Schiavo per amore. Ventunesimo episodio
di
Davide Sebastiani
genere
dominazione
Diana fece un paio di passi verso il centro del salone e poi tornò indietro verso di noi. Non sapevo che fare. Vidi Alberto che chinava ancor di più la testa fino a toccare il pavimento e lo imitai. Non potevo vedere niente, a parte gli altissimi stivali neri della nostra padrona.
“Ma guardatevi. Siete patetici. Che cazzo di uomini siete? Ve la state facendo sotto. Alzatevi!” ci ordinò.
Le obbedimmo. Aveva pienamente ragione. Almeno per quanto mi riguardava, me la stavo facendo sotto dalla paura per davvero e le sensazioni di Alberto dovevano essere molto simili alle mie. Diana ci osservava con la sua solita aria sprezzante. Malgrado la situazione, non potevo fare a meno di pensare che fosse nettamente la donna più sensuale che avessi mai conosciuto. Quell’abbigliamento poi, con quei pantaloni lucidi aderentissimi, aumentava a dismisura quella sua straordinaria sensualità. Non era un caso, infatti, che in molte raffigurazioni della dominazione la donna veniva vista abbigliata in questo modo. Per qualche misterioso motivo, una donna vestita in quel modo emanava potenza e superiorità, oltre che bellezza. Figuriamoci in una donna come Diana che emanava le stesse sensazioni pure con un jeans e con un maglione largo. Dovetti però distogliere i miei pensieri dalla sensualità di Diana per pensare alla sua pericolosità, anche questa all’ennesima potenza. Ci afferro’ infatti entrambi per il mento.
“Vi rendete conto che io potrei farvi qualsiasi cosa? Adesso ho voglia di picchiarvi e nessuno me lo può impedire. Perché io sono la vostra padrona. Avete una padrona, proprio come i cani. A te Alberto, comprerò un guinzaglio e ti porterò a spasso. Piscerai soltanto fuori casa alzando la gamba. Hai qualcosa da ridire?”
“N-No padrona. Come lei vuole.”
Il suo sorriso si tramutò in una sonora risata. "Ci arriveremo, maritino mio. Ci arriveremo. Quando mi sarò tolta dai coglioni quei due rompipalle dei filippini, te lo farò fare, puoi credermi sulla parola,” Guardò poi dalla mia parte. La sua forte mano sulla mia faccia mi faceva male. Avevo paura. Quell’immenso potere che aveva scoperto di possedere le stava dando alla testa. “E tu Paolino? Avanti, reagisci? Tu non sei uno schiavo. Tu non vuoi che io ti faccia certe cose, non è vero?”
“E’ così, padrona. La prego, mi lasci andare.” balbettai.
“Lasciarti andare? E perché mai dovrei farlo? Tu fino a domani mattina sei mio e tu mi fai divertire addirittura più di mio marito. A lui si rizza se gli meno, mentre con te è diverso. Tu non vorresti ma non puoi fare ugualmente niente perché hai paura di me, perché io sono più forte, più brava. Avanti, reagisci. Pure tu, Alberto. Siete due uomini. Provate a fare qualcosa. Vi do il permesso di cercare di mettermi le mani addosso. Vediamo cosa siete in grado di fare.”
Ci spinse a ridosso del muro. Ancora una volta, non sapevo cosa fare. In quel momento, qualunque cosa avessimo fatto sarebbe stata sbagliata. Provare davvero a reagire contro di lei? No, non era il caso. Troppo forte e brava per noi due. Stare zitti e buoni? Diana avrebbe potuto dire che non le avevamo obbedito e picchiarci ugualmente. Pensai comunque che tra i due mali quello minore fosse quello di starsene in silenzio senza reagire. E Alberto dovette pensare la stessa cosa perché anche la sua reazione fu nulla. Eravamo lì, stretti nelle sue mani, impauriti come due conigli. Mi vergognavo di me stesso, ma sapevo che non potevo fare nient’altro. E il peggio doveva ancora arrivare perché Diana stava per darci l’ennesima dimostrazione di ciò che era capace. Lasciò la sua presa sui nostri visi e ci spinse a fianco a lei. Io sulla sua sinistra e Alberto sulla sua destra. Poi ci mise le sue braccia intorno al collo. Dapprima in modo leggero, quasi come se si trattasse di un abbraccio amichevole, ma poi iniziò a stringere e sentii il respiro cominciare a mancarmi. Vedevo Alberto dall’altra parte contorcersi nella mia stessa situazione mentre Diana stringeva sempre di più. Cercavo di liberarmi, preso com’ero dal terrore, ma era inutile. I miei tentativi non riuscivano a scalfire nemmeno di un millimetro quella presa. Diana ci stava soffocando entrambi. La sentii ridere
“Potrei uccidervi entrambi contemporaneamente. Non riuscireste mai a togliervi da questa posizione. Avete capito perché io sono la vostra padrona? Lo avete compreso?” Aveva alzato la voce, quasi come per farcei entrare bene in testa ciò che aveva detto.
Io riuscii a sibilare appena un mentre Alberto fu leggermente più prolisso
“Si, padrona. Lei può tutto. Ma la prego, abbia pietà.“ disse infatti.
Io ormai avevo smesso di lottare e mi abbandonai al suo potere. Era inutile. Per fortuna, dopo altri interminabili secondi, ci lasciò ma non ebbi il tempo di gioire della cosa perché l’ennesimo, potentissimo ceffone della serata mi colpì in pieno. Era stato un manrovescio, forte e doloroso che mi mandò a terra. Non ce la facevo più. Scoppiai nell’ennesimo pianto, stavolta singhiozzando come un bambino. Non per il dolore, ma per l’umiliazione, per quel senso di impotenza che mi attanagliava. Mi rannicchiai a terra e quando vidi Diana venire nella mia direzione, sempre tenendo suo marito per il collo e quasi trascinandolo, mi rimisi in ginocchio.
“Pietà, padrona. Basta. La prego, basta.” le chiesi continuando a piangere. Non vedevo il suo volto, considerando la mia posizione, ma sentivo che mi stava valutando. Anzi, che stava valutando ciò che avrebbe dovuto fare di me.
“D’accordo. Con te ho concluso. Alzati” mi disse. Lo feci. Era finita. Non avrei rivisto più Diana, ma non sarei stato più il suo schiavo. Rimasi immobile, mentre Alberto era ancora piegato in due cercando di riprendere fiato. Ma non se la sarebbe cavata a buon mercato nemmeno lui. Lo immaginavo e così fu. Lasciò il suo collo ma lo afferrò per i capelli facendolo tornare in posizione eretta e poi il suo potente manrovescio colpì anche lui che, come avevo fatto io, rotolò pesantemente a terra. Erano schiaffi ed erano estremamente pesanti e dolorosi. Tuttavia, pensai che volesse umiliarci più che farci male davvero. Se avesse usato le sue mosse di arti marziali per noi sarebbe stata veramente impossibile terminare la serata con tutte le ossa sane.
Guardò me e poi voltò lo sguardo verso il marito. “Tu rimani qui. E tu, Paolo seguimi.” Iniziò a salire le scale. Prima ero stato costretto a farlo a quattro zampe ed era stato difficilissimo. In quel momento invece, la seguivo senza comprendere cosa volesse da me. Mi aveva detto che era finita. Perché aveva voluto che la seguissi?
Diana entrò nella sua camera per mettersi poi seduta sul bordo del letto. Io mi inginocchiai ma lei mi fece cenno di alzarmi e di mettermi seduto accanto a lei
“E così, te ne vai. Non è così, Paolo?” esordì toccandosi e sistemandosi la sua frangetta bionda.
“Io non ce la faccio più. Io non sono uno schiavo vero. Ho accettato all’inizio perché lei…”
“Perché sei innamorato di me, perché mi desideri come non potresti nessun altra cosa nella vita.”
“E’ così, ma non immaginavo di arrivare a tutto questo.”
“Non ti lamentare. Sei ancora con tutte le ossa sane. Peccato però. Stasera avrei scopato con te e invece, visto che te ne vai, dovrò farlo con mio marito, visto che tutti questi avvenimenti mi hanno eccitata notevolmente e ho assoluto bisogno di un maschio.”
Deglutii nervosamente. “Potremmo farlo ugualmente. Non come padrona e schiavo ma come un uomo e una donna.”
Lei scosse la testa sorridendo. “Non se ne parla. Ho deciso che scoperò solo con chi si sottomette totalmente a me. Vedi, prima hai detto che tu non sei uno schiavo. E’ sbagliato. Tu lo sei, eccome se lo sei. Non sei come Alberto, certo, non lo posso negare. Lui sta in paradiso. Tutto quello che gli faccio lo rende felice. Lui ama avere una padrona, ama avere paura di me.”
“E lei lo fa per questo?”
Scoppio’ in una fragorosa risata. “Ma figurati! Per lui? No, Paolino caro. Lo faccio per me. Se poi diventare una padrona così come sono diventata, implica pure la sua felicità... beh, non me ne importa niente. Grazie a lui e grazie a te ho scoperto la mia dimensione naturale. Così come lui ha bisogno di una padrona come me, io ho bisogno di schiavi. Con la sostanziale differenza che lui una come me non la potrà trovare da nessuna parte, mentre io uno come lui lo trovo solo schioccando le dita. Lui o un altro mi è indifferente. E questo vale anche per te. Anzi, per te provo dei sentimenti che nei confronti di Alberto non ho, malgrado lui sia mio marito. Però, se hai deciso, pazienza. Ti rimpiazzerò. Non sei indispensabile per i miei piani, anche se avrei voluto che tu continuassi.”
La guardai e stavo per replicare quando lei si mise il dito indice sulle labbra per indicarmi di fare silenzio.
“Non ho terminato, Paolo. Prima ti dicevo che non sei come mio marito, ma sei pur sempre una persona con spiccati istinti sottomessi. Almeno nei miei confronti. Ecco perché ho sempre avuto una grossa simpatia nei tuoi confronti. Perché mi facevi sentire come una persona fuori dal comune.”
“Forse perché lei è davvero una donna fuori dal comune.” le dissi con sincerità e lei apprezzò, accompagnando con una carezza nei miei confronti il sorriso che si stampò sul suo bel volto.
“Beh, normale non lo sono mai stata. Dicevo però che se tu sei uno schiavo particolare, anch’io mi posso definire una padrona particolare.”
“In che senso?” le chiesi incuriosito
“Prima di tutto, io domino per merito. Io sono davvero superiore a te e ad Alberto. Diciamo che nel mio modo di vedere la dominazione, vige la legge del più forte e la più forte sono io. E questo è davvero appagante ed estremamente eccitante. Non devo immaginare di essere superiore. Io lo sono. Non è una questione di poco conto da un punto di vista psicologico. Non trovi?”
“Credo di sì, signora.” ammisi.
“Già, e mi piace ribadirlo e dimostrarlo in continuazione. E’ una soddisfazione che non ha prezzo vedervi mentre ve la fate sotto per la paura. Il secondo motivo per cui io sono una padrona diversa dalle altre è che… Beh, ultimamente mi sono informata parecchio. Sai, per me la dominazione era ridotta agli stereotipi di farsi baciare un piede, a frustare o, al limite, con le mie caratteristiche fisiche, picchiare un uomo per bene che è la cosa che mi riesce meglio. E invece ho scoperto che ci sono un sacco di pratiche molto interessanti che ho fatto mie. Usare lo schiavo come portacenere, obbligarlo a bere la mia pipì e, soprattutto, incularmelo. Oh, Dio, tu non puoi capire, tu sei un maschio e sei abituato a penetrare. Invece, metterlo dentro ad un uomo è qualcosa di impagabile per una donna, una sensazione di potenza che non ha eguali. Non godo fisicamente perché l’uccello non ce l’ho veramente, ma il godimento psicologico è davvero unico.” Si fermò un attimo quasi a riprendere fiato e io ne approfittai per prendere la parola.
“E’ lo scambio dei ruoli che eccita la mente, forse. Ecco perché Alberto e migliaia di uomini come lui hanno questo desiderio di sottomettersi a una donna, e forse il motivo per cui io mi sono innamorato di una donna come lei, pur non avendo le stesse sensazioni o avendocele in parte.”
“Esatto, Paolo. Per molte persone questo scambio dei ruoli porta a un’eccitazione fisica e psicologica. Ma dicevo che mi sono informata. E sai cosa ho scoperto ancora?”
“No, padrona” risposi. Sembrava una semplice chiacchierata tra amici, ma stavo attento a scegliere le parole e a portarle il rispetto che pretendeva, cosa che cominciava ad essere abbastanza automatica, malgrado i tanti anni trascorsi come amici. Ma quella era una Diana diversa, o che comunque era conscia dei limiti che doveva porsi, mentre quella di adesso era una padrona perversa con tendenze sadiche.
“Ho scoperto,” proseguì intanto lei “che le padrone difficilmente fanno sesso coi loro schiavi. E’ una cosa molto rara e tendono a diversificare la dominazione dal sesso. Hanno lo schiavetto che usano a loro piacimento e poi si fanno trombare dal fidanzato stallone. Io invece ho scoperto che, almeno per le mie caratteristiche, il massimo dell’eccitazione è scoparsi lo schiavo, usarlo per il proprio piacere personale, vederlo fremere dal desiderio. Perché uno schiavo non vede la propria padrona come una donna, ma la vede come una dea. E io voglio scopare uno che mi vede come una dea, farlo cagare sotto dalla paura mentre ci faccio sesso. Il suo desiderio non deve contare un cazzo. Conta solo il mio. Al limite, il vostro può essere consequenziale, cosa che comunque non disdegno affatto. Vedere un uomo eccitato al massimo, è una cosa che la maggior parte delle donne sessualmente indipendenti adora. E uno schiavo è eccitato per la propria padrona molto più di un uomo normale, nella maggior parte dei casi. Hai capito adesso perché non farò sesso con te? A meno che tu non continui ad essere il mio schiavo”.
“Io…Io la vedo realmente come una donna di livello superiore.”
“Non mi basta. Io voglio uno schiavo da scoparmi. Non voglio un coglione, ma un uomo che al mio cospetto chini la testa, mi obbedisca e soprattutto mi soddisfi a letto. E tu hai le caratteristiche perfette. Sei dolce, hai una tremenda paura di me e non posso negare che fai l’amore in modo più che soddisfacente. Sei quindi sicuro di non voler essere tu lo schiavo che cerco?” concluse alzandosi lasciandomi di sasso.
Continua...
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davidmuscolo@tiscali.it
“Ma guardatevi. Siete patetici. Che cazzo di uomini siete? Ve la state facendo sotto. Alzatevi!” ci ordinò.
Le obbedimmo. Aveva pienamente ragione. Almeno per quanto mi riguardava, me la stavo facendo sotto dalla paura per davvero e le sensazioni di Alberto dovevano essere molto simili alle mie. Diana ci osservava con la sua solita aria sprezzante. Malgrado la situazione, non potevo fare a meno di pensare che fosse nettamente la donna più sensuale che avessi mai conosciuto. Quell’abbigliamento poi, con quei pantaloni lucidi aderentissimi, aumentava a dismisura quella sua straordinaria sensualità. Non era un caso, infatti, che in molte raffigurazioni della dominazione la donna veniva vista abbigliata in questo modo. Per qualche misterioso motivo, una donna vestita in quel modo emanava potenza e superiorità, oltre che bellezza. Figuriamoci in una donna come Diana che emanava le stesse sensazioni pure con un jeans e con un maglione largo. Dovetti però distogliere i miei pensieri dalla sensualità di Diana per pensare alla sua pericolosità, anche questa all’ennesima potenza. Ci afferro’ infatti entrambi per il mento.
“Vi rendete conto che io potrei farvi qualsiasi cosa? Adesso ho voglia di picchiarvi e nessuno me lo può impedire. Perché io sono la vostra padrona. Avete una padrona, proprio come i cani. A te Alberto, comprerò un guinzaglio e ti porterò a spasso. Piscerai soltanto fuori casa alzando la gamba. Hai qualcosa da ridire?”
“N-No padrona. Come lei vuole.”
Il suo sorriso si tramutò in una sonora risata. "Ci arriveremo, maritino mio. Ci arriveremo. Quando mi sarò tolta dai coglioni quei due rompipalle dei filippini, te lo farò fare, puoi credermi sulla parola,” Guardò poi dalla mia parte. La sua forte mano sulla mia faccia mi faceva male. Avevo paura. Quell’immenso potere che aveva scoperto di possedere le stava dando alla testa. “E tu Paolino? Avanti, reagisci? Tu non sei uno schiavo. Tu non vuoi che io ti faccia certe cose, non è vero?”
“E’ così, padrona. La prego, mi lasci andare.” balbettai.
“Lasciarti andare? E perché mai dovrei farlo? Tu fino a domani mattina sei mio e tu mi fai divertire addirittura più di mio marito. A lui si rizza se gli meno, mentre con te è diverso. Tu non vorresti ma non puoi fare ugualmente niente perché hai paura di me, perché io sono più forte, più brava. Avanti, reagisci. Pure tu, Alberto. Siete due uomini. Provate a fare qualcosa. Vi do il permesso di cercare di mettermi le mani addosso. Vediamo cosa siete in grado di fare.”
Ci spinse a ridosso del muro. Ancora una volta, non sapevo cosa fare. In quel momento, qualunque cosa avessimo fatto sarebbe stata sbagliata. Provare davvero a reagire contro di lei? No, non era il caso. Troppo forte e brava per noi due. Stare zitti e buoni? Diana avrebbe potuto dire che non le avevamo obbedito e picchiarci ugualmente. Pensai comunque che tra i due mali quello minore fosse quello di starsene in silenzio senza reagire. E Alberto dovette pensare la stessa cosa perché anche la sua reazione fu nulla. Eravamo lì, stretti nelle sue mani, impauriti come due conigli. Mi vergognavo di me stesso, ma sapevo che non potevo fare nient’altro. E il peggio doveva ancora arrivare perché Diana stava per darci l’ennesima dimostrazione di ciò che era capace. Lasciò la sua presa sui nostri visi e ci spinse a fianco a lei. Io sulla sua sinistra e Alberto sulla sua destra. Poi ci mise le sue braccia intorno al collo. Dapprima in modo leggero, quasi come se si trattasse di un abbraccio amichevole, ma poi iniziò a stringere e sentii il respiro cominciare a mancarmi. Vedevo Alberto dall’altra parte contorcersi nella mia stessa situazione mentre Diana stringeva sempre di più. Cercavo di liberarmi, preso com’ero dal terrore, ma era inutile. I miei tentativi non riuscivano a scalfire nemmeno di un millimetro quella presa. Diana ci stava soffocando entrambi. La sentii ridere
“Potrei uccidervi entrambi contemporaneamente. Non riuscireste mai a togliervi da questa posizione. Avete capito perché io sono la vostra padrona? Lo avete compreso?” Aveva alzato la voce, quasi come per farcei entrare bene in testa ciò che aveva detto.
Io riuscii a sibilare appena un mentre Alberto fu leggermente più prolisso
“Si, padrona. Lei può tutto. Ma la prego, abbia pietà.“ disse infatti.
Io ormai avevo smesso di lottare e mi abbandonai al suo potere. Era inutile. Per fortuna, dopo altri interminabili secondi, ci lasciò ma non ebbi il tempo di gioire della cosa perché l’ennesimo, potentissimo ceffone della serata mi colpì in pieno. Era stato un manrovescio, forte e doloroso che mi mandò a terra. Non ce la facevo più. Scoppiai nell’ennesimo pianto, stavolta singhiozzando come un bambino. Non per il dolore, ma per l’umiliazione, per quel senso di impotenza che mi attanagliava. Mi rannicchiai a terra e quando vidi Diana venire nella mia direzione, sempre tenendo suo marito per il collo e quasi trascinandolo, mi rimisi in ginocchio.
“Pietà, padrona. Basta. La prego, basta.” le chiesi continuando a piangere. Non vedevo il suo volto, considerando la mia posizione, ma sentivo che mi stava valutando. Anzi, che stava valutando ciò che avrebbe dovuto fare di me.
“D’accordo. Con te ho concluso. Alzati” mi disse. Lo feci. Era finita. Non avrei rivisto più Diana, ma non sarei stato più il suo schiavo. Rimasi immobile, mentre Alberto era ancora piegato in due cercando di riprendere fiato. Ma non se la sarebbe cavata a buon mercato nemmeno lui. Lo immaginavo e così fu. Lasciò il suo collo ma lo afferrò per i capelli facendolo tornare in posizione eretta e poi il suo potente manrovescio colpì anche lui che, come avevo fatto io, rotolò pesantemente a terra. Erano schiaffi ed erano estremamente pesanti e dolorosi. Tuttavia, pensai che volesse umiliarci più che farci male davvero. Se avesse usato le sue mosse di arti marziali per noi sarebbe stata veramente impossibile terminare la serata con tutte le ossa sane.
Guardò me e poi voltò lo sguardo verso il marito. “Tu rimani qui. E tu, Paolo seguimi.” Iniziò a salire le scale. Prima ero stato costretto a farlo a quattro zampe ed era stato difficilissimo. In quel momento invece, la seguivo senza comprendere cosa volesse da me. Mi aveva detto che era finita. Perché aveva voluto che la seguissi?
Diana entrò nella sua camera per mettersi poi seduta sul bordo del letto. Io mi inginocchiai ma lei mi fece cenno di alzarmi e di mettermi seduto accanto a lei
“E così, te ne vai. Non è così, Paolo?” esordì toccandosi e sistemandosi la sua frangetta bionda.
“Io non ce la faccio più. Io non sono uno schiavo vero. Ho accettato all’inizio perché lei…”
“Perché sei innamorato di me, perché mi desideri come non potresti nessun altra cosa nella vita.”
“E’ così, ma non immaginavo di arrivare a tutto questo.”
“Non ti lamentare. Sei ancora con tutte le ossa sane. Peccato però. Stasera avrei scopato con te e invece, visto che te ne vai, dovrò farlo con mio marito, visto che tutti questi avvenimenti mi hanno eccitata notevolmente e ho assoluto bisogno di un maschio.”
Deglutii nervosamente. “Potremmo farlo ugualmente. Non come padrona e schiavo ma come un uomo e una donna.”
Lei scosse la testa sorridendo. “Non se ne parla. Ho deciso che scoperò solo con chi si sottomette totalmente a me. Vedi, prima hai detto che tu non sei uno schiavo. E’ sbagliato. Tu lo sei, eccome se lo sei. Non sei come Alberto, certo, non lo posso negare. Lui sta in paradiso. Tutto quello che gli faccio lo rende felice. Lui ama avere una padrona, ama avere paura di me.”
“E lei lo fa per questo?”
Scoppio’ in una fragorosa risata. “Ma figurati! Per lui? No, Paolino caro. Lo faccio per me. Se poi diventare una padrona così come sono diventata, implica pure la sua felicità... beh, non me ne importa niente. Grazie a lui e grazie a te ho scoperto la mia dimensione naturale. Così come lui ha bisogno di una padrona come me, io ho bisogno di schiavi. Con la sostanziale differenza che lui una come me non la potrà trovare da nessuna parte, mentre io uno come lui lo trovo solo schioccando le dita. Lui o un altro mi è indifferente. E questo vale anche per te. Anzi, per te provo dei sentimenti che nei confronti di Alberto non ho, malgrado lui sia mio marito. Però, se hai deciso, pazienza. Ti rimpiazzerò. Non sei indispensabile per i miei piani, anche se avrei voluto che tu continuassi.”
La guardai e stavo per replicare quando lei si mise il dito indice sulle labbra per indicarmi di fare silenzio.
“Non ho terminato, Paolo. Prima ti dicevo che non sei come mio marito, ma sei pur sempre una persona con spiccati istinti sottomessi. Almeno nei miei confronti. Ecco perché ho sempre avuto una grossa simpatia nei tuoi confronti. Perché mi facevi sentire come una persona fuori dal comune.”
“Forse perché lei è davvero una donna fuori dal comune.” le dissi con sincerità e lei apprezzò, accompagnando con una carezza nei miei confronti il sorriso che si stampò sul suo bel volto.
“Beh, normale non lo sono mai stata. Dicevo però che se tu sei uno schiavo particolare, anch’io mi posso definire una padrona particolare.”
“In che senso?” le chiesi incuriosito
“Prima di tutto, io domino per merito. Io sono davvero superiore a te e ad Alberto. Diciamo che nel mio modo di vedere la dominazione, vige la legge del più forte e la più forte sono io. E questo è davvero appagante ed estremamente eccitante. Non devo immaginare di essere superiore. Io lo sono. Non è una questione di poco conto da un punto di vista psicologico. Non trovi?”
“Credo di sì, signora.” ammisi.
“Già, e mi piace ribadirlo e dimostrarlo in continuazione. E’ una soddisfazione che non ha prezzo vedervi mentre ve la fate sotto per la paura. Il secondo motivo per cui io sono una padrona diversa dalle altre è che… Beh, ultimamente mi sono informata parecchio. Sai, per me la dominazione era ridotta agli stereotipi di farsi baciare un piede, a frustare o, al limite, con le mie caratteristiche fisiche, picchiare un uomo per bene che è la cosa che mi riesce meglio. E invece ho scoperto che ci sono un sacco di pratiche molto interessanti che ho fatto mie. Usare lo schiavo come portacenere, obbligarlo a bere la mia pipì e, soprattutto, incularmelo. Oh, Dio, tu non puoi capire, tu sei un maschio e sei abituato a penetrare. Invece, metterlo dentro ad un uomo è qualcosa di impagabile per una donna, una sensazione di potenza che non ha eguali. Non godo fisicamente perché l’uccello non ce l’ho veramente, ma il godimento psicologico è davvero unico.” Si fermò un attimo quasi a riprendere fiato e io ne approfittai per prendere la parola.
“E’ lo scambio dei ruoli che eccita la mente, forse. Ecco perché Alberto e migliaia di uomini come lui hanno questo desiderio di sottomettersi a una donna, e forse il motivo per cui io mi sono innamorato di una donna come lei, pur non avendo le stesse sensazioni o avendocele in parte.”
“Esatto, Paolo. Per molte persone questo scambio dei ruoli porta a un’eccitazione fisica e psicologica. Ma dicevo che mi sono informata. E sai cosa ho scoperto ancora?”
“No, padrona” risposi. Sembrava una semplice chiacchierata tra amici, ma stavo attento a scegliere le parole e a portarle il rispetto che pretendeva, cosa che cominciava ad essere abbastanza automatica, malgrado i tanti anni trascorsi come amici. Ma quella era una Diana diversa, o che comunque era conscia dei limiti che doveva porsi, mentre quella di adesso era una padrona perversa con tendenze sadiche.
“Ho scoperto,” proseguì intanto lei “che le padrone difficilmente fanno sesso coi loro schiavi. E’ una cosa molto rara e tendono a diversificare la dominazione dal sesso. Hanno lo schiavetto che usano a loro piacimento e poi si fanno trombare dal fidanzato stallone. Io invece ho scoperto che, almeno per le mie caratteristiche, il massimo dell’eccitazione è scoparsi lo schiavo, usarlo per il proprio piacere personale, vederlo fremere dal desiderio. Perché uno schiavo non vede la propria padrona come una donna, ma la vede come una dea. E io voglio scopare uno che mi vede come una dea, farlo cagare sotto dalla paura mentre ci faccio sesso. Il suo desiderio non deve contare un cazzo. Conta solo il mio. Al limite, il vostro può essere consequenziale, cosa che comunque non disdegno affatto. Vedere un uomo eccitato al massimo, è una cosa che la maggior parte delle donne sessualmente indipendenti adora. E uno schiavo è eccitato per la propria padrona molto più di un uomo normale, nella maggior parte dei casi. Hai capito adesso perché non farò sesso con te? A meno che tu non continui ad essere il mio schiavo”.
“Io…Io la vedo realmente come una donna di livello superiore.”
“Non mi basta. Io voglio uno schiavo da scoparmi. Non voglio un coglione, ma un uomo che al mio cospetto chini la testa, mi obbedisca e soprattutto mi soddisfi a letto. E tu hai le caratteristiche perfette. Sei dolce, hai una tremenda paura di me e non posso negare che fai l’amore in modo più che soddisfacente. Sei quindi sicuro di non voler essere tu lo schiavo che cerco?” concluse alzandosi lasciandomi di sasso.
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