La schiava e il cameriere (parte 2)

di
genere
sadomaso

La prima settimana di vacanza in quella città del nord Europa era quasi finita.
Inizialmente pensavano di fare la seconda settimana in altro luogo, ma alla fine avevano deciso di restare nello stesso posto, utilizzando l’auto a noleggio per spostarsi nei dintorni.
Le giornate cominciavano ad essere calde anche lì, forse colpa del temuto cambiamento climatico.
“Fa caldo, tesoro, metti un vestito più corto”.
Simona aveva indossato una gonna che lasciava coperte le ginocchia.
Fausto era attrato dal piacere di esibire la bellezza femminile. Gli piacevano gli sguardi degli altri uomini che osservavano con desiderio quella donna al suo fianco, più giovane di lui di 15 anni.
Le si avvicinò e la abbracciò da dietro, ponendo le mani sui seni. Le baciò il collo e, attraverso il tessuto, cercò i capezzoli coi quali iniziò a giocare, stringendoli appena. Nel momento in cui il dolore procurato ottenne l’effetto delle prime lamentele, la lingua, dal collo femminile passò alla bocca per cercare l’altra lingua.
Simona spinse indietro il bacino trovando ciò che si aspettava, cioè quel cazzo già indurito nonostante la prima mattina.
Ad entrambi, avendo a disposizione il tempo che la vacanza sa donare, piaceva prolungare i giochi erotici, così da lasciare nel corpo quel soffuso e leggero piacere dell’eccitazione latente.
Quel venerdì mattina l’erotismo tra loro era iniziato con l’esposizione del corpo nudo e incatenato al cameriere che, ogni probabilità, avrà avuto il cazzo duro per tutto il tempo e anche successivamente.
Fausto, pur assente, riusciva a trarre piacere dall’esibizione anche se non vi assisteva. Per tutta la colazione, da solo, a quel tavolo con vista sul mare, era pervaso dal sottile piacere che circolava nel corpo assieme al sangue, la cui velocità era aumentata al pensiero di quanto accadeva, tutto procurato dalla sua regia occulta.
Il Padrone spinse la schiava col petto sul lungo tavolo della camera e la tenne ferma ponendole la mano sul collo.
Alzò il vestito che a suo parere era troppo lungo e scoprì il culo che tanto lo faceva impazzire.
“Con queste avrai caldo”.
Cazzo quanto lo faceva impazzire saperla nuda nelle parti intime.
Premendo ulteriormente la mano sul collo, le abbassò le mutandine fino a che la donna alzò prima una gamba e poi l’altra per farsele togliere, ubbidiente.
Tenendola ancora schiacciata sul tavolo, le infilò il dito medio nella figa trovandola umida.
Non sapeva se l’eccitazione era dovuta per la sua azione attuale o se ancora era rimasta così per essere stata esposta al cameriere.
Sapeva che in lei vi era una certa vena di esibizionismo.
Il cazzo, già sollecitato, ebbe ulteriore indurimento dalla presa di possesso. Fausto si abbassò la sola cerniera e, aperti i pantaloni, la penetrò trovando una figa ben disposta ad accoglierlo.
Lasciò la presa al collo per trasferirla alle natiche che strinse nelle mani, sia per sentire la carne sia per avere presa e tenerla ferma mentre la penetrava.
Si mosse piano, lentamente, arrivando ad appoggiarsi col peso per entrarle dentro il più possibile.
Col busto si stese sulla sua schiena per schiacciarla sul tavolo.
Le strinse i capelli e le infilò le dita in bocca.
Poi uscì, senza voler godere, per il piacere di restare con l’eccitazione che girava nel corpo, pronta a riemergere per un nonnulla, per una tocco al culo, alla coscia o un bacio rubato prima di entrare in edicola mentre le teneva la testa, in pubblico, ferma per i capelli.
“Stai ferma”.
Si allontanò il tempo di prendere un plug. Glielo mise in bocca per farglielo lubrificare e, anche, per anticiparle ciò che avrebbe fatto.
Le infilò l’oggetto nel culo.
“Ora mettiti il vestito che lascia scoperte le cosce e usciamo”.
Prima di allontanarsi, le diede uno schiaffo sulla natica destra, abbastanza forte da lasciare il segno delle dita e provocare in lei un lamento ed un sorriso, in quanto cosa che accadeva solitamente.
Il vestito corto, bianco, lasciava vedere le lunghe gambe e consentiva di immaginare il culo. Solo loro sapevano del segno rosso e del plug dentro, intima complicità che fece circolare ulteriormente il sangue, quel tanto che fosse utile per fargli provare il desiderio, prima di uscire, di prenderla per i capelli mentre si avviava alla porta, farla voltare, leccarle le labbra e, facendo pressione sui capelli tirati verso il basso, farla inginocchiare.
Non servirono ordini per farle sbottonare i pantaloni e prendere in bocca il cazzo poco prima di uscire.
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2025-07-01
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