Schiavo per amore. Diciassettesimo episodio
di
Davide Sebastiani
genere
dominazione
Alberto era incredibilmente ancora nella stessa posizione in cui lo avevamo lasciato. Non essendo legato, era probabile che si fosse mosso, ma che poi si fosse rimesso nel modo in cui Diana lo aveva lasciato, per paura di qualche punizione da parte della moglie che, da parte sua, osservò soddisfatta il poveretto
“Bene! Vedo che mi hai obbedito. Io vado a cambiarmi e a mettermi qualcosa di più consono per il prosieguo della serata. Quanto a te, Paolo, spogliati e mettiti nella stessa posizione di Alberto accanto a lui. Vedrete che non ci annoieremo.” disse per poi uscire dal salone. Feci quanto mi era stato ordinato e mi posizionai accanto ad Alberto.
“Come va? Ti senti male?” gli chiesi.
“Abbastanza. Mi fa male tutto il corpo e principalmente la schiena.” rispose senza nemmeno girare la testa dalla mia parte.
“Potevi muoverti. Eri da solo in casa. Chi te lo impediva?”
Lui fece un sorriso. “L’ho fatto il minimo indispensabile. La mia padrona mi ha dato un ordine e io devo obbedirle a qualunque costo. Continui a non comprendere, Paolo. Il mio unico desiderio è di fare ciò che lei mi ordina e accettare qualunque cosa lei mi faccia. E sono felice per questo.”
“E cosa c’entra il fatto che lei sia una campionessa di arti marziali?” chiesi un po’ ingenuamente, tanto che lo feci sorridere.
“Ancora non l’hai capito? Il bello è proprio questo. La sua reale superiorità. E’ un milione di volte più eccitante obbedire a una donna sapendo che, se non lo facessi, lei potrebbe ridurmi male. La paura diventa reale. Non è un gioco che posso interrompere come e quando voglio. L’unico modo per interrompere è andarmene. Ma l’ultima cosa che vorrei è perdere la mia padrona.”
Annuii. Tutto sommato, c’era un fondamento logico nella risposta di Alberto. Voleva una padrona, ma la voleva davvero in grado di controllarlo e di farsi obbedire. Capivo la situazione, non ero un bambino, e sapevo che esistevano certi modi di vivere un rapporto. In fondo, io stesso lo stavo vivendo, anche se continuavo a pensare che la mia situazione fosse diversa da quella di Alberto. Lui godeva nel sottomettersi a lei soprattutto considerando la sua bravura e la sua forza, mentre io ero semplicemente schiavo della sensualità di Diana e del mio desiderio nei suoi confronti. Ciononostante, continuavo a ritenere Alberto quasi come un malato.
Dovemmo attendere oltre un quarto d’ora prima che Diana facesse il suo ingresso nel salone e fu un ingresso trionfante ma nello stesso tempo anche inquietante e preoccupante. Preoccupante per noi.
Diana aveva infatti indossato una tuta di lattice aderentissima che faceva risaltare in modo straordinario le sue forme amazzoniche. Era completamente avvolta da quel tessuto lucido, che copriva persino le mani, una delle quali reggeva un barattolo di una sostanza a me sconosciuta al momento. Ai piedi, gli stivali col tacco chilometrico che aveva già indossato ma, soprattutto, ed era quella la cosa inquietante e preoccupante, un fallo di gomma all’altezza del bacino. Non enorme, e ipotizzai che fosse intorno ai 12 centimetri, ma non per questo meno preoccupante. Io e Alberto ci guardammo sgranando gli occhi. Oh, mio Dio! Quello doveva essere un incubo e da lì a poco mi sarei risvegliato nel mio letto senza traumi. Ma, quando Diana venne proprio di fronte a me, mi afferrò per un orecchio trascinandomi al centro del salone e facendomi urlare dal dolore, compresi che quella era la realtà
“No, per favore no. No, no, no.” ripetei in preda a un’angoscia sempre più crescente
“E’ inutile che ti ribelli. Qualunque cosa io voglia farti, tu la farai. Con le buone o con le cattive. Adesso fammi vedere come lo prendi in bocca, Paolo. Obbedisci e te la caverai senza danni.”
Non potevo crederci. Perché mi faceva questo? Cosa dovevo fare? Sempre quella solita domanda che mi facevo ogni qualvolta si riproponeva una situazione troppo umiliante per me. Ribellarmi in quel momento sarebbe stato inutile. Le avrei prese di brutto e comunque mi avrebbe costretto a farlo ugualmente. Mi avvicinai a lei. Le lacrime di umiliazione scendevano copiose sulle mie guance, mentre con la mia bocca cercavo quel fallo di gomma. Dovetti alzare completamente il busto perché a causa della sua altezza e dei suoi tacchi, non ci arrivavo. Il sapore era amarognolo, come quando ci si mette in bocca un palloncino per gonfiarlo, ma tuttavia sopportabile. Quello che fu meno sopportabile fu quando Diana mi afferrò per la nuca per farmelo entrare quasi tutto. Mi allontanai in preda ai conati di vomito ma ottenni soltanto che la mia bella torturatrice si chinò e mi diede uno dei suoi violenti ceffoni che mi mandarono col busto a terra di lato.
“Sto per incazzarmi, Paolo. Ti ho ordinato di farmi un pompino. Obbedisci immediatamente” Mi riavvicinai, con le lacrime sempre più copiose, e mi rimisi in bocca quella cosa sgradevole. Malgrado tutta la mia buona volontà, non riuscivo a farlo entrare tutto, ma cercai di muovermi simulando un classico pompino. Nel mentre, guardavo Diana, la sua soddisfazione sadica nell’impormi quell’azione e compresi che, almeno in quel momento, era meglio fare tutto ciò che voleva per avere meno danni possibili. Rimasi con la bocca ancorata a quel fallo di gomma per diversi minuti fino a quando Diana, evidentemente soddisfatta, me lo tolse di bocca. Ancora conati di vomito ma finalmente quel coso infernale era lontano dalla mia bocca. Diana mi lascio’ infatti al centro del salone e fece dietro front per andare verso il marito, lasciandomi la visione spettacolare del suo culo avvolto nel lattice. Senza troppi complimenti, alzò di peso Alberto spingendolo verso il tavolo. Gli si avvicinò lentamente, afferrandolo poi per il mento e avvicinando la sua bocca all’orecchio dell'uomo.
“Adesso ti inculo, maritino caro. Così la prossima volta che guardi certi filmati, puoi apprezzare meglio il contenuto perché conosci esattamente le sensazioni che provano quegli omuncoli.”
Alberto non proferì una sola sillaba, ma notai che la sua erezione era tornata ad essere sostenuta. Evidentemente, vedere sua moglie così dominante, era altamente eccitante per lui. Diana intanto, gli indicò il barattolo che aveva portato con sè e gli fece un cenno. Non mi ci volle molto a comprendere che doveva trattarsi di vaselina o comunque di un lubrificante, in quanto Alberto lo aprì e iniziò a lubrificarsi l’ano, avendo compreso ciò che sua moglie voleva da lui. E dopo avvenne quello che mai avrei sognato di poter vedere dal vivo. Diana fece voltare suo marito, gli fece allargare le gambe e quindi iniziò a penetrarlo, dapprima con una certa difficoltà, ma poi sempre con più forza, incurante delle urla di dolore del poveretto e delle sue lacrime. Ero ammaliato da quella visione. Era potenza, potere, tutto allo stato puro, e mi accorsi che anch’io stavo avendo un’erezione incontrollata. Perché? Non riuscivo a comprenderlo appieno, ma di sicuro ero ipnotizzato da quella scena, e l’erezione divenne addirittura al massimo livello quando Diana, evidentemente su di giri, iniziò a parlare mentre continuava a penetrarlo.
“Ti sto inculando, Alberto. Ti piace? No, non rispondere perché non me ne frega un cazzo se ti piace o no. L’importante è che piace a me e tu devi fare tutto quello che voglio io.”
Avrei avuto voglia di toccarmi ma pensai che, se lo avessi fatto, avrei corso il rischio che Diana mi avrebbe potuto picchiare e punire, considerando la sua instabilità emotiva, ma la scena era ai miei occhi fortemente sensuale. Ma cosa ci provavo di sensuale nel vedere una donna che inculava un uomo? Avevano dunque ragione Alberto e Diana quando affermavano che io ero un uomo con istinti sottomessi al di là del mio amore per lei? Non sembrava potesse esserci un’altra spiegazione a quella mia erezione, anche se continuavo a non credere a quella ipotesi e mi dicevo che era Diana a farmi eccitare. Lei e il suo abbigliamento estremamente sensuale di quel momento. Lei che intanto proseguiva la deflorazione di Alberto che, malgrado continuasse a piangere, sia pur sommessamente, manteneva il suo pene eretto. Diana sembrava godere quasi come se quel pene di gomma stesse penetrando lei. Muoveva il bacino e teneva con la sua mano sinistra la testa del marito piegata in avanti, quasi a contatto con il suo pisello e poi avvenne qualcosa alla quale non ero preparato. Alberto infatti eiaculò prepotentemente e il suo volto fu ricoperto del suo stesso sperma. Con quell’arnese infernale, Diana doveva aver toccato la prostata di suo marito portandolo alla conseguente e inevitabile eiaculazione. Come se si fosse trattato di un massaggio prostatico. Un massaggio particolarmente violento, considerando con quanta potenza era stato effettuato, ma il risultato era stato comunque una potente eiaculazione. E, per un uomo che aveva grossi problemi sessuali, era davvero incredibile. Avevo letto che un uomo potesse eiaculare se preso da dietro, ma vederlo dal vivo era davvero incredibile.
Diana intanto tolse il dildo dal culo di suo marito, lo voltò per averlo al suo cospetto e tremai per lui. Non aveva chiesto il permesso di eiaculare e l’altra volta Diana era stata particolarmente feroce nei suoi confronti per una mancanza simile. E, l’ultima cosa che io e lui avremmo dovuto fare, era farla arrabbiare. Sembrava fosse annebbiata dal potere, e una con le sue potenzialità era davvero pericolosa se le fosse mancata la lucidità. Tuttavia, Diana sembrò non averci fatto caso. Rise sguaiatamente vedendo suo marito completamente sporco del suo stesso sperma e poi, malgrado il fallo di gomma fosse imbrattato dei suoi residui corporei, spinse la testa di Alberto in giù per farglielo prendere con la bocca. Nessun fiato da parte sua. O ci godeva o era terrorizzato dalle conseguenze di un eventuale rifiuto. Oppure entrambe le opzioni, cosa che, vedendo con quale ardore spompinava quel cazzo finto, mi sembrava la più probabile.
Dopo qualche minuto, anche quell’atto terminò e Diana si tolse finalmente quel fallo. La visione del suo corpo strepitoso senza quell’appendice che non le si addiceva, tornò finalmente a deliziare i miei occhi. Guardai Alberto. Aveva smesso di piangere e guardava sua moglie con occhi adoranti. Cercai di capire, di comprendere quell’alternanza di sensazioni che aveva. Aveva pianto probabilmente per la grossa umiliazione e anche per il dolore, ma i suoi occhi non erano tristi, tutt’altro. Erano gli occhi di una persona che ha finalmente avuto ciò che voleva da tutta una vita: una moglie spietata padrona.
Diana intanto, si sedette su uno dei divani e muovendo il suo dito indice mi fece cenno di avvicinarmi. “Vai a prendermi una sigaretta. Dopo una bella inculata ci vuole proprio” mi ordinò.
“Subito, padrona” risposi con apprensione e, sempre gattonando, visto che non avevo avuto disposizioni che mi permettessero di alzarmi, mi diressi verso il tavolino di vetro dove erano posizionate le sue sigarette. Ne presi una, afferrai anche l’accendino e tornai da Diana accendendogliela. Avevo il cuore in gola. Avrebbe usato anche me come posacenere? No. Toccava ancora al marito. Nello stesso modo in cui aveva chiamato me, chiamò anche Alberto che si avvicinò rapidamente vicino a Diana.
“Apri la bocca e zitto,” gli disse. Alberto obbedì ovviamente all’ordine impartitogli dalla moglie, e assistetti a una nuova, ennesima dimostrazione di potere assoluto da parte di Diana. Stavolta spense la cicca sul palmo di suo marito dopo averci sputato sopra, ma senza fargliela ingoiare. “Vai a gettare la cicca.” aggiunse sorridendo sadicamente.
Alberto immediatamente eseguì quell’ordine e Diana proseguì sempre con quel sorriso stampato sulla bocca, segno evidente che ciò che stava vivendo le piaceva immensamente. “Avrei avuto voglia di farti mangiare anche questa, ma ho letto che le cicche sono cancerogene e io devo prendermi cura del mio schiavo. Non voglio che ti ammali.”
“Grazie, padrona” fu la laconica risposta di Alberto.
“Se proprio devi morire, immagino che preferiresti che ti ammazzassi con le mie mani. Credo che sarebbe una bella morte per uno come te, non credi? Sarebbe veramente il massimo per te morire per mano della tua padrona. Magari con un colpo di karate, oppure con una presa di strangolamento. La giusta morte per un vero schiavo. E tu sei proprio uno schiavo doc.”
Oh, mio Dio! Pregai il Signore che stesse soltanto esagerando, ma non ne ero sicuro. Era in grado di arrivare fino ad uccidere? Non potevo credere a una simile eventualità ma, fino ad alcuni giorni fa, non avrei nemmeno creduto di vivere una simile situazione. Avevo appena visto coi miei occhi un uomo inculato e picchiato, e io stesso stavo ancora in ginocchio con la paura folle di quello che mi sarebbe potuto accadere. Avrei potuto meravigliarmi ancora?
Intanto Diana osservava la scena sempre più soddisfatta. Era tutto finito? No. Diana non era ancora sazia. Con molte probabilità, era sempre stata così dominante e parzialmente sadica. Ci godeva, ad esempio, a infliggermi dolore con le sue mosse e con il suo strapotere fisico, anche se poi si era sempre frenata. Ma adesso quei freni erano scomparsi. Poteva permettersi di comportarsi in quel modo in quanto io e Alberto l’avevamo eletta a padrona assoluta, e si stava lasciando andare finalmente ai suoi istinti. Si aprì infatti la zip nella parte inferiore della tuta di lattice, quella che copriva le sue parti intime, e quindi ordinò al marito di sdraiarsi completamente a terra e infine si mise in piedi sopra di lui, con le gambe divaricate.
“Devo pisciare, schiavo. E tu oltre che il mio portacenere personale sei anche il mio cesso. Obiezioni?”
Alberto scosse la testa. “No, padrona. Lei può fare di me tutto cio che vuole.”
“Non c’era bisogno del tuo consenso, coglione. Voi due fate sempre e comunque quello che voglio io. Con le buone o con le cattive. Vi consiglio con le buone perché, se doveste farmi incazzare, si metterebbe male per voi due. Fareste ugualmente quello che voglio io ma lo fareste con qualche osso sano in meno.”
L’avrebbe fatto davvero? O ci stava solo minacciando, divertendosi a vedere il nostro timore? Di sicuro, non sarei stato io a farla arrabbiare anche perché continuava a prendersela soprattutto con Alberto, mentre con me il suo comportamento era quasi accettabile. Ma intanto, a distogliermi da quei pensieri complicati, incombeva il presente, e il presente era che Diana stava per orinare in faccia al marito. In faccia? Quanto mi sbagliavo!
Sorrise sadicamente “Tesoro, bevila tutta. Più ne bevi e meno botte prendi dopo.” concluse iniziando a orinare, con Alberto che cercava disperatamente di raccoglierne e berne quanta più possibile. Non potevo credere a quello che stavo assistendo. Doveva essersi informata bene. Doveva aver letto in qualche sito, in qualche forum, quali fossero le pratiche che una padrona infligge al suo schiavo, e le stava mettendo in atto. Terminò di pisciare in bocca al marito che con molta volontà era riuscito a ingoiare la maggior parte del suo caldo liquido.
Non contenta, avvicinò la sua vagina alla bocca del marito. “ Puliscila!” gli ordinò.
Dio mio, che potere! Ero affascinato dal suo modo di comportarsi. Affascinato e atterrito. Non era un gioco al termine del quale ognuno avrebbe riacquistato la propria personalità, ma vita vera. La nostra vita! E la nostra vita l’avevamo consegnata nelle mani di una donna bella e crudele. In particolare quella di Alberto. Io avrei sempre potuto andarmene qualora lo avessi voluto, e in quel momento ero fermamente convinto che quella sarebbe stata la mia ultima sera in quella casa. Ma, in quel momento, il patto tra me e Diana era più che mai valido. Fino a che rimanevo in quella casa, sarei stato il suo schiavo.
Diana intanto, senza la minima vergogna, continuava a farsi leccare la vagina sporca di urina fino a che decise di spostarsi. Aveva gli occhi socchiusi e non mi sarei meravigliato se fosse stata in prossimità di un orgasmo che, per motivi a me sconosciuti, decise di non avere. Richiuse la zip della sua aderentissima tuta e si diresse verso di me. Toccava quindi a me? No, ancora una volta il comportamento nei miei confronti fu decisamente diverso. Mi fece rialzare. Il mio pene eretto era ben visibile a causa della mia completa nudità e vidi lo sguardo di Diana posarsi su di esso per poi tornare a guardarmi in faccia. Sorrideva. Sfrontata, sfacciata, arrogante, tracotante, ma non mi importava di niente quando mi afferrò come se fossi un oggetto di sua proprietà e mi baciò con desiderio. Alberto assisteva in silenzio e feci in tempo a guardare alcune lacrime scendergli dal viso poi mi lasciai travolgere da quel bacio meraviglioso.
Si staccò e guardò suo marito. “Vai a lavarti che puzzi di piscio. E poi vieni in camera ad assistere a come ti cornifico.”
Continua...
Per commentare questo racconto, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
“Bene! Vedo che mi hai obbedito. Io vado a cambiarmi e a mettermi qualcosa di più consono per il prosieguo della serata. Quanto a te, Paolo, spogliati e mettiti nella stessa posizione di Alberto accanto a lui. Vedrete che non ci annoieremo.” disse per poi uscire dal salone. Feci quanto mi era stato ordinato e mi posizionai accanto ad Alberto.
“Come va? Ti senti male?” gli chiesi.
“Abbastanza. Mi fa male tutto il corpo e principalmente la schiena.” rispose senza nemmeno girare la testa dalla mia parte.
“Potevi muoverti. Eri da solo in casa. Chi te lo impediva?”
Lui fece un sorriso. “L’ho fatto il minimo indispensabile. La mia padrona mi ha dato un ordine e io devo obbedirle a qualunque costo. Continui a non comprendere, Paolo. Il mio unico desiderio è di fare ciò che lei mi ordina e accettare qualunque cosa lei mi faccia. E sono felice per questo.”
“E cosa c’entra il fatto che lei sia una campionessa di arti marziali?” chiesi un po’ ingenuamente, tanto che lo feci sorridere.
“Ancora non l’hai capito? Il bello è proprio questo. La sua reale superiorità. E’ un milione di volte più eccitante obbedire a una donna sapendo che, se non lo facessi, lei potrebbe ridurmi male. La paura diventa reale. Non è un gioco che posso interrompere come e quando voglio. L’unico modo per interrompere è andarmene. Ma l’ultima cosa che vorrei è perdere la mia padrona.”
Annuii. Tutto sommato, c’era un fondamento logico nella risposta di Alberto. Voleva una padrona, ma la voleva davvero in grado di controllarlo e di farsi obbedire. Capivo la situazione, non ero un bambino, e sapevo che esistevano certi modi di vivere un rapporto. In fondo, io stesso lo stavo vivendo, anche se continuavo a pensare che la mia situazione fosse diversa da quella di Alberto. Lui godeva nel sottomettersi a lei soprattutto considerando la sua bravura e la sua forza, mentre io ero semplicemente schiavo della sensualità di Diana e del mio desiderio nei suoi confronti. Ciononostante, continuavo a ritenere Alberto quasi come un malato.
Dovemmo attendere oltre un quarto d’ora prima che Diana facesse il suo ingresso nel salone e fu un ingresso trionfante ma nello stesso tempo anche inquietante e preoccupante. Preoccupante per noi.
Diana aveva infatti indossato una tuta di lattice aderentissima che faceva risaltare in modo straordinario le sue forme amazzoniche. Era completamente avvolta da quel tessuto lucido, che copriva persino le mani, una delle quali reggeva un barattolo di una sostanza a me sconosciuta al momento. Ai piedi, gli stivali col tacco chilometrico che aveva già indossato ma, soprattutto, ed era quella la cosa inquietante e preoccupante, un fallo di gomma all’altezza del bacino. Non enorme, e ipotizzai che fosse intorno ai 12 centimetri, ma non per questo meno preoccupante. Io e Alberto ci guardammo sgranando gli occhi. Oh, mio Dio! Quello doveva essere un incubo e da lì a poco mi sarei risvegliato nel mio letto senza traumi. Ma, quando Diana venne proprio di fronte a me, mi afferrò per un orecchio trascinandomi al centro del salone e facendomi urlare dal dolore, compresi che quella era la realtà
“No, per favore no. No, no, no.” ripetei in preda a un’angoscia sempre più crescente
“E’ inutile che ti ribelli. Qualunque cosa io voglia farti, tu la farai. Con le buone o con le cattive. Adesso fammi vedere come lo prendi in bocca, Paolo. Obbedisci e te la caverai senza danni.”
Non potevo crederci. Perché mi faceva questo? Cosa dovevo fare? Sempre quella solita domanda che mi facevo ogni qualvolta si riproponeva una situazione troppo umiliante per me. Ribellarmi in quel momento sarebbe stato inutile. Le avrei prese di brutto e comunque mi avrebbe costretto a farlo ugualmente. Mi avvicinai a lei. Le lacrime di umiliazione scendevano copiose sulle mie guance, mentre con la mia bocca cercavo quel fallo di gomma. Dovetti alzare completamente il busto perché a causa della sua altezza e dei suoi tacchi, non ci arrivavo. Il sapore era amarognolo, come quando ci si mette in bocca un palloncino per gonfiarlo, ma tuttavia sopportabile. Quello che fu meno sopportabile fu quando Diana mi afferrò per la nuca per farmelo entrare quasi tutto. Mi allontanai in preda ai conati di vomito ma ottenni soltanto che la mia bella torturatrice si chinò e mi diede uno dei suoi violenti ceffoni che mi mandarono col busto a terra di lato.
“Sto per incazzarmi, Paolo. Ti ho ordinato di farmi un pompino. Obbedisci immediatamente” Mi riavvicinai, con le lacrime sempre più copiose, e mi rimisi in bocca quella cosa sgradevole. Malgrado tutta la mia buona volontà, non riuscivo a farlo entrare tutto, ma cercai di muovermi simulando un classico pompino. Nel mentre, guardavo Diana, la sua soddisfazione sadica nell’impormi quell’azione e compresi che, almeno in quel momento, era meglio fare tutto ciò che voleva per avere meno danni possibili. Rimasi con la bocca ancorata a quel fallo di gomma per diversi minuti fino a quando Diana, evidentemente soddisfatta, me lo tolse di bocca. Ancora conati di vomito ma finalmente quel coso infernale era lontano dalla mia bocca. Diana mi lascio’ infatti al centro del salone e fece dietro front per andare verso il marito, lasciandomi la visione spettacolare del suo culo avvolto nel lattice. Senza troppi complimenti, alzò di peso Alberto spingendolo verso il tavolo. Gli si avvicinò lentamente, afferrandolo poi per il mento e avvicinando la sua bocca all’orecchio dell'uomo.
“Adesso ti inculo, maritino caro. Così la prossima volta che guardi certi filmati, puoi apprezzare meglio il contenuto perché conosci esattamente le sensazioni che provano quegli omuncoli.”
Alberto non proferì una sola sillaba, ma notai che la sua erezione era tornata ad essere sostenuta. Evidentemente, vedere sua moglie così dominante, era altamente eccitante per lui. Diana intanto, gli indicò il barattolo che aveva portato con sè e gli fece un cenno. Non mi ci volle molto a comprendere che doveva trattarsi di vaselina o comunque di un lubrificante, in quanto Alberto lo aprì e iniziò a lubrificarsi l’ano, avendo compreso ciò che sua moglie voleva da lui. E dopo avvenne quello che mai avrei sognato di poter vedere dal vivo. Diana fece voltare suo marito, gli fece allargare le gambe e quindi iniziò a penetrarlo, dapprima con una certa difficoltà, ma poi sempre con più forza, incurante delle urla di dolore del poveretto e delle sue lacrime. Ero ammaliato da quella visione. Era potenza, potere, tutto allo stato puro, e mi accorsi che anch’io stavo avendo un’erezione incontrollata. Perché? Non riuscivo a comprenderlo appieno, ma di sicuro ero ipnotizzato da quella scena, e l’erezione divenne addirittura al massimo livello quando Diana, evidentemente su di giri, iniziò a parlare mentre continuava a penetrarlo.
“Ti sto inculando, Alberto. Ti piace? No, non rispondere perché non me ne frega un cazzo se ti piace o no. L’importante è che piace a me e tu devi fare tutto quello che voglio io.”
Avrei avuto voglia di toccarmi ma pensai che, se lo avessi fatto, avrei corso il rischio che Diana mi avrebbe potuto picchiare e punire, considerando la sua instabilità emotiva, ma la scena era ai miei occhi fortemente sensuale. Ma cosa ci provavo di sensuale nel vedere una donna che inculava un uomo? Avevano dunque ragione Alberto e Diana quando affermavano che io ero un uomo con istinti sottomessi al di là del mio amore per lei? Non sembrava potesse esserci un’altra spiegazione a quella mia erezione, anche se continuavo a non credere a quella ipotesi e mi dicevo che era Diana a farmi eccitare. Lei e il suo abbigliamento estremamente sensuale di quel momento. Lei che intanto proseguiva la deflorazione di Alberto che, malgrado continuasse a piangere, sia pur sommessamente, manteneva il suo pene eretto. Diana sembrava godere quasi come se quel pene di gomma stesse penetrando lei. Muoveva il bacino e teneva con la sua mano sinistra la testa del marito piegata in avanti, quasi a contatto con il suo pisello e poi avvenne qualcosa alla quale non ero preparato. Alberto infatti eiaculò prepotentemente e il suo volto fu ricoperto del suo stesso sperma. Con quell’arnese infernale, Diana doveva aver toccato la prostata di suo marito portandolo alla conseguente e inevitabile eiaculazione. Come se si fosse trattato di un massaggio prostatico. Un massaggio particolarmente violento, considerando con quanta potenza era stato effettuato, ma il risultato era stato comunque una potente eiaculazione. E, per un uomo che aveva grossi problemi sessuali, era davvero incredibile. Avevo letto che un uomo potesse eiaculare se preso da dietro, ma vederlo dal vivo era davvero incredibile.
Diana intanto tolse il dildo dal culo di suo marito, lo voltò per averlo al suo cospetto e tremai per lui. Non aveva chiesto il permesso di eiaculare e l’altra volta Diana era stata particolarmente feroce nei suoi confronti per una mancanza simile. E, l’ultima cosa che io e lui avremmo dovuto fare, era farla arrabbiare. Sembrava fosse annebbiata dal potere, e una con le sue potenzialità era davvero pericolosa se le fosse mancata la lucidità. Tuttavia, Diana sembrò non averci fatto caso. Rise sguaiatamente vedendo suo marito completamente sporco del suo stesso sperma e poi, malgrado il fallo di gomma fosse imbrattato dei suoi residui corporei, spinse la testa di Alberto in giù per farglielo prendere con la bocca. Nessun fiato da parte sua. O ci godeva o era terrorizzato dalle conseguenze di un eventuale rifiuto. Oppure entrambe le opzioni, cosa che, vedendo con quale ardore spompinava quel cazzo finto, mi sembrava la più probabile.
Dopo qualche minuto, anche quell’atto terminò e Diana si tolse finalmente quel fallo. La visione del suo corpo strepitoso senza quell’appendice che non le si addiceva, tornò finalmente a deliziare i miei occhi. Guardai Alberto. Aveva smesso di piangere e guardava sua moglie con occhi adoranti. Cercai di capire, di comprendere quell’alternanza di sensazioni che aveva. Aveva pianto probabilmente per la grossa umiliazione e anche per il dolore, ma i suoi occhi non erano tristi, tutt’altro. Erano gli occhi di una persona che ha finalmente avuto ciò che voleva da tutta una vita: una moglie spietata padrona.
Diana intanto, si sedette su uno dei divani e muovendo il suo dito indice mi fece cenno di avvicinarmi. “Vai a prendermi una sigaretta. Dopo una bella inculata ci vuole proprio” mi ordinò.
“Subito, padrona” risposi con apprensione e, sempre gattonando, visto che non avevo avuto disposizioni che mi permettessero di alzarmi, mi diressi verso il tavolino di vetro dove erano posizionate le sue sigarette. Ne presi una, afferrai anche l’accendino e tornai da Diana accendendogliela. Avevo il cuore in gola. Avrebbe usato anche me come posacenere? No. Toccava ancora al marito. Nello stesso modo in cui aveva chiamato me, chiamò anche Alberto che si avvicinò rapidamente vicino a Diana.
“Apri la bocca e zitto,” gli disse. Alberto obbedì ovviamente all’ordine impartitogli dalla moglie, e assistetti a una nuova, ennesima dimostrazione di potere assoluto da parte di Diana. Stavolta spense la cicca sul palmo di suo marito dopo averci sputato sopra, ma senza fargliela ingoiare. “Vai a gettare la cicca.” aggiunse sorridendo sadicamente.
Alberto immediatamente eseguì quell’ordine e Diana proseguì sempre con quel sorriso stampato sulla bocca, segno evidente che ciò che stava vivendo le piaceva immensamente. “Avrei avuto voglia di farti mangiare anche questa, ma ho letto che le cicche sono cancerogene e io devo prendermi cura del mio schiavo. Non voglio che ti ammali.”
“Grazie, padrona” fu la laconica risposta di Alberto.
“Se proprio devi morire, immagino che preferiresti che ti ammazzassi con le mie mani. Credo che sarebbe una bella morte per uno come te, non credi? Sarebbe veramente il massimo per te morire per mano della tua padrona. Magari con un colpo di karate, oppure con una presa di strangolamento. La giusta morte per un vero schiavo. E tu sei proprio uno schiavo doc.”
Oh, mio Dio! Pregai il Signore che stesse soltanto esagerando, ma non ne ero sicuro. Era in grado di arrivare fino ad uccidere? Non potevo credere a una simile eventualità ma, fino ad alcuni giorni fa, non avrei nemmeno creduto di vivere una simile situazione. Avevo appena visto coi miei occhi un uomo inculato e picchiato, e io stesso stavo ancora in ginocchio con la paura folle di quello che mi sarebbe potuto accadere. Avrei potuto meravigliarmi ancora?
Intanto Diana osservava la scena sempre più soddisfatta. Era tutto finito? No. Diana non era ancora sazia. Con molte probabilità, era sempre stata così dominante e parzialmente sadica. Ci godeva, ad esempio, a infliggermi dolore con le sue mosse e con il suo strapotere fisico, anche se poi si era sempre frenata. Ma adesso quei freni erano scomparsi. Poteva permettersi di comportarsi in quel modo in quanto io e Alberto l’avevamo eletta a padrona assoluta, e si stava lasciando andare finalmente ai suoi istinti. Si aprì infatti la zip nella parte inferiore della tuta di lattice, quella che copriva le sue parti intime, e quindi ordinò al marito di sdraiarsi completamente a terra e infine si mise in piedi sopra di lui, con le gambe divaricate.
“Devo pisciare, schiavo. E tu oltre che il mio portacenere personale sei anche il mio cesso. Obiezioni?”
Alberto scosse la testa. “No, padrona. Lei può fare di me tutto cio che vuole.”
“Non c’era bisogno del tuo consenso, coglione. Voi due fate sempre e comunque quello che voglio io. Con le buone o con le cattive. Vi consiglio con le buone perché, se doveste farmi incazzare, si metterebbe male per voi due. Fareste ugualmente quello che voglio io ma lo fareste con qualche osso sano in meno.”
L’avrebbe fatto davvero? O ci stava solo minacciando, divertendosi a vedere il nostro timore? Di sicuro, non sarei stato io a farla arrabbiare anche perché continuava a prendersela soprattutto con Alberto, mentre con me il suo comportamento era quasi accettabile. Ma intanto, a distogliermi da quei pensieri complicati, incombeva il presente, e il presente era che Diana stava per orinare in faccia al marito. In faccia? Quanto mi sbagliavo!
Sorrise sadicamente “Tesoro, bevila tutta. Più ne bevi e meno botte prendi dopo.” concluse iniziando a orinare, con Alberto che cercava disperatamente di raccoglierne e berne quanta più possibile. Non potevo credere a quello che stavo assistendo. Doveva essersi informata bene. Doveva aver letto in qualche sito, in qualche forum, quali fossero le pratiche che una padrona infligge al suo schiavo, e le stava mettendo in atto. Terminò di pisciare in bocca al marito che con molta volontà era riuscito a ingoiare la maggior parte del suo caldo liquido.
Non contenta, avvicinò la sua vagina alla bocca del marito. “ Puliscila!” gli ordinò.
Dio mio, che potere! Ero affascinato dal suo modo di comportarsi. Affascinato e atterrito. Non era un gioco al termine del quale ognuno avrebbe riacquistato la propria personalità, ma vita vera. La nostra vita! E la nostra vita l’avevamo consegnata nelle mani di una donna bella e crudele. In particolare quella di Alberto. Io avrei sempre potuto andarmene qualora lo avessi voluto, e in quel momento ero fermamente convinto che quella sarebbe stata la mia ultima sera in quella casa. Ma, in quel momento, il patto tra me e Diana era più che mai valido. Fino a che rimanevo in quella casa, sarei stato il suo schiavo.
Diana intanto, senza la minima vergogna, continuava a farsi leccare la vagina sporca di urina fino a che decise di spostarsi. Aveva gli occhi socchiusi e non mi sarei meravigliato se fosse stata in prossimità di un orgasmo che, per motivi a me sconosciuti, decise di non avere. Richiuse la zip della sua aderentissima tuta e si diresse verso di me. Toccava quindi a me? No, ancora una volta il comportamento nei miei confronti fu decisamente diverso. Mi fece rialzare. Il mio pene eretto era ben visibile a causa della mia completa nudità e vidi lo sguardo di Diana posarsi su di esso per poi tornare a guardarmi in faccia. Sorrideva. Sfrontata, sfacciata, arrogante, tracotante, ma non mi importava di niente quando mi afferrò come se fossi un oggetto di sua proprietà e mi baciò con desiderio. Alberto assisteva in silenzio e feci in tempo a guardare alcune lacrime scendergli dal viso poi mi lasciai travolgere da quel bacio meraviglioso.
Si staccò e guardò suo marito. “Vai a lavarti che puzzi di piscio. E poi vieni in camera ad assistere a come ti cornifico.”
Continua...
Per commentare questo racconto, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Schiavo per amore Sedicesimo episodio
Commenti dei lettori al racconto erotico