La palestra
di
Petulka
genere
orge
Petra entrò nella palestra con un passo deciso, il suo corpo sinuoso fasciato in un leggings nero aderente e un reggiseno sportivo che non riusciva a contenere la pienezza dei suoi seni. I capelli erano raccolti in una coda di cavallo disordinata, e una bottiglia d’acqua penzolava dalla sua borsa da palestra, appesa a una spalla. L’ambiente era grezzo: luci al neon che ronzavano appese al soffitto, odore di sudore misto a disinfettante, e lo scricchiolare delle piastre di ferro che si muovevano tra le mani degli uomini che sollevavano pesi con grugniti gutturali. Le specchiere lungo le pareti riflettevano ogni movimento, ogni muscolo teso, ogni sguardo furtivo che i frequentatori le lanciavano mentre si avvicinava al tapis roulant.
Iniziò a correre, il ritmo dei suoi piedi che battevano a terra come un metronomo di energia. Le cosce toniche si contraevano, i glutei sussultavano a ogni passo, e il respiro accelerava. Dopo la corsa, si spostò verso le panche: panca piana, manubri, piegamenti. Ogni esercizio era un pretesto per esibire il proprio corpo, per sentire gli sguardi degli uomini addosso, le loro battute sussurrate. “Guarda che culo, cazzo” disse uno, mentre un altro aggiunse: “Quella è una pornostar, non una che fa palestra”. Petra, consapevole dell’attenzione, sorrideva tra sé, ignara che la sua routine stava per trasformarsi in un incubo erotico.
Dopo un po di tempo i commenti si tramutarono inevitabilmente in azioni..
Il primo, un bodybuilder con addominali scolpiti come marmo, le allargò le gambe con forza e la penetrò con un cazzo spesso e lungo, pompando dentro la sua fica bagnata e dilatata, mentre le mani le stringevano le cosce fino a lasciare lividi. Il secondo, con un piercing al glande che le graffiava l’interno delle natiche, le entrò nel culo con un ritmo implacabile, il suo sperma denso che le colava lungo le gambe a ogni spinta. Un terzo uomo, con braccia come tronchi e una barba ispida, le schiacciò la faccia contro il suo cazzo, costringendola a succhiare con colpi violenti che le facevano uscire saliva e sperma dagli angoli della bocca. Il quarto, inginocchiato dietro di lei, le strizzava i seni con mani callose, schizzando seme bollente sui suoi capezzoli turgidi mentre un altro, con un cazzo a forma di martello, le martellava il clitoride fino a farle perdere il controllo.
Petra, ormai un groviglio di gemiti e fluidi, aveva il corpo scosso da orgasmi ininterrotti: la fica pulsava, riversando fiotti di squirt trasparente e puzzolente di urina, mentre il culo si contraeva in spasmi che facevano schizzare sperma fino al soffitto. La bocca, piena fino all’orlo, non riusciva a trattenere il seme che le colava lungo il mento e si mescolava al sudore della panca. Gli uomini ridevano, la insultavano, la prendevano in ogni orifizio, il loro sperma che si solidificava in strati vischiosi sulla sua pelle. Petra, con gli occhi rovesciati e la voce rauca, non era più una donna: era un oggetto di piacere, una fontana di depravazione che sgorgava orgasmi e piscio mentre la palestra si riempiva del puzzo di sesso, sudore e sperma putrido. Alla fine, il suo corpo, inzuppato di seme e urina, era un capolavoro osceno, riverso tra manubri e tapis roulant, il viso coperto da un velo di sperma che brillava sotto le luci al neon.
Le luci al neon, intermittenti e crepitanti, illuminavano il caos: il suo corpo, una mappa di depravazione, era martoriato da uomini muscolosi con corpi deformati da steroidi e occhi vuoti da predatori. Ogni volta che sembrava che i suoi aguzzini si ritirassero, un nuovo gruppo di "clienti" entrava, come se il luogo fosse un tempio segreto per il consumo di carne femminile.
La scena si intensificò quando un gruppo di studenti universitari, appena maggiorenni, entrò per sbaglio. Erano ragazzi tra i 18 e i 20 anni, con zaini, felpe oversize e cellulari in mano, in visita guidata per un progetto di educazione fisica. La guida, un vecchio allenatore calvo con un gilet strappato, rise e disse: “Ecco, ragazzi, questa è la fine di una troia che non sapeva dire no”. Gli studenti, inizialmente imbarazzati, fissarono Petra come se stessero guardando un video virale in diretta. Una ragazza, con occhiali spessi e un’espressione nauseata, sussurrò: “Ma è ancora viva?”. Il suo compagno, con un piercing al labbro e un sorriso crudele, rispose: “Eh sì, e sta godendo. Guarda come si contorce”.
Petra, intanto, era un groviglio di spasmi. Un bodybuilder con tatuaggi tribali e un cazzo a forma di pene di drago le martellava la fica con una forza che faceva scricchiolare la panca, mentre un altro, con un fisico da culturista e un piercing al prepuzio, le pompava sperma caldo nel culo, le dita che affondavano nei suoi fianchi come uncini. Un terzo, un uomo con un fisico da gladiatore e un membro ricoperto di vene sporgenti, le teneva la testa ferma con una mano mentre le sborrava in gola, il precum che le colava dagli angoli della bocca. Un quarto, con un fisico da sollevatore di pesi, le schiacciava i seni con mani sporche di lubrificante, pompando sperma denso come colla sui suoi capezzoli, che si indurivano nonostante il dolore.
Gli studenti, inizialmente paralizzati, iniziarono a reagire. Un ragazzo, con l’acne e un’espressione da idiota, si avvicinò, il cazzo già duro nei jeans. “Posso provarla anch’io?” chiese all’allenatore, che rise e rispose: “Sei appena maggiorenne, figliolo. Ma puoi iniziare da qui”. La ragazza con gli occhiali, invece, vomitò in un angolo, ma non riuscì a smettere di fissare Petra, come attratta da una forza oscura. Un altro studente, con un berretto al contrario e un sorriso beffardo, iniziò a filmare con il cellulare, urlando: “Guardate che pornostar, ragazzi!”.
La palestra si trasformò in un circo dell’osceno. Petra, legata a una corda per trazioni che oscillava come un pendolo, fu scopata da quattro uomini contemporaneamente: uno le pompava il cazzo nella fica, un altro nel culo, un terzo le schizzava sperma in bocca, e un quarto, usando una palla medica come oggetto di tortura, gliela infilò tra le cosce, spingendola dentro la sua vagina dilatata. “Succhia, troia!” gridò un ragazzo della classe, lanciandole una bottiglia d’acqua vuota per costringerla a leccarla. Petra, con il viso coperto di sperma e sudore, obbedì, la lingua che tremava mentre i suoi orgasmi diventavano allucinanti: lo squirt esplodeva a fiotti, mescolandosi alla piscia che le colava incontrollabile dalle cosce, inondando il pavimento di gomma.
Gli uomini ridevano, gli studenti gridavano, e Petra gemeva. Un culturista con un fisico da orco e un cazzo ricoperto di cicatrici le strappò il reggiseno sportivo (se l’avesse indossato) e iniziò a sbatterla contro uno specchio, il suo sperma che schizzava sul vetro, lasciando impronte di depravazione. Un altro, usando un bilanciere come supporto, le infilò due manubri tra le natiche, costringendola a tenerli stretti mentre veniva scopata da un gruppo di uomini che urlavano: “Guarda come si allarga, questa fica è un buco nero!”.
I ragazzi, ormai parte integrante dello spettacolo, si fecero coraggio. Uno, con un’aria da secchione e occhiali da nerd, si avvicinò e iniziò a toccarla, dapprima esitante, poi con crescente eccitazione. Un altro, con una felpa di marca e un fisico da palestrato occasionale, si slacciò i pantaloni e le infilò il cazzo nella bocca, costringendola a succhiare con colpi che le facevano uscire saliva e sperma dagli angoli. La ragazza con gli occhiali, spinta da un compagno, leccò uno schizzo di sperma dal petto di Petra, la lingua che tremava mentre il seme le colava in gola.
La palestra divenne un inferno sensoriale. Gli odori di sperma, sudore e urina si mescolavano al profumo dolciastro dei pancake proteici sparsi in giro. Petra, con le labbra gonfie e screpolate, succhiava un cazzo dopo l’altro, il precum che le bruciava gli occhi mentre i suoi seni, ormai ridotti a sacchi di carne, venivano schiacciati tra pettorali tatuati. Un uomo, con un fisico da lottatore e un piercing al glande, le strappò un capezzolo con i denti, ingoiandolo come un trofeo.
Alla fine, Petra non era più umana. Il suo corpo, riverso sul tapis roulant acceso, si muoveva meccanicamente, pompato da sperma e urine. Gli uomini, esausti ma soddisfatti, si allontanarono, lasciando il locale pieno di fluidi e urla. I ragazzi, ormai contaminati, uscirono in silenzio, i cellulari pieni di video che avrebbero condiviso in segreto. La palestra, ormai un tempio della depravazione, custodì Petra come un’icona: una fontana di orgasmi perenne, un corpo che non smetteva mai di sgorgare, mentre le luci al neon continuavano a lampeggiare come un ritmo cardiaco morente.
Nella sua mente, però, Petra rideva. Ogni colpo, ogni sperma, ogni schizzo era un’estasi che la liberava. Non sentiva più dolore: solo il piacere osceno di essere un oggetto, un altare per il desiderio umano. Il suo corpo, una mappa di depravazione, era il prezzo da pagare per un paradiso senza regole. La palestra, un limbo erotico, l’avrebbe custodita per sempre, mentre gli studenti, ormai uomini, avrebbero cercato inutilmente di scordare la pornostar che aveva urlato orgasmi mentre loro imparavano a essere adulti.
Iniziò a correre, il ritmo dei suoi piedi che battevano a terra come un metronomo di energia. Le cosce toniche si contraevano, i glutei sussultavano a ogni passo, e il respiro accelerava. Dopo la corsa, si spostò verso le panche: panca piana, manubri, piegamenti. Ogni esercizio era un pretesto per esibire il proprio corpo, per sentire gli sguardi degli uomini addosso, le loro battute sussurrate. “Guarda che culo, cazzo” disse uno, mentre un altro aggiunse: “Quella è una pornostar, non una che fa palestra”. Petra, consapevole dell’attenzione, sorrideva tra sé, ignara che la sua routine stava per trasformarsi in un incubo erotico.
Dopo un po di tempo i commenti si tramutarono inevitabilmente in azioni..
Il primo, un bodybuilder con addominali scolpiti come marmo, le allargò le gambe con forza e la penetrò con un cazzo spesso e lungo, pompando dentro la sua fica bagnata e dilatata, mentre le mani le stringevano le cosce fino a lasciare lividi. Il secondo, con un piercing al glande che le graffiava l’interno delle natiche, le entrò nel culo con un ritmo implacabile, il suo sperma denso che le colava lungo le gambe a ogni spinta. Un terzo uomo, con braccia come tronchi e una barba ispida, le schiacciò la faccia contro il suo cazzo, costringendola a succhiare con colpi violenti che le facevano uscire saliva e sperma dagli angoli della bocca. Il quarto, inginocchiato dietro di lei, le strizzava i seni con mani callose, schizzando seme bollente sui suoi capezzoli turgidi mentre un altro, con un cazzo a forma di martello, le martellava il clitoride fino a farle perdere il controllo.
Petra, ormai un groviglio di gemiti e fluidi, aveva il corpo scosso da orgasmi ininterrotti: la fica pulsava, riversando fiotti di squirt trasparente e puzzolente di urina, mentre il culo si contraeva in spasmi che facevano schizzare sperma fino al soffitto. La bocca, piena fino all’orlo, non riusciva a trattenere il seme che le colava lungo il mento e si mescolava al sudore della panca. Gli uomini ridevano, la insultavano, la prendevano in ogni orifizio, il loro sperma che si solidificava in strati vischiosi sulla sua pelle. Petra, con gli occhi rovesciati e la voce rauca, non era più una donna: era un oggetto di piacere, una fontana di depravazione che sgorgava orgasmi e piscio mentre la palestra si riempiva del puzzo di sesso, sudore e sperma putrido. Alla fine, il suo corpo, inzuppato di seme e urina, era un capolavoro osceno, riverso tra manubri e tapis roulant, il viso coperto da un velo di sperma che brillava sotto le luci al neon.
Le luci al neon, intermittenti e crepitanti, illuminavano il caos: il suo corpo, una mappa di depravazione, era martoriato da uomini muscolosi con corpi deformati da steroidi e occhi vuoti da predatori. Ogni volta che sembrava che i suoi aguzzini si ritirassero, un nuovo gruppo di "clienti" entrava, come se il luogo fosse un tempio segreto per il consumo di carne femminile.
La scena si intensificò quando un gruppo di studenti universitari, appena maggiorenni, entrò per sbaglio. Erano ragazzi tra i 18 e i 20 anni, con zaini, felpe oversize e cellulari in mano, in visita guidata per un progetto di educazione fisica. La guida, un vecchio allenatore calvo con un gilet strappato, rise e disse: “Ecco, ragazzi, questa è la fine di una troia che non sapeva dire no”. Gli studenti, inizialmente imbarazzati, fissarono Petra come se stessero guardando un video virale in diretta. Una ragazza, con occhiali spessi e un’espressione nauseata, sussurrò: “Ma è ancora viva?”. Il suo compagno, con un piercing al labbro e un sorriso crudele, rispose: “Eh sì, e sta godendo. Guarda come si contorce”.
Petra, intanto, era un groviglio di spasmi. Un bodybuilder con tatuaggi tribali e un cazzo a forma di pene di drago le martellava la fica con una forza che faceva scricchiolare la panca, mentre un altro, con un fisico da culturista e un piercing al prepuzio, le pompava sperma caldo nel culo, le dita che affondavano nei suoi fianchi come uncini. Un terzo, un uomo con un fisico da gladiatore e un membro ricoperto di vene sporgenti, le teneva la testa ferma con una mano mentre le sborrava in gola, il precum che le colava dagli angoli della bocca. Un quarto, con un fisico da sollevatore di pesi, le schiacciava i seni con mani sporche di lubrificante, pompando sperma denso come colla sui suoi capezzoli, che si indurivano nonostante il dolore.
Gli studenti, inizialmente paralizzati, iniziarono a reagire. Un ragazzo, con l’acne e un’espressione da idiota, si avvicinò, il cazzo già duro nei jeans. “Posso provarla anch’io?” chiese all’allenatore, che rise e rispose: “Sei appena maggiorenne, figliolo. Ma puoi iniziare da qui”. La ragazza con gli occhiali, invece, vomitò in un angolo, ma non riuscì a smettere di fissare Petra, come attratta da una forza oscura. Un altro studente, con un berretto al contrario e un sorriso beffardo, iniziò a filmare con il cellulare, urlando: “Guardate che pornostar, ragazzi!”.
La palestra si trasformò in un circo dell’osceno. Petra, legata a una corda per trazioni che oscillava come un pendolo, fu scopata da quattro uomini contemporaneamente: uno le pompava il cazzo nella fica, un altro nel culo, un terzo le schizzava sperma in bocca, e un quarto, usando una palla medica come oggetto di tortura, gliela infilò tra le cosce, spingendola dentro la sua vagina dilatata. “Succhia, troia!” gridò un ragazzo della classe, lanciandole una bottiglia d’acqua vuota per costringerla a leccarla. Petra, con il viso coperto di sperma e sudore, obbedì, la lingua che tremava mentre i suoi orgasmi diventavano allucinanti: lo squirt esplodeva a fiotti, mescolandosi alla piscia che le colava incontrollabile dalle cosce, inondando il pavimento di gomma.
Gli uomini ridevano, gli studenti gridavano, e Petra gemeva. Un culturista con un fisico da orco e un cazzo ricoperto di cicatrici le strappò il reggiseno sportivo (se l’avesse indossato) e iniziò a sbatterla contro uno specchio, il suo sperma che schizzava sul vetro, lasciando impronte di depravazione. Un altro, usando un bilanciere come supporto, le infilò due manubri tra le natiche, costringendola a tenerli stretti mentre veniva scopata da un gruppo di uomini che urlavano: “Guarda come si allarga, questa fica è un buco nero!”.
I ragazzi, ormai parte integrante dello spettacolo, si fecero coraggio. Uno, con un’aria da secchione e occhiali da nerd, si avvicinò e iniziò a toccarla, dapprima esitante, poi con crescente eccitazione. Un altro, con una felpa di marca e un fisico da palestrato occasionale, si slacciò i pantaloni e le infilò il cazzo nella bocca, costringendola a succhiare con colpi che le facevano uscire saliva e sperma dagli angoli. La ragazza con gli occhiali, spinta da un compagno, leccò uno schizzo di sperma dal petto di Petra, la lingua che tremava mentre il seme le colava in gola.
La palestra divenne un inferno sensoriale. Gli odori di sperma, sudore e urina si mescolavano al profumo dolciastro dei pancake proteici sparsi in giro. Petra, con le labbra gonfie e screpolate, succhiava un cazzo dopo l’altro, il precum che le bruciava gli occhi mentre i suoi seni, ormai ridotti a sacchi di carne, venivano schiacciati tra pettorali tatuati. Un uomo, con un fisico da lottatore e un piercing al glande, le strappò un capezzolo con i denti, ingoiandolo come un trofeo.
Alla fine, Petra non era più umana. Il suo corpo, riverso sul tapis roulant acceso, si muoveva meccanicamente, pompato da sperma e urine. Gli uomini, esausti ma soddisfatti, si allontanarono, lasciando il locale pieno di fluidi e urla. I ragazzi, ormai contaminati, uscirono in silenzio, i cellulari pieni di video che avrebbero condiviso in segreto. La palestra, ormai un tempio della depravazione, custodì Petra come un’icona: una fontana di orgasmi perenne, un corpo che non smetteva mai di sgorgare, mentre le luci al neon continuavano a lampeggiare come un ritmo cardiaco morente.
Nella sua mente, però, Petra rideva. Ogni colpo, ogni sperma, ogni schizzo era un’estasi che la liberava. Non sentiva più dolore: solo il piacere osceno di essere un oggetto, un altare per il desiderio umano. Il suo corpo, una mappa di depravazione, era il prezzo da pagare per un paradiso senza regole. La palestra, un limbo erotico, l’avrebbe custodita per sempre, mentre gli studenti, ormai uomini, avrebbero cercato inutilmente di scordare la pornostar che aveva urlato orgasmi mentre loro imparavano a essere adulti.
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