La sposa libera 4
di
AngelicaBellaWriter
genere
orge
Capitolo 4 – Il sabato della troia
È sabato.
Non lavoro.
Lei sì. Lavorerà eccome.
È da ore che è lì.
Sdraiata sul letto.
Legata come ha chiesto.
Polsi e caviglie.
Gambe divaricate.
Nuda.
Bendata.
Esposta.
Un quadro vivente. Una troia in attesa.
Ogni tanto entro.
Le accarezzo le cosce.
Le infilo un dito.
Lo succhio davanti a lei.
Non dice niente.
Solo freme. Si contorce. Gocciola.
Le lecco la fica.
Poi la lascio lì.
A vuoto.
A bocca secca.
Le ore passano lente.
Io bevo.
Pulisco casa.
Preparo il tavolo.
Tre bicchieri.
Un solo letto.
Una sola troia.
Alle due bussano.
Apro.
Matteo ha quel sorriso da bastardo che gli spacca la faccia.
Con lui, due pezzi di carne fresca.
Vent’anni.
Muscoli da palestra.
Occhi affamati.
Sorrisi da lupi.
― Li conosco da anni ― dice Matteo. ― Frequentano la mia palestra. Fidati. Dotati. E hanno già capito cosa devono fare.
Faccio cenno di entrare.
Li osservo.
Si tolgono le scarpe.
Poi le magliette.
Poi i pantaloni.
Tre cazzi duri.
Giovani.
Fieri.
Uno già gocciola.
Li guido in camera.
Anna è lì.
Legata.
Le labbra aperte.
Le tette su, gonfie.
Il respiro corto.
Io mi siedo.
La mia poltrona.
Di fronte.
Silenzio.
Poi:
― Iniziate.
Matteo si avvicina per primo.
Le sussurra qualcosa all’orecchio.
Le lecca il collo.
Le infila due dita in bocca.
Lei succhia. Si agita. Non vede. Ma sente.
E geme.
― Ancora… vi prego…
Il primo le sale sopra.
La penetra piano.
La apre.
Lei inarca la schiena.
Grida.
Il secondo le prende la bocca.
Il terzo le lecca il clitoride.
Io li guardo.
Le vene che si gonfiano.
La pelle che suda.
La carne che sbatte.
Il letto che geme sotto i colpi.
Lei impazzisce.
Si dimena.
Si contorce.
Viene una volta.
Poi due.
Poi piange.
Poi ride.
Poi supplica.
― Tutti… voglio tutti… uno dietro… uno in bocca… uno nella fica…
Obbediscono.
Come cani.
Obbediscono.
Le prendono tutto.
La umiliano.
La strappano.
La penetrano senza sosta.
Uno le viene in bocca.
L’altro sulle tette.
L’ultimo dentro.
Io non tocco nulla.
Guardo.
Controllo.
Comando.
Poi mi alzo.
Mi sbottono i pantaloni.
Lei lo sente. Lo riconosce.
Si agita. Si tende.
― Sì… sì… adesso tu…
Mi avvicino.
La scopo in piedi.
Violento.
Dentro la sua fica distrutta.
Ancora.
Fino al fondo.
E le dico all’orecchio:
― Questa è la punizione.
E anche il premio.
Vengo dentro.
Le tengo la bocca chiusa con la mano.
Lei grida nel palmo.
Tre volte.
Quando mi ritiro, i ragazzi sono ancora lì.
Sudati. Soddisfatti.
Anna è una pozza.
Liquidi ovunque.
Carne aperta.
Io sorrido.
E dico:
― La prossima volta, portate anche una ragazza.
Che la guardi.
Che le lecchi il culo mentre glielo spaccate.
Loro annuiscono.
Anna geme.
E io non ho mai goduto tanto.
È sabato.
Non lavoro.
Lei sì. Lavorerà eccome.
È da ore che è lì.
Sdraiata sul letto.
Legata come ha chiesto.
Polsi e caviglie.
Gambe divaricate.
Nuda.
Bendata.
Esposta.
Un quadro vivente. Una troia in attesa.
Ogni tanto entro.
Le accarezzo le cosce.
Le infilo un dito.
Lo succhio davanti a lei.
Non dice niente.
Solo freme. Si contorce. Gocciola.
Le lecco la fica.
Poi la lascio lì.
A vuoto.
A bocca secca.
Le ore passano lente.
Io bevo.
Pulisco casa.
Preparo il tavolo.
Tre bicchieri.
Un solo letto.
Una sola troia.
Alle due bussano.
Apro.
Matteo ha quel sorriso da bastardo che gli spacca la faccia.
Con lui, due pezzi di carne fresca.
Vent’anni.
Muscoli da palestra.
Occhi affamati.
Sorrisi da lupi.
― Li conosco da anni ― dice Matteo. ― Frequentano la mia palestra. Fidati. Dotati. E hanno già capito cosa devono fare.
Faccio cenno di entrare.
Li osservo.
Si tolgono le scarpe.
Poi le magliette.
Poi i pantaloni.
Tre cazzi duri.
Giovani.
Fieri.
Uno già gocciola.
Li guido in camera.
Anna è lì.
Legata.
Le labbra aperte.
Le tette su, gonfie.
Il respiro corto.
Io mi siedo.
La mia poltrona.
Di fronte.
Silenzio.
Poi:
― Iniziate.
Matteo si avvicina per primo.
Le sussurra qualcosa all’orecchio.
Le lecca il collo.
Le infila due dita in bocca.
Lei succhia. Si agita. Non vede. Ma sente.
E geme.
― Ancora… vi prego…
Il primo le sale sopra.
La penetra piano.
La apre.
Lei inarca la schiena.
Grida.
Il secondo le prende la bocca.
Il terzo le lecca il clitoride.
Io li guardo.
Le vene che si gonfiano.
La pelle che suda.
La carne che sbatte.
Il letto che geme sotto i colpi.
Lei impazzisce.
Si dimena.
Si contorce.
Viene una volta.
Poi due.
Poi piange.
Poi ride.
Poi supplica.
― Tutti… voglio tutti… uno dietro… uno in bocca… uno nella fica…
Obbediscono.
Come cani.
Obbediscono.
Le prendono tutto.
La umiliano.
La strappano.
La penetrano senza sosta.
Uno le viene in bocca.
L’altro sulle tette.
L’ultimo dentro.
Io non tocco nulla.
Guardo.
Controllo.
Comando.
Poi mi alzo.
Mi sbottono i pantaloni.
Lei lo sente. Lo riconosce.
Si agita. Si tende.
― Sì… sì… adesso tu…
Mi avvicino.
La scopo in piedi.
Violento.
Dentro la sua fica distrutta.
Ancora.
Fino al fondo.
E le dico all’orecchio:
― Questa è la punizione.
E anche il premio.
Vengo dentro.
Le tengo la bocca chiusa con la mano.
Lei grida nel palmo.
Tre volte.
Quando mi ritiro, i ragazzi sono ancora lì.
Sudati. Soddisfatti.
Anna è una pozza.
Liquidi ovunque.
Carne aperta.
Io sorrido.
E dico:
― La prossima volta, portate anche una ragazza.
Che la guardi.
Che le lecchi il culo mentre glielo spaccate.
Loro annuiscono.
Anna geme.
E io non ho mai goduto tanto.
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