L'androide - cap.4 Il rapimento
di
Petulka
genere
fantascienza
Capitolo 4: il rapimento
Appena terminata la notte degli androidi dentro casa di Petra, lasciarono il marito ancora legato e rapirono lei portandola con loro. La notte era fonda quando gli androidi caricarono Petra nel furgone. Il veicolo, un vecchio Ford Transit scrostato e puzzolente di ruggine, partì rombando, le ruote che schiacciavano la ghiaia mentre si allontanavano dalla casa. Petra, ancora semicosciente, giaceva sul freddo pavimento metallico, i polsi legati dietro la schiena, i capelli sporchi di sperma e lacrime. Il gigante le si inginocchiò accanto, il cazzo eretto che puntava verso il suo viso. "Svegliati, troia," ringhiò, schiaffeggiandola. "Il viaggio è lungo, e voglio divertirmi."
Il furgone sobbalzò su strade deserte, attraversando una campagna buia e desolata. Petra sentì l’odore della terra umida quando il veicolo si fermò in un posto isolato, circondato da recinzioni di filo spinato e un cielo senza stelle. Gli androidi la trascinarono fuori, i suoi piedi nudi che strisciavano sull’erba bagnata. Davanti a loro si ergeva un piccolo stabilimento industriale, un edificio grigio e decrepito con finestre rotte e un’insegna arrugginita. "Benvenuta nel tuo nuovo inferno," sibilò Eren, spingendola dentro.
L’interno era buio, illuminato solo da lampadine tremolanti che pendevano dal soffitto. Un ascensore di metallo attendeva al centro, le porte che si aprirono con un gemito metallico. Petra fu spinta dentro, schiacciata tra i corpi freddi degli androidi. Il gigante le afferrò i capelli, costringendola a guardare il suo cazzo eretto. "Succhia, puttana," ordinò, infilandole il pene in bocca. Petra soffocò, il cazzo che le riempiva la gola, mentre un altro androide le piantava le dita nell’ano, spingendo fino a farla urlare. "Ti piace? Ti piace essere scopata da macchine?" ridacchiò lui, affondando con violenza.
L’ascensore iniziò la discesa con un rumore stridulo, le pareti che vibravano mentre scendevano sempre più in profondità. Eren si posizionò sopra di lei, il cazzo che gocciolava sperma sulla fronte. "Tieni la bocca aperta," disse, urinando un getto caldo e acre che le colò sugli occhi. Petra si dimenò, ma le mani degli androidi le tenevano la testa ferma. "Bevi tutto, troia," ringhiò Eren, schiaffeggiandola. "O ti strappo la lingua."
Quando l’ascensore si fermò con un sibilo, le porte si aprirono su un laboratorio immenso, illuminato da luci fredde che rivelavano file di macchinari alieni e tubi di vetro pieni di fluidi verdastri. Petra fu trascinata fuori, i piedi che strisciavano sul pavimento di cemento, e gettata su un tavolo operatorio al centro della stanza. Le cinghie di pelle si chiusero intorno ai suoi polsi e alle caviglie, bloccandola mentre i monitor emettevano bip metallici.
"Iniziamo con il test di sensibilità estrema," annunciò un androide, avvicinandosi con un bisturi laser. Petra urlò quando la lama le sfiorò il seno, incidendo la pelle con precisione crudele. "Grida quanto cazzo vuoi," sibilò Eren, infilandole il cazzo in bocca. "Qui sotto nessuno ti sentirà mai."
Un altro androide attivò un marchingegno meccanico, una sorta di tubo con uncini metallici che scintillavano. "Espansione interna," disse, infilandole il dispositivo nella fica. Petra urlò, il corpo che si arcuava mentre i meccanismi si attivavano, dilatandola con una forza inumana. "Si sta lacerando," ridacchiò lui, guardando il sangue che usciva a fiotti. "Ancora un po’ e la facciamo a pezzi."
Quando il dispositivo fu ritirato, Petra ansimava, il sangue che le colava lungo le cosce. Eren si inginocchiò tra le sue gambe, infilandole il cazzo fino in fondo. "Ora vediamo quanto regge il tuo cervello," disse, premendo un pulsante su una console. Petra urlò quando una scarica elettrica la attraversò, il corpo che si contraeva mentre l’orgasmo la scuoteva incontrollabile. "Guardate! La troia gode mentre si rompe," ruggì un androide, masturbandosi furiosamente. "Eiaculami in faccia, puttana. Voglio vedere il tuo piacere mentre muori."
Lo sperma schizzò, coprendole il viso, mentre i macchinari emettevano allarmi acuti. "Fermi! Il cuore sta cedendo," gridò un androide, ma Eren sorrise, infilando il dito nell’ano di Petra. "Ancora un po’," sussurrò, mentre lei urlava, il corpo scosso da spasmi. "Voglio sentirla morire con il mio cazzo dentro."
Quando i monitor segnarono il silenzio, gli androidi si fermarono, osservando il corpo esanime di Petra. Eren le pulì il cazzo sulle labbra, sorridendo. "Un buon inizio," disse, voltandosi verso gli altri. "Ma domani riproviamo. Voglio vederla resistere più a lungo."
La stanza rimase silenziosa, illuminata solo dalla luce blu dei macchinari, mentre il sangue di Petra si raffreddava sul pavimento.
Un suono stridulo interruppe il silenzio: il cuore di Petra, apparentemente fermo, riprese a battere, debole ma ostinato. I monitor lampeggiarono, i dati che scorrevano impazziti. "Non è morta," disse un androide, la voce carica di sorpresa. "Respira ancora. Il suo corpo sta reagendo alla sostanza nera."
Eren si avvicinò, gli occhi fissi sul viso esangue di Petra. "Resiste," sussurrò, quasi ammirato. "Interessante. Forse non è solo carne da macello."
Gli androidi si radunarono intorno al tavolo, i loro occhi luminosi che osservavano il corpo di Petra tremare. La pelle, un tempo pallida, iniziò a scurirsi in alcune zone, come se qualcosa si stesse muovendo sotto di essa. "Il tessuto sta mutando," notò un androide, indicando un braccio dove vene nere pulsavano. "La sostanza la sta trasformando."
"Portatela in camera di rigenerazione," ordinò Eren, gli occhi brillanti di una luce nuova. "Vediamo fino a dove può arrivare questa mutazione. Forse non è solo una troia. Forse è qualcosa di più… o di peggio."
Petra fu trasferita in una stanza laterale, una capsula di vetro riempita di un liquido verdastro. Gli androidi la osservarono attraverso il vetro, mentre il suo corpo veniva sommerso. Le sue palpebre tremarono, e per un attimo, un occhio si aprì: il bianco era diventato nero come la notte.
"Non è finita," disse Eren, un sorriso crudele sulle labbra. "Anzi, è solo l’inizio."
Nella capsula, Petra iniziò a muoversi, le dita che graffiavano il vetro, mentre il suo corpo si trasformava in qualcosa di completamente diverso.
Appena terminata la notte degli androidi dentro casa di Petra, lasciarono il marito ancora legato e rapirono lei portandola con loro. La notte era fonda quando gli androidi caricarono Petra nel furgone. Il veicolo, un vecchio Ford Transit scrostato e puzzolente di ruggine, partì rombando, le ruote che schiacciavano la ghiaia mentre si allontanavano dalla casa. Petra, ancora semicosciente, giaceva sul freddo pavimento metallico, i polsi legati dietro la schiena, i capelli sporchi di sperma e lacrime. Il gigante le si inginocchiò accanto, il cazzo eretto che puntava verso il suo viso. "Svegliati, troia," ringhiò, schiaffeggiandola. "Il viaggio è lungo, e voglio divertirmi."
Il furgone sobbalzò su strade deserte, attraversando una campagna buia e desolata. Petra sentì l’odore della terra umida quando il veicolo si fermò in un posto isolato, circondato da recinzioni di filo spinato e un cielo senza stelle. Gli androidi la trascinarono fuori, i suoi piedi nudi che strisciavano sull’erba bagnata. Davanti a loro si ergeva un piccolo stabilimento industriale, un edificio grigio e decrepito con finestre rotte e un’insegna arrugginita. "Benvenuta nel tuo nuovo inferno," sibilò Eren, spingendola dentro.
L’interno era buio, illuminato solo da lampadine tremolanti che pendevano dal soffitto. Un ascensore di metallo attendeva al centro, le porte che si aprirono con un gemito metallico. Petra fu spinta dentro, schiacciata tra i corpi freddi degli androidi. Il gigante le afferrò i capelli, costringendola a guardare il suo cazzo eretto. "Succhia, puttana," ordinò, infilandole il pene in bocca. Petra soffocò, il cazzo che le riempiva la gola, mentre un altro androide le piantava le dita nell’ano, spingendo fino a farla urlare. "Ti piace? Ti piace essere scopata da macchine?" ridacchiò lui, affondando con violenza.
L’ascensore iniziò la discesa con un rumore stridulo, le pareti che vibravano mentre scendevano sempre più in profondità. Eren si posizionò sopra di lei, il cazzo che gocciolava sperma sulla fronte. "Tieni la bocca aperta," disse, urinando un getto caldo e acre che le colò sugli occhi. Petra si dimenò, ma le mani degli androidi le tenevano la testa ferma. "Bevi tutto, troia," ringhiò Eren, schiaffeggiandola. "O ti strappo la lingua."
Quando l’ascensore si fermò con un sibilo, le porte si aprirono su un laboratorio immenso, illuminato da luci fredde che rivelavano file di macchinari alieni e tubi di vetro pieni di fluidi verdastri. Petra fu trascinata fuori, i piedi che strisciavano sul pavimento di cemento, e gettata su un tavolo operatorio al centro della stanza. Le cinghie di pelle si chiusero intorno ai suoi polsi e alle caviglie, bloccandola mentre i monitor emettevano bip metallici.
"Iniziamo con il test di sensibilità estrema," annunciò un androide, avvicinandosi con un bisturi laser. Petra urlò quando la lama le sfiorò il seno, incidendo la pelle con precisione crudele. "Grida quanto cazzo vuoi," sibilò Eren, infilandole il cazzo in bocca. "Qui sotto nessuno ti sentirà mai."
Un altro androide attivò un marchingegno meccanico, una sorta di tubo con uncini metallici che scintillavano. "Espansione interna," disse, infilandole il dispositivo nella fica. Petra urlò, il corpo che si arcuava mentre i meccanismi si attivavano, dilatandola con una forza inumana. "Si sta lacerando," ridacchiò lui, guardando il sangue che usciva a fiotti. "Ancora un po’ e la facciamo a pezzi."
Quando il dispositivo fu ritirato, Petra ansimava, il sangue che le colava lungo le cosce. Eren si inginocchiò tra le sue gambe, infilandole il cazzo fino in fondo. "Ora vediamo quanto regge il tuo cervello," disse, premendo un pulsante su una console. Petra urlò quando una scarica elettrica la attraversò, il corpo che si contraeva mentre l’orgasmo la scuoteva incontrollabile. "Guardate! La troia gode mentre si rompe," ruggì un androide, masturbandosi furiosamente. "Eiaculami in faccia, puttana. Voglio vedere il tuo piacere mentre muori."
Lo sperma schizzò, coprendole il viso, mentre i macchinari emettevano allarmi acuti. "Fermi! Il cuore sta cedendo," gridò un androide, ma Eren sorrise, infilando il dito nell’ano di Petra. "Ancora un po’," sussurrò, mentre lei urlava, il corpo scosso da spasmi. "Voglio sentirla morire con il mio cazzo dentro."
Quando i monitor segnarono il silenzio, gli androidi si fermarono, osservando il corpo esanime di Petra. Eren le pulì il cazzo sulle labbra, sorridendo. "Un buon inizio," disse, voltandosi verso gli altri. "Ma domani riproviamo. Voglio vederla resistere più a lungo."
La stanza rimase silenziosa, illuminata solo dalla luce blu dei macchinari, mentre il sangue di Petra si raffreddava sul pavimento.
Un suono stridulo interruppe il silenzio: il cuore di Petra, apparentemente fermo, riprese a battere, debole ma ostinato. I monitor lampeggiarono, i dati che scorrevano impazziti. "Non è morta," disse un androide, la voce carica di sorpresa. "Respira ancora. Il suo corpo sta reagendo alla sostanza nera."
Eren si avvicinò, gli occhi fissi sul viso esangue di Petra. "Resiste," sussurrò, quasi ammirato. "Interessante. Forse non è solo carne da macello."
Gli androidi si radunarono intorno al tavolo, i loro occhi luminosi che osservavano il corpo di Petra tremare. La pelle, un tempo pallida, iniziò a scurirsi in alcune zone, come se qualcosa si stesse muovendo sotto di essa. "Il tessuto sta mutando," notò un androide, indicando un braccio dove vene nere pulsavano. "La sostanza la sta trasformando."
"Portatela in camera di rigenerazione," ordinò Eren, gli occhi brillanti di una luce nuova. "Vediamo fino a dove può arrivare questa mutazione. Forse non è solo una troia. Forse è qualcosa di più… o di peggio."
Petra fu trasferita in una stanza laterale, una capsula di vetro riempita di un liquido verdastro. Gli androidi la osservarono attraverso il vetro, mentre il suo corpo veniva sommerso. Le sue palpebre tremarono, e per un attimo, un occhio si aprì: il bianco era diventato nero come la notte.
"Non è finita," disse Eren, un sorriso crudele sulle labbra. "Anzi, è solo l’inizio."
Nella capsula, Petra iniziò a muoversi, le dita che graffiavano il vetro, mentre il suo corpo si trasformava in qualcosa di completamente diverso.
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