Elia mio figlio diventa il mio padrone

di
genere
incesti

Dopo che Elia mi ha scopata per l’intera notte mi ha lasciata sola.

Mi ha detto di aspettarlo nuda, in ginocchio, col culo poggiato sui talloni, le mani dietro la schiena e lo sguardo basso.
La stanza è buia, rischiarata da qualche candela che odora di cera e sesso. Lui è uscito un’ora fa. Mi ha lasciata così, con la sua sborra asciutta ancora tra le cosce, i capezzoli gonfi di desiderio e la figa bagnata che pulsa come una ferita aperta.

Quando rientra, non è solo. Ma non alzo lo sguardo. Non posso.
Il rumore delle sue scarpe sul pavimento. Il tintinnio metallico di qualcosa: una catena? Un guinzaglio?
Mi scorre un brivido lungo la schiena.

«Questa è l’ultima prova, piccola troia. Dopo non torni indietro.»

Mi mordo il labbro. Non voglio tornare indietro.
Sento che mi cammina attorno, lentamente, godendosi la mia nudità, il tremore che mi attraversa. Poi si ferma dietro di me.

Mi mette al collo qualcosa di pesante. Una collana? No. Un collare. In cuoio. Lo stringe con cura. Lo chiude a scatto.
«Da ora sei la mia cagna, non la mia donna. Lo capisci?»

«Sì…» sussurro. Ma non basta.

Uno schiaffo sul volto. Forte.
«Rispondi da puttana, non da femminuccia innamorata.»

«Sì, sono la tua cagna. Solo tua. La tua troia da montare, usare, addestrare.»

Mi afferra i capelli e mi costringe a guardarmi allo specchio.
Il collare, i lividi, la sborra secca sulle cosce. Mi vedo. Mi riconosco.
Sorrido.

Lui mi fa alzare, mi trascina a quattro zampe fino a un tappeto al centro della stanza. Lì mi lega. Polsi e caviglie. Le chiappe ben aperte, offerte.
Poi mi scatta una foto.
«Così voglio ricordarti ogni volta che ti scopo.»

Mi sputa sul buco.
«Lo sai cosa significa questo rito, vero? Dopo oggi, non ti appartieni più. Sarai usata dove, come e quando voglio. Se dico bocca, sarà bocca. Se dico culo, sarà culo. Se dico che ingoi, tu apri. Sei carne, non persona.»

«Sì, padrone.»

Mi scopa a sangue, senza pietà, mentre mi fa ripetere parole:
«Chi sei?»
«La tua troia.»
«A cosa servi?»
«A farti godere.»
«Sei mia?»
«Sì, per sempre. Fammi tua. Marchiami, usami, svergognami…»

Quando mi viene dentro, grida il mio nome. Mi scuote. Mi lascia aperta, colma, devastata.
Eppure felice.

Poi, mentre ancora ansimo legata a terra, sputa sul mio volto, raccoglie la sua sborra con due dita e me la spalma sulle labbra.
«Ora baciami. Con tutta la tua vergogna addosso.»

Lo faccio. Lo bacio. A bocca sporca. A cuore svuotato. E in quel momento, capisco:
sono diventata ciò che volevo essere.
scritto il
2025-06-14
1 . 8 K
visite
1 7
voti
valutazione
4.9
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.