Cronache di Anna VI – Il marchio nel culo

di
genere
etero

Si mosse, sfilando lentamente il cetriolo dalla figa, lasciando un filo d’umidità tirarsi tra le labbra gonfie. Voltò la testa verso di lui, gli occhi lucidi, grandi, gli occhi di chi si offre senza sapere, o fingendo di non sapere. «Se vuoi… puoi farlo anche tu…» Un sorriso accennato, velenoso, inevitabile.
Lui non vide più nulla. Solo il culo spalancato di Anna, lucido, vivo, tremante. Solo la fessura stretta che lo chiamava come una bocca affamata. Gettò via il cetriolo. Si strappò jeans e boxer con furia, il cazzo duro, gonfio, pulsante di fame disperata. Si inginocchiò dietro di lei, le mani afferrarono i fianchi stretti, la tirarono a sé senza più delicatezza, senza più vergogna. Anna gemette spezzata, ma non si oppose. Si abbassò ancora, aprendosi da sola. Mostrandogli tutto.
Lui guidò il cazzo tra le chiappe rotonde, lo strusciò sulle pieghe tese, bagnandole col liquido che grondava dal glande. Anna tremava, ansimava, si muoveva come una bestiola offerta. Poi, con un piccolo impercettibile gesto, abbassò il bacino. Gli portò il cazzo contro la fessura stretta. Un contatto. Un invito. Non ci pensò. Spinse.
Il cazzo forzò l’entrata, la carne resistette appena, poi si aprì, cedendo come un fiore lacerato. Anna gemette forte, il suono spezzato contro il cuscino. Lui ruggì. Affondò. Tutto. Dentro di lei. Il culo caldo, stretto, vivo lo strinse come una bocca avida. Si mosse. Colpi secchi. Affondi disperati. Come un animale. Come un dannato. Anna gemeva, si agitava sotto di lui, accoglieva, stringeva, succhiava ogni affondo, come una fossa viva. Ogni spinta cancellava ogni pensiero. Ogni colpo era carne che si rompeva, pelle che gridava.
Sentiva il calore del suo corpo, il sudore che gli colava sulla schiena, il suono viscido dei loro corpi che si schiantavano l’uno contro l’altro. Anna spingeva il culo contro di lui, si apriva, si muoveva come se volesse ingoiarlo vivo. Lei aveva vinto. Lo aveva portato fino all’abisso. E lui voleva precipitarci.
Dentro. Piantato fino all’osso. Dentro il culo caldo, stretto, strappato e vivo. Anna ansimava sotto di lui, le mani affondate nei cuscini, il culo segnato, rosso, aperto. Lui si tirò indietro, sentì il cazzo strusciare contro le pareti strette, un suono viscido e strappato, poi spinse di nuovo, più forte. Affondò fino alla radice, il ventre che sbatteva sulle chiappe roventi. Un gemito spezzato esplose dalla gola di Anna, mezzo dolore mezzo orgasmo.
Si fermò un attimo, il cazzo pulsante dentro di lei, guardando quel corpo piegato, offerto, spezzato. Poi ricominciò a muoversi. Colpi brevi, duri, violenti. Sbam. Sbam. Sbam. La carne viscida che schiaffeggiava ad ogni colpo. Il suono del peccato.
Anna non fingeva più. Spingeva indietro. Si apriva. Ondeggiava i fianchi per prenderlo più fondo. Il cazzo scivolava come un pistone pazzo nel culo slabbrato, il piacere colava, luccicava sulle cosce. Lui accelerò. Affondava, strappava, lacerava. Colpi brutali, affondi che spezzavano il fiato. Si tirava quasi tutto fuori, poi la sfondava di nuovo, mentre Anna urlava senza più freni.
«Sì…» gridava. «Ancora… più forte… spaccami…» Lui ringhiava. Afferrò i capelli di Anna, la tirò indietro, voleva vederle il viso mentre si spezzava sotto di lui. Gli occhi di Anna erano stravolti. La bocca aperta, sbavata, le lacrime agli angoli degli occhi.
Si abbassò su di lei, schiacciandola contro il divano. Continuò a muoversi. Più basso. Più profondo. Ogni colpo faceva sobbalzare Anna. Ogni affondo la faceva gemere come una puttana rotta. Anna si agitava, si contorceva, si spingeva indietro, cercava il cazzo che la spezzava. «Sto venendo…» urlò. «Spaccami tutta…» E lui, cieco, bestiale, obbedì.
Gli ultimi colpi furono brutali. Anna si spezzò in un orgasmo che la strappò via dal mondo. Tremava, gemendo contro i cuscini, il corpo sconvolto di piacere. Lui spinse ancora, un ultimo affondo assassino, e venne. Dentro. Riempì il culo di Anna di sborra calda, violenta, a fiotti.
Rimasero incollati. Sudati. Sporchi. Anna si accasciò, il cazzo di lui ancora piantato dentro, sorridendo. Un sorriso sporco e felice. Aveva vinto. Aveva preso tutto.
Si girò piano, ancora a carponi, il culo nudo, arrossato. Gli si avvicinò, piegandosi in avanti, bambina sporca e felice. Gli baciò la guancia. Un bacio casto come una lama. Poi gli sussurrò all’orecchio: «Grazie… sei stato tanto buono con me…»
Si strinse a lui, nuda, sudata, piena di peccato. Poi, con la dolcezza crudele di chi sa tutto, aggiunse: «Con mio cugino giochiamo anche di più…» Si abbassò, il viso nascosto, le dita intrecciate sulle ginocchia. «Mi lega…» Un sorriso sporco. «Mi benda… mi fa trovare cose…» Si morse il labbro, bambina e puttana.
«Se vuoi… posso fartelo vedere…» Gli occhi brillavano. Un veleno che prometteva abissi.
«Alla fine… mi porta a fare la doccia…» Si strinse ancora a lui, il viso contro il ventre. «Ma prima… si fa pulire tutto da me… e se ha voglia… mi piscia addosso… dice che così sono tutta sua…»
scritto il
2025-04-27
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