Dominato da mia moglie. La storia di Karen e Mike Sesto episodio
di
Davide Sebastiani
genere
dominazione
Mi allontanai di un paio di metri, ma Karen fece anche lei un paio di passi per rimettersi di nuovo di fronte a me. Avrebbe avuto bisogno di una bella lezione per toglierle quella sicurezza, quella sfrontatezza che sembravano essersi impossessati di lei. Non ci pensai molto. Se fossi rimasto passivo, lei sarebbe andata a nozze. Avrei dovuto neutralizzarla. Dovevo per forza lottare contro di lei, e ormai conoscevo le sue potenzialità, o almeno credevo di conoscerle. In una lotta ad armi pari, non avrei avuto alcuna possibilità, e dovevo puntare sull’effetto sorpresa. Ero convinto che la volta scorsa ero stato penalizzato dalla slogatura ma, in quel momento, la spalla funzionava perfettamente. Le andai addosso come una furia, e quella volta la sorpresa fu totale. La scaraventai a terra facendola urlare. Le dovevo aver fatto molto male. Nel frattempo, io caddi sopra di lei stringendo con le mie gambe il suo corpo e schiacciandole il petto. Non poteva muoversi, anche perché le tenevo entrambe le braccia inchiodate. Una la tenevo ferma con la mia gamba sinistra, e l’altra con la mano destra. Avevo anche la mia mano sinistra libera e ne approfittai per colpirla al volto. Ero infuriato. Durante quei venti giorni, avevo fantasticato tantissime volte di trovarmi in posizione di supremazia nei suoi confronti e, finalmente, mi ci trovavo. Mi sembrò di cogliere anche un certo timore nei suoi occhi.
“Allora? Sei una stronza sì o no?”
Non rispose ma, se pensavo di aver vinto con estrema facilità, mi sbagliavo di grosso. Anche quella volta infatti, le cose erano destinate a cambiare velocemente. Aveva le gambe libere e facendo leva proprio con quelle, inarcò il busto riuscendo con una facilità irrisoria a ribaltare la situazione. Mi fece andare di fianco senza più nessun appoggio nei suoi confronti e lei, velocissima, mi afferrò la testa con il suo braccio destro spingendomi completamente disteso a terra, con la faccia rivolta verso il soffitto e, girando su sé stessa, venne a cavalcioni su di me lasciandomi la testa ma afferrandomi di nuovo il braccio, stavolta quello sinistro, facendomi l’ennesima torsione. Non potevo crederci ma ero di nuovo bloccato. Sapeva lottare alla grande. Iniziò a stringere le sue cosce sul mio corpo e cominciò a mancarmi il respiro. La sua agilità e la sua forza erano incredibili, e mi stava schiacciando la pancia col suo peso. Aveva pure una mano libera e ne approfittò per darmi due schiaffi.
“Allora, ciccio? Chi è lo stronzo?” Sbuffai, digrignai i denti, ma non riuscivo a muovermi mentre lei iniziò a strofinare la sua fica sul mio corpo. La vedevo mentre si mordicchiava il labbro inferiore, ed era evidente che stava provando di nuovo un piacere pazzesco nel ridurmi a un giocattolo erotico per il suo esclusivo piacere. Quel piacere doveva essere enorme perché la sentii sospirare e vidi che chiuse gli occhi. Aveva avuto l’ennesimo orgasmo soltanto strofinando la sua fica sul mio corpo sudato. Era incredibile! E malgrado lei stesse godendo, continuava a tenermi immobilizzato. Per alcuni secondi respirò profondamente, forse per riprendersi dal piacere provato dopodiché, sempre con la sua mano libera, mi afferrò il mento.
“Non rendere tutto più difficile, Mike. Se tu non mi chiedi scusa, stavolta il braccio te lo rompo. Così ti renderai conto definitivamente che sono troppo forte per te.”
“Vai al diavolo!” le risposi comunque ma, per tutta risposta, mi arrivarono altri due schiaffi.
Non soddisfatta, Karen aumentò la torsione. “Oltre ad essere uno stronzo, sei pure un idiota. Una persona più sveglia di te avrebbe capito da un bel pezzo che la tua situazione è irreversibile. Non ti lascerò fino a che non sentirò le tue scuse.” Aveva parlato con calma. Sapeva che la sua superiorità era talmente evidente che non c’era nemmeno bisogno di forzare troppo la situazione. Non mi era bastato coglierla di sorpresa. Non ce la facevo più. Scoppiai a piangere come un bambino. L’umiliazione era troppo grossa, ma il dolore lo era ancora di più. Non potevo fare altrimenti.
“Va bene, va bene, non dovevo dirti che sei una stronza”, la implorai tra le lacrime.
“Voglio le scuse altrimenti non ti lascio.”
“Ok, scusa, Karen.” Ormai il mio orgoglio si era eclissato. Mia moglie lo avevo demolito, estirpato definitivamente dal mio essere uomo. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di far terminare quella tortura. Karen si alzò finalmente da sopra la mia pancia, come mi aveva promesso e, a fatica, lo feci anche io. Mi vergognavo come un ladro, ma lei non aveva ancora terminato.
“Le scuse si fanno in ginocchio.”
La guardai esterrefatto. “No, non puoi obbligarmi a fare una cosa del genere.”
Lei fece l’ennesimo sorriso ironico. “Allora la lezione non ti è servita a niente. Hai bisogno di comprendere che ormai sono io a comandare.”
Indietreggiai impaurito mettendo le mie mani a difesa del volto. Tutto inutile perché Karen fece partire un calcio magistrale che si stampò sulla mia pancia, facendomi piegare in due, e poi arrivarono altri due schiaffi ancora più forti di quelli precedenti. Caddi a terra intontito e notevolmente impaurito. Se quel calcio me lo avesse dato in faccia mi avrebbe fatto saltare diversi denti.
Alzai le braccia in segno di resa. “Ferma, ferma, ti prego.”
Lei invece avanzò ancora verso di me, mi prese per un braccio per poi tirarmi su. Mi afferrò quindi per il mento. “Quando ti do un ordine non voglio sentire obiezioni. La tua unica risposta deve essere "Sì, Karen". Sono stata chiara?”
“Si, Karen”, biascicai. Avevo paura. Una paura fottuta di mia moglie che intanto sorrideva tronfia. Doveva sentirsi come una dea scesa in terra. Suo marito stava tremando come una femminuccia di fronte a lei.
“Bene. Vedo che con le buone maniere si ottiene tutto. Adesso spogliati del tutto e poi mettiti in ginocchio. Ancora devo ricevere le tue scuse nel modo che pretendo.”
La guardai allibito. “Perché?” Mi era uscito spontaneo, e solo dopo una frazione di secondo capii che avevo fatto una cazzata. Il suo sorriso ironico era scomparso e stava per schiaffeggiarmi nuovamente, ma quella volta riuscii ad evitare quell’ulteriore violenza ai miei danni. “No, no, lo faccio.”
Si fermò, soddisfatta della mia accondiscendenza. Mi afferrò comunque per la nuca spingendomi in basso. “Forza Mike. Sono in attesa delle tue scuse. E cerca di essere convincente.”
Deglutii nervosamente mentre, con il cuore che mi batteva in modo del tutto anomalo, mi inginocchiai di fronte a mia moglie. “Scusa, Karen, Non avrei dovuto dirti che sei una stronza.”
“Lo farai più?”
“No, Karen, te lo giuro.”
“Ne sono certa. E invece tu cosa sei?”
“Io…Io non capisco.”
“Tu sei uno stronzo, Mike. Io te lo posso dire, non credi? Sono la più forte e ne ho il diritto.” A
ltre lacrime scesero sulle mie guance. Stava continuando a umiliarmi, e aumentava sempre di più la dose. Per una frazione di secondo, pensai che non dovevo dargliela vinta ma, quando sentii che mi afferrava per i capelli e che stava preparando l’ennesimo schiaffo, capii che dovevo fare ciò che mi ordinava se volevo evitare altri guai. Poi avrei pensato a cosa fare in seguito.
“Sì, Karen. Tu lo puoi dire”, ammisi.
“Quindi, cosa sei?”
“Sono uno stronzo.” Era la mia sconfitta definitiva. Stavo per alzarmi quando sentii la sua mano fare pressione sulla mia testa.
“Non ti ho detto che puoi rialzarti.”
Non replicai. Alzai gli occhi e vidi che si stava sfilando le sue minuscole mutandine. Non disse nulla. Prendendomi per la nuca spinse la mia faccia sul suo sesso. Sapeva che era una pratica sessuale che non avevo mai trovato particolarmente eccitante, e non gliel’avevo mai voluta leccare. Ma quella volta non potevo far valere i miei diritti. Avevo paura persino a tergiversar,e e affondai la lingua sul suo clitoride. Era completamente fradicia. I suoi umori scendevano in quantità enorme, a dimostrazione dell'enorme piacere che lei provava nel picchiarmi e nel sentirsi superiore. La sentivo sospirare e mugolare di piacere e, per qualche strano motivo, sentivo anche io qualcosa di piacevole perché mi ritrovai col cazzo eretto. Mi diedi da fare per soddisfare mia moglie e dovetti esserci riuscito anche in tempi piuttosto brevi perché, dopo nemmeno un paio di minuti, lei esplose in un orgasmo che mi sporcò completamente il viso. Mi osservò e si mise a ridere di gusto.
“Sei delizioso. Tenero come un agnellino.”
Abbassai la testa. Mi trovavo in grosse difficoltà psicologiche. Ero in balia di mia moglie ed era una sensazione strana. “ Posso… Posso alzarmi, adesso?”
“Adesso puoi alzarti.”
Lo feci e l’erezione che prima in ginocchio era quasi nascosta venne fuori del tutto dinanzi ai suoi occhi.
“Tesoro, ogni volta che ti picchio ti ritrovo col cazzo dritto. Non è per caso che ti piace?”
“E’ che… Insomma, ti ho appena leccato la fica. E’ normale.”
“Se ti piace tanto, dovresti spiegarmi perché non me l’avevi mai voluto fare. Comunque, le cose cambieranno. Sono sicura che lo farai molto spesso, non è così ciccio?”
Ancora quel vezzeggiativo del cazzo che odiavo letteralmente. Ma mi guardai bene dal farglielo notare.
“Sì, Karen”, risposi. Ogni altra risposta sarebbe stata pericolosa per me. Lei fece un sorriso aperto, spontaneo e mi diede due piccoli schiaffetti sulla guancia sinistra.
“Bravo, ciccio. Così mi piaci: docile e obbediente.”
“Io… Vado in bagno a lavarmi.”
Mi afferrò per un braccio. “Tu non vai da nessuna parte senza il mio permesso. Non è così, ciccio?”
Abbassai la testa. Mi stava umiliando per l’ennesima volta, ma non potevo fare nulla. “Si, Karen, è così”, risposi con le lacrime che scendevano sempre di più sulle mie guance. Mi sentivo uno zero assoluto, un uomo da niente, ridicolizzato dalla propria moglie.
“Molto bene. Vedo che cominci a comprendere. Per quanto ti riguarda, tu rimani così, nudo e sporco dei miei umori che ti faranno compagnia tutta la notte. Così imparerai a conoscere bene i miei odori.” Mi trascinò in direzione della cucina e mi scaraventò dentr.o “Stasera dormirai qui. Se riuscirai a dormire. E sarai chiuso a chiave. Inutile sottolineare che non voglio sentire lamentele. Chiaro, Mike?”
“Si, Karen”, risposi senza più dignità. Ero definitivamente vinto.
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“Allora? Sei una stronza sì o no?”
Non rispose ma, se pensavo di aver vinto con estrema facilità, mi sbagliavo di grosso. Anche quella volta infatti, le cose erano destinate a cambiare velocemente. Aveva le gambe libere e facendo leva proprio con quelle, inarcò il busto riuscendo con una facilità irrisoria a ribaltare la situazione. Mi fece andare di fianco senza più nessun appoggio nei suoi confronti e lei, velocissima, mi afferrò la testa con il suo braccio destro spingendomi completamente disteso a terra, con la faccia rivolta verso il soffitto e, girando su sé stessa, venne a cavalcioni su di me lasciandomi la testa ma afferrandomi di nuovo il braccio, stavolta quello sinistro, facendomi l’ennesima torsione. Non potevo crederci ma ero di nuovo bloccato. Sapeva lottare alla grande. Iniziò a stringere le sue cosce sul mio corpo e cominciò a mancarmi il respiro. La sua agilità e la sua forza erano incredibili, e mi stava schiacciando la pancia col suo peso. Aveva pure una mano libera e ne approfittò per darmi due schiaffi.
“Allora, ciccio? Chi è lo stronzo?” Sbuffai, digrignai i denti, ma non riuscivo a muovermi mentre lei iniziò a strofinare la sua fica sul mio corpo. La vedevo mentre si mordicchiava il labbro inferiore, ed era evidente che stava provando di nuovo un piacere pazzesco nel ridurmi a un giocattolo erotico per il suo esclusivo piacere. Quel piacere doveva essere enorme perché la sentii sospirare e vidi che chiuse gli occhi. Aveva avuto l’ennesimo orgasmo soltanto strofinando la sua fica sul mio corpo sudato. Era incredibile! E malgrado lei stesse godendo, continuava a tenermi immobilizzato. Per alcuni secondi respirò profondamente, forse per riprendersi dal piacere provato dopodiché, sempre con la sua mano libera, mi afferrò il mento.
“Non rendere tutto più difficile, Mike. Se tu non mi chiedi scusa, stavolta il braccio te lo rompo. Così ti renderai conto definitivamente che sono troppo forte per te.”
“Vai al diavolo!” le risposi comunque ma, per tutta risposta, mi arrivarono altri due schiaffi.
Non soddisfatta, Karen aumentò la torsione. “Oltre ad essere uno stronzo, sei pure un idiota. Una persona più sveglia di te avrebbe capito da un bel pezzo che la tua situazione è irreversibile. Non ti lascerò fino a che non sentirò le tue scuse.” Aveva parlato con calma. Sapeva che la sua superiorità era talmente evidente che non c’era nemmeno bisogno di forzare troppo la situazione. Non mi era bastato coglierla di sorpresa. Non ce la facevo più. Scoppiai a piangere come un bambino. L’umiliazione era troppo grossa, ma il dolore lo era ancora di più. Non potevo fare altrimenti.
“Va bene, va bene, non dovevo dirti che sei una stronza”, la implorai tra le lacrime.
“Voglio le scuse altrimenti non ti lascio.”
“Ok, scusa, Karen.” Ormai il mio orgoglio si era eclissato. Mia moglie lo avevo demolito, estirpato definitivamente dal mio essere uomo. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di far terminare quella tortura. Karen si alzò finalmente da sopra la mia pancia, come mi aveva promesso e, a fatica, lo feci anche io. Mi vergognavo come un ladro, ma lei non aveva ancora terminato.
“Le scuse si fanno in ginocchio.”
La guardai esterrefatto. “No, non puoi obbligarmi a fare una cosa del genere.”
Lei fece l’ennesimo sorriso ironico. “Allora la lezione non ti è servita a niente. Hai bisogno di comprendere che ormai sono io a comandare.”
Indietreggiai impaurito mettendo le mie mani a difesa del volto. Tutto inutile perché Karen fece partire un calcio magistrale che si stampò sulla mia pancia, facendomi piegare in due, e poi arrivarono altri due schiaffi ancora più forti di quelli precedenti. Caddi a terra intontito e notevolmente impaurito. Se quel calcio me lo avesse dato in faccia mi avrebbe fatto saltare diversi denti.
Alzai le braccia in segno di resa. “Ferma, ferma, ti prego.”
Lei invece avanzò ancora verso di me, mi prese per un braccio per poi tirarmi su. Mi afferrò quindi per il mento. “Quando ti do un ordine non voglio sentire obiezioni. La tua unica risposta deve essere "Sì, Karen". Sono stata chiara?”
“Si, Karen”, biascicai. Avevo paura. Una paura fottuta di mia moglie che intanto sorrideva tronfia. Doveva sentirsi come una dea scesa in terra. Suo marito stava tremando come una femminuccia di fronte a lei.
“Bene. Vedo che con le buone maniere si ottiene tutto. Adesso spogliati del tutto e poi mettiti in ginocchio. Ancora devo ricevere le tue scuse nel modo che pretendo.”
La guardai allibito. “Perché?” Mi era uscito spontaneo, e solo dopo una frazione di secondo capii che avevo fatto una cazzata. Il suo sorriso ironico era scomparso e stava per schiaffeggiarmi nuovamente, ma quella volta riuscii ad evitare quell’ulteriore violenza ai miei danni. “No, no, lo faccio.”
Si fermò, soddisfatta della mia accondiscendenza. Mi afferrò comunque per la nuca spingendomi in basso. “Forza Mike. Sono in attesa delle tue scuse. E cerca di essere convincente.”
Deglutii nervosamente mentre, con il cuore che mi batteva in modo del tutto anomalo, mi inginocchiai di fronte a mia moglie. “Scusa, Karen, Non avrei dovuto dirti che sei una stronza.”
“Lo farai più?”
“No, Karen, te lo giuro.”
“Ne sono certa. E invece tu cosa sei?”
“Io…Io non capisco.”
“Tu sei uno stronzo, Mike. Io te lo posso dire, non credi? Sono la più forte e ne ho il diritto.” A
ltre lacrime scesero sulle mie guance. Stava continuando a umiliarmi, e aumentava sempre di più la dose. Per una frazione di secondo, pensai che non dovevo dargliela vinta ma, quando sentii che mi afferrava per i capelli e che stava preparando l’ennesimo schiaffo, capii che dovevo fare ciò che mi ordinava se volevo evitare altri guai. Poi avrei pensato a cosa fare in seguito.
“Sì, Karen. Tu lo puoi dire”, ammisi.
“Quindi, cosa sei?”
“Sono uno stronzo.” Era la mia sconfitta definitiva. Stavo per alzarmi quando sentii la sua mano fare pressione sulla mia testa.
“Non ti ho detto che puoi rialzarti.”
Non replicai. Alzai gli occhi e vidi che si stava sfilando le sue minuscole mutandine. Non disse nulla. Prendendomi per la nuca spinse la mia faccia sul suo sesso. Sapeva che era una pratica sessuale che non avevo mai trovato particolarmente eccitante, e non gliel’avevo mai voluta leccare. Ma quella volta non potevo far valere i miei diritti. Avevo paura persino a tergiversar,e e affondai la lingua sul suo clitoride. Era completamente fradicia. I suoi umori scendevano in quantità enorme, a dimostrazione dell'enorme piacere che lei provava nel picchiarmi e nel sentirsi superiore. La sentivo sospirare e mugolare di piacere e, per qualche strano motivo, sentivo anche io qualcosa di piacevole perché mi ritrovai col cazzo eretto. Mi diedi da fare per soddisfare mia moglie e dovetti esserci riuscito anche in tempi piuttosto brevi perché, dopo nemmeno un paio di minuti, lei esplose in un orgasmo che mi sporcò completamente il viso. Mi osservò e si mise a ridere di gusto.
“Sei delizioso. Tenero come un agnellino.”
Abbassai la testa. Mi trovavo in grosse difficoltà psicologiche. Ero in balia di mia moglie ed era una sensazione strana. “ Posso… Posso alzarmi, adesso?”
“Adesso puoi alzarti.”
Lo feci e l’erezione che prima in ginocchio era quasi nascosta venne fuori del tutto dinanzi ai suoi occhi.
“Tesoro, ogni volta che ti picchio ti ritrovo col cazzo dritto. Non è per caso che ti piace?”
“E’ che… Insomma, ti ho appena leccato la fica. E’ normale.”
“Se ti piace tanto, dovresti spiegarmi perché non me l’avevi mai voluto fare. Comunque, le cose cambieranno. Sono sicura che lo farai molto spesso, non è così ciccio?”
Ancora quel vezzeggiativo del cazzo che odiavo letteralmente. Ma mi guardai bene dal farglielo notare.
“Sì, Karen”, risposi. Ogni altra risposta sarebbe stata pericolosa per me. Lei fece un sorriso aperto, spontaneo e mi diede due piccoli schiaffetti sulla guancia sinistra.
“Bravo, ciccio. Così mi piaci: docile e obbediente.”
“Io… Vado in bagno a lavarmi.”
Mi afferrò per un braccio. “Tu non vai da nessuna parte senza il mio permesso. Non è così, ciccio?”
Abbassai la testa. Mi stava umiliando per l’ennesima volta, ma non potevo fare nulla. “Si, Karen, è così”, risposi con le lacrime che scendevano sempre di più sulle mie guance. Mi sentivo uno zero assoluto, un uomo da niente, ridicolizzato dalla propria moglie.
“Molto bene. Vedo che cominci a comprendere. Per quanto ti riguarda, tu rimani così, nudo e sporco dei miei umori che ti faranno compagnia tutta la notte. Così imparerai a conoscere bene i miei odori.” Mi trascinò in direzione della cucina e mi scaraventò dentr.o “Stasera dormirai qui. Se riuscirai a dormire. E sarai chiuso a chiave. Inutile sottolineare che non voglio sentire lamentele. Chiaro, Mike?”
“Si, Karen”, risposi senza più dignità. Ero definitivamente vinto.
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