Dark Room 2
di
AngelicaBellaWriter
genere
prime esperienze
Appena dentro, la porta si richiuse alle loro spalle con un clic secco. Il buio era quasi totale, rotto solo da flebili luci rosse che pulsavano come vene nel muro. Un odore denso, un misto di cuoio, alcol, sperma e incenso le saturò le narici.
Silvia si fermò. Il ragazzo non la tirò, non la forzò. Rimase lì, accanto a lei, la mano ancora stretta nella sua. Poi le sussurrò:
«Chiudi gli occhi. Respira.»
Lei obbedì. Le palpebre scesero, e il mondo si ridusse a quella voce, quel corpo accanto al suo, quelle dita forti che ora le sfioravano il polso.
«Hai paura?»
«Sì.»
«Bene.»
La sua voce non era sadica. Era solo sincera.
«Anche la paura eccita.»
Le labbra di lui le sfiorarono l’orecchio. Non ci fu bacio. Solo fiato. Solo calore.
Poi la sua mano si mosse. Salì lungo il braccio, fino alla spalla, poi giù, a sfiorare il seno sotto la stoffa.
Silvia non lo fermò.
Il cuore le esplodeva nel petto. Aveva caldo. Aveva freddo.
Lui si mise alle sue spalle.
Le sollevò i capelli, li raccolse in una mano. L’altra le aprì piano il vestito sulla schiena. I bottoni cedevano uno a uno. Lei rimase immobile, come ipnotizzata.
Nuda. Sotto, nuda. Non aveva messo nulla.
Una voce maschile si fece udire da qualche parte, un gemito trattenuto, un suono umido, un colpo secco.
Silvia rabbrividì.
«Siamo osservati?» sussurrò.
«Forse.»
La sua lingua scivolò lungo la spina dorsale.
Un bacio secco sulla curva dei fianchi.
Le mani le presero i polsi e glieli alzarono.
«Tienili lì.»
Poi si inginocchiò. Le aprì le gambe con decisione. Il primo tocco fu lingua.
Silvia trattenne un grido. Non era dolce. Era affamato. Umido, deciso, feroce.
Lui sapeva cosa stava facendo. Le dita si muovevano rapide, sicure. Le trovò subito il punto, e quando lo fece, Silvia sussultò come scossa da una corrente.
Nessun uomo — mai — le aveva toccato il corpo così.
«Hai voglia di gridare, ma non puoi.»
«Perché?»
«Perché sarebbe troppo facile.»
Le morse l’interno coscia. Non forte, ma abbastanza da farla sussultare. Poi si alzò.
Silvia lo cercò nel buio. Sentì la sua mano aprire la zip.
Il suono del preservativo srotolato.
Poi la spinse contro il muro, ma con cura. Come se volesse che sentisse ogni secondo, ogni centimetro.
«Dimmi se non vuoi.»
Silvia si girò. Lo fissò.
«Fallo.»
Entrò in lei senza esitazioni.
Un colpo secco. Un altro.
Il suo corpo era più forte del previsto, le mani le stringevano i fianchi, e ogni spinta le faceva battere la testa contro la parete rivestita di velluto nero.
Silvia gemeva. A denti stretti.
Lui la prendeva come se la stesse liberando da qualcosa.
Poi la girò. La sollevò, la schiena contro il muro. Le gambe attorno alla sua vita.
Continuò.
Il ritmo diventava più lento, poi di nuovo violento. Poi ancora lento.
Nel buio, Silvia aprì gli occhi.
Vagamente vedeva le ombre muoversi attorno.
Altri corpi.
Altri atti.
Ma non le importava.
Era lì, con un uomo sconosciuto, dentro un posto che avrebbe dovuto ripugnarla.
E invece stava venendo.
Forte. Incontrollabile. Come un’onda che spacca tutto.
Scoppiò in un singhiozzo.
Non di dolore.
Qualcosa tra vergogna e piacere.
Lui la guardava.
«Così. Lascia andare tutto.»
E Silvia lo fece.
Si sciolse.
In un orgasmo rovente, lacerante, che la spezzò in due.
Quando fu finita, restarono lì.
Lei sudata, appoggiata al muro.
Lui con la fronte contro il suo petto.
«Come ti chiami?» chiese lei.
Il ragazzo sorrise.
«Non importa.»
Silvia sorrise, per la prima volta quella sera.
«Hai ragione.»
Silvia si fermò. Il ragazzo non la tirò, non la forzò. Rimase lì, accanto a lei, la mano ancora stretta nella sua. Poi le sussurrò:
«Chiudi gli occhi. Respira.»
Lei obbedì. Le palpebre scesero, e il mondo si ridusse a quella voce, quel corpo accanto al suo, quelle dita forti che ora le sfioravano il polso.
«Hai paura?»
«Sì.»
«Bene.»
La sua voce non era sadica. Era solo sincera.
«Anche la paura eccita.»
Le labbra di lui le sfiorarono l’orecchio. Non ci fu bacio. Solo fiato. Solo calore.
Poi la sua mano si mosse. Salì lungo il braccio, fino alla spalla, poi giù, a sfiorare il seno sotto la stoffa.
Silvia non lo fermò.
Il cuore le esplodeva nel petto. Aveva caldo. Aveva freddo.
Lui si mise alle sue spalle.
Le sollevò i capelli, li raccolse in una mano. L’altra le aprì piano il vestito sulla schiena. I bottoni cedevano uno a uno. Lei rimase immobile, come ipnotizzata.
Nuda. Sotto, nuda. Non aveva messo nulla.
Una voce maschile si fece udire da qualche parte, un gemito trattenuto, un suono umido, un colpo secco.
Silvia rabbrividì.
«Siamo osservati?» sussurrò.
«Forse.»
La sua lingua scivolò lungo la spina dorsale.
Un bacio secco sulla curva dei fianchi.
Le mani le presero i polsi e glieli alzarono.
«Tienili lì.»
Poi si inginocchiò. Le aprì le gambe con decisione. Il primo tocco fu lingua.
Silvia trattenne un grido. Non era dolce. Era affamato. Umido, deciso, feroce.
Lui sapeva cosa stava facendo. Le dita si muovevano rapide, sicure. Le trovò subito il punto, e quando lo fece, Silvia sussultò come scossa da una corrente.
Nessun uomo — mai — le aveva toccato il corpo così.
«Hai voglia di gridare, ma non puoi.»
«Perché?»
«Perché sarebbe troppo facile.»
Le morse l’interno coscia. Non forte, ma abbastanza da farla sussultare. Poi si alzò.
Silvia lo cercò nel buio. Sentì la sua mano aprire la zip.
Il suono del preservativo srotolato.
Poi la spinse contro il muro, ma con cura. Come se volesse che sentisse ogni secondo, ogni centimetro.
«Dimmi se non vuoi.»
Silvia si girò. Lo fissò.
«Fallo.»
Entrò in lei senza esitazioni.
Un colpo secco. Un altro.
Il suo corpo era più forte del previsto, le mani le stringevano i fianchi, e ogni spinta le faceva battere la testa contro la parete rivestita di velluto nero.
Silvia gemeva. A denti stretti.
Lui la prendeva come se la stesse liberando da qualcosa.
Poi la girò. La sollevò, la schiena contro il muro. Le gambe attorno alla sua vita.
Continuò.
Il ritmo diventava più lento, poi di nuovo violento. Poi ancora lento.
Nel buio, Silvia aprì gli occhi.
Vagamente vedeva le ombre muoversi attorno.
Altri corpi.
Altri atti.
Ma non le importava.
Era lì, con un uomo sconosciuto, dentro un posto che avrebbe dovuto ripugnarla.
E invece stava venendo.
Forte. Incontrollabile. Come un’onda che spacca tutto.
Scoppiò in un singhiozzo.
Non di dolore.
Qualcosa tra vergogna e piacere.
Lui la guardava.
«Così. Lascia andare tutto.»
E Silvia lo fece.
Si sciolse.
In un orgasmo rovente, lacerante, che la spezzò in due.
Quando fu finita, restarono lì.
Lei sudata, appoggiata al muro.
Lui con la fronte contro il suo petto.
«Come ti chiami?» chiese lei.
Il ragazzo sorrise.
«Non importa.»
Silvia sorrise, per la prima volta quella sera.
«Hai ragione.»
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