Mia cugina: Parte 29

di
genere
incesti

Il giorno seguente mi presento al lavoro. Non c'è ancora nessuno. Entro nel mio ufficio e mi stendo sul divano, lo sguardo fisso sul soffitto. È bello ritornare qui. Non so perché, ma senza il lavoro mi sento un po' perso. Forse la parola giusta è strano. Anzi, non so nemmeno io come mi sento. So solo che è bello tornare qui.
Poco dopo bussano alla porta.
— Avanti — dico.
La mia assistente la apre e mi sorride. Non la vedo da più di una settimana, ma non sembra essere migliorata. Anzi, sembra stare ancora più di merda. Mi si avvicina. — Come sta?
Sorrido. — Non mi vedi da una settimana e già passi subito al lei? Dammi del tu.
— La vicepresidente Neri mi ha detto che hai avuto l'influenza. Spero che ora vada meglio.
L'influenza? Le ha detto questo? Non che mi aveva licenziato in tronco in preda alla rabbia? — Sì, ora sto meglio. Non era nulla di grave. Tu come stai?
I suoi occhi tentennano un momento. — Bene... Sto bene.
Non è vero. — Ilaria… Ehm la vicepresidente Neri mi ha detto che ho un sacco di arretrati.
— Ah, già… sì. Mi sono permessa di… sfoltire la mole di lavoro. Non volevo che… Insomma, mi sono occupata solo delle piccole cose.
Le sorrido. — Grazie. Sono in debito con te.
— No, davvero. Non è necessario.
— Ti offro una cena per sdebitarmi. Dimmi tu il giorno e il luogo. Ristorante, trattoria… Anche il McDonald, se ti piace mangiare lì. Qualunque posto.
Federica distoglie lo sguardo imbarazzata. — Davvero… Non è…
— Insisto. Lasciami sdebitare.
Mi guarda per un momento. — Va bene, ci penserò su — dice poco convinta.
— Non pensarci troppo. Ci tengo.
Mi sorride e lascia l'ufficio.
Giro sulla sedia e osservo la strada sottostante dal grattacielo. Piccoli puntini si muovono lungo le strade. Qualche minuto fa ero uno di loro. Tutto indaffarato a raggiungere il mio posto di lavoro.
Una decina di minuti dopo Federica bussa alla porta, entra nel mio ufficio con uno scatolone pieno di documenti e lo posa sulla mia scrivania.
— Potevo pensarci io — dico. — Ma grazie.
— Non era pesante.
— La prossima volta lascia fare a me, ok?
Annuisce con un sorriso. So già che lo farà di nuovo. È troppo indipendente. È una donna che si è sempre dato da fare nella vita. Non crede al principe azzurro. Forse non ci ha mai creduto. E dopo la sua relazione distruttiva con suo marito, sicuramente la cosa si è cementificata.
Getto un’occhiata nello scatolone e controllo alcuni documenti. — Qui dentro ci sono anche i fascicoli che hai rivisto?
— No, sono sulla mia scrivania. Ora li prendo.
— Non serve. Adesso controllo questi. Puoi andare.
Mi saluta con un sorriso e si chiude la porta alle spalle.
Per tutta la mattina revisiono i documenti. C'è davvero troppa roba. A fatica riesco a starci dietro. Per fortuna Federica si è occupata di quelli di poco conto o sarei impazzito. Tra i fascicoli noto anche il cliente che ha fatto di testa sua ed ha perso quasi tutto il suo investimento. Ora come ora c'è poco o nulla che possa fare per lui.
Bussano alla porta.
— Avanti — dico.
Federica entra. — Sono l’una. Le prendo qualcosa da mangiare?
— Ah, è già l’una... — dico sorpreso. — Comunque sto bene così, ma grazie. Devo finire qui entro le cinque.
— Ti dò una mano?
— No, non serve. Vai pure a mangiare. Se mi serve qualcosa, ti chiamo.
Mi fissa combattuta per un momento. Sa che non lo farò. — Sicuro? Posso mangiare qui.
Mantengo gi occhi sul fascicolo. — No, non ti preoccupare. Vai.
Esce e si chiude la porta alle spalle.
Revisioni altri documenti fino alle quattro e mi fermo. Ho il cervello in pappa. Vedo numeri ovunque. Persino gli oggetti sono diventati dei numeri. Mi alzo, mi sgranchisco le ossa ed esco dall’ufficio.
I dipendenti sono tutti occupati a lavorare nei loro cubicoli. Scorgo Ilaria china su una scrivania accanto a una dipendente. La stessa che le aveva fatto firmare alcuni documenti l’altro giorno.
Passo alle loro spalle. Ilaria mi guarda con la coda dell’occhio. Abbozzo un piccolo sorriso e vado in bagno. Svuoto la vescica, mi lavo faccia e mani e mi guardo allo specchio. Ho le occhiaie e il viso sciupato. Sto dormendo poco in questi giorni. Troppi pensieri di merda. Penso a Ilaria, alle sue parole. Forse ha ragione. Non si possono amare due persone allo stesso tempo e allo stesso modo. Eppure per me è così. Sono sbagliato? Non lo so. Ma non posso chiudere con mia cugina. Non ci riesco.
Un dipendente entra nel bagno, mi saluta con un sorriso e si chiude in un box.
Esco e attraverso i cubicoli. Ilaria è andata via. La dipendente con cui era poco fa mi lancia un'occhiata curiosa. Sono sicuro che abbia capito qualcosa. Le passo accanto e varco la porta del mio ufficio. Mi riempio due dita di whisky, lo mando giù e ricomincio a revisionare i documenti. Mi fermo poco dopo e mando giù altre due dita di whisky.
Verso le cinque bussano alla porta. Federica la apre e resta ferma sulla soglia. — Ho finito.
Tengo lo sguardo dai documenti. — Va bene. Ci vediamo domani. Buona serata.
— Non hai finito?
La guardo. — Quasi. Puoi andare.
Chiude la porta e mi raggiunge.
— Non serve che resti — dico. — Ho quasi finito.
Mi fa un sorriso tirato, gli occhi tristi. — Non fa niente. Tanto non ho niente da fare. Ti do una mano.
— Se proprio insisti.
Prende tre fascicoli dallo scatolone, si siede davanti alla mia scrivania e inizia a revisionarli. Non ci parliamo, né ci guardiamo. Siamo troppo occupati. E poi Federica è molto professionale. Non è per niente come la mia ex assistente. Certo, anche lei era molto seria al lavoro, ma poi è diventata una psicopatica. Ancora adesso mi domando come sia accaduto.
Mezz’ora dopo metto l'ultimo documento sugli altri e guardo Federica. — Hai finito?
— Quasi — risponde senza alzare lo sguardo.
— Ti aiuto — dico. Mi alzo e la raggiungo alle spalle. Il mio pene sbatte sul suo gomito, tiro indietro i fianchi. Che figura di merda. Lei fa finta di niente, oppure non se ne accorta? Faccio scorrere un dito sul foglio. — Qui manca uno zero... E qui mancano duecento euro… Qui va tutto bene… Ecco, qui aggiungi ventisette euro… Ok, abbiamo finito.
Lei mi guarda con un sottile sorriso. Solo adesso sento la sua acqua di colonia. Profuma di donna. Mette il fascicolo sugli altri e si alza.
— Ora puoi andare — dico. — Sistemo io qui.
— Ti do una mano.
Sorrido. — Dai, hai fatto abbastanza per oggi. Ora va’.
Annuisce. — A domani.
— A domani.
Apre la porta ed esce dall’ufficio.
Sistemo i documenti nello scatolone, lo prendo ed esco. Lo appoggio sulla scrivania di Federica, metto dentro i documenti che ha revisionato quando ero assente e mi dirigo all’ufficio di Ilaria.
Faccio per bussare, ma sento due voci. Una femminile e un’altra maschile. Ilaria sta parlando con qualcuno. Non li sento bene, ma l’altra voce sembra familiare.
— Le serve aiuto? — domando una voce femminile alle mie spalle.
Mi volto. È la dipendente che era con Ilaria. Guardo il suo badge al collo. Paula Magli. Ora so come si chiama, sebbene il nome mi suono stranamente familiare. — Oh, devo solo…
Paula mi supera e bussa alla porta.
Ilaria smette di parlare. — Avanti — dice.
Paula apre la porta e mi guarda per invitarmi a entrare.
Supero la soglia con un sorriso a disagio. Il mio sguardo si posa sull’ex di Ilaria, seduto sul divano. Lei siede sulla poltrona accanto. Li guardo un po' turbati. Sono geloso. Altro che condividerla con un altro uomo. Se già questo mi ha reso geloso, figuriamoci se la dovessi condividere con un altro. Magari proprio con questo tizio.
— Sì? — mi domanda Ilaria perplessa dal fatto che me ne sto fermo.
— Ah, ecco… Devo lasciare questo. Ho finito di revisionarli. Federica mi ha dato una mano.
— Di già? Potevi fare con calma.
— Non sopporto il lavoro arretrato.
— Puoi metterlo laggiù.
Poso lo scatolone su un tavolino e mi volto a guardarla sempre a disagio. Il suo ex mi sta squadrando dalla testa ai piedi. Forse sa già di noi, oppure no. Lo ignoro. — Allora… io vado.
Lei annuisce e torna a parlare con il suo ex come niente fosse.
Supero Paula ferma sulla soglia e mi dirigo verso l'ascensore. I dipendenti sono andati tutti via. Che ci fa il suo ex nel suo ufficio? Lo sta frequentando di nuovo? Ma non lo odiava? L’ha persino visto baciarsi con un’altra.
Mi fermo davanti all'ascensore. Paula mi si affianca. La guardo e abbozzo un sorriso di cortesia. Lei non ricambia. Le porte dell’ascensore si aprono ed entriamo dentro. Premo il bottone per il piano terra. Questo comincia a scendere.
— Cosa c'è tra te e la vicepresidente neri? — domanda Paula, gli occhi fissi in avanti.
La guardo. — Siamo amici.
— Capisco.
— Perché?
Mi guarda con la coda dell’occhio. — Solo amici?
Giro il corpo verso di lei. — Non credo siano affari tuoi.
— Hai ragione — risponde senza espressione.
Un breve silenzio. Rigiro il corpo in avanti.
— L’uomo che era con lei è il suo ex — dice.
— Lo so.
— Ora si spiega il tuo disagio.
La guardo in malo modo. — Smettila di farti gli affari miei. E dammi del lei. Sono un tuo superiore.
Mi fissa. — Quindi non ti importa se ti dico che tra poco… — Si zittisce con un sottile sorriso mellifluo. — Niente. Sto divagando.
— Tra poco cosa?
— Lo vuoi sapere davvero?
— Parla.
— Torna dalla vicepresidente e lo scoprirai.
Mi acciglio turbato. — Che vuoi dire?
Le porte dell’ascensore si aprono. Paula fa un sorrisetto di una che la sa più lunga degli altri e si allontana. La guardo attraversare l’atrio punteggiato di gente. Che voleva dire? Che sta per scoparsi il suo ex?
Pigio il bottone per l'ultimo piano. L’ascensore comincia a salire. Sospiro, il volto arrossato per la gelosia. Se davvero sta per scoparselo, io… Cazzo! Mi giro e rigiro. Mi gratto dietro la testa, pianto le mani sui fianchi, sbuffo. — Quanto cazzo ci mette a salire 'sto cazzo di ascensore, porca puttana! Dai!
Le porte dell’ascensore si aprono dopo un infinità. Mi dirigo a passo svelto verso l’ufficio di Ilaria. Poggio la mano sulla maniglia della porta per aprirla, ma mi fermo. Che cazzo sto facendo? Non è da me comportarmi così. Se se lo vuole scopare, che lo faccia pure. Anch'io mi sono scopato mia cugina e la mia ex assistente. Tecnicamente io e Ilaria non stiamo insieme. Non più. Non mi sta tradendo. Non deve tener conto di me.
— Vaffanculo — dico tra me e me. Giro la maniglia e spalanco la porta.
Non c'è nessuno. Dove sono andati?
Do un'occhiata dentro, esco e giro tra i cubicoli. Controllo nel cucinino e nella sala relax. Niente. Non c'è nessuno. Mi dirigo verso la terrazza. Faccio per aprire la porta, ma sento di nuovo le voci di Ilaria e il suo ex. Resto fermo per un momento a origliare. Non riesco a capire cosa si dicono. Sono troppo lontani.
Apro la porta ed esco sul terrazzo. Ilaria e il suo ex sono seduti sulla panca in fondo. Mi danno le spalle. Li osservo per un po' da lontano. Sembra che stiano solo parlando. Non sta succedendo niente di strano. Paula mi ha preso in giro. Ma perché? Nemmeno mi conosce. Non ha senso.
Il suo ex allunga una mano sulla spalla di Ilaria. Lei appoggia la testa sul suo petto. Lui le bacia la testa e la stringe a sé.
Resto interdetto per un momento. Cosa significa? Faccio per raggiungerli, ma l’ex la bacia sulle labbra. Il bacio diventa passionale, quasi sessuale.
Mi blocco, il viso arrossato per la rabbia e la gelosia. Lei lo odiava. Mi ha detto così. Allora perché lo sta baciando?!
Stringo la mano a pugno e serro i denti. Vorrei spaccargli la faccia. Indietreggio fino alla porta e resto a guardare. Non riesco ad andare via. Non ce la faccio. Sono così incazzato e deluso.
Il suo ex cala una mano nel suo reggiseno mentre continua a baciarla. Poi si abbassa pantaloni e mutande e la fa salire sopra di sé. Lei gli mette le braccia attorno al collo, lo bacia in bocca. Comincia ad ansimare, muove il bacino sopra di lui.
Il mio interesse per Ilaria si sta volatilizzando. Tutta la rabbia, tutta la delusione, ogni cosa sta scemando. La guardo privo di ogni affetto. Amore e amicizia non significano più niente. So che non dovrei giudicarla. Io ho fatto più schifo. Molto più schifo. Ma non posso farci niente. È come se all'improvviso non provassi più niente.
Ilaria incrocia il mio sguardo e sussulta sorpresa.
— Che c'è? — domanda il suo ex.
Lei si alza da sopra di lui, si rimette in tutta fretta mutandine e pantaloni e si dirige verso di me con passo svelto, lo sguardo scioccato.
Il suo ex mi guarda torvo. Beh, immagino perché gli ho rovinato la scopata.
Lei si ferma davanti a me preoccupata. — Non è come sembra.
Non rispondo.
— Io… Vedi, noi… Ecco… È capitato… E io…
Mi giro e me ne vado.
— Aspetta! — dice. Mi corre dietro. — Posso spiegarti. Io… io non lo amo. Voglio dire…
La ignoro. Attraverso i cubicoli e mi avvio verso l'ascensore.
— È successo… — dice Ilaria ansiosa. — Ho sbagliato… Non amo lui. Amo te. Devi credermi.
Entro nell'ascensore. Il suo ex ci raggiunge e afferra Ilaria in un abbraccio per non farla entrare.
— Lasciami stare! — dice lei mentre si agita nervosa tra le sue braccia.
Pigio il bottone per il piano terra e guardo Ilaria. — Non hai nulla di cui scusarti. Io ho fatto più schifo di te e continuerò a farlo, quindi...
Lei e il suo ex mi guardano interdetti per la mia risposta.
Ilaria smette di agitarsi. — Cosa significa?
Abbozzo un lieve sorriso freddo. — Ci vediamo domani.
Le porte dell’ascensore si chiudono con un DIN.
scritto il
2025-07-16
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