberto non avevamo soldi in tasca e dipendevamo in tutto e per tutto da Diana che godeva come una matta nel vederci in difficoltà dinanzi ai camerieri.
Pagato il conto, ci dirigemmo verso la macchina. E quella era un’altra situazione quasi comica. Io e Alberto facevamo quasi a gara per aprire la porta alla nostra padrona tra i sorrisi di Diana che capiva di aver fatto centro. Probabilmente, aveva capito fin da subito che, alternandoci e tenendoci sulle spine, avrebbe fatto scaturire una certa competitività tra me e Alberto che facevamo del tutto per ingraziarci la nostra padrona nella speranza poi di essere scelti la sera per farle compagnia e soprattutto per fare sesso. Ma, appena ci mettemmo seduti in macchina, ci fu il cambio di direzione rispetto al solito. Un cambio che però io mi aspettavo. Diana ordinò ad Alberto che era alla guida di mettere sul navigatore una via che non conoscevo. Alberto obbedì in silenzio mettendo in moto e ascoltando la voce del navigatore che lo guidava, mentre io cercavo di ragionare sulla situazione. Diana, in quel momento alle prese col suo telefonino, mi aveva fatto mettere una valigia piena di abiti sensuali che lei indossava durante la dominazione nei nostri confronti. Rifeci mentalmente il discorso che mi ero fatto all’andata e non trovavo altri sbocchi e altre possibilità. O aveva in mente di dominarci per qualche giorno lontano ad esempio dai domestici filippini che lei proprio non sopportava, o stava andando da un altro schiavo, sicuramente conosciuto on line. Speravo che si trattasse della prima ipotesi, ma sapevo che per lei sarebbe stato facile come bere un bicchier d’acqua rimediare altri schiavi che la adorassero. Una donna bellissima, fortissima, dominante all’ennesima potenza, una donna che dominava per passione e non certo per soldi e che, dulcis in fundo, regalava allo schiavo anche la possibilità di fare l’amore in modo travolgente. Certo, era una dominazione reale, non una sessione di un’ora dopo la quale l’uomo torna a farsi i propri comodi, ma chiunque avesse avuto certe caratteristiche psicologiche, e sapevo che ce ne erano tanti, avrebbe avuto la sensazione di essere giunto nell’Eldorado degli schiavi.

Il tragitto non fu particolarmente lungo e, aiutati dallo scarso traffico dell’ora serale, dopo un quarto d’ora arrivammo nel punto scelto da Diana. Eravamo poco fuori dal centro, in una zona piuttosto tranquilla e, a quell’ora, completamente deserta. Il numero civico corrispondeva a una palazzina di quattro piani all’apparenza di buon livello. Non certo case da ricchi ma di gente che campa in modo dignitoso. Alberto si precipitò ad aprire lo sportello di Diana che scese riducendo il suo abito rosa antico a una maglia, con la conseguenza di regalarci una visione paradisiaca.
Appena fummo tutti e tre fuori dalla macchina, lei indicò il portabagagli. “ Paolo, tira fuori la valigia!”
Le obbedii e portai la valigia accanto a lei posandola poi in terra e aspettando ordini da lei. Speravo che l’opzione fosse quella di stare con noi due ma le successive parole fecero crollare questa speranza.
“Bene. Alberto, dammi le chiavi della macchina e poi tornate a casa. Mi aspetterete lì.” Io la guardai smarrito. “Ma... Ma siamo lontani da casa, padrona. Come facciamo senza macchina?” Mi era uscito spontaneo. Accidenti a me. Non riuscivo a controllarmi e quando vide Diana avanzare verso di me con il volto serio e un tantino arrabbiato, capii che avevo fatto una stronzata. Ci trovavamo all’aperto ma con Diana non potevo stare tranquillo nemmeno se fossi stato in mezzo a centinaia di persone. Con la conseguenza che me la stavo facendo sotto dalla paura. Mi inginocchiai ai suoi piedi. “Mi perdoni, padrona. Faremo quello che ci ha ordinato.”
Lei mi afferrò per il bavero della giacca tirandomi su “Ma certo che voi farete ciò che vi ho ordinato. Ma lo dovete fare in silenzio. Lo capirai, Paolino?”
“Mi e’ sfuggito, padrona” piagnucolai. Senza possibilità di commuoverla. Due schiaffi violenti mi mandarono a cozzare contro la macchina. Ero intontito, come ogni volta dovevo subire quei ceffoni di una violenza inaudita. Lei mi raggiunse prendendomi da dietro per il collo. Sembrava che volesse far sbattere la mia testa contro la macchina ma a un centimetro si fermò.
“Ringrazia il cielo che non voglio rovinare la mia bella macchina. Ora sparite.”
Ci allontanammo mentre Diana afferrava la valigia dirigendosi verso la palazzina.
Alberto mi porse un fazzoletto. “Pulisciti. Ti esce il sangue dalla bocca e dal naso.” Accettai il fazzoletto e mi pulii scuotendo la testa. “Sta andando da qualcun altro. Vuole farsi un altro schiavo. Mi ha ordinato di mettere in quella valigia certi abiti che mette quando ci domina.”
Alberto tirò su le spalle. “E allora? E’ la padrona e può fare quello che vuole. Ascolta, Paolo. Non mi sei simpatico ma voglio ugualmente darti un consiglio. Accetta tutto o vattene. La nostra padrona non scherza. Ha capito come sfruttare le sue immense potenzialità e lo fa togliendosi ogni capriccio. E, se ho imparato a conoscerla, non si fermerà. Davanti a lei si è aperto un mondo enorme e il suo ego è smisurato. Pertanto, è inutile che tu continui a stare in bilico tra il tuo essere schiavo e la tua voglia di una vita normale. Devi prendere una decisione definitiva e ti consiglio di farlo al più presto.”
Annuii. Aveva tutte le ragioni di questo mondo. Ero in bilico tra quelle due sensazioni ma decisi di rimandare tutto ad altri momenti. Quello che urgeva in quel momento era di tornare a casa. Tirai fuori il portafogli e vidi che era desolatamente vuoto. Del resto, pensava Diana a tutti i miei bisogni
“Io ho pochi spicci. Tu hai soldi per prendere un taxi e tornare a casa?”
Alberto si fece una grossa risata. “Sono nelle tue stesse condizioni, amico mio. Ti conviene smetterla di lamentarti e di cominciare a camminare. A piedi ci vorranno almeno un paio d’ore. Mettiamoci in cammino.”
Accennai di si con la testa. Non c’erano altre soluzioni se volevamo tornare a casa.

Per nostra fortuna, a casa di Diana c’era tutto il ben di Dio sotto forma di cibo. Avremmo potuto resistere in quattro almeno per una quindicina di giorni senza comprare niente. I pochi spicci che avevamo in tasca servirono per comprare il pane e il latte per due giorni ma per il resto, potevamo star tranquilli che per un po’ non saremmo morti di fame.
La cosa positiva era che eravamo liberi di fare ciò che volevamo. Dopo aver espletato i loro compiti, Maria e Josè se ne andavano nella dependance e noi potevamo rilassarci vedendo un film o una serie tv. Rigorosamente separati. Del resto, era logico che non ci potesse essere feeling tra noi due. Ero pur sempre l’uomo che lo cornificava.
Fu dopo due giorni appunto che, mentre io ero nella stanza che ormai potevo definire mia e Alberto nel salone a vedere la televisione, che sentimmo una chiave nella toppa e poi il classico ticchettio dei tacchi della nostra padrona. Mi catapultai nel salone e vedemmo quella scena. Diana trascinava tramite un guinzaglio un uomo più o meno della mia età. Appena fece il suo ingresso, Alberto si inginocchioò e io lo imitai prontamente. Sentii la risata cristallina di Diana che probabilmente si stava beando del suo straordinario potere.
“Ma bene! Miei carissimi schiavi, devo presentarvi un vostro collega. Si chiama Luca e, da adesso in poi, entra a far parte della nostra grande famiglia. Era un po’ che cercavo un altro schiavo e devo dire che sono molto soddisfatta di aver scelto Luca. C’era una fila lunghissima di pretendenti da poter scegliere. Pare proprio che l’universo maschile non veda l’ora di prendere un sacco di botte e di adorare una vera dea come me. Molto piacevole per una con il mio ego. Ho voluto provarlo per un paio di giorni e, visto che funziona anche come stallone, ho deciso di farlo venire qui. C’è anche un altro motivo per cui ho scelto Luca. Mi ha colpito il fatto che fosse un cuoco provetto ed esperto in tutte le faccende di casa. Non è vero Luca?
“Si, mia adorata e meravigliosa padrona.”
“Pertanto, sara’ lui che si occuperà delle faccende domestiche da ora in poi. E finalmente i filippini se ne andranno a fare in culo da qualche altra parte e io sarò libera di essere padrona 24 ore su 24. Non preoccuparti troppo per loro, Alberto. Non sono poi così cattiva. Avevo sentito che c’era una coppia, due dei tuoi amici del cazzo, che cercavano appunto una coppia di domestici. Mandali da loro. Così avranno subito un nuovo lavoro. Pensaci tu. L’importante è che domani siano fuori di casa perché non li voglio più tra i coglioni. Saremo solo noi quattro per il momento. Una padrona e tre schiavi. E poi vedremo. Non credo che mi fermerò a tre schiavi quando posso averne migliaia. Non dico che ne avrò un numero simile, ma almeno una decina me li voglio fare. Anche per farvi riposare un po' dalle fatiche del sesso.” concluse poi con una sonora risata.
Io invece scossi la testa cominciando a piangere sommessamente. No, non andava più bene per me. Avevo sempre deciso di posticipare la mia decisione, ma quella era la goccia che faceva traboccare il vaso. Diana intanto si mise seduta. Aveva ancora indosso quel mini abito color rosa antico che, accavallando le gambe, diventò inguinale. No, non dovevo guardare. Ero troppo debole quando Diana metteva in mostra la sua sensualità e quella volta non avevo intenzione di recedere dalla mia decisione. Me ne sarei andato appena ne avessi avuto la possibilità. Lei intanto ci diede l’ordine di spogliarci, cosa che facemmo immediatamente. Per il momento, era preferibile obbedirle senza farla arrabbiare. Osservai intanto Luca, il nuovo arrivato. Non era particolarmente atletico. Magrolino e altezza media, forse meno visto che era più basso di me, sul metro e settanta. Capelli biondicci portati sulle spalle e barba incolta. Un bel viso, questo sì, ma Diana poteva permettersi sicuramente uomini piu affascinanti e mi chiesi il motivo per cui aveva scelto uno come lui, un ragazzo di livello medio, esteticamente parlando. Pensai che forse lo faceva proprio per far risaltare la sua superiorità. E si perché forse un uomo forte e atletico avrebbe potuto darle del filo da torcere, mentre uno come Luca o come me e Alberto, non avrebbe mai potuto competere con una donna come lei. Questo mi fece capire che Diana non aveva perso di vista la realtà ma l’aveva manipolata a suo piacimento. Sapeva ciò che faceva. Lo sapeva perfettamente.
E se avesse voluto portarsi a letto un uomo bellissimo e aitante, l’avrebbe potuto fare quando voleva. Ma come schiavi desiderava proprio uomini come noi, uomini che non la potevano minimamente impensierire sul piano della forza fisica.

Continua...
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davidmuscolo@tiscali.it
scritto il
2025-07-27
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