La lezione di mamma e papà
di
Malroth
genere
prime esperienze
Sofia aveva vent’anni da una settimana e si sentiva già grande.
Quella sera era rientrata alle quattro del mattino, tacchi in mano, rossetto sbavato, puzzo di alcol e di qualche profumo maschile che non era il suo.
La luce del corridoio era accesa.
Suo padre, Luca, era seduto sul divano in pantaloni del pigiama e maglietta, braccia conserte, mascella serrata.
Accanto a lui, sua madre, Valeria, in una camicia da notte di seta color crema, un bicchiere di vino rosso in mano e un sorriso freddo.
«Buonasera, signorina,» disse Valeria con quella voce bassa che Sofia temeva più di qualsiasi urlo. «Sai che ore sono?»
Sofia abbassò lo sguardo. «Mamma… papà… io…»
«Silenzio,» tagliò corto Luca. «Hai due possibilità: o sali in camera tua e domani parliamo come adulti, oppure resti qui e affronti le conseguenze come facevamo quando eri più piccola. Solo che adesso hai vent’anni… e le conseguenze saranno da adulta.»
Sofia sentì il cuore sprofondare. Sapeva esattamente cosa significava “le conseguenze”.
Da adolescente aveva ricevuto parecchie sculacciate, sempre e solo dalla mamma.
Ma da quando aveva compiuto diciotto anni non era più successo.
Fino a stasera.
«Io… resto qui,» mormorò alla fine, la voce piccola.
Valeria posò il bicchiere e batté una mano sulla coscia. «Allora spogliati. Jeans e mutandine giù. Tutto. Voglio quel culo nudo, subito.»
Sofia arrossì fino alle orecchie, ma obbedì. I jeans stretti scivolarono a terra, poi le mutandine di pizzo nero. Rimase in piedi davanti ai suoi genitori, nuda dalla vita in giù, le mani che cercavano istintivamente di coprirsi.
Luca si alzò, torreggiando su di lei. «Mani lungo i fianchi. E guardaci negli occhi mentre tua madre ti sculaccia. Voglio che tu capisca chi comanda ancora in questa casa.»
Valeria la prese per un polso e la fece sdraiare sulle sue ginocchia. Il contatto della seta fresca della camicia da notte contro il ventre nudo la fece rabbrividire.
«Quante ne vuoi, Luca?» chiese Valeria, accarezzando lentamente le natiche pallide della figlia.
«Comincia con trenta a mano,» rispose lui, sedendosi di nuovo di fronte per guardare meglio. «Poi vediamo se ha imparato.»
Il primo schiaffo di Valeria arrivò forte e secco.
*SMACK!*
«Uno,» ansimò Sofia, la voce tremante.
«Conta ad alta voce,» ordinò la madre. «E dopo ogni colpo dirai: “Grazie mamma per punire la mia figa da troia”.»
*SMACK!*
«Due… grazie mamma per punire la mia figa da troia…»
Valeria non aveva pietà. Colpi precisi, ritmati, che coprivano ogni centimetro di carne. Dopo dieci il sedere di Sofia era già rosso acceso.
Luca si chinò in avanti. «Apri le gambe, Sofia. Voglio vedere quanto ti bagni mentre tua madre ti arrostisce il culo.»
Sofia singhiozzò, ma le cosce si separarono piano. Il sesso era gonfio, lucido, traditore.
«Guarda qui,» rise piano Valeria, infilando due dita tra le labbra intime della figlia senza preavviso. «È fradicia. La nostra bambina si eccita a essere sculacciata davanti al papà.»
Luca si alzò, slacciò il cordoncino del pigiama e tirò fuori il cazzo già duro. «Continua a sculacciarla, amore. Io guardo… e poi decido se scoparmela o lasciarla così, dolorante e disperata.»
Valeria aumentò il ritmo. Venti, venticinque, trenta colpi. Le natiche di Sofia erano viola, bollenti, gonfie. Piangeva davvero adesso, ma spingeva il sedere all’indietro a ogni schiaffo, come a chiedere di più.
«Alzati,» ordinò Luca.
Sofia si alzò in piedi, tremando. Luca la prese per i capelli e la fece piegare sul bracciolo del divano, culo in aria, gambe larghe.
«Tocca a me adesso.» Prese la cintura di pelle dal tavolino. «Dieci. E dopo ogni colpo dirai: “Grazie papà per insegnarmi l’ubbidienza con la cintura”.»
Il primo colpo fischiò nell’aria e atterrò con un *CRACK!* violento. Sofia urlò.
«Uno… grazie papà per insegnarmi l’ubbidienza con la cintura…»
Ogni colpo lasciava una striscia rossa netta sul sedere già distrutto. Al settimo Sofia singhiozzava senza controllo, le lacrime che colavano sul divano, ma la figa gocciolava sulle sue cosce.
Valeria si inginocchiò davanti alla figlia, le prese il viso tra le mani e la baciò, lento, profondo, possessivo. «Brava la mia bambina. Piange ma viene lo stesso. Dimmi cosa sei.»
«Sono… la vostra troia… che merita di essere sculacciata e usata…» ansimò Sofia tra un singhiozzo e l’altro.
L’ultimo colpo di cintura fu il più forte. Sofia crollò sul divano, il culo un disastro di segni rossi e viola.
Luca gettò la cintura e si posizionò dietro di lei. «Adesso papà ti scopa mentre mamma ti tiene aperta. E tu ringrazierai per ogni spinta.»
Entrò dentro di lei con un colpo solo, profondo, brutale. Sofia urlò di dolore e piacere mentre suo padre la scopava forte, ogni affondo che sbatteva contro il sedere martoriato.
Valeria le aprì le natiche con le mani, esponendola completamente. «Guardala, Luca. La nostra bambina distrutta e piena di te.»
Sofia venne in meno di un minuto, urlando «Grazie papà! Grazie mamma!» mentre l’orgasmo la travolgeva.
Luca la riempì con un grugnito profondo, poi si ritrasse. Valeria la prese tra le braccia, la baciò sulle lacrime.
«Ora vai in camera tua,» disse dolcemente. «Domani mattina ti siederai a colazione sul cuscino duro, senza mutandine, e ci mostrerai i segni. E se fai di nuovo la cattiva… saranno cento colpi. Con il paddle.»
Sofia, esausta, dolorante, incredibilmente appagata, annuì.
«Sì mamma… sì papà… farò la brava.»
E mentre saliva le scale, il sedere in fiamme a ogni passo, sapeva che non avrebbe mai più fatto davvero la brava.
Quella sera era rientrata alle quattro del mattino, tacchi in mano, rossetto sbavato, puzzo di alcol e di qualche profumo maschile che non era il suo.
La luce del corridoio era accesa.
Suo padre, Luca, era seduto sul divano in pantaloni del pigiama e maglietta, braccia conserte, mascella serrata.
Accanto a lui, sua madre, Valeria, in una camicia da notte di seta color crema, un bicchiere di vino rosso in mano e un sorriso freddo.
«Buonasera, signorina,» disse Valeria con quella voce bassa che Sofia temeva più di qualsiasi urlo. «Sai che ore sono?»
Sofia abbassò lo sguardo. «Mamma… papà… io…»
«Silenzio,» tagliò corto Luca. «Hai due possibilità: o sali in camera tua e domani parliamo come adulti, oppure resti qui e affronti le conseguenze come facevamo quando eri più piccola. Solo che adesso hai vent’anni… e le conseguenze saranno da adulta.»
Sofia sentì il cuore sprofondare. Sapeva esattamente cosa significava “le conseguenze”.
Da adolescente aveva ricevuto parecchie sculacciate, sempre e solo dalla mamma.
Ma da quando aveva compiuto diciotto anni non era più successo.
Fino a stasera.
«Io… resto qui,» mormorò alla fine, la voce piccola.
Valeria posò il bicchiere e batté una mano sulla coscia. «Allora spogliati. Jeans e mutandine giù. Tutto. Voglio quel culo nudo, subito.»
Sofia arrossì fino alle orecchie, ma obbedì. I jeans stretti scivolarono a terra, poi le mutandine di pizzo nero. Rimase in piedi davanti ai suoi genitori, nuda dalla vita in giù, le mani che cercavano istintivamente di coprirsi.
Luca si alzò, torreggiando su di lei. «Mani lungo i fianchi. E guardaci negli occhi mentre tua madre ti sculaccia. Voglio che tu capisca chi comanda ancora in questa casa.»
Valeria la prese per un polso e la fece sdraiare sulle sue ginocchia. Il contatto della seta fresca della camicia da notte contro il ventre nudo la fece rabbrividire.
«Quante ne vuoi, Luca?» chiese Valeria, accarezzando lentamente le natiche pallide della figlia.
«Comincia con trenta a mano,» rispose lui, sedendosi di nuovo di fronte per guardare meglio. «Poi vediamo se ha imparato.»
Il primo schiaffo di Valeria arrivò forte e secco.
*SMACK!*
«Uno,» ansimò Sofia, la voce tremante.
«Conta ad alta voce,» ordinò la madre. «E dopo ogni colpo dirai: “Grazie mamma per punire la mia figa da troia”.»
*SMACK!*
«Due… grazie mamma per punire la mia figa da troia…»
Valeria non aveva pietà. Colpi precisi, ritmati, che coprivano ogni centimetro di carne. Dopo dieci il sedere di Sofia era già rosso acceso.
Luca si chinò in avanti. «Apri le gambe, Sofia. Voglio vedere quanto ti bagni mentre tua madre ti arrostisce il culo.»
Sofia singhiozzò, ma le cosce si separarono piano. Il sesso era gonfio, lucido, traditore.
«Guarda qui,» rise piano Valeria, infilando due dita tra le labbra intime della figlia senza preavviso. «È fradicia. La nostra bambina si eccita a essere sculacciata davanti al papà.»
Luca si alzò, slacciò il cordoncino del pigiama e tirò fuori il cazzo già duro. «Continua a sculacciarla, amore. Io guardo… e poi decido se scoparmela o lasciarla così, dolorante e disperata.»
Valeria aumentò il ritmo. Venti, venticinque, trenta colpi. Le natiche di Sofia erano viola, bollenti, gonfie. Piangeva davvero adesso, ma spingeva il sedere all’indietro a ogni schiaffo, come a chiedere di più.
«Alzati,» ordinò Luca.
Sofia si alzò in piedi, tremando. Luca la prese per i capelli e la fece piegare sul bracciolo del divano, culo in aria, gambe larghe.
«Tocca a me adesso.» Prese la cintura di pelle dal tavolino. «Dieci. E dopo ogni colpo dirai: “Grazie papà per insegnarmi l’ubbidienza con la cintura”.»
Il primo colpo fischiò nell’aria e atterrò con un *CRACK!* violento. Sofia urlò.
«Uno… grazie papà per insegnarmi l’ubbidienza con la cintura…»
Ogni colpo lasciava una striscia rossa netta sul sedere già distrutto. Al settimo Sofia singhiozzava senza controllo, le lacrime che colavano sul divano, ma la figa gocciolava sulle sue cosce.
Valeria si inginocchiò davanti alla figlia, le prese il viso tra le mani e la baciò, lento, profondo, possessivo. «Brava la mia bambina. Piange ma viene lo stesso. Dimmi cosa sei.»
«Sono… la vostra troia… che merita di essere sculacciata e usata…» ansimò Sofia tra un singhiozzo e l’altro.
L’ultimo colpo di cintura fu il più forte. Sofia crollò sul divano, il culo un disastro di segni rossi e viola.
Luca gettò la cintura e si posizionò dietro di lei. «Adesso papà ti scopa mentre mamma ti tiene aperta. E tu ringrazierai per ogni spinta.»
Entrò dentro di lei con un colpo solo, profondo, brutale. Sofia urlò di dolore e piacere mentre suo padre la scopava forte, ogni affondo che sbatteva contro il sedere martoriato.
Valeria le aprì le natiche con le mani, esponendola completamente. «Guardala, Luca. La nostra bambina distrutta e piena di te.»
Sofia venne in meno di un minuto, urlando «Grazie papà! Grazie mamma!» mentre l’orgasmo la travolgeva.
Luca la riempì con un grugnito profondo, poi si ritrasse. Valeria la prese tra le braccia, la baciò sulle lacrime.
«Ora vai in camera tua,» disse dolcemente. «Domani mattina ti siederai a colazione sul cuscino duro, senza mutandine, e ci mostrerai i segni. E se fai di nuovo la cattiva… saranno cento colpi. Con il paddle.»
Sofia, esausta, dolorante, incredibilmente appagata, annuì.
«Sì mamma… sì papà… farò la brava.»
E mentre saliva le scale, il sedere in fiamme a ogni passo, sapeva che non avrebbe mai più fatto davvero la brava.
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