Julian e Teresa prima esperienza cucklod 2
di
AngelicaBellaWriter
genere
corna
Julian era in ginocchio.
Aveva la bocca piena del sapore di sua moglie, mista a sperma, sudore e piscio. Teresa stava in piedi, sopra di lui, con le gambe divaricate e le dita che si affondavano tra le cosce mentre lo guardava leccare il pavimento.
― Brava cagna, — disse uno dei due uomini, accendendosi una sigaretta, nudo, col cazzo ancora sporco di figa.
La stanza odorava di sesso stantio. Il divano era zuppo, i cuscini macchiati di sperma, il pavimento segnato da liquidi e saliva.
Teresa si girò.
― Ora voglio altri uomini. Chiamateli. Subito.
Julian la fissò. Credeva stesse scherzando. Ma il ragazzo – quello che l’aveva portata via dal ristorante – prese il telefono e scrisse un messaggio.
― Dieci minuti. Arrivano.
E arrivarono.
Cinque uomini, uno dopo l’altro, entrarono in casa come animali che sentono l’odore del sangue. Uno aveva i pantaloni da lavoro ancora sporchi di vernice. Un altro indossava solo boxer. Un terzo era pelato e tatuato fino al collo. Nessuno parlò. Teresa li accolse nuda, gambe lucide, il viso scomposto e il sorriso ancora stampato sulle labbra. Si sedette sul tavolo della cucina, si aprì da sola.
― Chi ha il coraggio di iniziare?
Un uomo si avvicinò e la schiaffeggiò forte.
Poi un altro le sputò sul viso.
Il terzo le infilò due dita in gola mentre le strappava i capelli.
Lei godeva. Rideva. Urlava. Si dimenava come una puttana indemoniata.
Julian tremava. Guardava. Si toccava. Aveva il cazzo in mano ma non riusciva a venire. Era troppo. Era troppo anche per lui.
Le cose si fecero ancora più estreme.
Uno degli uomini si mise dietro di lei e glielo infilò nell’ano con violenza. Teresa urlò, ma non di dolore. Si piegò in avanti, afferrò il cazzo di un altro e cominciò a leccarlo come se volesse farlo esplodere.
― Troia. Troia marcia. Ti piace essere scopata da sconosciuti davanti a tuo marito?
― Sì. Di più. Usatemi tutta.
Uno le si venne in faccia. Lei lo leccò. Poi lo fece pisciare sui seni. Un altro le infilò due dita nella figa e le fece annusare la propria mano. Lei lo baciò.
La trattavano come carne. Come oggetto. Come cosa.
Uno si sedette sul divano. La fece salire a cavalcioni. Mentre lei rimbalzava sopra il suo cazzo, un altro le scopava la bocca tenendole le mani dietro la schiena.
Julian era in un angolo. Nudo. Le mani legate dietro la schiena con una cintura. Tremava. Aveva il volto rigato di lacrime e bava.
Uno degli uomini gli si avvicinò.
― Non vuoi partecipare?
Julian scosse la testa.
― Solo guardo.
― Bravo cane. Così si fa.
Un altro si avvicinò e gli pisciò addosso.
Julian non reagì.
Teresa lo vide. Godeva ancora di più.
― Mi piace vederti così. Sporco. Umiliato. Non sei più mio marito. Sei il mio schiavo. E io sono la troia di questi animali.
Le misero un guinzaglio. Uno vero. Glielo agganciarono al collo. La fecero camminare a quattro zampe per la casa. Le chiappavano il culo, le infilavano le dita, la montavano senza sosta. L’aria era satura di sudore, di urla, di carne sbattuta, di gemiti e schiaffi.
La scoparono in ogni stanza.
Nel bagno, Teresa si inginocchiò nella vasca e si fece inculare mentre un altro le pisciava nei capelli. In camera da letto, le tirarono il capezzolo con una pinza. Succhiava cazzi come una macchina, gli occhi rossi, le guance bagnate, il culo segnato da lividi.
Alla fine, la lasciarono a terra. Esausta. Sfondata. Felice.
Julian si avvicinò. Si inginocchiò accanto a lei.
Le accarezzò il viso. Lei lo guardò con un sorriso ubriaco di sperma.
― Ti amo, — sussurrò lei.
― Anch’io, — rispose lui.
E la baciò. Sul viso, sulle labbra, sul cazzo che le colava ancora giù per il mento.
Aveva la bocca piena del sapore di sua moglie, mista a sperma, sudore e piscio. Teresa stava in piedi, sopra di lui, con le gambe divaricate e le dita che si affondavano tra le cosce mentre lo guardava leccare il pavimento.
― Brava cagna, — disse uno dei due uomini, accendendosi una sigaretta, nudo, col cazzo ancora sporco di figa.
La stanza odorava di sesso stantio. Il divano era zuppo, i cuscini macchiati di sperma, il pavimento segnato da liquidi e saliva.
Teresa si girò.
― Ora voglio altri uomini. Chiamateli. Subito.
Julian la fissò. Credeva stesse scherzando. Ma il ragazzo – quello che l’aveva portata via dal ristorante – prese il telefono e scrisse un messaggio.
― Dieci minuti. Arrivano.
E arrivarono.
Cinque uomini, uno dopo l’altro, entrarono in casa come animali che sentono l’odore del sangue. Uno aveva i pantaloni da lavoro ancora sporchi di vernice. Un altro indossava solo boxer. Un terzo era pelato e tatuato fino al collo. Nessuno parlò. Teresa li accolse nuda, gambe lucide, il viso scomposto e il sorriso ancora stampato sulle labbra. Si sedette sul tavolo della cucina, si aprì da sola.
― Chi ha il coraggio di iniziare?
Un uomo si avvicinò e la schiaffeggiò forte.
Poi un altro le sputò sul viso.
Il terzo le infilò due dita in gola mentre le strappava i capelli.
Lei godeva. Rideva. Urlava. Si dimenava come una puttana indemoniata.
Julian tremava. Guardava. Si toccava. Aveva il cazzo in mano ma non riusciva a venire. Era troppo. Era troppo anche per lui.
Le cose si fecero ancora più estreme.
Uno degli uomini si mise dietro di lei e glielo infilò nell’ano con violenza. Teresa urlò, ma non di dolore. Si piegò in avanti, afferrò il cazzo di un altro e cominciò a leccarlo come se volesse farlo esplodere.
― Troia. Troia marcia. Ti piace essere scopata da sconosciuti davanti a tuo marito?
― Sì. Di più. Usatemi tutta.
Uno le si venne in faccia. Lei lo leccò. Poi lo fece pisciare sui seni. Un altro le infilò due dita nella figa e le fece annusare la propria mano. Lei lo baciò.
La trattavano come carne. Come oggetto. Come cosa.
Uno si sedette sul divano. La fece salire a cavalcioni. Mentre lei rimbalzava sopra il suo cazzo, un altro le scopava la bocca tenendole le mani dietro la schiena.
Julian era in un angolo. Nudo. Le mani legate dietro la schiena con una cintura. Tremava. Aveva il volto rigato di lacrime e bava.
Uno degli uomini gli si avvicinò.
― Non vuoi partecipare?
Julian scosse la testa.
― Solo guardo.
― Bravo cane. Così si fa.
Un altro si avvicinò e gli pisciò addosso.
Julian non reagì.
Teresa lo vide. Godeva ancora di più.
― Mi piace vederti così. Sporco. Umiliato. Non sei più mio marito. Sei il mio schiavo. E io sono la troia di questi animali.
Le misero un guinzaglio. Uno vero. Glielo agganciarono al collo. La fecero camminare a quattro zampe per la casa. Le chiappavano il culo, le infilavano le dita, la montavano senza sosta. L’aria era satura di sudore, di urla, di carne sbattuta, di gemiti e schiaffi.
La scoparono in ogni stanza.
Nel bagno, Teresa si inginocchiò nella vasca e si fece inculare mentre un altro le pisciava nei capelli. In camera da letto, le tirarono il capezzolo con una pinza. Succhiava cazzi come una macchina, gli occhi rossi, le guance bagnate, il culo segnato da lividi.
Alla fine, la lasciarono a terra. Esausta. Sfondata. Felice.
Julian si avvicinò. Si inginocchiò accanto a lei.
Le accarezzò il viso. Lei lo guardò con un sorriso ubriaco di sperma.
― Ti amo, — sussurrò lei.
― Anch’io, — rispose lui.
E la baciò. Sul viso, sulle labbra, sul cazzo che le colava ancora giù per il mento.
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