Cronache di Anna V – Il gioco degli oggetti

di
genere
etero

Anna prese ancora la sua mano. La guidò sulla figa bagnata. «Dai…» sussurrò. «Vai a prenderlo… io ti aspetto qui…»
Si sdraiò a pancia in giù sul divano, il culo alzato, la gonna arrotolata sui fianchi, il sesso gonfio in piena vista. Si abbracciò al cuscino, ondeggiando il bacino in un lento, provocante movimento.
Sospirò. «Sono pronta… se vuoi…»
Lui si alzò come in trance. Attraversò la stanza, sentendo ancora il respiro di Anna sulla pelle. Aprì il frigorifero, prese un cetriolo. Fresco. Duro. Perfetto.
Tornò. Stringeva il cetriolo come un’arma sacra. Anna era lì. Distesa. Il culo alzato. Gli slip bagnati che segnavano ogni piega della figa viva. Quando lo vide tornare, sorrise. Un sorriso piccolo, innocente. Come una bambina felice di un regalo proibito.
«Vieni…» mormorò. «Ti faccio vedere…»
Si mise a carponi di nuovo, lenta, velenosa, il culo alto, offerto come un frutto rubato. Tirò giù gli slip fino a metà cosce, senza vergogna, senza fretta. Il sesso si mostrò nudo, bagnato, palpitante, le labbra gonfie e aperte come un fiore sudato, lucide sotto la luce fioca della stanza.
Lui si inginocchiò dietro di lei, tremando. Anna prese il cetriolo dalle sue mani, lo portò piano tra le cosce, lo strusciò lungo la fessura bagnata, facendolo scivolare tra le labbra gonfie. Un respiro spezzato le sfuggì. «Prima…» sussurrò, la voce rotta dall’eccitazione che ormai non riusciva più a fingere, «…mio cugino me lo struscia tutto qui… piano… su e giù…» Fece scivolare il cetriolo lungo tutta la fessura, premendolo contro il clitoride gonfio, poi più giù, infilandolo tra le labbra vive, impastandolo con il suo piacere.
Lui guardava ipnotizzato. Vedeva il cetriolo sparire e riemergere tra la carne aperta, viva, luccicante. Anna ansimava, guidava l’oggetto come se stesse accarezzando la propria anima. «Poi…» un sospiro, un fremito, «…me lo fa entrare… piano…» Spinse la punta contro l’apertura. La figa palpitò, succhiando il cetriolo con un piccolo, bagnato rumore. Un centimetro alla volta. Serrando la carne viva attorno alla durezza fredda.
Anna gemette piano. Spinse il bacino indietro, un movimento lento, scavato nel bisogno, facendo inghiottire il cetriolo più a fondo. «Poi mi dice di muovermi così…» e cominciò a chiudere e riaprire le gambe, a stringere la carne viva intorno all’oggetto, a spingere il culo all’indietro come una troia ammaestrata.
Il rumore viscido del cetriolo che affondava nella figa inondata divenne il respiro stesso della stanza. Anna si muoveva, obbediente, ondeggiava, succhiava, serrava. Il sesso bagnato sbavava su tutta la pelle tesa tra le cosce. Ogni tanto voltava il viso, quegli occhi finti-innocenti che strappavano l’anima. Gli occhi di una bambina crudele che godeva nel vederti cadere.
«Vuoi farlo tu?» sussurrò, disfatta, roca, e fece scorrere il cetriolo quasi fuori, lasciando solo la punta dentro, le labbra tremanti che si richiudevano supplicando di essere riempite. «Dai…» si mordicchiò il labbro inferiore, un invito sporco. «Ti insegno… se vuoi…»
Lui prese il cetriolo. Le dita si sfiorarono: sporche di umidità, di calore, di veleno. La guardò. Lei abbassò lo sguardo, sorridendo come una bambina che sa di avere vinto. «Così…» bisbigliò. «Spingilo piano… come faceva lui…» Si appoggiò meglio al divano, spingendo il culo indietro, offrendosi con una naturalezza che tagliava il fiato.
Lui guidò il cetriolo alla fessura gonfia. Sfiorò la carne viva, e Anna gemette subito, un tremito che le scosse la schiena. Spinse piano. Sentì il calore succhiarlo. Anna si lasciò invadere. Chiuse gli occhi. «Bravo…» mormorò, il fiato corto. «Così…»
Non pensava più. Era tutto nelle mani, negli occhi, nel cazzo che tornava a gonfiarsi, duro e disperato. Spingeva il cetriolo dentro e fuori, seguendo il ritmo naturale della carne che lo guidava. Sentiva la figa succhiare, avvolgere, vivere.
Anna si muoveva. All’inizio lenta, poi sempre più rapida. Il culo ondeggiava, la carne si apriva, sbavava, ansimava. Il suono sporco dei liquidi, delle labbra che sbattevano sull’oggetto, riempiva tutto. Ogni tanto Anna copriva la bocca con la mano, come una bambina che ha paura di farsi scoprire. «Scusa…» sussurrava tra i gemiti. «È che… quando mi toccano tanto… non riesco a stare zitta…»
Lui non si frenava più. Afferrò il culo con una mano. Lo aprì. Guardava la figa bagnata che si mangiava il cetriolo, vedeva la carne gonfia che si stringeva attorno all’oggetto come se non volesse lasciarlo più andare. Spingeva dentro e fuori, più forte, più violento, mentre Anna ondeggiava, offriva, tremava sotto il piacere.
«Ti piace?» ansimò lui, la voce che non era più sua. Anna annuì, il viso schiacciato contro il cuscino. «Sì…» sussurrò. «Ma… tu sei più dolce… lui… lui mi fa male a volte… tu… tu mi fai star bene…»
E il culo si muoveva ancora, la figa succhiava, il corpo di Anna tremava. Ogni spinta strappava gemiti più forti, più acuti. Il piacere le bucava la voce, la carne colava liquido vivo sulle cosce, grondava voglia.
«Ancora…» mormorò. «Più forte… ti prego…»
Non era più gioco. Era verità sporca, impastata di carne e sudore. Lui affondava il cetriolo nella figa inzuppata, la mano che stringeva il culo, che lo apriva, che lo dominava. Anna si agitava sotto le spinte, il rumore sporco delle carni che sbattevano riempiva la stanza. I gemiti diventavano grida soffocate.
Poi, con un movimento pigro, quasi lento, si girò un poco, il viso arrossato, la bocca aperta a cercare aria. «Sai…» sussurrò, con la voce spezzata, «…poi… mio cugino… quando mi fa così… dopo un po’… me lo mette anche… …in culo…»
La voce era dolce, innocente. Come se stesse raccontando una ricetta imparata male. «Ma siccome il cetriolo è grosso…» fece una pausa, gemendo quando il cetriolo scivolò ancora più in fondo, «…prima mi… incula lui…»
scritto il
2025-04-27
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